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La VOCE 2101 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXIII N°5 | gennaio 2021 | PAGINA 3 - 19 |
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segue da pag.18: venezuela. “dalla guerriglia al governo, lo stesso assalto al cielo”. intervista esclusiva al dirigente sindacale jacobo torres.
il salario minimo oggi è di 1.200.000 bolivar, ma con il processo di dollarizzazione artificiale equivale a un dollaro. per questo, noi proponiamo che il salario sia ancorato, con o senza aumento, al petro fluttuante, una misura assunta dal governo con la creazione della criptomoneta petro sostanziata dalle grandi risorse naturali, di alto costo nel mondo, che possiede il nostro paese: oro, petrolio, diamanti, bauxite, coltan…. il petro si calcola sui 30-40 milioni di bolivar. noi diciamo che con mezzo petro possiamo risolvere il problema degli indicatori salariali pagati in bolivar, e non in dollari come sta facendo una parte del settore privato, che fa profitti stratosferici e può dare la miseria di 10 dollari ai lavoratori. la nostra proposta consentirebbe a noi lavoratori del settore pubblico di avere un salario proporzionato alle necessità. con mezzo petro potremmo stabilizzare il potere acquisitivo, aumentare la capacità di consumo e contribuire alla stabilizzazione economica. la seconda proposta, ancora più importante, però, è di portare al massimo la capacità di produrre quel che consumiamo. con il blocco economico-finanziario non è più pensabile importare l’80% del nostro fabbisogno. dobbiamo adeguare il nostro apparato produttivo alla necessità di produrre beni e servizi per la fruizione nazionale.
di recente abbiamo partecipato a un incontro mondiale, quello della piattaforma della classe operaia antimperialista (pcoa). qual è stata l’analisi di fondo e quali gli obiettivi?
la plataforma de la clase obrera antiimperialista (pcoa)è una iniziativa di maduro seguita al foro sociale mondiale. la nostra analisi, condivisa dai marxisti a livello internazionale, ritiene quella in corso una crisi strutturale del capitalismo a livello mondiale, molto più profonda di quella del 1929, o del 2008. una crisi di grandi proporzioni e di lunga gittata che ogni giorno si approfondisce ulteriormente e che non si risolve nemmeno con le guerre imperialiste. questo non vuol dire che il capitalismo è giunto a termine, ma che si sta scavando la tomba e che l’aumento delle proprie contraddizioni lo spinge verso la propria distruzione. in questo quadro, maduro ha visto l’opportunità di portare la contraddizione in seno al nemico, negli stati uniti e in europa, acuendo le contraddizioni tra borghesie e tra imperialismi: facendo loro assaggiare, insomma, un po’ della loro stessa medicina. in questo percorso, nella costruzione di uno spazio di confluenza antimperialista, consideriamo la classe operaia l’avanguardia, ma non escludiamo l’accompagnamento di quelli che gramsci chiamava gli intellettuali organici. l’obiettivo è quello di costruire una rete di azione antimperialista che consenta di articolare la lotta per uscire dalla pandemia con una prospettiva diversa da quella del sistema capitalista come modello dominante della cosiddetta nuova normalità. una prospettiva di maggior equità fra i popoli, maggiori possibilità di sviluppo e di crescita condivisa non solo per far fronte alla pandemia, ma per salvare l’umanità dalla barbarie, come dicevano fidel e chavez. la piattaforma consente di dare nuova visibilità internazionalista alla lotta contro l’imperialismo usa e i suoi alleati europei.
la legge contro il bloqueo ha suscitato grandi discussioni. che domande ti hanno fatto gli operai e come hai risposto?
la ley contra el bloqueo si è prestata a diverse interpretazioni. c’è stato un settore che ha cercato di screditare quel che sta facendo il presidente per affrontare la crisi economica prodotta dal bloqueo e la burocrazia interna che, come un cancro, cerca di mangiarsi le istituzioni dello stato. usando un linguaggio sinistrese, questo settore ha fatto circolare l’idea che questa legge viola la sovranità dello stato, che butta a mare l’eredità di chavez, eccetera. al contrario, la legge protegge le imprese basiche e strategiche che, in quanto patrimonio del popolo, non possono essere vendute, né affittate, né date in gestione. l’obiettivo della legge è quello di generare alleanze strategiche che ci permettano di avere delle entrate in divise, e che consentano un trasferimento di tecnologia tra chi viene a investire e il nostro stato. c’è già una prima impresa che è stata fondata nel segno di questa legge, si chiama ferroven e lavora nel campo aerospaziale, di aerei e treni. l’obiettivo è che al termine del contratto ci rimanga un capitale industriale e una capacità tecnica abbastanza forte per il nostro sviluppo. la ley contra el bloqueo ha come obiettivo generale lo sviluppo, l’autonomia produttiva e anche l’aumento del potere acquisitivo dei lavoratori con uno specifico fondo ricavato da queste alleanze. secondo i nostri calcoli, i risultati si vedranno nel primo quadrimestre del prossimo anno.
come si è trasformato il sindacato nella rivoluzione bolivariana, quali fasi ha attraversato?
per tutto il secolo xx, in uno scenario interclassista, avevamo un sindacato che faceva da comparsa alla classe dominante e che ci ha venduto alla socialdemocrazia. nel secolo 21, è emersa la necessità di trasformare il sindacalismo in un organismo creativo, così come creativo, trasformatore della società e dell’essere umano e non sfruttato, dev’essere il lavoro. per passare dallo sfruttamento alla creatività abbiamo bisogno sì di un sindacalismo di lotta, ma anche di un sindacalismo che aiuti a trasformare la società in cui viviamo, a fare la rivoluzione, a dare l’assalto al cielo come diceva marx. occorre quindi che i dirigenti sindacali sappiano anche dirigere lo stato, in quanto avanguardia della classe operaia, che è il motore della trasformazione della società. il nostro sindacalismo, quindi, si è venuto a poco a poco trasformando al ritmo della rivoluzione e delle sue contraddizioni. oggi abbiamo una direzione sindacale che non si intende solo di conquiste, salari e sussidi, ma che ha imparato a occuparsi dello sviluppo dell’impresa, dell’innovazione tecnologica, di come sostenere la rivoluzione. dal 2014, dal congresso dei consigli produttivi dei lavoratori creati con l’appoggio del presidente maduro e del sindacalismo rivoluzionario, si va costruendo questo nuovo modello sociale diretto dalla classe operaia, che prevede un piano intensivo di formazione ideologica che consenta in un futuro non lontano di fare il gran salto verso il socialismo e intanto affrontare il capitalismo che tuttavia persiste nella nostra società e nella nostra economia.
un gruppo di organizzazioni e movimenti ha scelto di presentarsi autonomamente alle elezioni insieme al partito comunista venezuelano. questo ha provocato molto disorientamento, sia nelle aree di base in venezuela, che a livello internazionale. molti compagni e compagne chiedono al psuv di rispondere nel merito delle critiche teoriche e politiche rivolte da queste formazioni. come risponderesti tu?
parlo a titolo personale, non a nome del partito. conosco da anni e sono amico di alcuni compagni che hanno deciso di accompagnare il pcv in questa a mio avviso deplorevole avventura. penso che sbaglino nell’esacerbare le contraddizioni, spesso in modo artificiale e opportunista, come sta facendo per motivi elettoralistici il pcv. invece di affrontare l’imperialismo, la destra, i nemici, si dedicano a squalificare maduro e la rivoluzione. ci accusano di aver svenduto il paese e la rivoluzione, e non si accorgono di portar acqua al mulino della destra per una bravata elettorale di poco costrutto. né il popolo venezuelano, né gli alleati del gran polo patriottico, né la maggioranza dei partiti e dei movimenti di solidarietà internazionale che appoggiano una rivoluzione seria, si sono lasciati irretire. non abbiamo mai occultato l’esistenza di contraddizioni, mai abbiamo detto che in venezuela c’è il socialismo. diciamo che è necessario trasformare lo scenario capitalista che ancora persiste gettando le basi per un nuovo modello. il modello capitalista non si trasforma per capriccio o per decreto, ma con una lotta di lunga durata, con una transizione che può durare decenni: perché non basta trasformare l’economia, occorre anche una rivoluzione culturale che consenta di abbandonare il modello della rendita, il modello capitalista. occorre produrre nuovi codici che ci consentano di costruire una società collettiva, una direzione collettiva in mano alla classe operaia, alternativa a questo modello borghese corrotto e burocratico. essendo quella del 6d una competizione democratica, auguriamo a questi compagni di avere successo. penso, però, che, dopo la vittoria delle forze rivoluzionarie del psuv, ci sarà qualcuno che andrà all’opposizione, qualcun altro che ritroverà il cammino della rivoluzione e andremo avanti.
come costituente, quali sono le principali proposte, già diventate legge o che restano da approvare, presentate dalla classe operaia?
l’assemblea nazionale costituente nasce contro le violenze della destra, le guarimbas del 2017. il presidente lancia la proposta il 1° di maggio, io ero presente ad accompagnare quella proposta. con la anc si è riusciti a riportare la pace e la stabilità politica nel paese. siamo riusciti ad approvare 4 bilanci, cosa che sarebbe stata impossibile con un parlamento in stato di “ribellione” com’era quello in mano alla destra. abbiamo blindato la costituzionalità del nostro stato, approvato leggi importanti come quella contro il bloqueo e probabilmente qualcun’altra che sarà necessario approvare prima che l’assemblea nazionale costituente concluda il suo periodo, il 31 dicembre. io penso di potermi ritenere soddisfatto, verso la storia e verso il nostro popolo.
https://lantidiplomatico.it/dettne..
bolivia, arresto militari golpisti per i massacri di sacaba e di senkata.
lorenzo poli.
l’assemblea legislativa plurinazionale va avanti nell’esecuzione di un giudizio di responsabilità nei confronti del governo della áñez per crimini contro l’umanità, crimini di genocidio, tortura, sparizioni forzate e altri, in relazione alla firma del decreto 4078, che “esentava da qualsiasi responsabilità penale” le forze di sicurezza che stavano reprimendo le proteste contro il colpo di stato. con quel decreto venne data libertà assoluta alle forze militari e di polizia di reprimere la popolazione, di uccidere, senza poi correre il rischio di venire processati ed essere ritenuti responsabili davanti alla giustizia.
il cambio di governo in bolivia, con la vittoria del presidente socialista luis arce, che ha posto fine al regime golpista dell’autoproclamata jeanine áñez, si trova però a dover combattere il capitolo della fuga di diversi ex ministri ed ex funzionari, alcuni dei quali con indagini giudiziarie aperte[1].
molti degli ex funzionari sono indagati per corruzione, mentre altri sono sotto accusa per la loro partecipazione ai massacri e ad atti repressivi registrati durante quel periodo.
tra gli ex funzionari indagati c’è marcel rivas, direttore dell’ufficio migrazione del paese, accusato di aver facilitato la fuga degli ex ministri dell’interno a della difesa murillo e lópez, nonché di aver emesso illegalmente 495 note di allarme per impedire a politici, giornalisti, uomini d’affari e altre persone considerate oppositori del regime della áñez di lasciare il paese per proteggersi.
secondo la polizia nazionale, l’ex vice ministro del governo javier issa, ora negli stati uniti, è accusato di aver partecipato al furto e al rogo di alcuni documenti personali dell’ex presidente evo morales. per lo stesso caso è detenuto anche l’ex direttore della forza speciale per la lotta al crimine (felcc) iván rojas, processato anche insieme alla moglie per una vicenda di profitti illeciti.
se per jeanine áñez la procura non ha ancora emesso un ordine di cattura, altri funzionari hanno abbandonato di corsa il paese sfuggendo ai rispettivi mandati d’arresto e sono arrivati negli stati uniti o a panama secondo quanto riferito dalla polizia nazionale boliviana.
pochi giorni fa, il procuratore capo boliviano ha ordinato in questi giorni l’arresto del generale alfredo cuéllar accusato per il massacro di sacaba contro i manifestanti che protestavano contro la detronizzazione del presidente socialista evo morales. massicce proteste chiedevano il suo ritorno e le dimissioni dell’autoproclamato governo.
in queste manifestazioni, le forze armate hanno utilizzato armi e agenti chimici per disperdere i manifestanti a sacaba[2] e senkata[3], rispettivamente il 15 e 19 novembre e hanno causato la morte di almeno 18 cittadini. il primo massacro è avvenuto il 15 novembre nel comune di sacaba, cochabamba, dove 12 persone sono state uccise e 125 ferite in una repressione della polizia. il secondo è avvenuto nella città di senkata, il 19 novembre, quando un’operazione di polizia e militare ha ucciso 10 persone.
secondo il procuratore lizeth martinez, “il mandato d’arresto è stato emesso per il rischio di fuga e l’ostruzione delle indagini, oltre ad altri elementi contro il militare”.
questa misura è arrivata il 24 novembre, con l’insediamento degli esperti della commissione interamericana sui diritti umani (iachr), che indagherà sugli eventi di violenza nel 2019.
il ministro della giustizia boliviano iván lima ha dichiarato che il nuovo governo metterà a disposizione della iachr “tutti i file” della polizia boliviana, delle forze armate e del ministero pubblico per identificare “gli autori intellettuali e materiali” dei fatti.
“apriamo le porte alla comunità internazionale per indagare, valutare ed emettere un rapporto. l’ultima parola sugli eventi di sacaba e senkata sarà data al nostro pubblico ministero e ai giudici di questo paese”, ha sottolineato.
i cinque esperti, accompagnati dal presidente della iachr, joel hernández, consegneranno un rapporto tecnico all’ufficio del procuratore generale dello stato (fge) per avviare azioni legali contro i responsabili.
il rappresentante del pubblico ministero ha aggiunto che cuellar, il primo uomo in divisa ad essere detenuto per questi eventi, “si trova in stato d’arresto e verranno effettuati gli atti investigativi ritenuti opportuni per chiarire i fatti”.
cuellar è ora in attesa di un’udienza dalla quale sono previste misure cautelari. secondo il suo avvocato edwin paredes, il suo cliente durante il massacro sotto inchiesta “ha svolto solo funzioni amministrative e non è colpevole”.
l’elenco degli ex funzionari oggetto di indagine comprende anche víctor hugo zamora, che era a capo del ministero degli idrocarburi, per uso improprio dell’influenza e violazione dei doveri, e roxana lizárraga, ex ministro delle comunicazioni di áñez, ma non è escluso che tra i golpisti il numero di indagati cresca. nel frattempo l’organizzazione internazionale della polizia criminale (interpol) ha autorizzato la ricerca, per una successiva cattura all’estero, degli ex funzionari e ministri golpisti boliviani fuggiti nonostante un mandato di arresto. il direttore dell’interpol-bolivia, pablo garcía, ha confermato le disposi zioni nei confronti dell’ex ministro degli interni arturo murillo e dell’ex ministro della difesa fernando lópez, che hanno un mandato di arresto per il loro coinvolgimento nel caso dell’acquisto irregolare di gas lacrimogeni con tangenti. inoltre sono state completate tutte le procedure per scovare gli ex ministri nei 194 paesi firmatari che, una volta ritrovati, si richiederà all’autorità giurisdizionale il mandato di cattura.
[1] https://www.telesurtv.net/news/investigaciones-bolivia-corrupcion-represion-20201126-0016.html.
[2] nel tropico di cochabamba (zona natale di evo) sul ponte di huayllani.
[3] città di el alto.
perchè nel 2021 non saranno in grado di sconfiggere la rivoluzione bolivariana.
di josé roberto duque - mision verdad - da https://misionverdad.com.
traduzione mauro gemma per marx21.it.
in primo luogo, c'è una revisione del meccanismo che collega la naturale ribellione dei popoli oppressi con il desiderio di cambiare rotta, strategia o semplicemente governo.
predicare o parlare contro il governo o contro i governi è una cosa facile, una reazione o una posizione più o meno
..segue ./.
Segue da Pag.18: Venezuela. “Dalla guerriglia al governo, lo stesso assalto al cielo”. Intervista esclusiva al dirigente sindacale Jacobo Torres
Il salario minimo oggi è di 1.200.000 bolivar, ma con il processo di dollarizzazione artificiale equivale a un dollaro. Per questo, noi proponiamo che il salario sia ancorato, con o senza aumento, al Petro fluttuante, una misura assunta dal governo con la creazione della criptomoneta Petro sostanziata dalle grandi risorse naturali, di alto costo nel mondo, che possiede il nostro paese: oro, petrolio, diamanti, bauxite, coltan…. Il Petro si calcola sui 30-40 milioni di bolivar. Noi diciamo che con mezzo Petro possiamo risolvere il problema degli indicatori salariali pagati in bolivar, e non in dollari come sta facendo una parte del settore privato, che fa profitti stratosferici e può dare la miseria di 10 dollari ai lavoratori. La nostra proposta consentirebbe a noi lavoratori del settore pubblico di avere un salario proporzionato alle necessità. Con mezzo Petro potremmo stabilizzare il potere acquisitivo, aumentare la capacità di consumo e contribuire alla stabilizzazione economica. La seconda proposta, ancora più importante, però, è di portare al massimo la capacità di produrre quel che consumiamo. Con il blocco economico-finanziario non è più pensabile importare l’80% del nostro fabbisogno. Dobbiamo adeguare il nostro apparato produttivo alla necessità di produrre beni e servizi per la fruizione nazionale. Di recente abbiamo partecipato a un incontro mondiale, quello della Piattaforma della Classe Operaia Antimperialista (PCOA). Qual è stata l’analisi di fondo e quali gli obiettivi? La Plataforma de la Clase Obrera Antiimperialista (PCOA)è una iniziativa di Maduro seguita al Foro Sociale Mondiale. La nostra analisi, condivisa dai marxisti a livello internazionale, ritiene quella in corso una crisi strutturale del capitalismo a livello mondiale, molto più profonda di quella del 1929, o del 2008. Una crisi di grandi proporzioni e di lunga gittata che ogni giorno si approfondisce ulteriormente e che non si risolve nemmeno con le guerre imperialiste. Questo non vuol dire che il capitalismo è giunto a termine, ma che si sta scavando la tomba e che l’aumento delle proprie contraddizioni lo spinge verso la propria distruzione. In questo quadro, Maduro ha visto l’opportunità di portare la contraddizione in seno al nemico, negli Stati Uniti e in Europa, acuendo le contraddizioni tra borghesie e tra imperialismi: facendo loro assaggiare, insomma, un po’ della loro stessa medicina. In questo percorso, nella costruzione di uno spazio di confluenza antimperialista, consideriamo la classe operaia l’avanguardia, ma non escludiamo l’accompagnamento di quelli che Gramsci chiamava gli intellettuali organici. L’obiettivo è quello di costruire una rete di azione antimperialista che consenta di articolare la lotta per uscire dalla pandemia con una prospettiva diversa da quella del sistema capitalista come modello dominante della cosiddetta nuova normalità. Una prospettiva di maggior equità fra i popoli, maggiori possibilità di sviluppo e di crescita condivisa non solo per far fronte alla pandemia, ma per salvare l’umanità dalla barbarie, come dicevano Fidel e Chavez. La Piattaforma consente di dare nuova visibilità internazionalista alla lotta contro l’imperialismo Usa e i suoi alleati europei. La legge contro il Bloqueo ha suscitato grandi discussioni. Che domande ti hanno fatto gli operai e come hai risposto? La Ley contra el bloqueo si è prestata a diverse interpretazioni. C’è stato un settore che ha cercato di screditare quel che sta facendo il presidente per affrontare la crisi economica prodotta dal bloqueo e la burocrazia interna che, come un cancro, cerca di mangiarsi le istituzioni dello Stato. Usando un linguaggio sinistrese, questo settore ha fatto circolare l’idea che questa legge viola la sovranità dello Stato, che butta a mare l’eredità di Chavez, eccetera. Al contrario, la legge protegge le imprese basiche e strategiche che, in quanto patrimonio del popolo, non possono essere vendute, né affittate, né date in gestione. L’obiettivo della legge è quello di generare alleanze strategiche che ci permettano di avere delle entrate in divise, e che consentano un trasferimento di tecnologia tra chi viene a investire e il nostro Stato. C’è già una prima impresa che è stata fondata nel segno di questa legge, si chiama Ferroven e lavora nel campo aerospaziale, di aerei e treni. L’obiettivo è che al termine del contratto ci rimanga un capitale industriale e una capacità tecnica abbastanza forte per il nostro sviluppo. La Ley contra el bloqueo ha come obiettivo generale lo sviluppo, l’autonomia produttiva e anche l’aumento del potere acquisitivo dei lavoratori con uno specifico fondo ricavato da queste alleanze. Secondo i nostri calcoli, i risultati si vedranno nel primo quadrimestre del prossimo anno. Come si è trasformato il sindacato nella rivoluzione bolivariana, quali fasi ha attraversato? Per tutto il secolo XX, in uno scenario interclassista, avevamo un sindacato che faceva da comparsa alla classe dominante e che ci ha venduto alla socialdemocrazia. Nel secolo 21, è emersa la necessità di trasformare il sindacalismo in un organismo creativo, così come creativo, trasformatore della società e dell’essere umano e non sfruttato, dev’essere il lavoro. Per passare dallo sfruttamento alla creatività abbiamo bisogno sì di un sindacalismo di lotta, ma anche di un sindacalismo che aiuti a trasformare la società in cui viviamo, a fare la rivoluzione, a dare l’assalto al cielo come diceva Marx. Occorre quindi che i dirigenti sindacali sappiano anche dirigere lo Stato, in quanto avanguardia della classe operaia, che è il motore della trasformazione della società. Il nostro sindacalismo, quindi, si è venuto a poco a poco trasformando al ritmo della rivoluzione e delle sue contraddizioni. Oggi abbiamo una direzione sindacale che non si intende solo di conquiste, salari e sussidi, ma che ha imparato a occuparsi dello sviluppo dell’impresa, dell’innovazione tecnologica, di come sostenere la rivoluzione. Dal 2014, dal Congresso dei consigli produttivi dei lavoratori creati con l’appoggio del presidente Maduro e del sindacalismo rivoluzionario, si va costruendo questo nuovo modello sociale diretto dalla classe operaia, che prevede un piano intensivo di formazione ideologica che consenta in un futuro non lontano di fare il gran salto verso il socialismo e intanto affrontare il capitalismo che tuttavia persiste nella nostra società e nella nostra economia. Un gruppo di organizzazioni e movimenti ha scelto di presentarsi autonomamente alle elezioni insieme al Partito Comunista venezuelano. Questo ha provocato molto disorientamento, sia nelle aree di base in Venezuela, che a livello internazionale. Molti compagni e compagne chiedono al PSUV di rispondere nel merito delle critiche teoriche e politiche rivolte da queste formazioni. Come risponderesti tu? Parlo a titolo personale, non a nome del partito. Conosco da anni e sono amico di alcuni compagni che hanno deciso di accompagnare il Pcv in questa a mio avviso deplorevole avventura. Penso che sbaglino nell’esacerbare le contraddizioni, spesso in modo artificiale e opportunista, come sta facendo per motivi elettoralistici il Pcv. Invece di affrontare l’imperialismo, la destra, i nemici, si dedicano a squalificare Maduro e la rivoluzione. Ci accusano di aver svenduto il paese e la rivoluzione, e non si accorgono di portar acqua al mulino della destra per una bravata elettorale di poco costrutto. Né il popolo venezuelano, né gli alleati del Gran Polo Patriottico, né la maggioranza dei partiti e dei movimenti di solidarietà internazionale che appoggiano una rivoluzione seria, si sono lasciati irretire. Non abbiamo mai occultato l’esistenza di contraddizioni, mai abbiamo detto che in Venezuela c’è il socialismo. Diciamo che è necessario trasformare lo scenario capitalista che ancora persiste gettando le basi per un nuovo modello. Il modello capitalista non si trasforma per capriccio o per decreto, ma con una lotta di lunga durata, con una transizione che può durare decenni: perché non basta trasformare l’economia, occorre anche una rivoluzione culturale che consenta di abbandonare il modello della rendita, il modello capitalista. Occorre produrre nuovi codici che ci consentano di costruire una società collettiva, una direzione collettiva in mano alla classe operaia, alternativa a questo modello borghese corrotto e burocratico. Essendo quella del 6D una competizione democratica, auguriamo a questi compagni di avere successo. Penso, però, che, dopo la vittoria delle forze rivoluzionarie del PSUV, ci sarà qualcuno che andrà all’opposizione, qualcun altro che ritroverà il cammino della rivoluzione e andremo avanti. Come costituente, quali sono le principali proposte, già diventate legge o che restano da approvare, presentate dalla classe operaia? L’Assemblea Nazionale Costituente nasce contro le violenze della destra, le guarimbas del 2017. Il presidente lancia la proposta il 1° di Maggio, io ero presente ad accompagnare quella proposta. Con la ANC si è riusciti a riportare la pace e la stabilità politica nel paese. Siamo riusciti ad approvare 4 bilanci, cosa che sarebbe stata impossibile con un parlamento in stato di “ribellione” com’era quello in mano alla destra. Abbiamo blindato la costituzionalità del nostro Stato, approvato leggi importanti come quella contro il bloqueo e probabilmente qualcun’altra che sarà necessario approvare prima che l’Assemblea Nazionale Costituente concluda il suo periodo, il 31 dicembre. Io penso di potermi ritenere soddisfatto, verso la storia e verso il nostro popolo. https://lantidiplomatico.it/dettne.. |
Bolivia, arresto militari golpisti per i massacri di Sacaba e di SenkataLorenzo Poli L’Assemblea Legislativa Plurinazionale va avanti nell’esecuzione di un giudizio di responsabilità nei confronti del governo della Áñez per crimini contro l’umanità, crimini di genocidio, tortura, sparizioni forzate e altri, in relazione alla firma del Decreto 4078, che “esentava da qualsiasi responsabilità penale” le forze di sicurezza che stavano reprimendo le proteste contro il colpo di Stato. Con quel decreto venne data libertà assoluta alle forze militari e di polizia di reprimere la popolazione, di uccidere, senza poi correre il rischio di venire processati ed essere ritenuti responsabili davanti alla giustizia. Il cambio di governo in Bolivia, con la vittoria del presidente socialista Luis Arce, che ha posto fine al regime golpista dell’autoproclamata Jeanine Áñez, si trova però a dover combattere il capitolo della fuga di diversi ex ministri ed ex funzionari, alcuni dei quali con indagini giudiziarie aperte[1]. Molti degli ex funzionari sono indagati per corruzione, mentre altri sono sotto accusa per la loro partecipazione ai massacri e ad atti repressivi registrati durante quel periodo. Tra gli ex funzionari indagati c’è Marcel Rivas, direttore dell’ufficio Migrazione del Paese, accusato di aver facilitato la fuga degli ex ministri dell’Interno a della Difesa Murillo e López, nonché di aver emesso illegalmente 495 note di allarme per impedire a politici, giornalisti, uomini d’affari e altre persone considerate oppositori del regime della Áñez di lasciare il Paese per proteggersi. Secondo la Polizia Nazionale, l’ex vice ministro del governo Javier Issa, ora negli Stati Uniti, è accusato di aver partecipato al furto e al rogo di alcuni documenti personali dell’ex presidente Evo Morales. Per lo stesso caso è detenuto anche l’ex direttore della Forza Speciale per la Lotta al Crimine (FELCC) Iván Rojas, processato anche insieme alla moglie per una vicenda di profitti illeciti. Se per Jeanine Áñez la Procura non ha ancora emesso un ordine di cattura, altri funzionari hanno abbandonato di corsa il Paese sfuggendo ai rispettivi mandati d’arresto e sono arrivati negli Stati Uniti o a Panama secondo quanto riferito dalla Polizia Nazionale Boliviana. Pochi giorni fa, il procuratore capo boliviano ha ordinato in questi giorni l’arresto del generale Alfredo Cuéllar accusato per il massacro di Sacaba contro i manifestanti che protestavano contro la detronizzazione del presidente socialista Evo Morales. Massicce proteste chiedevano il suo ritorno e le dimissioni dell’autoproclamato governo. In queste manifestazioni, le forze armate hanno utilizzato armi e agenti chimici per disperdere i manifestanti a Sacaba[2] e Senkata[3], rispettivamente il 15 e 19 novembre e hanno causato la morte di almeno 18 cittadini. Il primo massacro è avvenuto il 15 novembre nel comune di Sacaba, Cochabamba, dove 12 persone sono state uccise e 125 ferite in una repressione della polizia. Il secondo è avvenuto nella città di Senkata, il 19 novembre, quando un’operazione di polizia e militare ha ucciso 10 persone. Secondo il procuratore Lizeth Martinez, “il mandato d’arresto è stato emesso per il rischio di fuga e l’ostruzione delle indagini, oltre ad altri elementi contro il militare”. Questa misura è arrivata il 24 novembre, con l’insediamento degli esperti della Commissione Interamericana sui Diritti Umani (IACHR), che indagherà sugli eventi di violenza nel 2019. Il Ministro della Giustizia boliviano Iván Lima ha dichiarato che il nuovo governo metterà a disposizione della IACHR “tutti i file” della Polizia boliviana, delle Forze armate e del Ministero pubblico per identificare “gli autori intellettuali e materiali” dei fatti. “Apriamo le porte alla comunità internazionale per indagare, valutare ed emettere un rapporto. L’ultima parola sugli eventi di Sacaba e Senkata sarà data al nostro Pubblico Ministero e ai giudici di questo Paese”, ha sottolineato. I cinque esperti, accompagnati dal presidente della IACHR, Joel Hernández, consegneranno un rapporto tecnico all’ufficio del procuratore generale dello Stato (FGE) per avviare azioni legali contro i responsabili. Il rappresentante del Pubblico Ministero ha aggiunto che Cuellar, il primo uomo in divisa ad essere detenuto per questi eventi, “si trova in stato d’arresto e verranno effettuati gli atti investigativi ritenuti opportuni per chiarire i fatti”. Cuellar è ora in attesa di un’udienza dalla quale sono previste misure cautelari. Secondo il suo avvocato Edwin Paredes, il suo cliente durante il massacro sotto inchiesta “ha svolto solo funzioni amministrative e non è colpevole”. L’elenco degli ex funzionari oggetto di indagine comprende anche Víctor Hugo Zamora, che era a capo del Ministero degli Idrocarburi, per uso improprio dell’influenza e violazione dei doveri, e Roxana Lizárraga, ex Ministro delle comunicazioni di Áñez, ma non è escluso che tra i golpisti il numero di indagati cresca. Nel frattempo L’Organizzazione Internazionale della Polizia Criminale (Interpol) ha autorizzato la ricerca, per una successiva cattura all’estero, degli ex funzionari e ministri golpisti boliviani fuggiti nonostante un mandato di arresto. Il direttore dell’Interpol-Bolivia, Pablo García, ha confermato le disposi zioni nei confronti dell’ex ministro degli Interni Arturo Murillo e dell’ex ministro della Difesa Fernando López, che hanno un mandato di arresto per il loro coinvolgimento nel caso dell’acquisto irregolare di gas lacrimogeni con tangenti. Inoltre sono state completate tutte le procedure per scovare gli ex ministri nei 194 paesi firmatari che, una volta ritrovati, si richiederà all’autorità giurisdizionale il mandato di cattura. [1] https://www.telesurtv.net/news/investigaciones-bolivia-corrupcion-represion-20201126-0016.html [2] Nel Tropico di Cochabamba (zona natale di Evo) sul ponte di Huayllani [3] città di El Alto Perchè nel 2021 non saranno in grado di sconfiggere la Rivoluzione BolivarianaTraduzione Mauro Gemma per Marx21.it In primo luogo, c'è una revisione del meccanismo che collega la naturale ribellione dei popoli oppressi con il desiderio di cambiare rotta, strategia o semplicemente governo. Predicare o parlare contro il governo o contro i governi è una cosa facile, una reazione o una posizione più o meno ..segue ./.
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