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La VOCE ANNO XXIII N°5

gennaio 2021

PAGINA B         - 34

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94.BOLTZMANN: TEORIA CINETICA DEI GAS, ATOMISMO, ENTROPIA E PROBABILITA’. LA POLEMICA CON MACH

di Vincenzo Brandi
94.boltzmann: teoria cinetica dei gas, atomismo, entropia e probabilita’. la polemica con mach. di vincenzo brandi. il fisico viennese ludwig edward boltzmann (1844-1906) è stato uno dei più importanti scienziati della seconda metà dell’800 ed un anticipatore delle tematiche del secolo successivo. fu professore di fisica, e poi anche di filosofia, nelle università di vienna, graz (dove godette del suo periodo migliore e più felice anche dal punto di vista personale), monaco, lipsia(1)(2). fu allievo di un altro valente fisico, josef stefan (1835-1893), con il quale collaborò nel determinare una nota ed importante legge che esprime l’intensità totale delle radiazioni elettromagnetiche “q” di tutte le frequenze emesse dal cosiddetto “corpo nero” (cioè un corpo che non riflette alcuna radiazione, pur assorbendole tutte) in funzione della quarta potènza della temperatura assoluta: q = cost x t4. sarà proprio l’analisi di alcune contraddizioni riscontrate nello studio del “corpo nero” a dare lo spunto nel 1900 alla fisica quantistica. il principale campo di attività di boltzmann fu però quello relativo alla teoria cinetica dei gas, argomento già trattato da clausius (vedi n. 78), che aveva capito che l’origine del calore era dovuta all’agitazione delle molecole e non ad una fantomatica sostanza chiamata “calorico” - e che le proprietà macroscopiche di un gas (pressione e temperatura) erano dovute ai moti delle singole molecole costituenti. l’argomento era stato ripreso da maxwell (n. 81), che – non essendo possibile determinare il moto delle singole molecole - aveva ipotizzato che la distribuzione statistica delle velocità delle particelle fosse esprimibile da una tipica curva a campana, già studiata da gauss (“gaussiana”). boltzmann – in particolare con due celebri articoli del 1872 e del 1877 - sviluppò ulteriormente questi concetti spiegando che la distribuzione statistica di quel tipo era legata alla probabilità che si verificasse un certo stato macroscopico del gas corrispondente ad uno o più assetti microscopici dello stesso gas a livello atomico-molecolare. questa probabilità era legata al numero di configurazioni microscopiche in cui si potèvano trovare le particelle gassose in corrispondenza di quello stato macroscopico specifico. dalla sofisticata analisi del grande fisico risultava che erano più probabili gli stati corrispondenti a configurazioni più uniformi e disordinate (che erano anche le più numerose) e che tutta la realtà fisica si spostava nel tempo da situazioni di maggior ordine a quelle molto più probabili di maggior disordine. questo permetteva a boltzmann di impostare il secondo principio della termodinamica su precise basi matematiche statistiche e probabilistiche (come avverrà anche nella fisica quantistica), attenendosi d’altra parte strettamente a considerazioni meccaniche basate sulla teoria atomica. il teorema che esprimeva questi fatti fu definito “teorema h” e la successiva celebre formula riassuntiva (che si trova oggi scolpita sulla stessa tomba del grande fisico) è: s = klogw, dove s è l’entropia (grandezza già introdotta da clausius che cresce sempre nelle trasformazioni termodinamiche irreversibili reali), k è la costante universale di boltzmann pari a 1,38x10-23 j/t e w è il numero di configurazioni atomico-molecolari possibili, che esprime la probabilità di un sistema fisico. il grande fisico, anticipando il modo di vedere della fisica quantistica, supponeva che le configurazioni e gli stati possibili fossero discreti ed in numero finito. queste considerazioni, nate in relazione alla teoria cinetica dei gas, potèvano essere estese all’intero sistema-universo portando alla conclusione che l’universo passa da stati più complessi ed ordinati, a bassa entropia, verso stati più uniformi e disordinati, ad alta entropia. alla fine dovrebbe verificarsi la “morte termica” dell’universo quando l’entropia raggiunga il valore massimo e la distribuzione di tutte le particelle in esso contenute abbia raggiunto lo stato di massimo disordine (ed anche di massima uniformità di distribuzione). nel 1898 il grande fisico fu in grado di scrivere anche la nota equazione dei gas perfetti: pv = nrt, in cui p è la pressione del gas, v il volume, t la temperatura assoluta, n il numero di moli di gas ed r una costante che è il prodotto della costante di avogadro (vedi n. 69) e quella di boltzmann. questa equazione riassumeva le note leggi di boyle e di gay-lussac sui gas (nn. 48 e 69). le tesi di boltzmann sollevarono una serie di critiche e polemiche, che schematicamente possiamo raggruppare in due tipologie. la prima critica fu sollevata dal fisico e filosofo viennese ernst mach (1838-1916) - collega, amico ed avversario di boltzmann – del quale parleremo diffusamente nel prossimo numero. mach riteneva che la scienza doveva consistere in una descrizione dei fenomeni (così come li percepiamo) e nell’individuazione di equazioni matematiche che li rappresentassero e che prevedessero i risultati sperimentali (questa posizione è tuttora prevalente nella corrente maggioritaria dei fisici quantistici che nel secolo xx si è ispirata a niels bohr e alla scuola di copenaghen, come vedremo in prossimi numeri: 104 – 105 - 107). riteneva quindi errato ricorrere al concetto di “atomo” o “molecola” (unione elementare di più atomi) e di altre grandezze fisiche che non si “vedessero” direttamente. riteneva molte grandezze della fisica puramente convenzionali e pura metafisica cercare di vedere cosa ci fosse “sotto” la percezione dei fenomeni.
boltzmann era invece un fisico “realista”; credeva cioè in una realtà esterna indipendente dalle nostre percezioni (come galilei, newton, laplace, dalton, helmholtz, ecc.) e cercava di capire quale fosse la struttura intima della materia, della cui esistenza non dubitava. affermava che spetta al fisico sperimentale descrivere i fenomeni e le leggi che li governano ed ai fisici teorici capirne le cause. la polemica culminò in un famoso dibattito del 1895 a lubecca dove le tesi di mach furono difese dal chimico fisico wilhelm ostwald (1853-1932) e dal filosofo georg ferdinand helm (1851-1923), sostenitori delle teorie “energetiste” (accettate anche da mach), secondo le quali la realtà consiste solo in scambi di energia, ed è quindi non interpretabile con criteri meccanicistici (ed al limite materialisti). boltzmann ebbe buon gioco a dimostrare che gli “energetisti” non erano nemmeno in grado di spiegare l’energia cinetica di un punto materiale e fu sostenuto dal grande matematico felix klein (n. 86). un secondo gruppo di obiezioni – basate essenzialmente su considerazioni matematiche - vennero da parte dell’amico e collega joseph loschmidt (1821-1895) negli anni ‘70, e successivamente dal matematico ernst zermelo (1871-1953) negli anni ’90 dell’800. il primo chiedeva come mai l’universo si trasformasse irreversibilmente nel tempo, visto che le leggi della meccanica adoperate da boltzmann sono reversibili col tempo, cioè possono procedere nei due sensi. boltzmann rispose che si trattava di un “sofisma” perché, se è vero che i fenomeni meccanici teoricamente possono avvenire nei due sensi, tuttavia l’analisi statistica della probabilità mostra che certi avvenimenti sono enormemente più probabili di altri per cui la realtà si evolve sempre in un senso. il secondo contestatore faceva notare che l’universo – se si considera un tempo sufficientemente grande, sia verso il passato, sia verso il futuro - tenderebbe inevitabilmente ad assumere ciclicamente tutte le possibili configurazioni globali, per cui non si capisce perché l’entropia dovrebbe crescere sempre. boltzmann si trovò in difficoltà e ipotizzò che in un universo immobile vi potèssero essere delle fluttuazioni locali di entropia che permettessero le trasformazioni, e che l’umanità si trova in una di queste fluttuazioni, ed è su questa situazione reale che il fisico deve indagare. ma la parte più interessante della risposta di boltzmann è probabilmente quella in cui egli calcola che i tempi considerati da zermelo sarebbero enormemente maggiori della vita stessa dell’universo che conosciamo, per cui nessuno potrà mai verificare che le sue estrapolazioni teoriche si verifichino realmente. queste questioni sono rimaste aperte fino ai nostri giorni ed hanno dato luogo a varie ipotesi cosmologiche (teorie di einstein, gold, penrose; teoria del big-bang; universi statici, dinamici, ciclici, fluttuanti, ecc.) di cui ci interesseremo nei numeri finali. invece sulla questione atomica l’inizio del ‘900 sembrò dare pienamente ragione alla posizione “realista” e materialista di boltzmann (alle cui tesi chi scrive si sente sostanzialmente più vicino). già nel 1897 j.j. thomson dimostrò l’esistenza di una particella dotata di massa: l’elettrone (n. 96). nel 1905 einstein dimostrò l’esistenza degli atomi a partire dall’osservazione dei “moti browniani” già osservati nell’800 dal biologo robert brown – 1773-1858 - (argomento già usato dagli antichi atomisti! vedi n. 7). il fisico francese jean baptiste perrin (1870-1942) – premio nobel nel 1926 - ne dette nel 1913 una dimostrazione sperimentale, partendo dalle idee di einstein. negli stessi anni (1912-14) il grande fisico sperimentale neo-zelandese rutherford e niels bohr costruirono il più noto modello atomico della storia basato sia sull’esperienza che sulla teoria. lo sfortunato boltzmann – che nel 1903 era stato anche professore di filosofia a vienna su posizioni anti-idealiste, su posizioni darwiniste per quanto riguardava lo sviluppo della logica mentale, e sostenitore delle geometrie non euclidee - non poté godere del meritato trionfo: sofferente di crisi depressive, forse accentuate anche dalle continue polemiche di cui fu al centro per decenni, si suicidò nel 1906. le teorie definite “empirio-criticiste” di mach basate su una valorizzazione delle percezioni (vedi prossimo numero) hanno comunque continuato ad influenzare la fisica del xx secolo, e fino ai nostri giorni, in parte attraverso il circolo filosofico di vienna e la teoria della relatività ristretta di einstein, e soprattutto attraverso il pensiero di vari fisici quantistici, come bohr, heisenberg, feynmann, ecc. il fisico spagnolo eduardo arroyo perez, autore di un ottimo saggio su boltzmann, ritiene che il grande dibattito fisico-filosofico tra mach e boltzmann possa essere considerato a tutt’oggi in parità e che sia tuttora aperto. (1) l. geymonat, “storia del pensiero filosofico e scientifico”, garzanti 1970 e seg. (2) rba, “grandi idee della scienza – boltzmann”

Il fisico viennese Ludwig Edward Boltzmann (1844-1906) è stato uno dei più importanti scienziati della seconda metà dell’800 ed un anticipatore delle tematiche del secolo successivo. Fu professore di fisica, e poi anche di filosofia, nelle Università di Vienna, Graz (dove godette del suo periodo migliore e più felice anche dal punto di vista personale), Monaco, Lipsia(1)(2). Fu allievo di un altro valente fisico, Josef Stefan (1835-1893), con il quale collaborò nel determinare una nota ed importante legge che esprime l’intensità totale delle radiazioni elettromagnetiche “q” di tutte le frequenze emesse dal cosiddetto “corpo nero” (cioè un corpo che non riflette alcuna radiazione, pur assorbendole tutte) in funzione della quarta potènza della temperatura assoluta: q = cost x T4. Sarà proprio l’analisi di alcune contraddizioni riscontrate nello studio del “corpo nero” a dare lo spunto nel 1900 alla Fisica Quantistica.


Il principale campo di attività di Boltzmann fu però quello relativo alla Teoria Cinetica dei Gas, argomento già trattato da Clausius (vedi N. 78), che aveva capito che l’origine del calore era dovuta all’agitazione delle molecole e non ad una fantomatica sostanza chiamata “Calorico” - e che le proprietà macroscopiche di un gas (pressione e temperatura) erano dovute ai moti delle singole molecole costituenti. L’argomento era stato ripreso da Maxwell (N. 81), che – non essendo possibile determinare il moto delle singole molecole - aveva ipotizzato che la distribuzione statistica delle velocità delle particelle fosse esprimibile da una tipica curva a campana, già studiata da Gauss (“Gaussiana”).


Boltzmann – in particolare con due celebri articoli del 1872 e del 1877 - sviluppò ulteriormente questi concetti spiegando che la distribuzione statistica di quel tipo era legata alla probabilità che si verificasse un certo stato macroscopico del gas corrispondente ad uno o più assetti microscopici dello stesso gas a livello atomico-molecolare. Questa probabilità era legata al numero di configurazioni microscopiche in cui si potèvano trovare le particelle gassose in corrispondenza di quello stato macroscopico specifico.


Dalla sofisticata analisi del grande fisico risultava che erano più probabili gli stati corrispondenti a configurazioni più uniformi e disordinate (che erano anche le più numerose) e che tutta la realtà fisica si spostava nel tempo da situazioni di maggior ordine a quelle molto più probabili di maggior disordine. Questo permetteva a Boltzmann di impostare il Secondo Principio della Termodinamica su precise basi matematiche statistiche e probabilistiche (come avverrà anche nella Fisica Quantistica), attenendosi d’altra parte strettamente a considerazioni meccaniche basate sulla teoria atomica.


Il teorema che esprimeva questi fatti fu definito “Teorema H” e la successiva celebre formula riassuntiva (che si trova oggi scolpita sulla stessa tomba del grande fisico) è: S = klogW, dove S è l’Entropia (grandezza già introdotta da Clausius che cresce sempre nelle trasformazioni termodinamiche irreversibili reali), k è la costante universale di Boltzmann pari a 1,38x10-23 J/T e W è il numero di configurazioni atomico-molecolari possibili, che esprime la probabilità di un sistema fisico.


Il grande fisico, anticipando il modo di vedere della fisica quantistica, supponeva che le configurazioni e gli stati possibili fossero discreti ed in numero finito. Queste considerazioni, nate in relazione alla teoria cinetica dei gas, potèvano essere estese all’intero sistema-Universo portando alla conclusione che l’Universo passa da stati più complessi ed ordinati, a bassa Entropia, verso stati più uniformi e disordinati, ad alta Entropia. Alla fine dovrebbe verificarsi la “morte termica” dell’Universo quando l’Entropia raggiunga il valore massimo e la distribuzione di tutte le particelle in esso contenute abbia raggiunto lo stato di massimo disordine (ed anche di massima uniformità di distribuzione).


Nel 1898 il grande fisico fu in grado di scrivere anche la nota equazione dei gas perfetti: PV = nRT, in cui P è la pressione del gas, V il volume, T la temperatura assoluta, n il numero di moli di gas ed R una costante che è il prodotto della costante di Avogadro (vedi N. 69) e quella di Boltzmann. Questa equazione riassumeva le note leggi di Boyle e di Gay-Lussac sui gas (NN. 48 e 69).


Le tesi di Boltzmann sollevarono una serie di critiche e polemiche, che schematicamente possiamo raggruppare in due tipologie. La prima critica fu sollevata dal fisico e filosofo viennese Ernst Mach (1838-1916) - collega, amico ed avversario di Boltzmann – del quale parleremo diffusamente nel prossimo numero. Mach riteneva che la Scienza doveva consistere in una descrizione dei fenomeni (così come li percepiamo) e nell’individuazione di equazioni matematiche che li rappresentassero e che prevedessero i risultati sperimentali (questa posizione è tuttora prevalente nella corrente maggioritaria dei fisici quantistici che nel secolo XX si è ispirata a Niels Bohr e alla Scuola di Copenaghen, come vedremo in prossimi numeri: 104 – 105 - 107). Riteneva quindi errato ricorrere al concetto di “atomo” o “molecola” (unione elementare di più atomi) e di altre grandezze fisiche che non si “vedessero” direttamente. Riteneva molte grandezze della fisica puramente convenzionali e pura metafisica cercare di vedere cosa ci fosse “sotto” la percezione dei fenomeni.


Boltzmann era invece un fisico “realista”; credeva cioè in una realtà esterna indipendente dalle nostre percezioni (come Galilei, Newton, Laplace, Dalton, Helmholtz, ecc.) e cercava di capire quale fosse la struttura intima della materia, della cui esistenza non dubitava. Affermava che spetta al fisico sperimentale descrivere i fenomeni e le leggi che li governano ed ai fisici teorici capirne le cause. La polemica culminò in un famoso dibattito del 1895 a Lubecca dove le tesi di Mach furono difese dal chimico fisico Wilhelm Ostwald (1853-1932) e dal filosofo Georg Ferdinand Helm (1851-1923), sostenitori delle teorie “energetiste” (accettate anche da Mach), secondo le quali la realtà consiste solo in scambi di energia, ed è quindi non interpretabile con criteri meccanicistici (ed al limite materialisti). Boltzmann ebbe buon gioco a dimostrare che gli “energetisti” non erano nemmeno in grado di spiegare l’energia cinetica di un punto materiale e fu sostenuto dal grande matematico Felix Klein (N. 86).


Un secondo gruppo di obiezioni – basate essenzialmente su considerazioni matematiche - vennero da parte dell’amico e collega Joseph Loschmidt (1821-1895) negli anni ‘70, e successivamente dal matematico Ernst Zermelo (1871-1953) negli anni ’90 dell’800. Il primo chiedeva come mai l’Universo si trasformasse irreversibilmente nel tempo, visto che le leggi della meccanica adoperate da Boltzmann sono reversibili col tempo, cioè possono procedere nei due sensi. Boltzmann rispose che si trattava di un “sofisma” perché, se è vero che i fenomeni meccanici teoricamente possono avvenire nei due sensi, tuttavia l’analisi statistica della probabilità mostra che certi avvenimenti sono enormemente più probabili di altri per cui la realtà si evolve sempre in un senso.


Il secondo contestatore faceva notare che l’Universo – se si considera un tempo sufficientemente grande, sia verso il passato, sia verso il futuro - tenderebbe inevitabilmente ad assumere ciclicamente tutte le possibili configurazioni globali, per cui non si capisce perché l’entropia dovrebbe crescere sempre. Boltzmann si trovò in difficoltà e ipotizzò che in un Universo immobile vi potèssero essere delle fluttuazioni locali di entropia che permettessero le trasformazioni, e che l’umanità si trova in una di queste fluttuazioni, ed è su questa situazione reale che il fisico deve indagare.


Ma la parte più interessante della risposta di Boltzmann è probabilmente quella in cui egli calcola che i tempi considerati da Zermelo sarebbero enormemente maggiori della vita stessa dell’Universo che conosciamo, per cui nessuno potrà mai verificare che le sue estrapolazioni teoriche si verifichino realmente. Queste questioni sono rimaste aperte fino ai nostri giorni ed hanno dato luogo a varie ipotesi cosmologiche (teorie di Einstein, Gold, Penrose; teoria del Big-Bang; Universi statici, dinamici, ciclici, fluttuanti, ecc.) di cui ci interesseremo nei numeri finali. Invece sulla questione atomica l’inizio del ‘900 sembrò dare pienamente ragione alla posizione “realista” e materialista di Boltzmann (alle cui tesi chi scrive si sente sostanzialmente più vicino).


Già nel 1897 J.J. Thomson dimostrò l’esistenza di una particella dotata di massa: l’elettrone (N. 96). Nel 1905 Einstein dimostrò l’esistenza degli atomi a partire dall’osservazione dei “moti browniani” già osservati nell’800 dal biologo Robert Brown – 1773-1858 - (argomento già usato dagli antichi atomisti! Vedi N. 7). Il fisico francese Jean Baptiste Perrin (1870-1942) – premio Nobel nel 1926 - ne dette nel 1913 una dimostrazione sperimentale, partendo dalle idee di Einstein.


Negli stessi anni (1912-14) il grande fisico sperimentale neo-zelandese Rutherford e Niels Bohr costruirono il più noto modello atomico della storia basato sia sull’esperienza che sulla teoria. Lo sfortunato Boltzmann – che nel 1903 era stato anche professore di filosofia a Vienna su posizioni anti-idealiste, su posizioni darwiniste per quanto riguardava lo sviluppo della logica mentale, e sostenitore delle geometrie non euclidee - non poté godere del meritato trionfo: sofferente di crisi depressive, forse accentuate anche dalle continue polemiche di cui fu al centro per decenni, si suicidò nel 1906.


Le teorie definite “empirio-criticiste” di Mach basate su una valorizzazione delle percezioni (vedi prossimo numero) hanno comunque continuato ad influenzare la fisica del XX secolo, e fino ai nostri giorni, in parte attraverso il Circolo filosofico di Vienna e la teoria della relatività ristretta di Einstein, e soprattutto attraverso il pensiero di vari fisici quantistici, come Bohr, Heisenberg, Feynmann, ecc. Il fisico spagnolo Eduardo Arroyo Perez, autore di un ottimo saggio su Boltzmann, ritiene che il grande dibattito fisico-filosofico tra Mach e Boltzmann possa essere considerato a tutt’oggi in parità e che sia tuttora aperto.



(1) L. Geymonat, “Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico”, Garzanti 1970 e seg.

(2) RBA, “Grandi Idee della Scienza – Boltzmann”

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