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La VOCE 2103

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La VOCE ANNO XXIII N°7

marzo 2021

PAGINA 8

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l’italia si conferma il partner nato con più bombe nucleari tattiche usa. gli stati uniti d’america hanno ridotto a 100 le bombe nucleari tattiche b61 dislocate in europa ma l’italia continua ad essere il partner nato che ospita il maggior numero di questi ordigni di distruzione di massa, ben 35, nelle basi aeree di aviano (pordenone) e ghedi (brescia). lo rende noto l’istituto di ricerche internazionali iriad – archivio disarmo di roma dopo la pubblicazione da parte del bulletin of the atomic scientists di una ricerca sulle “armi nucleari statunitensi”, a cura degli studiosi hans m. kristensen e matt korda. secondo i due esperti, le bombe nucleari usa sono attualmente presenti in sei basi europee: kleine brogel, belgio (15 b-61); büchel, germania (15); volkel, olanda (15); incirlik, turchia (20); aviano (20) e ghedi (15). “tali bombe nucleari tattiche, aviotrasportate e destinate ad essere eventualmente usate per un conflitto limitato al vecchio continente, erano state dislocate a centinaia nel 1979, in piena guerra fredda, e sono rimaste a rappresentare l’impegno statunitense a difendere l’europa dal potente vicino russo”, commenta il professore maurizio simoncelli, vicepresidente iriad. “nel corso degli anni il loro numero si è ridotto ed anche le basi dove erano dislocate sono diminuite, al punto che in gran bretagna e in grecia non vi sono più. le testate rimangono più numerose però proprio nelle due basi italiane. se quella di aviano è statunitense, quella di ghedi è della nostra aeronautica militare, dotata di cacciabombardieri tornado ids del 6º stormo, che verranno prossimamente sostituiti dai nuovi f-35e strike eagle preparati appositamente per il trasporto delle b61. anzi queste ultime verranno rimpiazzate entro un biennio dalle nuove b61-12, che saranno dotate di un impennaggio di coda per colpire con precisione l’obiettivo e potranno essere lanciate a distanza per evitare all’aereo il fuoco difensivo dalla zona attaccata”. le nuove 61-12 sono state prefigurate sia per le esplosioni al suolo sia in aria con una potenza predeterminabile fra 0,3 e 50 kiloton, consentendo di colpire gli obiettivi con “minori danni collaterali e minore ricaduta radioattiva”, come riferito dagli analisti del pentagono. “la loro evoluzione tecnologica le rende dunque più facilmente utilizzabili aumentando quindi i rischi di un conflitto nucleare”, aggiunge il professore simoncelli. “appare pertanto necessario che il governo italiano e le forze politiche affrontino la scelta di avviarsi verso la rimozione di queste basi e delle relative bombe, proprio per la sicurezza del nostro paese e dell’europa, operando in sintonia con le finalità non solo del trattato di non proliferazione nucleare, ma anche del recente tpnw treaty on the prohibition of nuclear weapons, a cui l’italia non ha purtroppo aderito e appena entrato in vigore”. secondo quanto riferito l’8 giugno 2020 a defence new dal responsabile dei programmi di difesa national nuclear security administration, charles verdon, le nuove testate b61-12 sono già state testate con successo dai cacciabombardieri f-15e strike eagle, durante l’esercitazione nato “red flag” tenutasi nel poligono tonopah in nevada, nel marzo 2020. “una testata non attiva è stata rilasciata da un caccia a circa 1.000 piedi dal suolo, mentre è stato effettuato anche un test ad un’altitudine maggiore, a circa 25.000 piedi; in entrambe le prove sono stati colpiti gli obiettivi designati”, ha riferito l’ufficiale usa. per il programma di aggiornamento e potenziamento delle bombe nucleari tattiche b-61, il pentagono ha previsto una spesa comprensiva tra gli 8 e i 9 miliardi d dollari. esse potranno essere impiegate oltre che dai cacciabombardieri f-35 ed f-15, anche dagli f-16 e dai bombardieri strategici b-2 di us air force, nonché dai velivoli delle aeronautiche militari dei partner nato. sempre secondo la national nuclear security administration, la produzione delle b61-12 sarà conclusa negli stati uniti d’america entro la fine del 2022. ai test inaugurali in nevada delle nuove testate tattiche erano presenti, tra gli altri, i cacciabombardieri f-35a del 32° stormo dell’aeronautica italiana di amendola (foggia) “la presenza in nevada all’esercitazione multinazionale red flag ci ha consentito di accrescere e consolidare il ruolo del nuovo velivolo quale enabler fondamentale in scenari complessi, che includono minacce aeree e terrestri avanzate”, ha commentato enfaticamente l’ufficio stampa dell’aeronautica militare. una conferma non tanto implicita dell’intenzione dei vertici della difesa italiana di assegnare ai costosissimi caccia di quinta generazioni anche le funzioni di strike nucleare in ambito nato. il 22 gennaio scorso, in occasione dell’entrate in vigore del trattato internazionale che proibisce le armi nucleari, il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale luigi di maio ha emesso una nota stampa in cui è stata ribadita la totale subordinazione del nostro paese alle strategie di guerra dei moderni dottor stranamore dell’alleanza atlantica. “apprezziamo il ruolo della società civile nel sensibilizzare sulle conseguenze catastrofiche dell’uso delle armi nucleari”, ha dichiarato il ministro (uscente), ma “siamo convinti che l’approccio migliore per conseguire un effettivo disarmo nucleare implichi un pieno coinvolgimento dei paesi militarmente nucleari laddove invece - dal momento in cui è stata lanciata l’iniziativa del trattato per la proibizione delle armi nucleari - abbiamo assistito ad una crescente polarizzazione del dibattito in seno alla comunità internazionale”. “pur nutrendo profondo rispetto per le motivazioni dei promotori del trattato e dei suoi sostenitori - ha concluso di maio - riteniamo quindi che l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari possa essere realisticamente raggiunto solo attraverso un articolato percorso a tappe che tenga conto, oltre che delle considerazioni di carattere umanitario, anche delle esigenze di sicurezza nazionale e stabilità internazionale”. il cinico commento del leader pentastellato è stato giustamente stigmatizzato dalla rete italiana pace e disarmo, tra le organizzazioni non governative italiane che hanno sostenuto la campagna per l’approvazione del trattato tpnw. “respingiamo l’assunto che il trattato avrebbe avuto un effetto negativo sugli strumenti di disarmo multilaterale”, scrive l’ong. “il tpnw ha avuto invece il merito di riattivare percorsi di disarmo ormai da troppo tempo in stallo e consideriamo un’occasione mancata l’assenza dell’italia e di molti suoi alleati non nucleari dal dibattito che ha portato alla sua adozione”. per la rete italiana pace e disarmo, lo smantellamento del quadro di dispositivi legati al disarmo multilaterale è “piuttosto derivato da scelte infauste dell’amministrazione trump, con la dissoluzione di trattati fondamentali come l’inf e il jcpoa e i ritardi sul new start”. il comandante nato in europa e biden indicano la russia come una minaccia per gli usa. enrico vigna. sta emergendo un nuovo innalzamento di tensione nelle relazioni tra russia e stati uniti. negli stati uniti, come in europa, si parla sempre più di "minaccia russa" e di nuove sanzioni.
anche nel recente forum annuale della nato air force association, in una intervista a life, il generale americano, presidente del comando europeo delle forze armate statunitensi e comandante in capo delle forze congiunte della nato in europa, tod walters, ha ribadito che la russia è una minaccia per l'esistenza stessa degli stati uniti e dei loro alleati nel continente europeo. secondo il generale, mosca continua a "scuotere la barca" in tutto il mondo, nonostante le pressioni economiche e la condanna internazionale, così come altre azioni contrarie. nella sua dichiarazione, walters ha investito la russia delle solite classiche accuse. in particolare, ha affermato che mosca sta cercando di preservare la sfera di influenza dell'urss e sta cercando di seminare discordia tra gli alleati degli stati uniti per indebolirli. inoltre, il generale ha attirato l'attenzione sul fatto che la russia utilizza, in questa strategia, formazioni militari non statali. ha inoltre asserito che russia e cina stanno militarizzando l'artico, cercando di preparare l’area per creare una loro zona di influenza. anche il neo presidente usa joe biden ha nuovamente attaccato la russia. durante la conferenza sulla sicurezza di monaco ha rinnovato le vecchie accuse contro mosca. il presidente statunitense ha ripetuto che la russia vuole indebolire il "progetto europeo" e la nato, ed è un nemico pericoloso. biden ha anche affermato la necessità della protezione dell'indipendenza dell'ucraina. la duma di stato russa ha reagito con durezza alle parole di biden e walters. in una conversazione con ria novosti, il deputato ruslan balbek di russia unita, ha detto: “i membri della nato stanno guardando mosca con inquietudine, perché capiscono che "saranno respinti da tutte le direzioni" in caso di aggressione alla russia. il desiderio della nato è quello di disarmare la russia, ma sappiano che non si avvererà. le dichiarazioni di biden sono "ampollosità", rivolte ad adulatori e debitori, come l'ucraina. non c'è posto per la russia su questa terra, nella filosofia del presidente americano. per loro il nostro paese non dovrebbe esistere, o essere pienamente subordinato alla nato… riguardo alle condizioni degli stati uniti per la revoca delle sanzioni, quando washington dice di essere disposta a revocare le restrizioni, se la russia abbandona la crimea, ribadiamo con chiarezza, che la penisola rimarrà parte della russia, nonostante eventuali minacce. non c'è niente con cui possono spaventarci e lo sanno, per questo continuano queste campagne verbosamente ostili e oltraggiose”. niente di nuovo. queste dichiarazioni e campagne anti russe, fanno parte di una “tradizionale” cultura storicamente russofoba. andrebbe ricordato che già nel 1871, l’intellettuale e politico russo nikolay danilevsky, nella sua opera più importante russia ed europa, espose il suo pensiero e lettura storica, secondo cui "l'europa riconosce la russia come qualcosa di estraneo a se stessa, e non solo aliena, ma anche ostile", e che gli interessi fondamentali della russia dovrebbero agire come un "contrappeso all'ostilità dell’europa". sono passati centocinquanta anni da quando quell'opera è stata pubblicata, il mondo è cambiato: sviluppo di moderne tecnologie e loro utilizzo nella vita quotidiana, flusso continuo di informazioni, scoperte scientifiche, nuove conoscenze, condivisione della ricchezza culturale, dovrebbero indurre a confrontarci sulle relazioni tra stati e popoli, che dovrebbero produrre sforzi congiunti per superare i contrasti e salvare l’umanità dalla catastrofe di una guerra che sarebbe devastante per tutti. eppure il fondamento del concetto di relazione europa/occidente e russia/popoli slavi (e questo aspetto specifico, da oltre venti anni l’ho riscontrato personalmente in centinaia di incontri e conferenze, sulla guerra in jugoslavia) ancora oggi è ancora quello di 150 anni fa: ostilità e senso di superiorità culturale e storica. una riflessione andrebbe fatta sul perché l’occidente dovrebbe amare o odiare la russia. politicamente è inaccettabile fondare qualsiasi tipo di approccio e relazione reciproca, su un di archetipo di questo genere. le concezioni e strategie di politica estera della russia, si riassumono primariamente sulla garanzia della sicurezza, della sovranità, dell’indipendenza e dell'integrità territoriale dello stato russo e sulla realizzazione di condizioni esterne favorevoli per il suo sviluppo progressivo. la russia e l'europa hanno una lunga storia che risale a secoli fa. lungo il cammino della storia ci sono state guerre e periodi di cooperazione reciprocamente vantaggiosa. al di là di ciò che viene dichiarato o perseguito dai nemici dei popoli indipendenti e dei loro interessi, la russia è una parte inseparabile dell'europa, così come l'europa non può essere considerata "compiuta" senza la russia. per questo è basilare per tutta l’umanità, sostenere e lavorare strategicamente, non per favorire il disfacimento, ma per lo sviluppo di nuovi tipi di relazioni bilaterali, che riflettano le esigenze e gli interessi degli stati e popoli indipendenti e sovrani, in una reciproca consapevolezza e rispetto di differenze. negli ultimi anni l'unione europea era diventata il principale partner economico estero della russia e sono stati costruiti canali per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa in molti ambiti. ciò nonostante, le relazioni ue-russia ultimamente si sono fermate , a causa di pressioni e ricatti della potenza statunitense che soggioga e controlla i governi europei. molti dei progressi compiuti, ora vengono annullati a causa di sanzioni ed embarghi che danneggiano non solo una parte, ma anche le economie e gli interesse dei lavoratori europei. questo significa che si rifiuta da parte occidentale una visione strategica del futuro, fondata su relazioni bilaterali e di progresso, insieme a un confronto, in sintonia con un mondo in rapida e continua evoluzione, sotto tutti gli aspetti. la russia e l'unione europea sono discordanti ed eterogenei su molte cose, ma l'unico modo per superare le incomprensioni e trovare vantaggi per lo sviluppo dei paesi, per la difesa della pace come obiettivo vitale, è attraverso il dialogo e il reciproco interesse. occorre anche accettare che la russia (che è un continente più che un paese), è stata e sarà sempre un protagonista indipendente sulla scena internazionale, con i propri interessi e priorità nazionali, con una politica estera propulsiva. ma è documentato che in tutti questi anni, una priorità politica dimostrata dal governo russo, è stata sempre incentrata sulla costruzione di buone relazioni con l'europa. quando è intervenuto all’ultimo world economic forum di davos, il presidente della federazione russa, vladimir putin ha affermato che “ la russia fa parte dell'europa e che, culturalmente, russia ed europa sono una civiltà…”. questo è un presupposto sostanziale, non basato su esternazioni, ma una concezione politica e storica, che dovrebbe essere posta come fondamento delle relazioni e delle politiche tra europa e russia…ma ci sono gli interessi egemonici e imperanti della potenza usa e questo per i paesi europei è, e diverrà un problema sempre più grande. e il generale walters e il neo presidente statunitense biden…lo ricordano puntualmente e risolutamente ai proni governi europei. -

L’ITALIA SI CONFERMA IL PARTNER NATO CON PIÙ BOMBE NUCLEARI TATTICHE USA

Gli Stati Uniti d’America hanno ridotto a 100 le bombe nucleari tattiche B61 dislocate in Europa ma l’Italia continua ad essere il partner NATO che ospita il maggior numero di questi ordigni di distruzione di massa, ben 35, nelle basi aeree di Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia). Lo rende noto l’Istituto di Ricerche Internazionali IRIAD – Archivio Disarmo di Roma dopo la pubblicazione da parte del Bulletin of the Atomic Scientists di una ricerca sulle “Armi nucleari statunitensi”, a cura degli studiosi Hans M. Kristensen e Matt Korda. Secondo i due esperti, le bombe nucleari USA sono attualmente presenti in sei basi europee: Kleine Brogel, Belgio (15 B-61); Büchel, Germania (15); Volkel, Olanda (15); Incirlik, Turchia (20); Aviano (20) e Ghedi (15).

“Tali bombe nucleari tattiche, aviotrasportate e destinate ad essere eventualmente usate per un conflitto limitato al Vecchio Continente, erano state dislocate a centinaia nel 1979, in piena guerra fredda, e sono rimaste a rappresentare l’impegno statunitense a difendere l’Europa dal potente vicino russo”, commenta il professore Maurizio Simoncelli, vicepresidente IRIAD. “Nel corso degli anni il loro numero si è ridotto ed anche le basi dove erano dislocate sono diminuite, al punto che in Gran Bretagna e in Grecia non vi sono più. Le testate rimangono più numerose però proprio nelle due basi italiane. Se quella di Aviano è statunitense, quella di Ghedi è della nostra Aeronautica militare, dotata di cacciabombardieri Tornado IDS del 6º Stormo, che verranno prossimamente sostituiti dai nuovi F-35E Strike Eagle preparati appositamente per il trasporto delle B61. Anzi queste ultime verranno rimpiazzate entro un biennio dalle nuove B61-12, che saranno dotate di un impennaggio di coda per colpire con precisione l’obiettivo e potranno essere lanciate a distanza per evitare all’aereo il fuoco difensivo dalla zona attaccata”.

Le nuove 61-12 sono state prefigurate sia per le esplosioni al suolo sia in aria con una potenza predeterminabile fra 0,3 e 50 kiloton, consentendo di colpire gli obiettivi con “minori danni collaterali e minore ricaduta radioattiva”, come riferito dagli analisti del Pentagono. “La loro evoluzione tecnologica le rende dunque più facilmente utilizzabili aumentando quindi i rischi di un conflitto nucleare”, aggiunge il professore Simoncelli. “Appare pertanto necessario che il governo italiano e le forze politiche affrontino la scelta di avviarsi verso la rimozione di queste basi e delle relative bombe, proprio per la sicurezza del nostro paese e dell’Europa, operando in sintonia con le finalità non solo del Trattato di Non Proliferazione nucleare, ma anche del recente TPNW Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons, a cui l’Italia non ha purtroppo aderito e appena entrato in vigore”.

Secondo quanto riferito l’8 giugno 2020 a Defence New dal responsabile dei programmi di difesa National Nuclear Security Administration, Charles Verdon, le nuove testate B61-12 sono già state testate con successo dai cacciabombardieri F-15E Strike Eagle, durante l’esercitazione NATO “Red Flag” tenutasi nel poligono Tonopah in Nevada, nel marzo 2020. “Una testata non attiva è stata rilasciata da un caccia a circa 1.000 piedi dal suolo, mentre è stato effettuato anche un test ad un’altitudine maggiore, a circa 25.000 piedi; in entrambe le prove sono stati colpiti gli obiettivi designati”, ha riferito l’ufficiale USA.

Per il programma di aggiornamento e potenziamento delle bombe nucleari tattiche B-61, il Pentagono ha previsto una spesa comprensiva tra gli 8 e i 9 miliardi d dollari. Esse potranno essere impiegate oltre che dai cacciabombardieri F-35 ed F-15, anche dagli F-16 e dai bombardieri strategici B-2 di US Air Force, nonché dai velivoli delle aeronautiche militari dei partner NATO. Sempre secondo la National Nuclear Security Administration, la produzione delle B61-12 sarà conclusa negli Stati Uniti d’America entro la fine del 2022.

Ai test inaugurali in Nevada delle nuove testate tattiche erano presenti, tra gli altri, i cacciabombardieri F-35A del 32° Stormo dell’Aeronautica italiana di Amendola (Foggia) “La presenza in Nevada all’esercitazione multinazionale Red Flag ci ha consentito di accrescere e consolidare il ruolo del nuovo velivolo quale enabler fondamentale in scenari complessi, che includono minacce aeree e terrestri avanzate”, ha commentato enfaticamente l’ufficio stampa dell’Aeronautica militare. Una conferma non tanto implicita dell’intenzione dei vertici della Difesa italiana di assegnare ai costosissimi caccia di quinta generazioni anche le funzioni di strike nucleare in ambito NATO.

Il 22 gennaio scorso, in occasione dell’entrate in vigore del Trattato internazionale che proibisce le armi nucleari, il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio ha emesso una nota stampa in cui è stata ribadita la totale subordinazione del nostro paese alle strategie di guerra dei moderni dottor Stranamore dell’Alleanza Atlantica. “Apprezziamo il ruolo della società civile nel sensibilizzare sulle conseguenze catastrofiche dell’uso delle armi nucleari”, ha dichiarato il ministro (uscente), ma “siamo convinti che l’approccio migliore per conseguire un effettivo disarmo nucleare implichi un pieno coinvolgimento dei paesi militarmente nucleari laddove invece - dal momento in cui è stata lanciata l’iniziativa del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari - abbiamo assistito ad una crescente polarizzazione del dibattito in seno alla comunità internazionale”.

“Pur nutrendo profondo rispetto per le motivazioni dei promotori del Trattato e dei suoi sostenitori - ha concluso Di Maio - riteniamo quindi che l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari possa essere realisticamente raggiunto solo attraverso un articolato percorso a tappe che tenga conto, oltre che delle considerazioni di carattere umanitario, anche delle esigenze di sicurezza nazionale e stabilità internazionale”.

Il cinico commento del leader pentastellato è stato giustamente stigmatizzato dalla Rete Italiana Pace e Disarmo, tra le organizzazioni non governative italiane che hanno sostenuto la campagna per l’approvazione del Trattato TPNW. “Respingiamo l’assunto che il Trattato avrebbe avuto un effetto negativo sugli strumenti di disarmo multilaterale”, scrive l’ONG. “Il TPNW ha avuto invece il merito di riattivare percorsi di disarmo ormai da troppo tempo in stallo e consideriamo un’occasione mancata l’assenza dell’Italia e di molti suoi alleati non nucleari dal dibattito che ha portato alla sua adozione”. Per la Rete Italiana Pace e Disarmo, lo smantellamento del quadro di dispositivi legati al disarmo multilaterale è “piuttosto derivato da scelte infauste dell’Amministrazione Trump, con la dissoluzione di Trattati fondamentali come l’INF e il JCPOA e i ritardi sul New START”.

Il comandante NATO in Europa e Biden indicano la Russia come una minaccia per gli USA



Enrico Vigna

Sta emergendo un nuovo innalzamento di tensione nelle relazioni tra Russia e Stati Uniti. Negli Stati Uniti, come in Europa, si parla sempre più di "minaccia russa" e di nuove sanzioni.

Anche nel recente forum annuale della NATO Air Force Association, in una intervista a Life, il generale americano, presidente del Comando europeo delle forze armate statunitensi e comandante in capo delle forze congiunte della NATO in Europa, Tod Walters, ha ribadito che la Russia è una minaccia per l'esistenza stessa degli Stati Uniti e dei loro alleati nel continente europeo.

Secondo il generale, Mosca continua a "scuotere la barca" in tutto il mondo, nonostante le pressioni economiche e la condanna internazionale, così come altre azioni contrarie.

Nella sua dichiarazione, Walters ha investito la Russia delle solite classiche accuse. In particolare, ha affermato che Mosca sta cercando di preservare la sfera di influenza dell'URSS e sta cercando di seminare discordia tra gli alleati degli Stati Uniti per indebolirli. Inoltre, il generale ha attirato l'attenzione sul fatto che la Russia utilizza, in questa strategia, formazioni militari non statali. Ha inoltre asserito che Russia e Cina stanno militarizzando l'Artico, cercando di preparare l’area per creare una loro zona di influenza.

Anche il neo presidente USA Joe Biden ha nuovamente attaccato la Russia. Durante la Conferenza sulla sicurezza di Monaco ha rinnovato le vecchie accuse contro Mosca. Il presidente statunitense ha ripetuto che la Russia vuole indebolire il "progetto europeo" e la NATO, ed è un nemico pericoloso. Biden ha anche affermato la necessità della protezione dell'indipendenza dell'Ucraina.

La Duma di Stato russa ha reagito con durezza alle parole di Biden e Walters.

In una conversazione con RIA Novosti, il deputato Ruslan Balbek di Russia Unita,

ha detto: “I membri della NATO stanno guardando Mosca con inquietudine, perché capiscono che "saranno respinti da tutte le direzioni" in caso di aggressione alla Russia. Il desiderio della NATO è quello di disarmare la Russia, ma sappiano che non si avvererà. Le dichiarazioni di Biden sono "ampollosità", rivolte ad adulatori e debitori, come l'Ucraina. Non c'è posto per la Russia su questa terra, nella filosofia del presidente americano. Per loro il nostro paese non dovrebbe esistere, o essere pienamente subordinato alla NATO… Riguardo alle condizioni degli Stati Uniti per la revoca delle sanzioni, quando Washington dice di essere disposta a revocare le restrizioni, se la Russia abbandona la Crimea, ribadiamo con chiarezza, che la penisola rimarrà parte della Russia, nonostante eventuali minacce. Non c'è niente con cui possono spaventarci e lo sanno, per questo continuano queste campagne verbosamente ostili e oltraggiose”.

Niente di nuovo

Queste dichiarazioni e campagne anti russe, fanno parte di una “tradizionale” cultura storicamente russofoba. Andrebbe ricordato che già nel 1871, l’intellettuale e politico russo Nikolay Danilevsky, nella sua opera più importante Russia ed Europa, espose il suo pensiero e lettura storica, secondo cui "l'Europa riconosce la Russia come qualcosa di estraneo a se stessa, e non solo aliena, ma anche ostile", e che gli interessi fondamentali della Russia dovrebbero agire come un "contrappeso all'ostilità dell’Europa".

Sono passati centocinquanta anni da quando quell'opera è stata pubblicata, il mondo è cambiato: sviluppo di moderne tecnologie e loro utilizzo nella vita quotidiana, flusso continuo di informazioni, scoperte scientifiche, nuove conoscenze, condivisione della ricchezza culturale, dovrebbero indurre a confrontarci sulle relazioni tra stati e popoli, che dovrebbero produrre sforzi congiunti per superare i contrasti e salvare l’umanità dalla catastrofe di una guerra che sarebbe devastante per tutti. Eppure il fondamento del concetto di relazione Europa/occidente e Russia/popoli slavi (e questo aspetto specifico, da oltre venti anni l’ho riscontrato personalmente in centinaia di incontri e conferenze, sulla guerra in Jugoslavia) ancora oggi è ancora quello di 150 anni fa: ostilità e senso di superiorità culturale e storica.

Una riflessione andrebbe fatta sul perché l’occidente dovrebbe amare o odiare la Russia. Politicamente è inaccettabile fondare qualsiasi tipo di approccio e relazione reciproca, su un di archetipo di questo genere. Le concezioni e strategie di politica estera della Russia, si riassumono primariamente sulla garanzia della sicurezza, della sovranità, dell’indipendenza e dell'integrità territoriale dello stato russo e sulla realizzazione di condizioni esterne favorevoli per il suo sviluppo progressivo. La Russia e l'Europa hanno una lunga storia che risale a secoli fa. Lungo il cammino della storia ci sono state guerre e periodi di cooperazione reciprocamente vantaggiosa.

Al di là di ciò che viene dichiarato o perseguito dai nemici dei popoli indipendenti e dei loro interessi, la Russia è una parte inseparabile dell'Europa, così come l'Europa non può essere considerata "compiuta" senza la Russia.

Per questo è basilare per tutta l’umanità, sostenere e lavorare strategicamente, non per favorire il disfacimento, ma per lo sviluppo di nuovi tipi di relazioni bilaterali, che riflettano le esigenze e gli interessi degli stati e popoli indipendenti e sovrani, in una reciproca consapevolezza e rispetto di differenze.

Negli ultimi anni l'Unione europea era diventata il principale partner economico estero della Russia e sono stati costruiti canali per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa in molti ambiti. Ciò nonostante, le relazioni UE-Russia ultimamente si sono fermate , a causa di pressioni e ricatti della potenza statunitense che soggioga e controlla i governi europei. Molti dei progressi compiuti, ora vengono annullati a causa di sanzioni ed embarghi che danneggiano non solo una parte, ma anche le economie e gli interesse dei lavoratori europei. Questo significa che si rifiuta da parte occidentale una visione strategica del futuro, fondata su relazioni bilaterali e di progresso, insieme a un confronto, in sintonia con un mondo in rapida e continua evoluzione, sotto tutti gli aspetti.

La Russia e l'Unione europea sono discordanti ed eterogenei su molte cose, ma l'unico modo per superare le incomprensioni e trovare vantaggi per lo sviluppo dei paesi, per la difesa della pace come obiettivo vitale, è attraverso il dialogo e il reciproco interesse.

Occorre anche accettare che la Russia (che è un continente più che un paese), è stata e sarà sempre un protagonista indipendente sulla scena internazionale, con i propri interessi e priorità nazionali, con una politica estera propulsiva. Ma è documentato che in tutti questi anni, una priorità politica dimostrata dal governo russo, è stata sempre incentrata sulla costruzione di buone relazioni con l'Europa.

Quando è intervenuto all’ultimo World Economic Forum di Davos, il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin ha affermato che “ la Russia fa parte dell'Europa e che, culturalmente, Russia ed Europa sono una civiltà…”. Questo è un presupposto sostanziale, non basato su esternazioni, ma una concezione politica e storica, che dovrebbe essere posta come fondamento delle relazioni e delle politiche tra Europa e Russia…ma ci sono gli interessi egemonici e imperanti della potenza USA e questo per i paesi europei è, e diverrà un problema sempre più grande.

E il generale Walters e il neo presidente statunitense Biden…lo ricordano puntualmente e risolutamente ai proni governi europei.

  P R E C E D E N T E   

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