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La VOCE ANNO XXIII N°5

gennaio 2021

PAGINA c         - 27

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segue da pag.26: i pericoli della caricatura politica nei paesi del golfo. afferma inoltre: “un artista non può chiudere un occhio sui problemi che si verificano intorno a lui, soprattutto se considera ciò che fa una forma di espressione. un artista può anche scegliere di affrontare una questione meno sentita per catturare l’attenzione del pubblico “. al-bazzaz non è d’accordo con la frase “qualsiasi lavoro creativo è politico”, invece proclama: “come caricaturista sono solo un osservatore e commentatore dell’evento. non lo creo né lo influisco. a volte un’illustrazione può innescare un incidente o una causa politica, ma di solito non lo fa “. “ci sono state esperienze serie e degne di nota di donne che si occupano di questioni politiche nella regione del golfo. inoltre, i progressi tecnologici e la diffusione dei media sono stati in grado di far posto a un maggiore contributo femminile nell’opinione pubblica; cosa che continuerà ad accadere anche nei prossimi anni”. le donne e la caricatura politica. sarah al-kaed è una delle poche donne caricaturiste nella regione del golfo, una delle poche che producono caricature politiche. “anche se gli uomini dominano il mondo della caricatura nel golfo e nel mondo arabo, da quando ho iniziato a disegnare, non mi sono mai sentita diversa”. al-hashimi ipotizza che la modesta presenza di donne caricaturiste sia dovuta “ad aspetti sociali e culturali nella regione araba”, aggiungendo che “nonostante questo, ci sono state esperienze serie e degne di nota di donne che si occupano di questioni politiche nella regione del golfo. inoltre, i progressi tecnologici e la diffusione dei media sono stati in grado di far posto a un maggiore contributo femminile nell’opinione pubblica; cosa che continuerà ad accadere anche nei prossimi anni “. trad: grazia parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”-invictapalestina.org. nel programma vaccinale della ue, la germania includerà israele ma non i palestinesi. “la germania considera israele come parte dell’europa in termini di fornitura del vaccino e quindi quando il vaccino sarà approvato, sarà autorizzata a fornirlo a israele “. fonte: english version - trt world – 2 dicembre 2020. l’accordo per includere israele nel programma di accordi di vaccinazione della ue non sarà certamente una sorpresa per molti palestinesi. secondo recenti rapporti dei media israeliani, la germania ha promesso di includere il paese nell’accordo sul vaccino contro il coronavirus concordato dalla ue con grandi aziende farmaceutiche. la promessa è stata fatta dal ministro degli esteri tedesco heiko maas e dal ministro della salute jens spahn al ministro degli esteri israeliano gabi ashkenazi come continuazione della “relazione speciale” del paese “a causa dell’olocausto”. la germania – ampiamente considerata nella ue come una rigorosa “gendarme” del rispetto delle regole europee – questa volta sembra averle ignorate per garantire che un vaccino prodotto dalla ue fosse somministrato sì ai paesi europei, ma anche ad israele. il territorio palestinese di gaza, tuttavia, potrebbe non essere così fortunato. il virus nella densamente popolata striscia bloccata da israele, ha ormai raggiunto uno “stadio catastrofico”. gaza soffriva già di una carenza di attrezzature mediche dopo oltre un decennio di mortale assedio israeliano che aveva lasciato gli ospedali senza attrezzature vitali necessarie per far fronte a una pandemia. gli accorati allarmi dei medici palestinesi a gaza sul pericolo che il sistema sanitario potrebbe collassare, sono rimasti in gran parte inascoltati e l’accordo berlino-tel aviv non fa altro che sottolineare la non considerazione dei palestinesi. non ci sono stati impegni presi dalla germania nei confronti dei palestinesi,attualmente sotto un’occupazione israeliana che ha ragioni storiche strettamente legate alle azioni della germania. dopo l’olocausto per mano della germania nazista, che uccise sistematicamente undici milioni di persone, sei milioni delle quali erano ebrei e il resto erano polacchi, rom, slavi e altri dissidenti politici, la germania ha spesso cercato di aiutare israele. nel 2015, la germania ha venduto a israele quattro navi da guerra con uno sconto significativo come parte di ciò che considera un’espiazione. dopo l’annuncio dell’accordo sui vaccini, un diplomatico israeliano a berlino ha dichiarato: “la germania considera israele come parte dell’europa in termini di fornitura del vaccino e quindi quando il vaccino sarà approvato, sarà autorizzata a fornirlo a israele “. ad oggi israele ha avuto più di 337.000.000 casi di coronavirus e quasi 3.000 morti. i palestinesi, d’altra parte, hanno visto le infezioni da coronavirus avvicinarsi alla soglia dei 100.000, con più di 770 morti. nell’agosto di quest’anno, la ue ha firmato un accordo con la società farmaceutica astrazeneca per assicurarsi 400 milioni di dosi di vaccino, società dalla quale ora anche israele potrà acquistare degli stock. i palestinesi ,ad oggi,dovranno invece probabilmente aspettare il lancio più generale del vaccino. il ministro degli esteri israeliano ha affermato che l’accesso anticipato di israele al vaccino “consentirà all’economia israeliana di tornare alla piena attività “. più dell’80% dei vaccini covid-19 è stato acquistato da paesi più ricchi come stati uniti, canada, gran bretagna e unione europea, che hanno già preordinato gran parte della fornitura iniziale del vaccino, lasciando i paesi più poveri potenzialmente in un’attesa di anni. trad: grazia parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –invictapalestina.org. l’enorme aumento della violenza contro le donne in israele incontra una scarsa risposta da parte del governo. i commenti del primo ministro e il covid-19 hanno suscitato ulteriori richieste per frenare gli attacchi contro le donne.
fonte: english version - eetta prince-gibson – gerusalemme -28 novembre 2020. immagine di copertina: donne israeliane prendono parte a una manifestazione contro la violenza domestica nella città costiera di tel aviv il 12 dicembre 2018 (afp). con il lockdown dovuto al coronavirus che ha esacerbato le profonde divisioni di genere e il sessismo istituzionale che esistono in tutto il paese, israele sta vivendo un’ondata di violenza contro le donne. da marzo, le hotline per la violenza domestica hanno registrato in tutto il paese un aumento di chiamate da tre e quattro volte in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. i rifugi di emergenza per le donne maltrattate sono pieni. gran parte di questo aumento può essere attribuito, dicono gli esperti, ai lockdown dovuti alla pandemia covid-19, che costringe le famiglie a vivere a stretto contatto per lunghi periodi di tempo in un contesto di crescente stress finanziario e sociale. mercoledì, le tensioni per l’aumento della violenza contro le donne sono state ulteriormente infiammate da un discorso del primo ministro israeliano benjamin netanyahu in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. parlando al parlamento israeliano, la knesset, netanyahu ha osservato che, se la società ha capito che gli animali devono essere protetti dalla violenza, dovrebbe capire che lo stesso vale anche per le donne. “le donne non sono animali che puoi picchiare, e peraltro oggi diciamo che non si picchiano neppure gli animali”, ha detto netanyahu. ” sappiamo che anche gli animali hanno comprensione, intelligenza, cognizione e sentimenti. abbiamo giustamente compassione per gli animali. bene, le donne sono animali, i bambini sono animali – animali con diritti …” le parole del primo ministro hanno suscitato una marea di commenti sia sulla stampa tradizionale che sui social media. il parlamentare ofer shelah del partito yesh atid ha scherzato: “anche il primo ministro è un animale. ha intelligenza, cognizione e diritti – come il diritto di pronunciare queste sciocchezze”. ad oggi, 20 donne sono state uccise dai loro coniugi o familiari nel 2020, rispetto alle 13 nel 2019, secondo ynet news. l’organizzazione femminile israeliana na’amat stima che in israele circa 200.000 donne subiscano la violenza dei loro coniugi o partner, una crisi che attraversa il paese e colpisce tutti i segmenti della società. impatto della pandemia. gli attivisti per i diritti delle donne sostengono che il discorso di netanyahu, arrivato sulla scia dell’aumento della violenza sessista, mostra fino a che punto israele debba ancora lavorare per porre fine alla violenza di genere e creare una società sicura ed egualitaria. “per la prima volta abbiamo visto famiglie standard che denunciavano la violenza, nonché un peggioramento della situazione nelle famiglie che sono state a lungo nel ciclo di violenza”, ha detto rivka neuman, capo della divisione per il progresso delle donne presso la women’s international zionist organisation (wizo), che gestisce due rifugi e una linea di assistenza telefonica in israele. come risultato di questo aumento della violenza, prima della fine del primo lockdown all’inizio dell’estate, diversi gruppi di donne hanno fornito al governo piani dettagliati per combattere la violenza domestica, comprese raccomandazioni specifiche come l’assegnazione di assistenti sociali nelle stazioni di polizia, la fornitura di beepers di emergenza e di contatti che consentano alle donne di chiedere aiuto e programmi per nuovi modi di valutare la minaccia rappresentata dagli uomini sospettati di essere violenti. tuttavia, tra il primo e il secondo lockdown dovuto al virus, il governo non ha compiuto passi concreti per migliorare la situazione. a ottobre, all’inizio della seconda chiusura, due donne non imparentate, una ebrea e una palestinese, sono state uccise a due ore l’una dall’altra. un’altra è stato assassinata diversi giorni dopo. tutte e tre avevano subito abusi prima di essere uccise e avevano denunciato gli abusi alle autorità. oded forer, capo del comitato statutario della knesset per il progresso delle donne e l’uguaglianza di genere, ha osservato che “purtroppo, il governo non pone sufficiente enfasi all’impatto sociale del lockdown e delle limitazioni”. in una riunione speciale del comitato della knesset in ottobre, una revisione delle azioni del governo negli ultimi due decenni ha rivelato che è da oltre 18 anni che il supervisore nazionale non ha pubblicato alcun rapporto sulla violenza contro le donne nella società israeliana. nel suo ultimo rapporto, pubblicato nel 2002, il supervisore era stato aspramente critico nei confronti dell’inazione del governo e aveva definito la violenza contro le donne una questione sociale che richiedeva un intervento sistematico ed efficace. dodici anni dopo, nel 2014, il governo istituì un comitato interministeriale per proporre un piano per la prevenzione e il trattamento della violenza domestica di genere. nel 2016, il comitato presentò il suo piano al governo, che lo ha approvò nel 2017 impegnandosi a spendere 250 milioni di shekel (75,25 milioni di dollari) per la sua attuazione. tuttavia, nessuno di questi finanziamenti è mai stato fornito ai ministeri e alle autorità competenti. “l’unica conclusione che possiamo trarre dai continui atti di violenza contro le donne è che al governo semplicemente non importa abbastanza”, ha osservato l’editorialista batel kolman, che scrive sul quotidiano di destra mekor rishon. “il sangue delle donne non è abbastanza rosso”. ostacoli di lunga data. la lotta contro la violenza di genere in israele deve affrontare barriere istituzionali e sociali. nonostante la formazione fornita da gruppi femministi, la polizia continua a essere uno di quegli ostacoli secondo il servizio di informazione pubblica meida, tra il 2016 e il 2019 il 77% dei casi di violenza domestica denunciati è stato chiuso senza alcuna incriminazione o processo. inoltre, una donna su tre tra quelle uccise aveva presentato almeno una denuncia alla polizia negli anni precedenti la morte, con la polizia che non ha intrapreso alcuna azione appropriata. quando un uomo violento viene arrestato o portato in giudizio, i tribunali spesso attribuiscono grande importanza ai diritti del sospettato e, in caso di condanna, tendono a emettere sentenze leggere. in un caso molto pubblicizzato che ha avuto luogo poco a settembre prima della festa ebraica di rosh hashanah, un uomo pugnalò e picchiò la moglie mentre il loro bambino le gattonava vicino. la donna venne gravemente ferita ma sopravvisse. secondo la legge israeliana, avrebbe potuto rimanere anonima, ma accettò che il suo nome fosse reso noto “in modo che l’intero paese” sapesse cosa le aveva fatto suo marito. anche la polizia affermò che il pubblico aveva il diritto di conoscere la sua identità e che la pubblicazione del suo nome avrebbe potuto incoraggiare altre vittime a farsi avanti. ..segue ./.
Segue da Pag.26: I pericoli della caricatura politica nei Paesi del Golfo

Afferma inoltre: “Un artista non può chiudere un occhio sui problemi che si verificano intorno a lui, soprattutto se considera ciò che fa una forma di espressione. Un artista può anche scegliere di affrontare una questione meno sentita per catturare l’attenzione del pubblico “.

Al-Bazzaz non è d’accordo con la frase “qualsiasi lavoro creativo è politico”, invece proclama: “Come caricaturista sono solo un osservatore e commentatore dell’evento. Non lo creo né lo influisco. A volte un’illustrazione può innescare un incidente o una causa politica, ma di solito non lo fa “.

“Ci sono state esperienze serie e degne di nota di donne che si occupano di questioni politiche nella regione del Golfo. Inoltre, i progressi tecnologici e la diffusione dei media sono stati in grado di far posto a un maggiore contributo femminile nell’opinione pubblica; cosa che continuerà ad accadere anche nei prossimi anni”.

Le donne e la caricatura politica

Sarah al-Kaed è una delle poche donne caricaturiste nella regione del Golfo, una delle poche che producono caricature politiche. “Anche se gli uomini dominano il mondo della caricatura nel Golfo e nel mondo arabo, da quando ho iniziato a disegnare, non mi sono mai sentita diversa”.

Al-Hashimi ipotizza che la modesta presenza di donne caricaturiste sia dovuta “ad aspetti sociali e culturali nella regione araba”, aggiungendo che “Nonostante questo, ci sono state esperienze serie e degne di nota di donne che si occupano di questioni politiche nella regione del Golfo. Inoltre, i progressi tecnologici e la diffusione dei media sono stati in grado di far posto a un maggiore contributo femminile nell’opinione pubblica; cosa che continuerà ad accadere anche nei prossimi anni “.

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”-Invictapalestina.org

Nel programma vaccinale della UE, la Germania includerà Israele ma non i palestinesi

“La Germania considera Israele come parte dell’Europa in termini di fornitura del vaccino e quindi quando il vaccino sarà approvato, sarà autorizzata a fornirlo a Israele “.

Fonte: English Version - TRT World – 2 dicembre 2020

L’accordo per includere Israele nel programma di accordi di vaccinazione della UE non sarà certamente una sorpresa per molti palestinesi.

Secondo recenti rapporti dei media israeliani, la Germania ha promesso di includere il Paese nell’accordo sul vaccino contro il coronavirus concordato dalla UE con grandi aziende farmaceutiche.

La promessa è stata fatta dal ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas e dal ministro della Salute Jens Spahn al ministro degli Esteri israeliano Gabi Ashkenazi come continuazione della “relazione speciale” del Paese “a causa dell’Olocausto”.

La Germania – ampiamente considerata nella UE come una rigorosa “gendarme” del rispetto delle regole europee – questa volta sembra averle ignorate per garantire che un vaccino prodotto dalla UE fosse somministrato sì ai Paesi europei, ma anche ad Israele.

Il territorio palestinese di Gaza, tuttavia, potrebbe non essere così fortunato. Il virus nella densamente popolata Striscia bloccata da Israele, ha ormai raggiunto uno “stadio catastrofico”.

Gaza soffriva già di una carenza di attrezzature mediche dopo oltre un decennio di mortale assedio israeliano che aveva lasciato gli ospedali senza attrezzature vitali necessarie per far fronte a una pandemia.

Gli accorati allarmi dei medici palestinesi a Gaza sul pericolo che il sistema sanitario potrebbe collassare, sono rimasti in gran parte inascoltati e l’accordo Berlino-Tel Aviv non fa altro che sottolineare la non considerazione dei palestinesi.

Non ci sono stati impegni presi dalla Germania nei confronti dei palestinesi,attualmente sotto un’occupazione israeliana che ha ragioni storiche strettamente legate alle azioni della Germania.

Dopo l’Olocausto per mano della Germania nazista, che uccise sistematicamente undici milioni di persone, sei milioni delle quali erano ebrei e il resto erano polacchi, rom, slavi e altri dissidenti politici, la Germania ha spesso cercato di aiutare Israele.

Nel 2015, la Germania ha venduto a Israele quattro navi da guerra con uno sconto significativo come parte di ciò che considera un’espiazione.

Dopo l’annuncio dell’accordo sui vaccini, un diplomatico israeliano a Berlino ha dichiarato: “La Germania considera Israele come parte dell’Europa in termini di fornitura del vaccino e quindi quando il vaccino sarà approvato, sarà autorizzata a fornirlo a Israele “.

Ad oggi Israele ha avuto più di 337.000.000 casi di coronavirus e quasi 3.000 morti. I palestinesi, d’altra parte, hanno visto le infezioni da coronavirus avvicinarsi alla soglia dei 100.000, con più di 770 morti.

Nell’agosto di quest’anno, la UE ha firmato un accordo con la società farmaceutica AstraZeneca per assicurarsi 400 milioni di dosi di vaccino, società dalla quale ora anche Israele potrà acquistare degli stock.

I palestinesi ,ad oggi,dovranno invece probabilmente aspettare il lancio più generale del vaccino.

Il ministro degli Esteri israeliano ha affermato che l’accesso anticipato di Israele al vaccino “consentirà all’economia israeliana di tornare alla piena attività “.

Più dell’80% dei vaccini Covid-19 è stato acquistato da paesi più ricchi come Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Unione Europea, che hanno già preordinato gran parte della fornitura iniziale del vaccino, lasciando i Paesi più poveri potenzialmente in un’attesa di anni.

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org

L’enorme aumento della violenza contro le donne in Israele incontra una scarsa risposta da parte del governo

I commenti del primo ministro e il Covid-19 hanno suscitato ulteriori richieste per frenare gli attacchi contro le donne.

Fonte: English Version - Eetta Prince-Gibson – Gerusalemme -28 novembre 2020

Immagine di copertina: Donne israeliane prendono parte a una manifestazione contro la violenza domestica nella città costiera di Tel Aviv il 12 dicembre 2018 (AFP)

Con il lockdown dovuto al coronavirus che ha esacerbato le profonde divisioni di genere e il sessismo istituzionale che esistono in tutto il Paese, Israele sta vivendo un’ondata di violenza contro le donne.

Da marzo, le hotline per la violenza domestica hanno registrato in tutto il Paese un aumento di chiamate da tre e quattro volte in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I rifugi di emergenza per le donne maltrattate sono pieni.

Gran parte di questo aumento può essere attribuito, dicono gli esperti, ai lockdown dovuti alla pandemia Covid-19, che costringe le famiglie a vivere a stretto contatto per lunghi periodi di tempo in un contesto di crescente stress finanziario e sociale.

Mercoledì, le tensioni per l’aumento della violenza contro le donne sono state ulteriormente infiammate da un discorso del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Parlando al parlamento israeliano, la Knesset, Netanyahu ha osservato che, se la società ha capito che gli animali devono essere protetti dalla violenza, dovrebbe capire che lo stesso vale anche per le donne.

“Le donne non sono animali che puoi picchiare, e peraltro oggi diciamo che non si picchiano neppure gli animali”, ha detto Netanyahu.

” Sappiamo che anche gli animali hanno comprensione, intelligenza, cognizione e sentimenti. Abbiamo giustamente compassione per gli animali. Bene, le donne sono animali, i bambini sono animali – animali con diritti …” Le parole del Primo Ministro hanno suscitato una marea di commenti sia sulla stampa tradizionale che sui social media. Il parlamentare Ofer Shelah del partito Yesh Atid ha scherzato: “Anche il primo ministro è un animale. Ha intelligenza, cognizione e diritti – come il diritto di pronunciare queste sciocchezze”.

Ad oggi, 20 donne sono state uccise dai loro coniugi o familiari nel 2020, rispetto alle 13 nel 2019, secondo Ynet news.

L’organizzazione femminile israeliana Na’amat stima che in Israele circa 200.000 donne subiscano la violenza dei loro coniugi o partner, una crisi che attraversa il Paese e colpisce tutti i segmenti della società.

Impatto della pandemia

Gli attivisti per i diritti delle donne sostengono che il discorso di Netanyahu, arrivato sulla scia dell’aumento della violenza sessista, mostra fino a che punto Israele debba ancora lavorare per porre fine alla violenza di genere e creare una società sicura ed egualitaria.

“Per la prima volta abbiamo visto famiglie standard che denunciavano la violenza, nonché un peggioramento della situazione nelle famiglie che sono state a lungo nel ciclo di violenza”, ha detto Rivka Neuman, capo della divisione per il progresso delle donne presso la Women’s International Zionist Organisation (Wizo), che gestisce due rifugi e una linea di assistenza telefonica in Israele.

Come risultato di questo aumento della violenza, prima della fine del primo lockdown all’inizio dell’estate, diversi gruppi di donne hanno fornito al governo piani dettagliati per combattere la violenza domestica, comprese raccomandazioni specifiche come l’assegnazione di assistenti sociali nelle stazioni di polizia, la fornitura di beepers di emergenza e di contatti che consentano alle donne di chiedere aiuto e programmi per nuovi modi di valutare la minaccia rappresentata dagli uomini sospettati di essere violenti.

Tuttavia, tra il primo e il secondo lockdown dovuto al virus, il governo non ha compiuto passi concreti per migliorare la situazione.

A ottobre, all’inizio della seconda chiusura, due donne non imparentate, una ebrea e una palestinese, sono state uccise a due ore l’una dall’altra. Un’altra è stato assassinata diversi giorni dopo. Tutte e tre avevano subito abusi prima di essere uccise e avevano denunciato gli abusi alle autorità.

Oded Forer, capo del comitato statutario della Knesset per il progresso delle donne e l’uguaglianza di genere, ha osservato che “purtroppo, il governo non pone sufficiente enfasi all’impatto sociale del lockdown e delle limitazioni”.

In una riunione speciale del comitato della Knesset in ottobre, una revisione delle azioni del governo negli ultimi due decenni ha rivelato che è da oltre 18 anni che il supervisore nazionale non ha pubblicato alcun rapporto sulla violenza contro le donne nella società israeliana.

Nel suo ultimo rapporto, pubblicato nel 2002, il supervisore era stato aspramente critico nei confronti dell’inazione del governo e aveva definito la violenza contro le donne una questione sociale che richiedeva un intervento sistematico ed efficace.

Dodici anni dopo, nel 2014, il governo istituì un comitato interministeriale per proporre un piano per la prevenzione e il trattamento della violenza domestica di genere. Nel 2016, il comitato presentò il suo piano al governo, che lo ha approvò nel 2017 impegnandosi a spendere 250 milioni di shekel (75,25 milioni di dollari) per la sua attuazione.

Tuttavia, nessuno di questi finanziamenti è mai stato fornito ai ministeri e alle autorità competenti.

“L’unica conclusione che possiamo trarre dai continui atti di violenza contro le donne è che al governo semplicemente non importa abbastanza”, ha osservato l’editorialista Batel Kolman, che scrive sul quotidiano di destra Mekor Rishon. “Il sangue delle donne non è abbastanza rosso”.

Ostacoli di lunga data

La lotta contro la violenza di genere in Israele deve affrontare barriere istituzionali e sociali.

Nonostante la formazione fornita da gruppi femministi, la polizia continua a essere uno di quegli ostacoli Secondo il servizio di informazione pubblica Meida, tra il 2016 e il 2019 il 77% dei casi di violenza domestica denunciati è stato chiuso senza alcuna incriminazione o processo.

Inoltre, una donna su tre tra quelle uccise aveva presentato almeno una denuncia alla polizia negli anni precedenti la morte, con la polizia che non ha intrapreso alcuna azione appropriata.

Quando un uomo violento viene arrestato o portato in giudizio, i tribunali spesso attribuiscono grande importanza ai diritti del sospettato e, in caso di condanna, tendono a emettere sentenze leggere.

In un caso molto pubblicizzato che ha avuto luogo poco a settembre prima della festa ebraica di Rosh Hashanah, un uomo pugnalò e picchiò la moglie mentre il loro bambino le gattonava vicino.

La donna venne gravemente ferita ma sopravvisse. Secondo la legge israeliana, avrebbe potuto rimanere anonima, ma accettò che il suo nome fosse reso noto “in modo che l’intero paese” sapesse cosa le aveva fatto suo marito.

Anche la polizia affermò che il pubblico aveva il diritto di conoscere la sua identità e che la pubblicazione del suo nome avrebbe potuto incoraggiare altre vittime a farsi avanti.

..segue ./.

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