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La VOCE 2001

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La VOCE ANNO XXII N°5

gennaio 2020

PAGINA 7

segue da pag.6: spontaneismo e direzione consapevole. e sovversive, fino alla meccanicistica pseudo-teoria degli opposti estremismi. evidentemente, per non cadere nelle posizioni anti-dialettiche che abbiamo stigmatizzato è necessario fare sempre l’analisi determinata della situazione determinata prima di giudicare e ancora di più di agire in un senso o nell’altro. dunque, per le diverse recenti mobilitazioni di massa che abbiamo ricordato e per quelle che abbiamo volontariamente o meno omesso bisognerebbe necessariamente fare una rigorosa analisi, distinguendo doverosamente caso per caso. altrettanto necessariamente, dunque, non è questo il luogo per approfondire in modo critico e dialettico come meriterebbero tutti i movimenti di massa recenti. d’altra parte, per non cadere in cattive generalizzazioni, non possiamo che mettere in evidenza alcune invarianti e analogie che ci permettano di condurre a termine questa analisi generale, attraverso un’astrazione che, per quanto possibile, non inghiotta intellettualisticamente tutte le differenze della vita reale in una notte in cui tutte le vacche non possono che apparire egualmente nere. una prima invariante è che tutti questi movimenti di massa non possono essere il prodotto né del caso, né della pura malafede, né tanto meno di un complotto internazionale, anche se, come è necessario, su ogni mobilitazione di rilievo, le forze in campo, nazionali e internazionali, cercheranno di giocare la loro partita, cosa di cui, in seguito, occorrerà tenere conto. ciò che è certo è che una mobilitazione di massa, che coinvolga ampi strati delle classi subalterne, non può che nascere da contraddizioni reali, ovvero da elementi più o meno irrazionali che caratterizzano la situazione di fatto esistente. contraddizioni significative al punto da costringere in modo più o meno diretto a mettersi in gioco, in modo sostanzialmente spontaneo, parti consistenti delle masse popolari, che generalmente mirano a vivere in uno stato di sostanziale passività dal punto di vista della mobilitazione politica. d’altra parte proprio per la loro inesperienza le grandi mobilitazioni spontanee finiranno per essere più o meno orientate, dirette, strumentalizzate o tradite da élite organizzate di intellettuali politicizzati. da questo punto di vista la posizione al solito peggiore è quella dell’anima bella che per paura di sbagliare dovendo prendere una posizione, in quanto tale necessariamente di parte, dunque parziale e, in una certa misura, unilaterale, resta spettatrice passiva. lasciando alle altre soggettività organizzate, generalmente a lei avverse, decidere quale direzione più o meno consapevole prenderà il movimento inizialmente in linea di massima spontaneo. altrettanto da evitare è la posizione apparentemente corretta e rispettosa, ma nei fatti necessariamente perdente, di chi sottraendosi alla inevitabile lotta per l’egemonia sul movimento spontaneo assuma un’attitudine codista, limitandosi a sostenere dall’esterno il movimento di massa. anche in questo caso, in effetti, una non azione finisce con l’essere un’azione (inefficace). ponendosi al di fuori della lotta per l’egemonia, necessariamente, si lascerà ad altre forze politiche organizzate dare una direzione consapevole al movimento spontaneo. ancora peggiore è, infine, la posizione dottrinaria di chi condanna a-priori il movimento spontaneo in quanto tale, perché privo di una direzione consapevole indubbiamente rivoluzionaria e inquinato da posizioni quantomeno ambigue, in quanto subalterne all’ideologia conservatrice dominante. in tal modo, per non volersi sporcare le mani, si tradisce il marxismo quale filosofia della prassi, e ci si auto condanna all’ingrato ruolo del grillo parlante o della cassandra, sulla base delle profezie che si auto-avverano. in effetti un teorico autenticamente marxista e, quindi, non dottrinario, non potrebbe non essere pienamente cosciente del fatto che l’ideologia dominante è, necessariamente, l’ideologia della classe dominante e se non ci sono marxisti rivoluzionari, in grado di divenire – partecipando alla lotta rivoluzionaria – classe dirigente, dominerà sempre l’ideologia conservatrice e a tratti reazionaria funzionale al partito dell’ordine costituito. dunque, l’errore fondamentale da cui si deve guardare un marxista e/o un rivoluzionario è quello di rimanere indifferente dinanzi a un movimento di massa o, peggio, condannarlo a priori, in quanto influenzato in modo più o meno pesante dall’ideologia dominante. dal momento che, da un punto di vista del materialismo storico e dialettico, un movimento spontaneo per quanto si ribelli giustamente all’ordine ingiusto e irrazionale esistente, sino a quando non assumerà una direzione (rivoluzionaria) consapevole mediante il successo nella lotta per l’egemonia da parte dei marxisti (rivoluzionari) non potrà che continuare a essere negativamente condizionato dall’ideologia dominante, rimanendo continuamente a rischio di finire con l’essere strumentalizzato dal partito del (dis-)ordine costituito. noi stiamo con le sardine. la soggettività politica e sociale non si manifesta mai sulla base dei nostri desiderata ma a partire dai bisogni degli uomini e da come essi se li rappresentano nel quadro storico.
specifico della nostra società capitalistica giunta a questa fase di sviluppo o di involuzione. di redazione. dal mese di novembre si sta sviluppando con una velocità impressionante, marchio di fabbrica dell’era dei social network e delle fasi di crisi, un movimento di dimensioni notevoli con tratti antisalviniani e, più in generale, antifascisti e antirazzisti. la prima domanda che ci dovremmo porre non è tanto chi ci sia dietro ma perché si sia sviluppato, quale ne sia l’esigenza, il bisogno politico e sociale che questo movimento tenta di raccogliere. la risposta è semplice per chiunque abbia a cuore gli interessi delle masse e non solo ed esclusivamente la lotta politica per il posizionamento della propria sigla nel campo dell’estrema sinistra o in quello moderato. il problema principale è il vuoto, in tutto il campo della sinistra, di una proposta politica che sia credibile per gli oppressi, al quale si unisce il declino dei cinque stelle. le sardine non hanno fatto altro che prendere consapevolezza di questo vuoto e, di fronte al quadro politico attuale contraddistinto dalla perdita di credibilità del governo e l’imminente ascesa di salvini e della destra più razzista, hanno espresso, portandolo in piazza, il loro malessere, le loro preoccupazioni e la paura di trovarci di fronte ad un blocco reazionario di massa avallato da un forte consenso popolare. molti non vedono di buon occhio il fatto che il movimento si sia sviluppato sotto elezioni trovando in questo la causa di tutti i mali, peccato che, anno più anno meno, da quando esiste il suffragio tutti i movimenti di opinione sorgono a ridosso delle elezioni visto che solo i rivoluzionari marxisti sono mobilitati permanentemente il resto della popolazione lo fa solitamente sotto le elezioni. non ci piace tutto quello che dicono perché molti aderenti sono del pd o delusi 5 stelle o perché ancora non toccano a pieno le tematiche sociali e del lavoro? benissimo, è sacrosanto constatare tale limitante dato di fatto. ma la reazione di buon senso non può né deve essere quella di trincerarsi dietro agli inevitabili difetti di un processo che, nato dallo spontaneismo, viene direzionato dagli intellettuali della classe dominante. come afferma la cultura marxista esistono all’essenza solo due ideologie: quella borghese, ossia quella dominante nella nostra epoca, e quella marxista. se quest’ultima non è egemone allora lo sarà la prima, questo è inevitabile. un’iniziativa dall’intento quasi scherzoso, che afferra il problema senza comprenderlo ancora pienamente, che intuisce una scelta di campo e una linea politica ma non ha un costrutto serio e definito perché figlia della desolazione a-politica imperante ma che riesce a riempire le piazze sotto la parola d’ordine dell'antifascismo, antirazzismo, antisalvinismo, le stesse piazze che sembravano ormai solo di salvini. e se queste piazze popolate dalle sardine avanzassero due semplici parole d’ordine: cancellazione dei decreti salvini e cancellazione di ogni autonomia differenziata non sarebbe indirettamente un attacco al governo? la soggettività politica e sociale non si manifesta mai sulla base dei nostri desiderata ma a partire dai bisogni degli uomini e da come essi se li rappresentano nel quadro storico specifico della nostra società capitalistica giunta a questa fase di sviluppo o di involuzione. se la sinistra di classe riflettesse sul perchè del successo di questi fenomeni potrebbe prendere pienamente coscienza del pericolo connesso alla sua frantumazione ossia il pericolo della credibilità. se nella società borghese sorgono dei movimenti di massa spontanei è ovvio che questi esprimono il livello di coscienza media della fase storica. se la parte più cosciente della borghesia fa il suo lavoro per egemonizzare e direzionare, passivizzando, ogni forma di spontaneismo non altrettanto sappiamo fare noi. gli intellettuali organici alla borghesia inventano, sono duttili sono in grado, in quattro, di gestire un movimento di massa che nemmeno loro si aspettavano con queste proporzioni e noi? rifiutiamo a priori di giocare la partita godendoci la posizione comoda dei facili profeti di disastri. è ovvio che se la parte più cosciente degli oppressi non interviene per direzionare il processo allora questo stesso produce solo passivizzazione, ma questo è appunto una facile profezia. troppe sardine piacciono a troppi? le piazze delle “sardine” continuano a essere colme oltre ogni speranza (tranne a taranto), sabato 14 dicembre a roma si chiuderà la prima fase di questo inatteso e travolgente movimento. per il 15 è previsto l’incontro tra gli animatori di tutte le sedi. comincerà il “dopo”, l’organizzazione della spontaneità. e comincerà a profilarsi un’identità che ancora si presta a interpretazioni assai divergenti. queste “sardine” piacciono a troppi, si dice. e chi piace a troppi è quasi sempre innocuo (fino a un certo punto, però: mani pulite dopo alcuni mesi entusiasmava gran parte dell’italia, giustamente, fortunatamente, la sciagura è stata che il fuoco concentrico dell’establishment abbia paralizzato e poi ucciso la nascente rivoluzione della legalità, di cui l’italia continua ad avere più che mai bisogno). di paolo flores d’arcais - (3 dicembre 2019). che piacciano a troppi è certo. piacciono molto anche a giuliano ferrara, da un quarto di secolo il leader intellettuale della destra più massimalista, (oltre c’è la destra anticostituzionale ed eversiva dei salvini, meloni & co). con un entusiasmo prosastico fin qui riservato solo al cav. dei tempi d’oro, ferrara si è spellato le mani per lo “spettacolo rassicurante” (opposto al “popolo gognesco dei fax di mani pulite” e ai “tristi girotondi”, esultando per “un movimento spontaneo di fiancheggiamento dell’establishment. ma che cosa si può chiedere di più dalla vita?”). ferrara spaccia per descrizione il suo personalissimo wishful thinking, dilatando oltre ogni legittimità ermeneutica alcune frasi (od omissioni) del loro “manifesto”. che in realtà è un manifesto di stile politico, più che di contenuti programmatici (benché assumere come stella polare la costituzione, da sette decenni inapplicata, è già uno scheletro impegnativo di progetto, e lo slogan è lo stesso dei fax pro mani pulite, dei girotondi e di tutto quanto fa orrore a ferrara e lo mette in uggia). ..segue ./.
Segue da Pag.6: Spontaneismo e direzione consapevole

e sovversive, fino alla meccanicistica pseudo-teoria degli opposti estremismi.

Evidentemente, per non cadere nelle posizioni anti-dialettiche che abbiamo stigmatizzato è necessario fare sempre l’analisi determinata della situazione determinata prima di giudicare e ancora di più di agire in un senso o nell’altro. Dunque, per le diverse recenti mobilitazioni di massa che abbiamo ricordato e per quelle che abbiamo volontariamente o meno omesso bisognerebbe necessariamente fare una rigorosa analisi, distinguendo doverosamente caso per caso. Altrettanto necessariamente, dunque, non è questo il luogo per approfondire in modo critico e dialettico come meriterebbero tutti i movimenti di massa recenti. D’altra parte, per non cadere in cattive generalizzazioni, non possiamo che mettere in evidenza alcune invarianti e analogie che ci permettano di condurre a termine questa analisi generale, attraverso un’astrazione che, per quanto possibile, non inghiotta intellettualisticamente tutte le differenze della vita reale in una notte in cui tutte le vacche non possono che apparire egualmente nere.

Una prima invariante è che tutti questi movimenti di massa non possono essere il prodotto né del caso, né della pura malafede, né tanto meno di un complotto internazionale, anche se, come è necessario, su ogni mobilitazione di rilievo, le forze in campo, nazionali e internazionali, cercheranno di giocare la loro partita, cosa di cui, in seguito, occorrerà tenere conto. Ciò che è certo è che una mobilitazione di massa, che coinvolga ampi strati delle classi subalterne, non può che nascere da contraddizioni reali, ovvero da elementi più o meno irrazionali che caratterizzano la situazione di fatto esistente. Contraddizioni significative al punto da costringere in modo più o meno diretto a mettersi in gioco, in modo sostanzialmente spontaneo, parti consistenti delle masse popolari, che generalmente mirano a vivere in uno stato di sostanziale passività dal punto di vista della mobilitazione politica.

D’altra parte proprio per la loro inesperienza le grandi mobilitazioni spontanee finiranno per essere più o meno orientate, dirette, strumentalizzate o tradite da élite organizzate di intellettuali politicizzati. Da questo punto di vista la posizione al solito peggiore è quella dell’anima bella che per paura di sbagliare dovendo prendere una posizione, in quanto tale necessariamente di parte, dunque parziale e, in una certa misura, unilaterale, resta spettatrice passiva. Lasciando alle altre soggettività organizzate, generalmente a lei avverse, decidere quale direzione più o meno consapevole prenderà il movimento inizialmente in linea di massima spontaneo.

Altrettanto da evitare è la posizione apparentemente corretta e rispettosa, ma nei fatti necessariamente perdente, di chi sottraendosi alla inevitabile lotta per l’egemonia sul movimento spontaneo assuma un’attitudine codista, limitandosi a sostenere dall’esterno il movimento di massa. Anche in questo caso, in effetti, una non azione finisce con l’essere un’azione (inefficace). Ponendosi al di fuori della lotta per l’egemonia, necessariamente, si lascerà ad altre forze politiche organizzate dare una direzione consapevole al movimento spontaneo. Ancora peggiore è, infine, la posizione dottrinaria di chi condanna a-priori il movimento spontaneo in quanto tale, perché privo di una direzione consapevole indubbiamente rivoluzionaria e inquinato da posizioni quantomeno ambigue, in quanto subalterne all’ideologia conservatrice dominante. In tal modo, per non volersi sporcare le mani, si tradisce il marxismo quale filosofia della prassi, e ci si auto condanna all’ingrato ruolo del grillo parlante o della Cassandra, sulla base delle profezie che si auto-avverano.

In effetti un teorico autenticamente marxista e, quindi, non dottrinario, non potrebbe non essere pienamente cosciente del fatto che l’ideologia dominante è, necessariamente, l’ideologia della classe dominante e se non ci sono marxisti rivoluzionari, in grado di divenire – partecipando alla lotta rivoluzionaria – classe dirigente, dominerà sempre l’ideologia conservatrice e a tratti reazionaria funzionale al partito dell’ordine costituito. Dunque, l’errore fondamentale da cui si deve guardare un marxista e/o un rivoluzionario è quello di rimanere indifferente dinanzi a un movimento di massa o, peggio, condannarlo a priori, in quanto influenzato in modo più o meno pesante dall’ideologia dominante. Dal momento che, da un punto di vista del materialismo storico e dialettico, un movimento spontaneo per quanto si ribelli giustamente all’ordine ingiusto e irrazionale esistente, sino a quando non assumerà una direzione (rivoluzionaria) consapevole mediante il successo nella lotta per l’egemonia da parte dei marxisti (rivoluzionari) non potrà che continuare a essere negativamente condizionato dall’ideologia dominante, rimanendo continuamente a rischio di finire con l’essere strumentalizzato dal partito del (dis-)ordine costituito.

Noi stiamo con le sardine

La soggettività politica e sociale non si manifesta mai sulla base dei nostri desiderata ma a partire dai bisogni degli uomini e da come essi se li rappresentano nel quadro storico
specifico della nostra società capitalistica giunta a questa fase di sviluppo o di involuzione.

di Redazione


Dal mese di Novembre si sta sviluppando con una velocità impressionante, marchio di fabbrica dell’era dei social network e delle fasi di crisi, un movimento di dimensioni notevoli con tratti antisalviniani e, più in generale, antifascisti e antirazzisti. La prima domanda che ci dovremmo porre non è tanto chi ci sia dietro ma perché si sia sviluppato, quale ne sia l’esigenza, il bisogno politico e sociale che questo movimento tenta di raccogliere.

La risposta è semplice per chiunque abbia a cuore gli interessi delle masse e non solo ed esclusivamente la lotta politica per il posizionamento della propria sigla nel campo dell’estrema sinistra o in quello moderato. Il problema principale è il vuoto, in tutto il campo della sinistra, di una proposta politica che sia credibile per gli oppressi, al quale si unisce il declino dei cinque stelle.

Le sardine non hanno fatto altro che prendere consapevolezza di questo vuoto e, di fronte al quadro politico attuale contraddistinto dalla perdita di credibilità del governo e l’imminente ascesa di Salvini e della destra più razzista, hanno espresso, portandolo in piazza, il loro malessere, le loro preoccupazioni e la paura di trovarci di fronte ad un blocco reazionario di massa avallato da un forte consenso popolare. Molti non vedono di buon occhio il fatto che il movimento si sia sviluppato sotto elezioni trovando in questo la causa di tutti i mali, peccato che, anno più anno meno, da quando esiste il suffragio tutti i movimenti di opinione sorgono a ridosso delle elezioni visto che solo i rivoluzionari marxisti sono mobilitati permanentemente il resto della popolazione lo fa solitamente sotto le elezioni.

Non ci piace tutto quello che dicono perché molti aderenti sono del pd o delusi 5 stelle o perché ancora non toccano a pieno le tematiche sociali e del lavoro? Benissimo, è sacrosanto constatare tale limitante dato di fatto. Ma la reazione di buon senso non può né deve essere quella di trincerarsi dietro agli inevitabili difetti di un processo che, nato dallo spontaneismo, viene direzionato dagli intellettuali della classe dominante. Come afferma la cultura marxista esistono all’essenza solo due ideologie: quella borghese, ossia quella dominante nella nostra epoca, e quella marxista. Se quest’ultima non è egemone allora lo sarà la prima, questo è inevitabile.

Un’iniziativa dall’intento quasi scherzoso, che afferra il problema senza comprenderlo ancora pienamente, che intuisce una scelta di campo e una linea politica ma non ha un costrutto serio e definito perché figlia della desolazione a-politica imperante ma che riesce a riempire le piazze sotto la parola d’ordine dell'antifascismo, antirazzismo, antisalvinismo, le stesse piazze che sembravano ormai solo di Salvini. E se queste piazze popolate dalle sardine avanzassero due semplici parole d’ordine: cancellazione dei decreti Salvini e cancellazione di ogni autonomia differenziata non sarebbe indirettamente un attacco al governo?

La soggettività politica e sociale non si manifesta mai sulla base dei nostri desiderata ma a partire dai bisogni degli uomini e da come essi se li rappresentano nel quadro storico specifico della nostra società capitalistica giunta a questa fase di sviluppo o di involuzione.

Se la sinistra di classe riflettesse sul perchè del successo di questi fenomeni potrebbe prendere pienamente coscienza del pericolo connesso alla sua frantumazione ossia il pericolo della credibilità. Se nella società borghese sorgono dei movimenti di massa spontanei è ovvio che questi esprimono il livello di coscienza media della fase storica. Se la parte più cosciente della borghesia fa il suo lavoro per egemonizzare e direzionare, passivizzando, ogni forma di spontaneismo non altrettanto sappiamo fare noi.

Gli intellettuali organici alla borghesia inventano, sono duttili sono in grado, in quattro, di gestire un movimento di massa che nemmeno loro si aspettavano con queste proporzioni e noi? Rifiutiamo a priori di giocare la partita godendoci la posizione comoda dei facili profeti di disastri. È ovvio che se la parte più cosciente degli oppressi non interviene per direzionare il processo allora questo stesso produce solo passivizzazione, ma questo è appunto una facile profezia.

Troppe sardine piacciono a troppi?

Le piazze delle “sardine” continuano a essere colme oltre ogni speranza (tranne a Taranto), sabato 14 dicembre a Roma si chiuderà la prima fase di questo inatteso e travolgente movimento. Per il 15 è previsto l’incontro tra gli animatori di tutte le sedi. Comincerà il “dopo”, l’organizzazione della spontaneità. E comincerà a profilarsi un’identità che ancora si presta a interpretazioni assai divergenti.

Queste “sardine” piacciono a troppi, si dice. E chi piace a troppi è quasi sempre innocuo (fino a un certo punto, però: Mani Pulite dopo alcuni mesi entusiasmava gran parte dell’Italia, giustamente, fortunatamente, la sciagura è stata che il fuoco concentrico dell’establishment abbia paralizzato e poi ucciso la nascente rivoluzione della legalità, di cui l’Italia continua ad avere più che mai bisogno).



di Paolo Flores d’Arcais - (3 dicembre 2019)

Che piacciano a troppi è certo. Piacciono molto anche a Giuliano Ferrara, da un quarto di secolo il leader intellettuale della destra più massimalista, (oltre c’è la destra anticostituzionale ed eversiva dei Salvini, Meloni & Co).

Con un entusiasmo prosastico fin qui riservato solo al Cav. dei tempi d’oro, Ferrara si è spellato le mani per lo “spettacolo rassicurante” (opposto al “popolo gognesco dei fax di Mani Pulite” e ai “tristi girotondi”, esultando per “un movimento spontaneo di fiancheggiamento dell’establishment. Ma che cosa si può chiedere di più dalla vita?”).

Ferrara spaccia per descrizione il suo personalissimo wishful thinking, dilatando oltre ogni legittimità ermeneutica alcune frasi (od omissioni) del loro “manifesto”. Che in realtà è un manifesto di stile politico, più che di contenuti programmatici (benché assumere come stella polare la Costituzione, da sette decenni inapplicata, è già uno scheletro impegnativo di progetto, e lo slogan è lo stesso dei fax pro Mani Pulite, dei Girotondi e di tutto quanto fa orrore a Ferrara e lo mette in uggia).

..segue ./.

  P R E C E D E N T E   

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