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La VOCE 2002

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La VOCE ANNO XXII N°6

febbraio 2020

PAGINA 8

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segue da pag.7: lettera aperta ai compagni italiani. hanno dato quanto potevano per sostenere chi sta lottando anche per loro. si tratta di piccole donazioni, di 10 o venti euro, di 5 euro, a volte anche di uno solo. per noi, quali militanti sindacali, ha significato vivere qualcosa che non avevamo mai conosciuto in italia e che marcherà la nostra vita politica e personale. significa una mobilitazione continua, per organizzare gli scioperi nelle nostre aziende, ma anche per sostenere chi fa uno sciopero ad oltranza come nei trasporti e nelle ferrovie. significa dimenticare ogni altra cosa e partecipare e vivere e contribuire a un grande momento di solidarietà e resistenza. di quelli che in italia non vediamo da decenni e che avevamo ascoltato solo dai racconti dei nostri genitori e dei nostri nonni. cari compagni italiani, già un mese fa scrivemmo una lettera a tutti voi, chiedendo solidarietà. questa nuova lettera non la firmeremo, come l’altra, con la sigla del partito a cui apparteniamo. e non la tradurremo, come abbiamo fatto per l’altra, perché vogliamo che resti tra noi, che non giri sulla rete. in questo mese, tramite i social e qualsiasi altro mezzo a nostra disposizione, abbiamo fatto quanto avevamo promesso: abbiamo passato le giornate a condividere quanto avveniva qui. foto, video, articoli di giornale, le nostre esperienze. lo abbiamo fatto di nascosto durante il lavoro, rischiando il licenziamento. lo abbiamo fatto in diretta, dalle manifestazioni a cui partecipavamo. lo abbiamo fatto perché volevamo dare speranza ai nostri compagni italiani, che vivono in una situazione sociale estremamente difficile. le notizie che vi inviavamo, speravamo potessero sollevarvi, rincuorarvi. speravamo e volevamo che diventassero una bandiera da sventolare, per dare una speranza a quanti vi sono vicini, per spronare sindacalisti pigri, per mobilitare partiti spesso ripiegati su se stessi e privi di spirito militante. ci aspettavamo anche una solidarietà da portare ai nostri compagni francesi che lottano con noi. per non sentici soli, per non farli sentire soli. avevamo chiesto piccole donazioni di sostegno, anche solo un euro. o una lettera di vicinanza da scrivere alla cgt, e ci siamo resi disponibili a tradurla se necessario. o una manifestazione all’ambasciata francese, una foto con i propri compagni di sindacato, una cena di sostegno fatta dal proprio partito, associazione o circolo. eravamo pronti a mettere tutto quel che potevamo per aiutare a risollevare un po’ la situazione italiana. in verità, dopo un mese, ci sentiamo più soli di prima. l’unica cosa che è arrivata è stato un magro comunicato della cgil nazionale il 5 dicembre, primo giorno di sciopero. poi più nulla. abbiamo cercato su tutte le pagine della confederazione, dei suoi mezzi di comunicazione, sui social, nelle pagine delle correnti interne. non c’è nulla. come se non esistessimo. come se questi lavoratori non ci fossero. un comunicato e null’altro. e la situazione non cambia per i sindacati di base. la cosa è ancora più sconfortante per i partiti e i movimenti italiani. quando abbiamo provato a sollecitare alcuni compagni italiani, invitandoli a sostenere gli scioperi, a fare circolare le notizie, ci siamo scontrati con una passività totale. una passività stridente con tutto quanto stiamo vivendo qui. nonostante quanto abbiamo fatto in un mese per cercare di fare circolare le notizie, i video e le foto, nulla è arrivato in italia. non ha suscitato nulla, e tutti hanno continuato a dibattere delle solite cretinate come i diti medi a salvini o della famiglia reale inglese. e’ prioritario dibattere se craxi era un ladro o uno statista rispetto al sostegno a lavoratori che scioperano da oltre un mese? molti hanno ripreso per ben due volte una falsa notizia ansa per cui gli scioperi sarebbero finiti perché il governo rinunciava ad alzare l’età della pensione. la notizia circolò una prima volta a dicembre e di nuovo sabato scorso. falsa nei due casi e a nulla è valso il nostro impegno per smentirla. domani si sciopera di nuovo, ma questo è incomprensibile in italia, talmente siamo abituati alle capitolazioni senza combattere. la vera risposta sarebbe stata uno sciopero di solidarietà. ma conosciamo la situazione italiana. sappiamo che non ci sono le condizioni per questo oggi. ma, come detto, oggi ci sentiamo soli, molto più soli, perché privati non solo del sostegno di tanti lavoratori italiani, ma perché privati della speranza che in italia ci possa essere un cambiamento a breve e che questo possa partire da sinistra. noi continueremo a fare il nostro lavoro, quello di italiani militanti sindacali e politici in francia. continueremo a partecipare e organizzare le mobilitazioni e gli scioperi e continueremo a informare chi è rimasto in italia su quanto avviene qui. non possiamo fare altro, è tutto quello che possiamo fare. questa lettera è un ulteriore appello nella speranza che quanto facciamo, che quanto avviene qui, possa aiutare i compagni italiani a uscire dalla situazione in cui si trovano. che possa mostrare che in un paese non troppo diverso, a pochi chilometri dall’italia, tutto quanto stiamo mostrando è possibile, e che quindi anche in italia ci si può riprovare. altrimenti continuerà il teatrino tra salvini e le sardine, tra la meloni e zingaretti. concludiamo questa lettera con lo slogan che viene intonato a tutte le manifestazioni. lo facciamo perché pensiamo che rappresenti bene quello che sta avvenendo qui. perché fa capire cosa muove un semplice lavoratore a rinunciare alle feste, ai figli, allo stipendio, al voler resistere un minuto in più del governo e dei padroni. e se pensate che tutto questo avvenga per 10 euro di pensione in più tra vent’anni vi sbagliate di grosso: [noi ci siam! noi ci siam! anche se macron non vuole, noi siam qui! per l’onore dei lavoratori e per un mondo migliore, anche se macron non vuole, noi ci siam, noi siam qui!]. lorenzo e alberto. speciale nuova via della seta - gennaio 2020. scritto da osservatorio italiano sulla nuova via della seta/civg. xinjiang: una serata (contro)informativa con la studiosa maria morigi. il 12 dicembre scorso, presso la libreria belgravia di torino, l’osservatorio italiano sulla nuova via della seta/civg ha organizzato una serata dedicata alla presentazione dell’ultimo saggio di maria morigi: “xinjiang: nuova frontiera. tra antiche e nuove vie della seta” (anteo edizioni).
lo xinjiang è una regione che da decenni è teatro di attacchi terroristici contro la popolazione civile condotti secondo modalità che in europa abbiamo imparato a conoscere solo recentemente. l’instabilità di quest’area ha delle profonde conseguenze sulla proiezione globale della repubblica popolare cinese e in particolare sulla piena realizzazione della tratta terrestre della belt and road initiative. le dinamiche che coinvolgono questa remota regione asiatica possono essere efficacemente comprese solo se collocate in uno specifico quadro storico-religioso prima ancora che politico. ovvero, ciò che i media nostrani non fanno o fanno in modo estremamente superficiale, al contrario di quanto invece è stata in grado di fare la ricercatrice maria morigi. nel suo libro, infatti, prima di passare alle problematiche attuali, l’autrice (di formazione archeologa) dedica ampio spazio alla storia antica dello xinjiang. il saggio è pertanto unico nel suo genere, e merita di essere annoverato come il lavoro in lingua italiana più documentato attualmente disponibile sul tema. si ringrazia maria morigi per la disponibilità e la grande professionalità con cui ha affrontato un tema complesso e di grande attualità. un sentito ringraziamento anche alla libreria belgravia per averci ospitato. per gli interessati, le opere di maria morigi sono disponibili sugli scaffali della libreria… cosa c’è dietro la campagna usa sullo xinjiang? di sara flounders. per valutare seriamente le affermazioni circa la diffusa violazione dei diritti umani a scapito degli uiguri, una minoranza etnica e religiosa concentrata nella regione autonoma cinese dello xinjiang, è importante conoscere alcuni fatti. la provincia dello xinjiang è una regione arida, montuosa e ancora in gran parte sottosviluppata, situata nell’area occidentale della cina. lo xinjiang ha importanti riserve di petrolio e minerali ed è attualmente la più grande regione del paese da cui si estrae gas naturale. sito di estrazione di gas naturale nel bacino del tarim, gestito da petrochina. la regione ospita diversi gruppi etnici, tra cui uiguri musulmani di lingua turca, tibetani, tagiki, hui e han. la tratta ferroviaria che collega kashgar al porto pakistano di gwadar. lo xinjiang confina con cinque paesi dell'asia centrale, tra cui l'afghanistan e il pakistan, dove truppe statunitensi, mercenari, appaltatori e agenti segreti operano da quattro decenni. ciò che sta accadendo oggi nello xinjiang deve essere visto nel contesto di ciò che è accaduto in tutto il resto dell'asia centrale. ..segue ./.
Segue da Pag.7: Lettera aperta ai compagni italiani

hanno dato quanto potevano per sostenere chi sta lottando anche per loro. Si tratta di piccole donazioni, di 10 o venti euro, di 5 euro, a volte anche di uno solo.

Per noi, quali militanti sindacali, ha significato vivere qualcosa che non avevamo mai conosciuto in Italia e che marcherà la nostra vita politica e personale. Significa una mobilitazione continua, per organizzare gli scioperi nelle nostre aziende, ma anche per sostenere chi fa uno sciopero ad oltranza come nei trasporti e nelle ferrovie. Significa dimenticare ogni altra cosa e partecipare e vivere e contribuire a un grande momento di solidarietà e resistenza. Di quelli che in Italia non vediamo da decenni e che avevamo ascoltato solo dai racconti dei nostri genitori e dei nostri nonni.

Cari compagni italiani, già un mese fa scrivemmo una lettera a tutti voi, chiedendo solidarietà. Questa nuova lettera non la firmeremo, come l’altra, con la sigla del partito a cui apparteniamo. E non la tradurremo, come abbiamo fatto per l’altra, perché vogliamo che resti tra noi, che non giri sulla rete.

In questo mese, tramite i social e qualsiasi altro mezzo a nostra disposizione, abbiamo fatto quanto avevamo promesso: abbiamo passato le giornate a condividere quanto avveniva qui. Foto, video, articoli di giornale, le nostre esperienze. Lo abbiamo fatto di nascosto durante il lavoro, rischiando il licenziamento. Lo abbiamo fatto in diretta, dalle manifestazioni a cui partecipavamo. Lo abbiamo fatto perché volevamo dare speranza ai nostri compagni italiani, che vivono in una situazione sociale estremamente difficile. Le notizie che vi inviavamo, speravamo potessero sollevarvi, rincuorarvi. Speravamo e volevamo che diventassero una bandiera da sventolare, per dare una speranza a quanti vi sono vicini, per spronare sindacalisti pigri, per mobilitare partiti spesso ripiegati su se stessi e privi di spirito militante. Ci aspettavamo anche una solidarietà da portare ai nostri compagni francesi che lottano con noi. Per non sentici soli, per non farli sentire soli. Avevamo chiesto piccole donazioni di sostegno, anche solo un euro. O una lettera di vicinanza da scrivere alla CGT, e ci siamo resi disponibili a tradurla se necessario. O una manifestazione all’ambasciata francese, una foto con i propri compagni di sindacato, una cena di sostegno fatta dal proprio partito, associazione o circolo. Eravamo pronti a mettere tutto quel che potevamo per aiutare a risollevare un po’ la situazione italiana.

In verità, dopo un mese, ci sentiamo più soli di prima. L’unica cosa che è arrivata è stato un magro comunicato della CGIL nazionale il 5 dicembre, primo giorno di sciopero. Poi più nulla. Abbiamo cercato su tutte le pagine della confederazione, dei suoi mezzi di comunicazione, sui social, nelle pagine delle correnti interne. Non c’è nulla. Come se non esistessimo. Come se questi lavoratori non ci fossero. Un comunicato e null’altro. E la situazione non cambia per i sindacati di base. La cosa è ancora più sconfortante per i partiti e i movimenti italiani.

Quando abbiamo provato a sollecitare alcuni compagni italiani, invitandoli a sostenere gli scioperi, a fare circolare le notizie, ci siamo scontrati con una passività totale. Una passività stridente con tutto quanto stiamo vivendo qui. Nonostante quanto abbiamo fatto in un mese per cercare di fare circolare le notizie, i video e le foto, nulla è arrivato in Italia. Non ha suscitato nulla, e tutti hanno continuato a dibattere delle solite cretinate come i diti medi a Salvini o della famiglia reale inglese. E’ prioritario dibattere se Craxi era un ladro o uno statista rispetto al sostegno a lavoratori che scioperano da oltre un mese?

Molti hanno ripreso per ben due volte una falsa notizia Ansa per cui gli scioperi sarebbero finiti perché il governo rinunciava ad alzare l’età della pensione. La notizia circolò una prima volta a dicembre e di nuovo sabato scorso. Falsa nei due casi e a nulla è valso il nostro impegno per smentirla. Domani si sciopera di nuovo, ma questo è incomprensibile in Italia, talmente siamo abituati alle capitolazioni senza combattere.

La vera risposta sarebbe stata uno sciopero di solidarietà. Ma conosciamo la situazione italiana. Sappiamo che non ci sono le condizioni per questo oggi. Ma, come detto, oggi ci sentiamo soli, molto più soli, perché privati non solo del sostegno di tanti lavoratori italiani, ma perché privati della speranza che in Italia ci possa essere un cambiamento a breve e che questo possa partire da sinistra.

Noi continueremo a fare il nostro lavoro, quello di italiani militanti sindacali e politici in Francia. Continueremo a partecipare e organizzare le mobilitazioni e gli scioperi e continueremo a informare chi è rimasto in Italia su quanto avviene qui. Non possiamo fare altro, è tutto quello che possiamo fare. Questa lettera è un ulteriore appello nella speranza che quanto facciamo, che quanto avviene qui, possa aiutare i compagni italiani a uscire dalla situazione in cui si trovano. Che possa mostrare che in un paese non troppo diverso, a pochi chilometri dall’Italia, tutto quanto stiamo mostrando è possibile, e che quindi anche in Italia ci si può riprovare. Altrimenti continuerà il teatrino tra Salvini e le sardine, tra la Meloni e Zingaretti.

Concludiamo questa lettera con lo slogan che viene intonato a tutte le manifestazioni. Lo facciamo perché pensiamo che rappresenti bene quello che sta avvenendo qui. Perché fa capire cosa muove un semplice lavoratore a rinunciare alle feste, ai figli, allo stipendio, al voler resistere un minuto in più del governo e dei padroni. E se pensate che tutto questo avvenga per 10 euro di pensione in più tra vent’anni vi sbagliate di grosso:

[Noi ci siam! Noi ci siam!
Anche se Macron non vuole, noi siam qui!
Per l’onore dei lavoratori e per un mondo migliore,
anche se Macron non vuole, noi ci siam, noi siam qui!]
Lorenzo e Alberto

Speciale Nuova Via Della Seta - gennaio 2020

Scritto da Osservatorio Italiano Sulla Nuova Via Della Seta/CIVG

Xinjiang: una serata (contro)informativa con la studiosa Maria Morigi



Il 12 dicembre scorso, presso la Libreria Belgravia di Torino, l’Osservatorio Italiano sulla Nuova Via della Seta/CIVG ha organizzato una serata dedicata alla presentazione dell’ultimo saggio di Maria Morigi: “Xinjiang: nuova frontiera. Tra antiche e nuove vie della seta” (Anteo Edizioni).




Lo Xinjiang è una regione che da decenni è teatro di attacchi terroristici contro la popolazione civile condotti secondo modalità che in Europa abbiamo imparato a conoscere solo recentemente. L’instabilità di quest’area ha delle profonde conseguenze sulla proiezione globale della Repubblica Popolare Cinese e in particolare sulla piena realizzazione della tratta terrestre della Belt and Road Initiative. Le dinamiche che coinvolgono questa remota regione asiatica possono essere efficacemente comprese solo se collocate in uno specifico quadro storico-religioso prima ancora che politico. Ovvero, ciò che i media nostrani non fanno o fanno in modo estremamente superficiale, al contrario di quanto invece è stata in grado di fare la ricercatrice Maria Morigi. Nel suo libro, infatti, prima di passare alle problematiche attuali, l’autrice (di formazione archeologa) dedica ampio spazio alla storia antica dello Xinjiang. Il saggio è pertanto unico nel suo genere, e merita di essere annoverato come il lavoro in lingua italiana più documentato attualmente disponibile sul tema. Si ringrazia Maria Morigi per la disponibilità e la grande professionalità con cui ha affrontato un tema complesso e di grande attualità. Un sentito ringraziamento anche alla Libreria Belgravia per averci ospitato. Per gli interessati, le opere di Maria Morigi sono disponibili sugli scaffali della Libreria…

Cosa c’è dietro la campagna USA sullo Xinjiang?



Di Sara Flounders

Per valutare seriamente le affermazioni circa la diffusa violazione dei diritti umani a scapito degli uiguri, una minoranza etnica e religiosa concentrata nella Regione Autonoma cinese dello Xinjiang, è importante conoscere alcuni fatti.

La provincia dello Xinjiang è una regione arida, montuosa e ancora in gran parte sottosviluppata, situata nell’area occidentale della Cina. Lo Xinjiang ha importanti riserve di petrolio e minerali ed è attualmente la più grande regione del paese da cui si estrae gas naturale.



Sito di estrazione di gas naturale nel bacino del Tarim, gestito da PetroChina

La regione ospita diversi gruppi etnici, tra cui uiguri musulmani di lingua turca, tibetani, tagiki, hui e han.



La tratta ferroviaria che collega Kashgar al porto pakistano di Gwadar

Lo Xinjiang confina con cinque paesi dell'Asia centrale, tra cui l'Afghanistan e il Pakistan, dove truppe statunitensi, mercenari, appaltatori e agenti segreti operano da quattro decenni.

Ciò che sta accadendo oggi nello Xinjiang deve essere visto nel contesto di ciò che è accaduto in tutto il resto dell'Asia centrale.

..segue ./.

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