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La VOCE 1803

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La VOCE ANNO XXII N°1

settembre 2019

PAGINA 3

Onorificenza Internazionale Medaglia della Amicizia col Popolo della RPD di Corea alla Partigiana Miriam Pellegrini Ferri.

Invito all’ Ambasciata di Cuba in Italia dal Consigliere Politico Yamila Pita Montes.

Colaboracion con Radio Habana Cuba. - Curriculum Miriam
miriam su facebook usa assassini segue da pag.2: chi sono gli incendiari di petroliere. 18 giu 2019 — manlio dinucci - (il manifesto, 18 giugno 2019) . mentre gli stati uniti preparano una nuova escalation in medio oriente, accusando l’iran di attaccare le petroliere nel golfo di oman, il vice-premier matteo salvini incontra a washington il segretario di stato mike pompeo, uno degli artefici di tale strategia, assicurandogli che «l'italia vuole tornare a essere nel continente europeo il primo partner della più grande democrazia occidentale». aggancia così l’italia all’operazione lanciata da washington. l’«incidente del golfo di oman», casus belli contro l’iran, ricalca «l’incidente del golfo del tonchino» del 4 agosto 1964, usato come casus belli per bombardare il nord vietnam, accusato di aver attaccato un cacciatorpediniere usa (accusa risultata poi falsa). oggi, un video diffuso da washington mostra l’equipaggio di una presunta motovedetta iraniana che, in pieno giorno, rimuove dalla fiancata di una petroliera una mina inesplosa per cancellare la sua provenienza (dato che la mina avrà avuto la scritta «made in iran»). con queste «prove», che costituiscono un vero e proprio insulto all’intelligenza, washington cerca di camuffare lo scopo dell’operazione. essa rientra nella strategia per il controllo delle riserve mondiali di petrolio e gas naturale e dei relativi corridoi energetici. non a caso nel mirino degli stati uniti vi sono l’iran e l’iraq, le cui riserve petrolifere complessive superano quelle dell’arabia saudita e sono cinque volte superiori a quelle usa. le riserve iraniane di gas naturale sono circa 2,5 volte quelle statunitensi. per la stessa ragione è nel mirino usa il venezuela, il paese con le maggiori riserve petrolifere del mondo. di primaria importanza è il controllo dei corridoi energetici. accusando l’iran di voler «interrompere il flusso di petrolio attraverso lo stretto di hormuz», mike pompeo annuncia che «gli stati uniti difenderanno la libertà di navigazione». in altre parole, annuncia che gli stati uniti vogliono controllare militarmente questa zona chiave per l’approvvigionamento energetico anche dell’europa, impedendo anzitutto il transito del petrolio iraniano (a cui l’italia e altri paesi europei non possono comunque accedere liberamente a causa del divieto usa). dall’iran avrebbe potuto arrivare in europa anche gas naturale a basso prezzo per mezzo di un gasdotto attraverso iraq e siria, ma il progetto, varato nel 2011, è saltato in seguito all’operazione usa/nato per demolire lo stato siriano. dalla russia avrebbe potuto arrivare direttamente in italia, e da qui essere smistato in altri paesi europei con notevoli vantaggi economici, gas naturale per mezzo del south stream attraverso il mar nero, ma il gasdotto, già in fase avanzata, è stato bloccato nel 2014 sotto pressione degli stati uniti e della stessa unione europea con grossi danni per l’italia. e’ invece andato avanti il raddoppio del nord stream, che fa della germania il centro di smistamento del gas russo. successivamente, in base all’accordo di «cooperazione strategica usa-ue in campo energetico» stipulato nel luglio 2018, le esportazioni usa di gas naturale liquefatto (lng) nella ue sono triplicate. centro di smistamento è la polonia, da dove il «gas della libertà» arriverà anche in ucraina. l’obiettivo di washington è strategico: colpire la russia sostituendo in europa al gas russo quello statunitense. non c’è però alcuna garanzia né sui prezzi, né sulla durata delle forniture usa di gas, estratto dagli scisti bituminosi con la tecnica del fracking ambientalmente disastrosa. che cosa dice di tutto questo matteo salvini che, arrivato nella «più grande democrazia occidentale», ha orgogliosamente dichiarato «faccio parte di un governo che in europa non si accontenta più delle briciole»? 4/10 la nato demolisce lo stato libico . documentazione presentata dal comitato no guerra no nato al convegno internazionale sul 70° anniversario della nato, firenze, 7 aprile 2o19. la documentazione viene pubblicata su questa pagina in 10 puntate, ciascuna accompagnata dalla corrispondente sezione del video "i 70 anni della nato: di guerra in guerra". molteplici fattori rendono la libia importante agli occhi degli stati uniti e delle potenze europee. essa possiede le maggiori riserve petrolifere dell’africa, preziose per l’alta qualità e il basso costo di estrazione, e grosse riserve di gas naturale. su queste lo stato libico mantiene un forte controllo, lasciando alle compagnie statunitensi ed europee limitati margini di profitto. oltre all’oro nero, la libia possiede l’oro bianco: l’immensa riserva di acqua fossile della falda nubiana, che si estende sotto libia, egitto, sudan e ciad. rilevanti sono i fondi sovrani, i capitali che lo stato libico ha investito all’estero, in particolare per dotare africa di propri organismi finanziari e di una propria moneta. alla vigilia della guerra del 2011, gli stati uniti e le potenze europee «congelano», ossia sequestrano, i fondi sovrani libici, assestando un colpo mortale all’intero progetto. le mail di hillary clinton (segretaria di stato dell’amministrazione obama nel 2011), venute alla luce successivamente, confermano quale fosse il vero scopo della guerra: bloccare il piano di gheddafi di usare i fondi sovrani libici per creare organismi finanziari autonomi dell’unione africana e una moneta africana in alternativa al dollaro e al franco cfa (la moneta che sono costretti a usare 14 paesi africani, ex-colonie francesi). è la clinton – documenterà in seguito il new york times – a far firmare al presidente obama «un documento che autorizza una operazione coperta in libia e la fornitura di armi ai ribelli». vengono finanziati e armati i settori tribali ostili al governo di tripoli e gruppi islamici fino a pochi mesi prima definiti terroristi. vengono allo stesso tempo infiltrate in libia forze speciali, tra cui migliaia di commandos qatariani facilmente camuffabili. l’intera operazione viene diretta dagli stati uniti, prima tramite il comando africa, quindi tramite. la nato sotto comando usa. il 19 marzo 2011 inizia il bombardamento aeronavale della libia. in sette mesi l’aviazione usa/nato effettua 30 mila missioni, di cui 10 mila di attacco con impiego di oltre 40 mila bombe e missili. a questa guerra partecipa l’italia con le sue basi e forze militari,
stracciando il trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra i due paesi. per la guerra alla libia, l’italia mette a disposizione delle forze usa/nato 7 basi aeree (trapani, gioia del colle, sigonella, decimomannu, aviano, amendola e pantelleria), assicurando assistenza tecnica e rifornimenti. l’aeronautica italiana partecipa alla guerra effettuando oltre mille missioni, e la marina militare italiana viene impegnata su più fronti. con la guerra usa/nato del 2011, viene demolito lo stato libico e assassinato lo stesso gheddafi. viene demolito quello stato che, sulla sponda sud del mediterraneo di fronte all’italia, manteneva «alti livelli di crescita economica» (come documentava nel 2010 la stessa banca mondiale), registrando «alti indicatori di sviluppo umano» tra cui l’accesso universale all’istruzione primaria e secondaria e, per il 46%, a quella di livello universitario. nonostante le disparità, il tenore di vita della popolazione libica era notevolmente più alto di quello degli altri paesi africani. lo testimoniava il fatto che trovavano lavoro in libia oltre due milioni di immigrati, per lo più africani. vengono colpiti dalla guerra anche gli immigrati dall’africa subsahariana che, perseguitati con l’accusa di aver collaborato con gheddafi, sono imprigionati o costretti a fuggire. molti, spinti dalla disperazione, tentano la traversata del mediterraneo verso l’europa. quelli che vi perdono la vita sono anch’essi vittime della guerra con cui la nato ha demolito lo stato libico. intellettuali di tutto il mondo unitevi. (articolo di cacciari ). non ho vissuto l'età dei totalitarismi, l'età della morte del pensiero critico ma oggi più che mai posso considerare quanto sia pericoloso il sonno della ragione. nell'età del ritorno dei malvolio di montaliana memoria un semplice prendere le distanze non può bastare, non è piu possibile una "fuga immobile" anzi può rappresentare una scelta immorale, un disimpegno colpevole.oggi non è più tempo di tacere, è tempo di prendere una posizione perché ogni esitazione potrebbe mettere a rischio le grandi conquiste culturali del secondo dopoguerra. la cooperazione internazionale, la democrazia, l'integrazione, la tolleranza non possono essere valori negoziabili. quello che maggiormente preoccupa non è il ristretto e circoscritto disegno politico di salvini ma la constatazione dei consensi numerosi che colleziona, non è di di maio, che mi preoccupo e del suo serbatoio di voti "protestanti" ma la constatazione che la protesta sinistroide abbia consegnato il paese ad una destra becera e livida e che una larga fetta anche di intellettuali non si sia resa ancora conto che si è prostituita alla peggiore delle destre , non a quella progressista e europeista ma alla destra razzista e violenta di salvini.ad una destra incapace di cogliere i segni del tempo, incapace di progettare un mondo di uomini in grado di vivere insieme pacificamente nella consapevolezza che ogni vero progresso raggiunge la sua pienezza col contributo di molti e con l 'inclusione di tutti ,seguendo l'insegnamento terenziano alla base della nostra cultura occidentale :"homo sum humani nihil a me alienum puto". appartengo al mondo della formazione, sto, pertanto, in trincea a contatto con una generazione vivace, intelligente, elettronica e "veloce" che "vivendo in burrasca" rischia di precipitare nel baratro dell'indifferenza o, nel peggiore delle ipotesi ,dell'intolleranza, dell 'aggressività pericolosa e ignorante. questi stessi giovani ,invece, meritano di essere salvati, meritano una cultura in grado di coniugare pathos e logos,una cultura che percepisca l 'uomo come fine e non come mezzo, che consideri l '"altro da sè "una risorsa importante giammai una minaccia . nell'età delle interconnessioni non c 'è niente di più assurdamente anacronistico dei muri e dei silenzi colpevoli. è solo nelle diversità che si può cogliere il vero senso della bellezza e l'essenza di un impegno costruttivo che non è mai discriminante ma sempre inclusivo, totalizzante e interdipendente. non è neanche questione di destra o di sinistra , di rosso o nero ma il problema è , soprattutto ,di carattere culturale.la vera emergenza è quella di costruire un argine contro ogni forma di populismo, contro la xenofobia, contro i nuovi razzismi in nome di una società civile che riparta dall'uomo, non prima dall 'uomo italiano , nè come in passato ,prima dall'uomo della padania ma dall'uomo in quanto umanità è necessario che in ogni campo sia politico che economico, culturale e sociale non si perda mai di vista l'uomo , la sua dignità, il suo inestimabile valore e ,al di là di ogni faglia e filo spinato ,lo si consideri il fine ultimo di ogni progetto. intellettuali di tutto il mondo unitevi, c 'è molto da fare, a partire dalla formazione scolastica . se uniti si costituirà una forza inarrestabile, la forza della cultura, la sola che possa costituire un argine autentico contro la deriva pericolosa del populismo e della miseria ,principalmente di quella della mente. risposta di miriam. caro massimo scusa se ti scrivo con confidenza: sono veneziana sono stata partigiana sono comunista. ho letto il tuo appello agli intellettuali. lo apprezzo e lo approvo. solo vorrei dirti che i 1200 docenti universitari risposero con adesione al fascismo e solo dodici si rifiutarono e furono perseguitati. purtroppo nemmeno la nostra intellettualità brilla per analisi e conseguente coerenza. purtroppo anche loro in gran parte fanno parte del "popolo coglione che grida evviva evviva" di trilussiana memoria. noi g.a.ma.di. siamo disponibili ad appoggiare appelli in difesa della costituzione e per la legittima collocazione del nostro paese nel continente democratico definito europa. ci tenevo a fartelo sapere. miriam pellegrini ferri partigiana di giustizia e libertà presidente g.a.ma.di. per la proibizione delle armi nucleari. con gli stati uniti che si preparano ad installare ordigni nucleari a medio raggio sul vecchio continente torna urgente l’esigenza di mettere al bando tutte le armi nucleari . il 7 luglio 2019 segna inesorabilmente la scadenza del secondo anno dal trattato sottoscritto a new york da 122 paesi riuniti nella sede onu per la proibizione delle armi nucleari. si è giunti a quel trattato dopo una mobilitazione globale sempre più viva e partecipata nei precedenti 5 anni, riunita nell'organizzazione ican, cui fu conferito nel 2017 il premio nobel per la pace. fino a oggi 70 paesi di tutti i continenti hanno sottoscritto il trattato e 27 di essi lo hanno fino a oggi ratificato, ma non è ancora superata la soglia della ratifica dei 50 paesi per la sua entrata in vigore. le associazioni wilpf italia e disarmisti esigenti che in più occasioni hanno sollecitato il voto dell'italia, rinnovano in questo secondo anniversario il sollecito al parlamento italiano a unire la propria voce per la pace, affinché il tpan possa divenire operativo e avviarsi a rendere reale l'aspirazione di milioni di cittadini a preservare l'umanità dall'enorme rischio che la sovrasta. intanto a milano, la prima italiana del film documentario "l’inizio della fine delle armi nucleari", prodotto da pressenza e realizzato da álvaro orús e tony robinson, avrà luogo il 9 luglio alle 17:30 presso la fondazione ambrosianeum, sala lazzati, via delle ore 3, milano (mm1-3 fermata duomo).

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USA assassini

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Segue da Pag.2: CHI SONO GLI INCENDIARI DI PETROLIERE

18 GIU 2019 — Manlio Dinucci - (il manifesto, 18 giugno 2019)

Mentre gli Stati uniti preparano una nuova escalation in Medio Oriente, accusando l’Iran di attaccare le petroliere nel Golfo di Oman, il vice-premier Matteo Salvini incontra a Washington il segretario di Stato Mike Pompeo, uno degli artefici di tale strategia, assicurandogli che «l'Italia vuole tornare a essere nel continente europeo il primo partner della più grande democrazia occidentale». Aggancia così l’Italia all’operazione lanciata da Washington.

L’«incidente del Golfo di Oman», casus belli contro l’Iran, ricalca «l’incidente del Golfo del Tonchino» del 4 agosto 1964, usato come casus belli per bombardare il Nord Vietnam, accusato di aver attaccato un cacciatorpediniere Usa (accusa risultata poi falsa).

Oggi, un video diffuso da Washington mostra l’equipaggio di una presunta motovedetta iraniana che, in pieno giorno, rimuove dalla fiancata di una petroliera una mina inesplosa per cancellare la sua provenienza (dato che la mina avrà avuto la scritta «made in Iran»).

Con queste «prove», che costituiscono un vero e proprio insulto all’intelligenza, Washington cerca di camuffare lo scopo dell’operazione. Essa rientra nella strategia per il controllo delle riserve mondiali di petrolio e gas naturale e dei relativi corridoi energetici.

Non a caso nel mirino degli Stati uniti vi sono l’Iran e l’Iraq, le cui riserve petrolifere complessive superano quelle dell’Arabia Saudita e sono cinque volte superiori a quelle Usa. Le riserve iraniane di gas naturale sono circa 2,5 volte quelle statunitensi. Per la stessa ragione è nel mirino Usa il Venezuela, il paese con le maggiori riserve petrolifere del mondo.

Di primaria importanza è il controllo dei corridoi energetici. Accusando l’Iran di voler «interrompere il flusso di petrolio attraverso lo Stretto di Hormuz», Mike Pompeo annuncia che «gli Stati uniti difenderanno la libertà di navigazione». In altre parole, annuncia che gli Stati uniti vogliono controllare militarmente questa zona chiave per l’approvvigionamento energetico anche dell’Europa, impedendo anzitutto il transito del petrolio iraniano (a cui l’Italia e altri paesi europei non possono comunque accedere liberamente a causa del divieto Usa).

Dall’Iran avrebbe potuto arrivare in Europa anche gas naturale a basso prezzo per mezzo di un gasdotto attraverso Iraq e Siria, ma il progetto, varato nel 2011, è saltato in seguito all’operazione Usa/Nato per demolire lo Stato siriano.

Dalla Russia avrebbe potuto arrivare direttamente in Italia, e da qui essere smistato in altri paesi europei con notevoli vantaggi economici, gas naturale per mezzo del South Stream attraverso il Mar Nero, ma il gasdotto, già in fase avanzata, è stato bloccato nel 2014 sotto pressione degli Stati uniti e della stessa Unione europea con grossi danni per l’Italia. E’ invece andato avanti il raddoppio del Nord Stream, che fa della Germania il centro di smistamento del gas russo.

Successivamente, in base all’accordo di «cooperazione strategica Usa-Ue in campo energetico» stipulato nel luglio 2018, le esportazioni Usa di gas naturale liquefatto (Lng) nella Ue sono triplicate. Centro di smistamento è la Polonia, da dove il «gas della libertà» arriverà anche in Ucraina.

L’obiettivo di Washington è strategico: colpire la Russia sostituendo in Europa al gas russo quello statunitense. Non c’è però alcuna garanzia né sui prezzi, né sulla durata delle forniture Usa di gas, estratto dagli scisti bituminosi con la tecnica del fracking ambientalmente disastrosa.

Che cosa dice di tutto questo Matteo Salvini che, arrivato nella «più grande democrazia occidentale», ha orgogliosamente dichiarato «faccio parte di un governo che in Europa non si accontenta più delle briciole»?

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4/10 LA NATO DEMOLISCE LO STATO LIBICO

DOCUMENTAZIONE PRESENTATA DAL COMITATO NO GUERRA NO NATO AL CONVEGNO INTERNAZIONALE SUL 70° ANNIVERSARIO DELLA NATO, FIRENZE, 7 APRILE 2O19. LA DOCUMENTAZIONE VIENE PUBBLICATA SU QUESTA PAGINA IN 10 PUNTATE, CIASCUNA ACCOMPAGNATA DALLA CORRISPONDENTE SEZIONE DEL VIDEO "I 70 ANNI DELLA NATO: DI GUERRA IN GUERRA".

Molteplici fattori rendono la Libia importante agli occhi degli Stati Uniti e delle potenze europee. Essa possiede le maggiori riserve petrolifere dell’Africa, preziose per l’alta qualità e il basso costo di estrazione, e grosse riserve di gas naturale. Su queste lo Stato libico mantiene un forte controllo, lasciando alle compagnie statunitensi ed europee limitati margini di profitto. Oltre all’oro nero, la Libia possiede l’oro bianco: l’immensa riserva di acqua fossile della falda nubiana, che si estende sotto Libia, Egitto, Sudan e Ciad. Rilevanti sono i fondi sovrani, i capitali che lo Stato libico ha investito all’estero, in particolare per dotare Africa di propri organismi finanziari e di una propria moneta.

Alla vigilia della guerra del 2011, gli Stati Uniti e le potenze europee «congelano», ossia sequestrano, i fondi sovrani libici, assestando un colpo mortale all’intero progetto. Le mail di Hillary Clinton (segretaria di stato dell’amministrazione Obama nel 2011), venute alla luce successivamente, confermano quale fosse il vero scopo della guerra: bloccare il piano di Gheddafi di usare i fondi sovrani libici per creare organismi finanziari autonomi dell’Unione Africana e una moneta africana in alternativa al dollaro e al franco CFA (la moneta che sono costretti a usare 14 paesi africani, ex-colonie francesi). È la Clinton – documenterà in seguito il New York Times – a far firmare al presidente Obama «un documento che autorizza una operazione coperta in Libia e la fornitura di armi ai ribelli».

Vengono finanziati e armati i settori tribali ostili al governo di Tripoli e gruppi islamici fino a pochi mesi prima definiti terroristi. Vengono allo stesso tempo infiltrate in Libia forze speciali, tra cui migliaia di commandos qatariani facilmente camuffabili. L’intera operazione viene diretta dagli Stati Uniti, prima tramite il Comando Africa, quindi tramite Il 19 marzo 2011 inizia il bombardamento aeronavale della Libia. In sette mesi l’aviazione USA/NATO effettua 30 mila missioni, di cui 10 mila di attacco con impiego di oltre 40 mila bombe e missili. A questa guerra partecipa l’Italia con le sue basi e forze militari,
la NATO sotto comando USA.

stracciando il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra i due paesi. Per la guerra alla Libia, l’Italia mette a disposizione delle forze USA/NATO 7 basi aeree (Trapani, Gioia del Colle, Sigonella, Decimomannu, Aviano, Amendola e Pantelleria), assicurando assistenza tecnica e rifornimenti. L’Aeronautica italiana partecipa alla guerra effettuando oltre mille missioni, e la Marina militare italiana viene impegnata su più fronti.

Con la guerra USA/NATO del 2011, viene demolito lo Stato libico e assassinato lo stesso Gheddafi. Viene demolito quello Stato che, sulla sponda sud del Mediterraneo di fronte all’Italia, manteneva «alti livelli di crescita economica» (come documentava nel 2010 la stessa Banca Mondiale), registrando «alti indicatori di sviluppo umano» tra cui l’accesso universale all’istruzione primaria e secondaria e, per il 46%, a quella di livello universitario. Nonostante le disparità, il tenore di vita della popolazione libica era notevolmente più alto di quello degli altri paesi africani. Lo testimoniava il fatto che trovavano lavoro in Libia oltre due milioni di immigrati, per lo più africani.

Vengono colpiti dalla guerra anche gli immigrati dall’Africa subsahariana che, perseguitati con l’accusa di aver collaborato con Gheddafi, sono imprigionati o costretti a fuggire. Molti, spinti dalla disperazione, tentano la traversata del Mediterraneo verso l’Europa. Quelli che vi perdono la vita sono anch’essi vittime della guerra con cui la NATO ha demolito lo Stato libico.

INTELLETTUALI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI

(Articolo di Cacciari )

Non ho vissuto l'età dei totalitarismi, l'età della morte del pensiero critico ma oggi più che mai posso considerare quanto sia pericoloso il sonno della ragione. Nell'età del ritorno dei Malvolio di montaliana memoria un semplice prendere le distanze non può bastare, non è piu possibile una "fuga immobile" anzi può rappresentare una scelta immorale, un disimpegno colpevole.Oggi non è più tempo di tacere, è tempo di prendere una posizione perché ogni esitazione potrebbe mettere a rischio le grandi conquiste culturali del secondo dopoguerra. La cooperazione internazionale, la democrazia, l'integrazione, la tolleranza non possono essere valori negoziabili.
Quello che maggiormente preoccupa non è il ristretto e circoscritto disegno politico di Salvini ma la constatazione dei consensi numerosi che colleziona, non è di Di Maio, che mi preoccupo e del suo serbatoio di voti "protestanti" ma la constatazione che la protesta sinistroide abbia consegnato il paese ad una destra becera e livida e che una larga fetta anche di intellettuali non si sia resa ancora conto che si è prostituita alla peggiore delle destre , non a quella progressista e europeista ma alla destra razzista e violenta di Salvini.Ad una destra incapace di cogliere i segni del tempo, incapace di progettare un mondo di uomini in grado di vivere insieme pacificamente nella consapevolezza che ogni vero progresso raggiunge la sua pienezza col contributo di molti e con l 'inclusione di tutti ,seguendo l'insegnamento terenziano alla base della nostra cultura occidentale :"Homo sum humani nihil a me alienum puto".
Appartengo al mondo della formazione, sto, pertanto, in trincea a contatto con una generazione vivace, intelligente, elettronica e "veloce" che "vivendo in burrasca" rischia di precipitare nel baratro dell'indifferenza o, nel peggiore delle ipotesi ,dell'intolleranza, dell 'aggressività pericolosa e ignorante.
Questi stessi giovani ,invece, meritano di essere salvati, meritano una cultura in grado di coniugare pathos e logos,una cultura che percepisca l 'uomo come fine e non come mezzo, che consideri l '"altro da sè "una risorsa importante giammai una minaccia .
Nell'età delle interconnessioni non c 'è niente di più assurdamente anacronistico dei muri e dei silenzi colpevoli. È solo nelle DIVERSITÀ che si può cogliere il vero senso della BELLEZZA e l'essenza di un impegno costruttivo che non è mai discriminante ma sempre inclusivo, totalizzante e interdipendente.
Non è neanche questione di destra o di sinistra , di rosso o nero ma il problema è , soprattutto ,di carattere culturale.La vera emergenza è quella di costruire un argine contro ogni forma di populismo, contro la xenofobia, contro i nuovi razzismi in nome di una società civile che riparta dall'UOMO, non prima dall 'uomo Italiano , nè come in passato ,prima dall'uomo della Padania ma dall'UOMO in quanto umanità È necessario che in ogni campo sia politico che economico, culturale e sociale non si perda mai di vista l'uomo , la sua dignità, il suo inestimabile valore e ,al di là di ogni faglia e filo spinato ,lo si consideri il fine ultimo di ogni progetto.
INTELLETTUALI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI, c 'è molto da fare, a partire dalla formazione scolastica . Se uniti si costituirà una forza inarrestabile, la forza della cultura, la sola che possa costituire un argine autentico contro la deriva pericolosa del populismo e della miseria ,principalmente di quella della mente.

Risposta di Miriam

Caro Massimo scusa se ti scrivo con confidenza: sono veneziana sono stata partigiana sono comunista.
Ho letto il tuo appello agli intellettuali.
Lo apprezzo e lo approvo.
Solo vorrei dirti che i 1200 docenti universitari risposero con adesione al fascismo e solo dodici si rifiutarono e furono perseguitati.
Purtroppo nemmeno la nostra intellettualità brilla per analisi e conseguente coerenza.
Purtroppo anche loro in gran parte fanno parte del "popolo coglione che grida evviva evviva" di trilussiana memoria.
Noi G.A.MA.DI. siamo disponibili ad appoggiare appelli in difesa della Costituzione e per la legittima collocazione del nostro Paese nel continente democratico definito Europa.
Ci tenevo a fartelo sapere.
Miriam Pellegrini Ferri partigiana di Giustizia e Libertà PRESIDENTE G.A.MA.DI.

Per la proibizione delle armi nucleari

Con gli Stati Uniti che si preparano ad installare ordigni nucleari a medio raggio sul vecchio continente torna urgente l’esigenza di mettere al bando tutte le armi nucleari

Il 7 luglio 2019 segna inesorabilmente la scadenza del secondo anno dal Trattato sottoscritto a New York da 122 paesi riuniti nella sede ONU per la PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI. Si è giunti a quel Trattato dopo una mobilitazione globale sempre più viva e partecipata nei precedenti 5 anni, riunita nell'organizzazione ICAN, cui fu conferito nel 2017 il Premio Nobel per la Pace. Fino a oggi 70 paesi di tutti i continenti hanno sottoscritto il Trattato e 27 di essi lo hanno fino a oggi ratificato, ma non è ancora superata la soglia della ratifica dei 50 paesi per la sua entrata in vigore.

Le associazioni WILPF Italia e Disarmisti Esigenti che in più occasioni hanno sollecitato il voto dell'Italia, rinnovano in questo secondo anniversario il sollecito al Parlamento italiano a unire la propria voce per la Pace, affinché il TPAN possa divenire operativo e avviarsi a rendere reale l'aspirazione di milioni di cittadini a preservare l'umanità dall'enorme rischio che la sovrasta.

Intanto a Milano, la prima Italiana del film documentario "L’inizio della fine delle armi nucleari", prodotto da Pressenza e realizzato da Álvaro Orús e Tony Robinson, avrà luogo il 9 luglio alle 17:30 presso la Fondazione Ambrosianeum, sala Lazzati, Via delle Ore 3, Milano (MM1-3 fermata Duomo).

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