La VOCE | COREA | CUBA | JUGOSLAVIA | PALESTINA | RUSSIA | SCIENZA | ARTE |
Stampa pagina |
Stampa inserto |
La VOCE 2101 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXIII N°5 | gennaio 2021 | PAGINA 7 |
Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte. |
Segue da Pag.6: TEORIA, PRASSI, E CONCETTO DI “EGEMONIA”, NEL PENSIERO RIVOLUZIONARIO DI ANTONIO GRAMSCI
Segretario Bordiga, contrario a qualsiasi alleanza per la formazione di un blocco storico rivoluzionario, sia dalle correnti di destra guidate da Tasca, isolate ed escluse poi nel Congresso di Lione del 1926.
Iniziato lo scontro all’interno della direzione bolscevica in URSS, Gramsci, pur invitando la maggioranza guidata da Stalin alla moderazione per evitare dolorose rotture definitive, prese comunque posizione contro le politiche avventuriste e parolaie della cosiddetta “sinistra” guidata da Trotzskij, Zinoviev e Kamenev, incapace di comprendere le reali necessità del difficile momento politico.
Nello stesso anno 1926 Gramsci fu arrestato per ordine del Governo Fascista e confinato nel carcere di Turi.
Durante il periodo di detenzione il grande intellettuale produsse nei “Quaderni dal Carcere” la maggior parte della sua vasta e preziosa produzione intellettuale.
Pur non potendosi riassumere in questa breve nota la complessità del pensiero gramsciano, si può sottolineare che forse il più importante lascito del suo pensiero è stata l’elaborazione del concetto di “Egemonia”.
Gramsci sottolineava il ruolo degli intellettuali organici alle classi dirigenti che avevano svolto e continuavano a svolgere un ruolo di sviluppo ideologico teso a creare una serie di valori politici, culturali e morali che servissero a creare un “senso comune condiviso” che agisse da collante e sostegno ideologico ai poteri dominanti.
Di fronte a questa situazione Gramsci auspicava invece la creazione di intellettuali organici alla teoria ed alla prassi rivoluzionaria che indicassero i percorsi per giungere ad una nuova società giusta.
Una funzione fondamentale in quest’opera sarebbe stata svolta dal Partito Comunista, uno dei cui compiti fondamentali sarebbe stato quello di creare, anche attraverso l’educazione intellettuale ed ideologica del proletariato rivoluzionario e degli intellettuali progressisti, un intellettuale collettivo capace di orientare l’azione delle masse per la creazione di un mondo nuovo.
Attraverso questo processo l’azione rivoluzionaria sarebbe sfociata, non solo in una “Dittatura del proletariato” (mai criticata da Gramsci), ma anche ad una piena condivisione da parte di larghe masse degli ideali di costruzione del Comunismo.
Tutti gli aspetti del pensiero gramsciano, di cui abbiamo cercato di dare un breve sintesi, sono spesso ignorati anche dai mediocri affossatori del partito da lui fondato, che ne fanno spesso genericamente le lodi, in genere ricordando la sua attività antifascista, ma senza illustrarne con precisione tutti gli aspetti più qualificanti.
Anche i tentativi a livello internazionale del cosiddetto “pensiero unico” di indicare le esperienze della Rivoluzione di Ottobre e della nascita di una serie di Paesi socialisti come un mero incidente circoscritto della storia, sono velleitari.
Il movimento comunista ha già trasformato profondamente il mondo (ad esempio con la nascita del grande movimento anticolonialista e la creazione di solide realtà socialiste ed antimperialiste come la Cina, la Corea Popolare, Cuba, o oggi anche il Venezuela, ecc.) e non si potrà più tornare indietro.
Roma 10.12.2020 - Vincenzo Brandi.
ASPETTI DI GRAMSCI
FONDATORE DEL PCd’I
Roberto Gessi
direttore La VOCE
membro del direttivo G.A.MA.DI.
Fin da subito Antonio Gramsci fu stimato per la sua statura nella storia e nella cultura, anche all'estero e anche ora l'influenza gramsciana è in espansione, così afferma la fiorente scuola di ‘studi subalterni’ con sede in Calcutta, essendo sopravvissuta, senza mai trasformarsi in ismo, allo stesso movimento comunista europeo, e agli alti e bassi delle mode ideologiche perché quello che si trova nei suoi scritti è un metodo di analisi della realtà che gli ha permesso di comprendere la storia e la cultura con una onestà intellettuale che l’accompagnerà sempre.
Il primo Gramsci risente della formazione crociana e del neoidealismo, imperante allora in Italia, ma è il suo rispetto per i fatti e per la consistenza reale delle sue parole e la passione per la realizzazione delle proprie idee, anche a costo della vita, che l’accompagnerà sempre, a fare la differenza significativa del suo pensiero.
Con gli anni della maturazione la formazione crociana e il neoidealismo lo porteranno ad una attenta rivalutazione dell'illuminismo, infatti scriverà che senza l'illuminismo non ci sarebbe mai stata la Rivoluzione francese e che certamente l'illuminismo non fu un fenomeno di intellettualismo pedantesco.
In chiave illuministica si potrebbe anche considerare la sua critica a Karl Marx. per aver voluto relegare la vita umana in un ambito monodimensionale di rapporto socio-economico, affermando che per apprezzare l'attualità del pensiero di Marx va liberato dalle ‘incrostazioni positivistiche e naturalistiche’ del suo tempo.
D'altronde non si può dire che Gramsci non abbia fatto proprio il motto di Immanuel Kant "Sapere aude", ossia abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza, e di metterla in pratica a costo della vita.
Né si può negare che in Gramsci la ragione non abbia avuto il sopravvento su qualsiasi ideologia, anzi sia stata la base fondante della sua ideologia, del suo pensiero, anzi del suo metodo di pensiero.
Come se la ragione appunto conoscesse ragioni che l'idealismo non conosce, ragioni che gli consentono, nonostante le differenze ideologiche di essere in amicizia con Sandro Pertini.
Ma ancor di più il suo giudizio a proposito di Piero Gobetti, sulla questione meridionale, a cui riconosce di avere scavato una linea di intransigenza tra i potenti e gli esclusi dalla storia (1926).
Già a febbraio 2018 Gramsci conferma di aver pubblicato un articolo dal titolo ‘Stato e sovranità’ sul quindicinale ‘Energie Nove’ di Piero Gobetti, un carissimo amico liberale.
Gramsci voleva organizzare un grande giornale per evitare che Agnelli potesse dire agli operai:’.. vedete non sanno fare un giornale e pretendono di dirigere lo Stato’. Per questo Gramsci era così esigente e non poteva tollerare la superficialità e il pressapochismo. Pur non contraddicendo apertamente le linee bordighiane, voleva aprire il giornale anche ai liberali, appunto come Piero Gobetti, e ai lavoratori ‘non comunisti’ di matrice cattolica combattendo a tal riguardo, il bieco anticlericalismo, così radicato in larghe fasce del proletariato piemontese, dimostrando così di aver ben appreso la lezione di Lenin a proposito del suo appoggio esterno ad un Governo con il quale non aveva nulla da spartire: altra prova di idealismo al di là delle cieche ideologie.
Due anni dopo la sospensione di Energie Nove, uscì la nuova rivista dell’amico Pietro Gobetti (12 febbraio 1922), afferma Gramsci, una rivista innervata di operaismo liberale, con importanti commenti del direttore: nella concezione di Gobetti i principi del liberismo vennero proiettati dall’ordine dei fenomeni individuali a quello dei fenomeni di massa.
D’altronde anche al XII Congresso del PSI Gramsci non disse una parola, nonostante non fosse d’accordo su nulla di quello che vi si stava dicendo per non provocare ulteriori rotture, ma quando il PSI fece un accordo parlamentare tra socialisti e fascisti, allora Gramsci scrisse: ‘Il patto di pacificazione, è bene sempre ricordarlo, ha dato come risultato soltanto questo: di spezzare lo sdegno generale della popolazione che stava insorgendo contro il fascismo e di permettere a questo di perfezionare la sua organizzazione armata’.
Nel '700 nasce quello spirito critico, che sarà tanto importante nei filosofi del secolo successivo, e che, applicato all'acume di Gramsci, gli permetterà, ad esempio, di smontare punto per punto il manuale popolare di sociologia di Nikolaj I. Bucharin, e che gli fa scrivere: «Voi state distruggendo l’opera vostra» a proposito delle lacerazioni del partito comunista russo dopo la Terza Internazionale.
C'è una luce che illumina la mente di Gramsci, e anche se non vogliamo chiamarla influenza illuministica, per la sua adesione al metodo materialista (però anche gli illuministi rifiutavano tutto ciò che non era possibile spiegare e concretizzare) non possiamo negare che il suo non sia un pensiero illuminato, anche nella complessità così articolata delle sue posizioni, e per la maturazione del suo pensiero, che lo porterà a prendere in considerazione posizioni diverse nell'arco degli anni.
Peraltro la preminenza della ragione non comincia e non finisce con l'illuminismo, ma invece proseguì sulla via tracciata da Galileo Galilei e raccolse i suoi frutti per tutto il secolo successivo, fino al materialismo e all'ideologia comunista, che la spogliò della sua veste
borghese e la rivestì di pensiero scientifico e che conquistò anche menti del livello di einstein, che rivoluzionò la scienza fisica e matematica.
anche se non si può che dire che in gramsci manchino le convinzioni profonde, anzi tutt’altro. credo, dice gramsci, come federico hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani” (lo stesso che ci ripete sempre la nostra miriam), odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
l’analisi di gramsci è precisa e in un certo senso spietata, se non fosse per la enorme stima che prova nei confronti delle classe operaia e contadina e quindi nonostante ritenga che ogni contadino sia un filosofo e che possa arrivare a gustare un canto di leopardi o una sinfonia di beethoven, per cui non vi è nessun motivo di trattare i problemi che le riguardano in tono minore, in quanto tutti, quando trattati adeguatamente, possono divenire intellettuali, però riconosce nel contadino italiano una psicologia prettamente individualista ed anarchica, fortemente influenzata dalla chiesa cattolica: «la mentalità del contadino è rimasta quella del servo della gleba, che si rivolta violentemente contro i signori in determinate occasioni, ma è incapace di pensare se stesso come membro di una collettività e di svolgere un’azione sistematica e permanente rivolta a mutare i rapporti economici e politici della convivenza sociale. la psicologia dei contadini era, in tali condizioni, incontrollabile; i sentimenti reali rimanevano occulti, implicati e confusi in un sistema di difesa contro gli sfruttamenti, meramente egoistica, senza continuità logica, materiata in gran parte di sornioneria e di finto servilismo. la lotta di classe si confondeva col brigantaggio, col ricatto, con l’incendio dei boschi, con lo sgarrettamento del bestiame, col ratto dei bambini e delle donne, con l’assalto al municipio: era una forma di terrorismo elementare, senza conseguenze stabili ed efficaci. […] il contadino è vissuto sempre fuori dal dominio della legge, senza personalità giuridica, senza individualità morale: è rimasto un elemento anarchico, l’atomo indipendente di un tumulto caotico, frenato solo dalla paura del carabiniere e del diavolo».
"agitatevi perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. organizzatevi perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. studiate perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza" e l'educazione, la cultura, l’organizzazione diffusa del sapere e dell’esperienza, non si possono rimandare a domani, a quando saremo 'liberi politicamente', perché intensificare la cultura, per approfondire la consapevolezza, è essa stessa libertà, è essa stessa stimolo all’azione e condizione dell’azione: in queste poche parole sta tutta la forza del pensiero gramsciano.
«non bisogna concepire la discussione scientifica come un processo giudiziario, in cui c’è un imputato e un procuratore che, per obbligo d’ufficio deve dimostrare che l’imputato è colpevole e degno di essere tolto dalla circolazione. nella discussione scientifica, poiché si suppone che l’interesse sia alla ricerca della verità […], si dimostra più avanzato chi si pone dal punto di vista che l’avversario può esprimere un’esigenza che deve essere incorporata nella propria costruzione. comprendere e valutare realisticamente la posizione e le ragioni dell’avversario significa appunto essersi liberato dalla prigione delle ideologie (nel senso deteriore di cieco fanatismo ideologico), cioè porsi da un punto di vista critico»: questo è un altro tratto di ispirazione illuministica nel pensiero gramsciano. ma, aggiunge gramsci, quando i panni dei miei avversari erano troppo sudici, ho concluso: ‘è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire’.
una delle ragioni che spiega la straordinaria capacità mostrata da gramsci di resistere al logorìo del tempo e di riuscire ancora a illuminare il presente è appunto dovuto alla sua grande apertura mentale e il suo approccio storico e non dogmatico ai problemi.
antonio gramsci nacque ad ales il 22 gennaio 1891, e quindi il giorno dopo il festeggiamento del centenario della fondazione del pcd'i festeggeremo anche il 130° genetliaco di antonio gramsci.
fin dagli anni del ginnasio gramsci cominciò a leggere assiduamente la stampa socialista, in particolare l'avanti!, che il fratello maggiore gennaro, in servizio di leva a torino nel 1905, gli inviava, e cominciò a comprendere la funzione di formazione/informazione che la stampa era in grado di esercitare sul proletariato.
così la sua vita fu segnata da una intensa attività giornalistica fin che poté.
pubblicò il suo primo articolo, come corrispondente, durante la stagione estiva, da aidomaggiore, un piccolo paese vicino a ghilarza, sull’unione sarda, il più diffuso quotidiano dell’isola, di proprietà del suo professore di liceo, raffa garzìa, il 26 luglio 1910.
durante gli anni universitari a torino conobbe togliatti, che usufruì, come lui di una delle trentanove borse di studio per le provincie del regno di sardegna, di 70 lire mensili per dieci mesi all’anno, quando 45 lire costava il viaggio di traversata marittima, ebbe modo di solidarizzare con i movimenti operai in sciopero (primavera 1913), e si tenne informato leggendo la voce di g. prezzolini e l'unità di g. salvemini.
tornato in sardegna, a settembre dello stesso anno, visse in casa dell'amico a. tasca per qualche tempo e probabilmente fu allora che si iscrisse al psi.
nell'ottobre seguì le elezioni politiche a ‘suffragio universale maschile’ e rimase impressionato dai mutamenti introdotti in quell'ambiente dalla partecipazione dei contadini alla vita politica.
per questo alla primavera successiva, con un gruppo di socialisti propose salvemini alle elezioni suppletive di un borgo di torino per "eleggere un deputato per i contadini pugliesi" che potesse difenderli dalle violenze ordinate dal governo giolitti.
fu allora che progettò di fondare ’la città futura’, una rivista di cultura socialista, con gli amici, tasca e togliatti.
tra il 1916 e il 1918, interrotti gli studi universitari, fu redattore al 'grido del popolo' e all'edizione piemontese dell'avanti, e sviluppò una rielaborazione critica della politica 'intransigente' che ebbe un valore determinante nella formazione del suo pensiero, venendosi a definire la sua percezione della portata epocale della guerra e della rivoluzione russa, del suo orientamento marxista e di una prima messa a fuoco dei temi fondamentali della storia e della politica italiana, oltre che dell'inizio di un suo progressivo allontanamento ideale dal psi.
una delle ragioni del suo allontanamento dal psi fu sicuramente la diversa interpretazione del significato storico e pratico della rivoluzione russa del 1917 e delle successive richieste di lenin ai partiti socialisti e socialdemocratica europei di aderire a 21 punti non condivisi dall'ala di destra del psi, di cui fece parte f. turati, ma soprattutto fu la rapida trasformazione autoritaria contro gli scioperi (aprile-settembre 1920) piemontesi da parte dello stato e dei grandi gruppi del capitalismo agrario e industriale che favorivano lo sviluppo del movimento fascista, di fronte alla sostanziale impotenza del psi.
anche se il congresso del partito socialista, che si tenne a bologna, tra il 5 e l’8 ottobre 1919, deliberò di aderire all'internazionale comunista, però gramsci si rese conto che il psi non sarebbe mai potuto essere un partito rivoluzionario, mentre l'internazionale comunista fondamentalmente questo richiedeva alla moltitudine di operai e contadini, al proletariato italiano, appunto una prospettiva rivoluzionaria: il partito era ingessato in un parlamentarismo totalmente incapace sia di organizzare la rivoluzione di massa sia di creare le condizioni per uno sbocco riformistico della crisi del nostro paese. ancora su l’ordine nuovo gramsci scrive a proposito del partito socialista: ‘esso è un conglomerato di partiti, si muove e non può non muoversi pigramente e tardamente, è esposto continuamente a diventare il facile paese di conquista di avventurieri, di carrieristi, di ambiziosi senza serietà e capacità politica; per la sua eterogeneità, per gli attriti innumerevoli dei suoi ingranaggi , logorati e sabotati dalle serve del padrone, non è mai in grado di assumersi il peso e la responsabilità delle iniziative e delle azioni rivoluzionarie che gli avvenimenti incalzanti incessantemente gli pongono. ciò spiega il paradosso storico per cui in italia sono le masse che spingono e “educano’ il partito della classe operaia e non il partito che educa e guida le masse’.
solo questo ‘grande visionario’ era stato in grado di preconizzare la marcia fascista su roma.
queste furono le cause della rottura con il psi, e così si consumò lo strappo, attraverso la sottoscrizione, il 21 ottobre 1920, con n. bombacci, bordiga, b. fortichiari, f. misiano, l. polano e terracini, de ‘il manifesto programma della sinistra socialista’, dando vita alla costituzione della "frazione comunista".
già nel 1919 insieme a togliatti, tasca e u. terracini, gramsci aveva fondato un settimanale di rassegna culturale socialista, l'ordine nuovo, che già dal primo numero riportava in testata la famosa frase ‘istritevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza. agitatevi perché abbiamo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. organizzatevi,perché abbiamo bisogno di tutto la vostra forza.’ e che divenne quotidiano il primo gennaio 1921, che fu poi il primo organo di diffusione del partito comunista d'italia.
l’ordine nuovo pubblicò l’importantissimo manifesto ‘ai commissari di reparto delle officine fiat centro e brevetti’ che destò grandissimo interesse tra gli operai di torino e una svolta radicale dei rapporti di forza.
comunque sia quando, il 18 dicembre 1920, uscì l'articolo 'scissione o sfacelo?' la rottura anche con i massimalisti di serrati fu definitiva.
a livorno il 21 gennaio 1921 gramsci tra i principali ideologi fonda il partito comunista d'italia, un partito che cominciò a formare una nuova classe politica di comunisti italiani, gli stessi che andarono partigiani in montagna nella seconda guerra mondiale, un partito che sarebbe potuto essere un faro per il proletariato di allora, ma che ancora oggi ispira tutti i veri comunisti che sono rimasti in italia.
15/12/2020 – roberto gessi.
Segue da Pag.6: TEORIA, PRASSI, E CONCETTO DI “EGEMONIA”, NEL
PENSIERO RIVOLUZIONARIO DI ANTONIO GRAMSCI
Segretario Bordiga, contrario a qualsiasi alleanza per la formazione di un blocco storico rivoluzionario, sia dalle correnti di destra guidate da Tasca, isolate ed escluse poi nel Congresso di Lione del 1926. Iniziato lo scontro all’interno della direzione bolscevica in URSS, Gramsci, pur invitando la maggioranza guidata da Stalin alla moderazione per evitare dolorose rotture definitive, prese comunque posizione contro le politiche avventuriste e parolaie della cosiddetta “sinistra” guidata da Trotzskij, Zinoviev e Kamenev, incapace di comprendere le reali necessità del difficile momento politico. Nello stesso anno 1926 Gramsci fu arrestato per ordine del Governo Fascista e confinato nel carcere di Turi. Durante il periodo di detenzione il grande intellettuale produsse nei “Quaderni dal Carcere” la maggior parte della sua vasta e preziosa produzione intellettuale. Pur non potendosi riassumere in questa breve nota la complessità del pensiero gramsciano, si può sottolineare che forse il più importante lascito del suo pensiero è stata l’elaborazione del concetto di “Egemonia”. Gramsci sottolineava il ruolo degli intellettuali organici alle classi dirigenti che avevano svolto e continuavano a svolgere un ruolo di sviluppo ideologico teso a creare una serie di valori politici, culturali e morali che servissero a creare un “senso comune condiviso” che agisse da collante e sostegno ideologico ai poteri dominanti. Di fronte a questa situazione Gramsci auspicava invece la creazione di intellettuali organici alla teoria ed alla prassi rivoluzionaria che indicassero i percorsi per giungere ad una nuova società giusta. Una funzione fondamentale in quest’opera sarebbe stata svolta dal Partito Comunista, uno dei cui compiti fondamentali sarebbe stato quello di creare, anche attraverso l’educazione intellettuale ed ideologica del proletariato rivoluzionario e degli intellettuali progressisti, un intellettuale collettivo capace di orientare l’azione delle masse per la creazione di un mondo nuovo. Attraverso questo processo l’azione rivoluzionaria sarebbe sfociata, non solo in una “Dittatura del proletariato” (mai criticata da Gramsci), ma anche ad una piena condivisione da parte di larghe masse degli ideali di costruzione del Comunismo. Tutti gli aspetti del pensiero gramsciano, di cui abbiamo cercato di dare un breve sintesi, sono spesso ignorati anche dai mediocri affossatori del partito da lui fondato, che ne fanno spesso genericamente le lodi, in genere ricordando la sua attività antifascista, ma senza illustrarne con precisione tutti gli aspetti più qualificanti. Anche i tentativi a livello internazionale del cosiddetto “pensiero unico” di indicare le esperienze della Rivoluzione di Ottobre e della nascita di una serie di Paesi socialisti come un mero incidente circoscritto della storia, sono velleitari. Il movimento comunista ha già trasformato profondamente il mondo (ad esempio con la nascita del grande movimento anticolonialista e la creazione di solide realtà socialiste ed antimperialiste come la Cina, la Corea Popolare, Cuba, o oggi anche il Venezuela, ecc.) e non si potrà più tornare indietro. Roma 10.12.2020 - Vincenzo Brandi.
ASPETTI DI GRAMSCI FONDATORE DEL PCd’I
Roberto Gessi direttore La VOCE membro del direttivo G.A.MA.DI.
Fin da subito Antonio Gramsci fu stimato per la sua statura nella storia e nella cultura, anche all'estero e anche ora l'influenza gramsciana è in espansione, così afferma la fiorente scuola di ‘studi subalterni’ con sede in Calcutta, essendo sopravvissuta, senza mai trasformarsi in ismo, allo stesso movimento comunista europeo, e agli alti e bassi delle mode ideologiche perché quello che si trova nei suoi scritti è un metodo di analisi della realtà che gli ha permesso di comprendere la storia e la cultura con una onestà intellettuale che l’accompagnerà sempre. Il primo Gramsci risente della formazione crociana e del neoidealismo, imperante allora in Italia, ma è il suo rispetto per i fatti e per la consistenza reale delle sue parole e la passione per la realizzazione delle proprie idee, anche a costo della vita, che l’accompagnerà sempre, a fare la differenza significativa del suo pensiero. Con gli anni della maturazione la formazione crociana e il neoidealismo lo porteranno ad una attenta rivalutazione dell'illuminismo, infatti scriverà che senza l'illuminismo non ci sarebbe mai stata la Rivoluzione francese e che certamente l'illuminismo non fu un fenomeno di intellettualismo pedantesco. In chiave illuministica si potrebbe anche considerare la sua critica a Karl Marx. per aver voluto relegare la vita umana in un ambito monodimensionale di rapporto socio-economico, affermando che per apprezzare l'attualità del pensiero di Marx va liberato dalle ‘incrostazioni positivistiche e naturalistiche’ del suo tempo. D'altronde non si può dire che Gramsci non abbia fatto proprio il motto di Immanuel Kant "Sapere aude", ossia abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza, e di metterla in pratica a costo della vita. Né si può negare che in Gramsci la ragione non abbia avuto il sopravvento su qualsiasi ideologia, anzi sia stata la base fondante della sua ideologia, del suo pensiero, anzi del suo metodo di pensiero. Come se la ragione appunto conoscesse ragioni che l'idealismo non conosce, ragioni che gli consentono, nonostante le differenze ideologiche di essere in amicizia con Sandro Pertini. Ma ancor di più il suo giudizio a proposito di Piero Gobetti, sulla questione meridionale, a cui riconosce di avere scavato una linea di intransigenza tra i potenti e gli esclusi dalla storia (1926). Già a febbraio 2018 Gramsci conferma di aver pubblicato un articolo dal titolo ‘Stato e sovranità’ sul quindicinale ‘Energie Nove’ di Piero Gobetti, un carissimo amico liberale. Gramsci voleva organizzare un grande giornale per evitare che Agnelli potesse dire agli operai:’.. vedete non sanno fare un giornale e pretendono di dirigere lo Stato’. Per questo Gramsci era così esigente e non poteva tollerare la superficialità e il pressapochismo. Pur non contraddicendo apertamente le linee bordighiane, voleva aprire il giornale anche ai liberali, appunto come Piero Gobetti, e ai lavoratori ‘non comunisti’ di matrice cattolica combattendo a tal riguardo, il bieco anticlericalismo, così radicato in larghe fasce del proletariato piemontese, dimostrando così di aver ben appreso la lezione di Lenin a proposito del suo appoggio esterno ad un Governo con il quale non aveva nulla da spartire: altra prova di idealismo al di là delle cieche ideologie. Due anni dopo la sospensione di Energie Nove, uscì la nuova rivista dell’amico Pietro Gobetti (12 febbraio 1922), afferma Gramsci, una rivista innervata di operaismo liberale, con importanti commenti del direttore: nella concezione di Gobetti i principi del liberismo vennero proiettati dall’ordine dei fenomeni individuali a quello dei fenomeni di massa. D’altronde anche al XII Congresso del PSI Gramsci non disse una parola, nonostante non fosse d’accordo su nulla di quello che vi si stava dicendo per non provocare ulteriori rotture, ma quando il PSI fece un accordo parlamentare tra socialisti e fascisti, allora Gramsci scrisse: ‘Il patto di pacificazione, è bene sempre ricordarlo, ha dato come risultato soltanto questo: di spezzare lo sdegno generale della popolazione che stava insorgendo contro il fascismo e di permettere a questo di perfezionare la sua organizzazione armata’. Nel '700 nasce quello spirito critico, che sarà tanto importante nei filosofi del secolo successivo, e che, applicato all'acume di Gramsci, gli permetterà, ad esempio, di smontare punto per punto il manuale popolare di sociologia di Nikolaj I. Bucharin, e che gli fa scrivere: «Voi state distruggendo l’opera vostra» a proposito delle lacerazioni del partito comunista russo dopo la Terza Internazionale. C'è una luce che illumina la mente di Gramsci, e anche se non vogliamo chiamarla influenza illuministica, per la sua adesione al metodo materialista (però anche gli illuministi rifiutavano tutto ciò che non era possibile spiegare e concretizzare) non possiamo negare che il suo non sia un pensiero illuminato, anche nella complessità così articolata delle sue posizioni, e per la maturazione del suo pensiero, che lo porterà a prendere in considerazione posizioni diverse nell'arco degli anni. Peraltro la preminenza della ragione non comincia e non finisce con l'illuminismo, ma invece proseguì sulla via tracciata da Galileo Galilei e raccolse i suoi frutti per tutto il secolo successivo, fino al materialismo e all'ideologia comunista, che la spogliò della sua veste |
borghese e la rivestì di pensiero scientifico e che
conquistò anche menti del livello di Einstein, che
rivoluzionò la scienza fisica e matematica.
Anche se non si può che dire che in Gramsci manchino le convinzioni profonde, anzi tutt’altro. Credo, dice Gramsci, come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani” (lo stesso che ci ripete sempre la nostra Miriam), odio chi non parteggia, odio gli indifferenti. L’analisi di Gramsci è precisa e in un certo senso spietata, se non fosse per la enorme stima che prova nei confronti delle classe operaia e contadina e quindi nonostante ritenga che ogni contadino sia un filosofo e che possa arrivare a gustare un canto di Leopardi o una sinfonia di Beethoven, per cui non vi è nessun motivo di trattare i problemi che le riguardano in tono minore, in quanto tutti, quando trattati adeguatamente, possono divenire intellettuali, però riconosce nel contadino italiano una psicologia prettamente individualista ed anarchica, fortemente influenzata dalla chiesa cattolica: «La mentalità del contadino è rimasta quella del servo della gleba, che si rivolta violentemente contro i signori in determinate occasioni, ma è incapace di pensare se stesso come membro di una collettività e di svolgere un’azione sistematica e permanente rivolta a mutare i rapporti economici e politici della convivenza sociale. La psicologia dei contadini era, in tali condizioni, incontrollabile; i sentimenti reali rimanevano occulti, implicati e confusi in un sistema di difesa contro gli sfruttamenti, meramente egoistica, senza continuità logica, materiata in gran parte di sornioneria e di finto servilismo. La lotta di classe si confondeva col brigantaggio, col ricatto, con l’incendio dei boschi, con lo sgarrettamento del bestiame, col ratto dei bambini e delle donne, con l’assalto al municipio: era una forma di terrorismo elementare, senza conseguenze stabili ed efficaci. […] Il contadino è vissuto sempre fuori dal dominio della legge, senza personalità giuridica, senza individualità morale: è rimasto un elemento anarchico, l’atomo indipendente di un tumulto caotico, frenato solo dalla paura del carabiniere e del diavolo». "Agitatevi perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza" e l'educazione, la cultura, l’organizzazione diffusa del sapere e dell’esperienza, non si possono rimandare a domani, a quando saremo 'liberi politicamente', perché intensificare la cultura, per approfondire la consapevolezza, è essa stessa libertà, è essa stessa stimolo all’azione e condizione dell’azione: in queste poche parole sta tutta la forza del pensiero gramsciano. «Non bisogna concepire la discussione scientifica come un processo giudiziario, in cui c’è un imputato e un procuratore che, per obbligo d’ufficio deve dimostrare che l’imputato è colpevole e degno di essere tolto dalla circolazione. Nella discussione scientifica, poiché si suppone che l’interesse sia alla ricerca della verità […], si dimostra più avanzato chi si pone dal punto di vista che l’avversario può esprimere un’esigenza che deve essere incorporata nella propria costruzione. Comprendere e valutare realisticamente la posizione e le ragioni dell’avversario significa appunto essersi liberato dalla prigione delle ideologie (nel senso deteriore di cieco fanatismo ideologico), cioè porsi da un punto di vista critico»: questo è un altro tratto di ispirazione illuministica nel pensiero gramsciano. Ma, aggiunge Gramsci, quando i panni dei miei avversari erano troppo sudici, ho concluso: ‘è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire’. Una delle ragioni che spiega la straordinaria capacità mostrata da Gramsci di resistere al logorìo del tempo e di riuscire ancora a illuminare il presente è appunto dovuto alla sua grande apertura mentale e il suo approccio storico e non dogmatico ai problemi. Antonio Gramsci nacque ad Ales il 22 gennaio 1891, e quindi il giorno dopo il festeggiamento del centenario della fondazione del PCd'I festeggeremo anche il 130° genetliaco di Antonio Gramsci. Fin dagli anni del ginnasio Gramsci cominciò a leggere assiduamente la stampa socialista, in particolare l'Avanti!, che il fratello maggiore Gennaro, in servizio di leva a Torino nel 1905, gli inviava, e cominciò a comprendere la funzione di formazione/informazione che la stampa era in grado di esercitare sul proletariato. Così la sua vita fu segnata da una intensa attività giornalistica fin che poté. Pubblicò il suo primo articolo, come corrispondente, durante la stagione estiva, da Aidomaggiore, un piccolo paese vicino a Ghilarza, sull’Unione sarda, il più diffuso quotidiano dell’isola, di proprietà del suo professore di Liceo, Raffa Garzìa, il 26 luglio 1910. Durante gli anni universitari a Torino conobbe Togliatti, che usufruì, come lui di una delle trentanove borse di studio per le provincie del Regno di Sardegna, di 70 lire mensili per dieci mesi all’anno, quando 45 lire costava il viaggio di traversata marittima, ebbe modo di solidarizzare con i movimenti operai in sciopero (primavera 1913), e si tenne informato leggendo La Voce di G. Prezzolini e L'Unità di G. Salvemini. Tornato in Sardegna, a settembre dello stesso anno, visse in casa dell'amico A. Tasca per qualche tempo e probabilmente fu allora che si iscrisse al PSI. Nell'Ottobre seguì le elezioni politiche a ‘suffragio universale maschile’ e rimase impressionato dai mutamenti introdotti in quell'ambiente dalla partecipazione dei contadini alla vita politica. Per questo alla primavera successiva, con un gruppo di socialisti propose Salvemini alle elezioni suppletive di un borgo di Torino per "eleggere un deputato per i contadini pugliesi" che potesse difenderli dalle violenze ordinate dal Governo Giolitti. Fu allora che progettò di fondare ’La Città futura’, una rivista di cultura socialista, con gli amici, Tasca e Togliatti. Tra il 1916 e il 1918, interrotti gli studi universitari, fu redattore al 'Grido del popolo' e all'edizione piemontese dell'Avanti, e sviluppò una rielaborazione critica della politica 'intransigente' che ebbe un valore determinante nella formazione del suo pensiero, venendosi a definire la sua percezione della portata epocale della guerra e della Rivoluzione russa, del suo orientamento marxista e di una prima messa a fuoco dei temi fondamentali della storia e della politica italiana, oltre che dell'inizio di un suo progressivo allontanamento ideale dal PSI. Una delle ragioni del suo allontanamento dal PSI fu sicuramente la diversa interpretazione del significato storico e pratico della rivoluzione russa del 1917 e delle successive richieste di Lenin ai partiti socialisti e socialdemocratica europei di aderire a 21 punti non condivisi dall'ala di destra del PSI, di cui fece parte F. Turati, ma soprattutto fu la rapida trasformazione autoritaria contro gli scioperi (aprile-settembre 1920) piemontesi da parte dello Stato e dei grandi gruppi del capitalismo agrario e industriale che favorivano lo sviluppo del movimento fascista, di fronte alla sostanziale impotenza del PSI. Anche se il Congresso del partito socialista, che si tenne a Bologna, tra il 5 e l’8 ottobre 1919, deliberò di aderire all'Internazionale comunista, però Gramsci si rese conto che il PSI non sarebbe mai potuto essere un partito rivoluzionario, mentre l'Internazionale comunista fondamentalmente questo richiedeva alla moltitudine di operai e contadini, al proletariato italiano, appunto una prospettiva rivoluzionaria: il partito era ingessato in un parlamentarismo totalmente incapace sia di organizzare la rivoluzione di massa sia di creare le condizioni per uno sbocco riformistico della crisi del nostro Paese. Ancora su L’Ordine Nuovo Gramsci scrive a proposito del Partito socialista: ‘Esso è un conglomerato di partiti, si muove e non può non muoversi pigramente e tardamente, è esposto continuamente a diventare il facile Paese di conquista di avventurieri, di carrieristi, di ambiziosi senza serietà e capacità politica; per la sua eterogeneità, per gli attriti innumerevoli dei suoi ingranaggi , logorati e sabotati dalle serve del padrone, non è mai in grado di assumersi il peso e la responsabilità delle iniziative e delle azioni rivoluzionarie che gli avvenimenti incalzanti incessantemente gli pongono. Ciò spiega il paradosso storico per cui in Italia sono le masse che spingono e “educano’ il Partito della classe operaia e non il Partito che educa e guida le masse’. Solo questo ‘grande visionario’ era stato in grado di preconizzare la marcia fascista su Roma. Queste furono le cause della rottura con il PSI, e così si consumò lo strappo, attraverso la sottoscrizione, il 21 ottobre 1920, con N. Bombacci, Bordiga, B. Fortichiari, F. Misiano, L. Polano e Terracini, de ‘Il manifesto programma della sinistra socialista’, dando vita alla costituzione della "frazione comunista". Già nel 1919 insieme a Togliatti, Tasca e U. Terracini, Gramsci aveva fondato un settimanale di rassegna culturale socialista, L'Ordine Nuovo, che già dal primo numero riportava in testata la famosa frase ‘Istritevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi perché abbiamo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi,perché abbiamo bisogno di tutto la vostra forza.’ e che divenne quotidiano il primo gennaio 1921, che fu poi il primo organo di diffusione del Partito Comunista d'Italia. L’Ordine Nuovo pubblicò l’importantissimo Manifesto ‘Ai commissari di reparto delle officine FIAT Centro e Brevetti’ che destò grandissimo interesse tra gli operai di Torino e una svolta radicale dei rapporti di forza. Comunque sia quando, il 18 dicembre 1920, uscì l'articolo 'Scissione o sfacelo?' la rottura anche con i massimalisti di Serrati fu definitiva. A LIVORNO IL 21 GENNAIO 1921 GRAMSCI TRA I PRINCIPALI IDEOLOGI FONDA IL PARTITO COMUNISTA d'ITALIA, un partito che cominciò a formare una nuova classe politica di comunisti italiani, gli stessi che andarono partigiani in montagna nella seconda guerra mondiale, un partito che sarebbe potuto essere un faro per il proletariato di allora, ma che ancora oggi ispira tutti i veri comunisti che sono rimasti in Italia.
15/12/2020 – Roberto Gessi |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
Stampa pagina | Stampa inserto | La VOCE 2101 |
La VOCE | COREA | CUBA | JUGOSLAVIA | PALESTINA | RUSSIA | SCIENZA | ARTE |