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La VOCE 1909

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La VOCE ANNO XXII N°1

settembre 2019

PAGINA d         - 32

come uccidere 10 milioni di afgani e non vincere. pepe escobar - asiatimes.com . “siamo come poliziotti. non stiamo combattendo una guerra. se volessimo combattere una guerra in afghanistan e vincerla, avrei potuto vincere quella guerra in una settimana. ma non voglio uccidere 10 milioni di persone. l’afghanistan potrebbe essere spazzato via dalla faccia della terra. non voglio seguire quella strada.” anche considerando le continue cronache del trumpismo più demenziale, rafforzato ogni singolo giorno da un torrente di tweet e citazioni oltraggiose, quello che avete appena letto è assolutamente stupefacente. qui abbiamo il presidente degli stati uniti affermare che, 1) gli stati uniti non stanno combattendo una guerra in afghanistan; 2) se gli stati uniti volessero una guerra, il presidente potrebbe vincerla in una settimana; 3) ucciderebbe 10 milioni di persone, anche se non lo vuole; 4) “l’afghanistan” nel suo insieme, senza apparente ragione, potrebbe essere spazzato via dalla faccia della terra. trump ha detto quanto sopra mentre sedeva accanto al primo ministro pakistano imran khan che, con abile mossa, sta cercando di tenere buona la casa bianca, mentre delicatamente trasforma il pakistan in un solido nodo di integrazione eurasiatica, accanto a russia, cina ed iran. quando trump afferma che gli stati uniti non stanno combattendo una guerra in afghanistan, dice in parte la verità, anche se possiamo dubitare che il team trump abbia detto al proprio capo che quello che qui è veramente in gioco, e lo è stato fin dall’inizio, è la logistica del contrabbando di eroina da parte della cia. è anche dubbio che trump possa chiedere consiglio al suo odiato predecessore, barack obama. obama non avrà magari sterminato 10 milioni di persone, ma le forze sotto il suo comando avevano ucciso un numero considerevole di afgani, compresi moltissimi civili. eppure obama non aveva “vinto,” tanto meno “in una settimana.” barack obama aveva seriamente pensato di “vincere” la guerra in afghanistan. dopo essersi isolato a meditare per 11 ore, come dice la leggenda, aveva deciso un’escalation “metodica” in due fasi, 21.000 uomini più altri 30.000. obama credeva che la guerra in afghanistan fosse una nobile crociata e, durante la sua campagna presidenziale nel 2008, l’aveva sempre definita “la guerra giusta.” obama aveva giustificato questo crescente impegno con motivi umanitari e imperialisti: “per il popolo afghano, il ritorno del regime dei talibani condannerebbe il paese ad una brutale forma di governo, all’isolamento internazionale, ad un’economia paralizzata e alla negazione dei diritti umani fondamentali per il popolo afgano, in particolare per donne e ragazze.” il new york times e il washington post avevano applaudito. ma, kabul, abbiamo un problema. l’afghanistan, bombardato e invaso sotto il regime di cheney, non è mai stato una guerra “giusta” o una guerra “vera e propria.” non c’è mai stata alcuna connessione talebana, provata dai fatti, con l’11 settembre. il progetto e il finanziamento dell’11 settembre avevano coinvolto sauditi e gruppuscoli in germania, pakistan ed emirati arabi uniti. il mullah omar non aveva mai mandato in america “terra-rist” con biglietto di sola andata. nonostante questo, la leadership talebana di kandahar aveva concordato un accordo, mediato da mosca, per costringere alla resa osama bin laden, che, senza neanche uno straccio di prova, era stato proclamato il malvagio colpevole dell’11 settembre, solo poche ore dopo il crollo delle torri gemelle. il regime di cheney aveva respinto l’offerta dei talebani, così come una successiva, di consegnare osama ad una nazione musulmana, dove sarebbe stato processato. il regime di cheney contemplava solo l’estradizione negli stati uniti. interviene lo sco . con il burattino hamid karzai che a malapena regnava a kabul e con i neoconservatori già concentrati sul loro vero obiettivo, l’iraq, l’occupazione dell’afghanistan era stata messa nelle mani della nato. la cosa era già stata decisa ben prima dell’11 settembre, al g8 di genova a luglio, quando era stato chiaro che washington aveva un piano per colpire l’afghanistan entro ottobre. il regime di cheney aveva assolutamente bisogno di una testa di ponte nell’intersezione tra l’asia centrale e quella meridionale, non solo per tenere sotto controllo la russia e la cina, ma anche per coordinare il tentativo di conquistare i ricchi giacimenti di gas dell’asia centrale. come ora si sa, la capricciosa storia nell’hindu kush ha fatto in modo che le cose andassero diversamente. i talebani, dal 2010 in poi, avevano iniziato a guadagnare sempre più fiducia in loro stessi, al punto che ora controllano metà del paese. perfino quella fonte di vanità del generale david petraeus, che aveva comandato le forze della coalizione in iraq, aveva sempre saputo che la guerra in afghanistan non era vincibile. almeno il disonorato generale stanley mcchrystal era stato più sincero: “abbiamo sparato ad un numero incredibile di persone e ne abbiamo uccise parecchie e, per quanto ne so, nessuna aveva mai dimostrato di essere una vera minaccia.” tuttavia, divertimenti e i giochi di gran marca erano stati garantiti da apparati come i sistemi di artiglieria missilistica ad alta mobilità della lockheed martin, che avevano devastato i villaggi dei pashtun e polverizzato le cerimonie nuziali. la propaganda del pentagono sugli “scarsi danni collaterali” non ha mai camuffato l’assenza di informazioni reali e fruibili dal campo. seymour hersh ha sostenuto che la versione di obama dell’omicidio di osama bin laden nel maggio 2011 non era altro che un’elaborata opera di finzione, in seguito debitamente santificata da hollywood. un anno dopo l’escalation di obama, in afghanistan c’erano 88.000 soldati, oltre a quasi 118.000 mercenari. l’occupazione era poi defunta di una morte lenta e ignominiosa. chiunque abbia anche solo una remota familiarità con la difficile geopolitica dell’intersezione tra l’asia centrale e meridionale, sa che, per il complesso militare-industriale-di sicurezza degli stati uniti, ritirarsi dall’afghanistan è un anatema. trump può anche emettere del rumore, ma è solo rumore. la base aerea di bagram è una risorsa inestimabile dell’impero per tenere sotto controllo l’evoluzione del partenariato strategico russia-cina. l’unica soluzione possibile per l’afghanistan è un meccanismo pan-eurasiatico, promosso dall’organizzazione per la cooperazione di shanghai, con la russia e la cina al timone, l’india e il pakistan come membri a pieno titolo e l’iran e l’afghanistan in qualità osservatori. l’afghanistan verrà quindi pienamente integrato come nodo nella nuova via della seta (o belt and road initiative) nel corridoio economico cina-pakistan e nella mini via della seta indiana che attraverserà l’afghanistan verso l’asia centrale, partendo dal porto iraniano di chabahar. questo è ciò che vogliono tutti i principali giocatori dell’eurasia. è così che “si vince” una guerra. ed è per questo che non è necessario uccidere 10 milioni di persone. fonte: asiatimes.com - link: https://www.asiatimes.com/2019/07/article/how-to-kill-10-million-afghans-and-not-win/. 23.07.2019 - tradotto da markus per comedonchisciotte.org .
la siria procede con la ricostruzione. in siria sono state adottate misure proattive per riprendersi dalle conseguenze della crisi e offrire alle persone ogni comodità per la propria vita. il presidente siriano ha indicato la direzione del lavoro del partito e delle organizzazioni pubbliche in una recente riunione. il partito socialista arabo baath dovrebbe fare affidamento sulle persone e svilupparsi sotto il loro sostegno e tutte le organizzazioni pubbliche e i sindacati sotto la sua guida dovrebbero lavorare duramente per soddisfare al massimo la domanda delle persone e servire i loro interessi, ha osservato. il primo ministro ha ordinato di adottare misure decisive per trasformare radicalmente il sistema di alimentazione nazionale e soddisfare le esigenze energetiche. è stata emanata una direttiva al settore interessato per elaborare un piano dettagliato per la ricostruzione delle fabbriche farmaceutiche in diverse aree di damasco recentemente liberate dai terroristi e sottoporlo al governo. è stata inoltre pubblicata una decisione secondo cui le società private che importano beni da altri paesi prendendo in prestito denaro da banche nazionali hanno l'obbligo di trasferire il 15 percento dei beni importati alle istituzioni commerciali nazionali al prezzo statale. le misure del governo si dimostrano efficaci. le fabbriche farmaceutiche iniziarono a funzionare con l'output di medicinali che avevano già raggiunto il livello prebellico. decine di migliaia di case di abitazione, molte istituzioni educative e servizi sanitari pubblici sono stati ricostruiti e le strade e le ferrovie sono state riparate. anche i pozzi petroliferi sono stati ricostruiti e hanno iniziato la produzione. molti rifugiati continuano a tornare nella loro patria. secondo quanto riferito, oltre l'80% dei rifugiati siriani vuole tornare a casa. centinaia di migliaia di loro sono già tornati a casa. il governo dirige anche gli sforzi per riportare la loro vita alla normalità. "i siriani possono condurre una vita dignitosa solo alla loro propria casa", ha detto un funzionario del governo. di om ryong pt. un importante segnale dal g20 di osaka… scritto da osservatorio italiano del silk road connectivity centre/ civg proponiamo la versione tradotta in italiano di un articolo del china daily, a proposito dell’importante incontro trilaterale fra cina, russia e india tenutosi in occasione del vertice di osaka in questi giorni. è importante seguire le relazioni fra questi grandi paesi membri dei brics, specialmente alla luce della riluttanza indiana ad aderire alla nuova via della seta (ma si veda l’interessante articolo “modi aderisce all’eurasiatismo”, disponibile al link aurorasito. cina, russia e india rafforzano la cooperazione. di cao desheng (china daily) – 29/6/2019 . di fronte al crescente unilateralismo e protezionismo, i leader di cina, russia e india hanno concordato venerdì di sostenere il multilateralismo e l'ordine internazionale per promuovere pace, stabilità e prosperità nella regione asiatica e nel mondo. in occasione del vertice del g20 di osaka, il presidente cinese xi jinping, il presidente russo vladimir putin e il primo ministro indiano narendra modi hanno promesso di rafforzare la cooperazione trilaterale. durante l'incontro trilaterale, i leader hanno avuto approfonditi scambi di opinioni sull'attuale situazione internazionale e su importanti questioni regionali. xi ha detto che l’accresciuta tendenza al protezionismo e all'unilateralismo hanno gravemente compromesso la stabilità del panorama globale e hanno avuto un impatto negativo sull'ordine internazionale, con un notevole impatto sui mercati emergenti e in via di sviluppo. pechino, mosca e nuova delhi dovrebbero impegnarsi a salvaguardare i loro benefici comuni e al contempo gli interessi fondamentali e di lungo periodo della comunità internazionale, ha affermato xi jinping. il presidente cinese ha esortato i tre paesi a portare avanti la multipolarizzazione del mondo e la democratizzazione delle relazioni internazionali e ha invitato ad osservare la carta delle nazioni unite. ha inoltre proposto di perseverare nella costruzione di un'economia globale aperta, che favorisca i paesi dei mercati emergenti e delle nazioni in via di sviluppo, estendendo la cooperazione trilaterale al 5g, alle tecnologie avanzate, alla connettività e all'energia e promuovendo la liberalizzazione e l'agevolazione del commercio e degli investimenti. xi ha inoltre affermato che i tre paesi dovrebbero anche impegnarsi a favore di una riforma dell'organizzazione mondiale del commercio (world trade organization – wto) basata sul consenso universale, che sappia affrontare lo squilibrio e l'ineguale sviluppo dell'economia globale attraverso la consultazione comune. xi ha esortato a risolvere questioni particolarmente calde, fra cui il terrorismo, il cambiamento climatico e la sicurezza informatica, attraverso il dialogo politico. putin ha affermato che, data la situazione attuale, le tre nazioni dovrebbero rimanere fermamente impegnate a salvaguardare il sistema internazionale, con l'onu al centro, opponendosi per esempio a sanzioni unilaterali. modi ha affermato che il rispetto del multilateralismo, delle leggi e delle regole internazionali è conforme agli interessi comuni delle tre nazioni. ha sottolineato la necessità di un coordinamento trilaterale che ponga l’attenzione sulla riforma della governance globale, sulla sicurezza regionale e sull'antiterrorismo. cina, russia e india si sono dimostrate concordi su importanti questioni internazionali, ha detto in una conferenza stampa wu jianghao, direttore generale del dipartimento degli affari asiatici del ministero degli esteri cinese. wu ha affermato che di fronte alle incertezze e instabilità globali, l’incontro fra i tre leader - il secondo in sette mesi – è un segnale molto positivo sullo scenario internazionale, e ne rilancia la stabilità.

Come uccidere 10 milioni di Afgani
e non vincere



PEPE ESCOBAR - asiatimes.com

“Siamo come poliziotti. Non stiamo combattendo una guerra. Se volessimo combattere una guerra in Afghanistan e vincerla, avrei potuto vincere quella guerra in una settimana. Ma non voglio uccidere 10 milioni di persone. L’Afghanistan potrebbe essere spazzato via dalla faccia della Terra. Non voglio seguire quella strada.”

Anche considerando le continue cronache del trumpismo più demenziale, rafforzato ogni singolo giorno da un torrente di tweet e citazioni oltraggiose, quello che avete appena letto è assolutamente stupefacente. Qui abbiamo il presidente degli Stati Uniti affermare che, 1) Gli Stati Uniti non stanno combattendo una guerra in Afghanistan; 2) Se gli Stati Uniti volessero una guerra, il presidente potrebbe vincerla in una settimana; 3) Ucciderebbe 10 milioni di persone, anche se non lo vuole; 4) “L’Afghanistan” nel suo insieme, senza apparente ragione, potrebbe essere spazzato via dalla faccia della Terra.

Trump ha detto quanto sopra mentre sedeva accanto al Primo Ministro pakistano Imran Khan che, con abile mossa, sta cercando di tenere buona la Casa Bianca, mentre delicatamente trasforma il Pakistan in un solido nodo di integrazione eurasiatica, accanto a Russia, Cina ed Iran.

Quando Trump afferma che gli Stati Uniti non stanno combattendo una guerra in Afghanistan, dice in parte la verità, anche se possiamo dubitare che il Team Trump abbia detto al proprio capo che quello che qui è veramente in gioco, e lo è stato fin dall’inizio, è la logistica del contrabbando di eroina da parte della CIA.

È anche dubbio che Trump possa chiedere consiglio al suo odiato predecessore, Barack Obama. Obama non avrà magari sterminato 10 milioni di persone, ma le forze sotto il suo comando avevano ucciso un numero considerevole di Afgani, compresi moltissimi civili. Eppure Obama non aveva “vinto,” tanto meno “in una settimana.”

Barack Obama aveva seriamente pensato di “vincere” la guerra in Afghanistan. Dopo essersi isolato a meditare per 11 ore, come dice la leggenda, aveva deciso un’escalation “metodica” in due fasi, 21.000 uomini più altri 30.000. Obama credeva che la guerra in Afghanistan fosse una nobile crociata e, durante la sua campagna presidenziale nel 2008, l’aveva sempre definita “la guerra giusta.”

Obama aveva giustificato questo crescente impegno con motivi umanitari e imperialisti: “per il popolo afghano, il ritorno del regime dei Talibani condannerebbe il paese ad una brutale forma di governo, all’isolamento internazionale, ad un’economia paralizzata e alla negazione dei diritti umani fondamentali per il popolo afgano, in particolare per donne e ragazze.” Il New York Times e il Washington Post avevano applaudito.

Ma, Kabul, abbiamo un problema. L’Afghanistan, bombardato e invaso sotto il regime di Cheney, non è mai stato una guerra “giusta” o una guerra “vera e propria.” Non c’è mai stata alcuna connessione talebana, provata dai fatti, con l’11 settembre. Il progetto e il finanziamento dell’11 settembre avevano coinvolto Sauditi e gruppuscoli in Germania, Pakistan ed Emirati Arabi Uniti. Il Mullah Omar non aveva mai mandato in America “terra-rist” con biglietto di sola andata.

Nonostante questo, la leadership talebana di Kandahar aveva concordato un accordo, mediato da Mosca, per costringere alla resa Osama bin Laden, che, senza neanche uno straccio di prova, era stato proclamato il malvagio colpevole dell’11 settembre, solo poche ore dopo il crollo delle Torri Gemelle. Il regime di Cheney aveva respinto l’offerta dei Talebani, così come una successiva, di consegnare Osama ad una nazione musulmana, dove sarebbe stato processato. Il regime di Cheney contemplava solo l’estradizione negli Stati Uniti.

Interviene lo SCO

Con il burattino Hamid Karzai che a malapena regnava a Kabul e con i Neoconservatori già concentrati sul loro vero obiettivo, l’Iraq, l’occupazione dell’Afghanistan era stata messa nelle mani della NATO. La cosa era già stata decisa ben prima dell’11 settembre, al G8 di Genova a luglio, quando era stato chiaro che Washington aveva un piano per colpire l’Afghanistan entro ottobre. Il regime di Cheney aveva assolutamente bisogno di una testa di ponte nell’intersezione tra l’Asia centrale e quella meridionale, non solo per tenere sotto controllo la Russia e la Cina, ma anche per coordinare il tentativo di conquistare i ricchi giacimenti di gas dell’Asia centrale.

Come ora si sa, la capricciosa storia nell’Hindu Kush ha fatto in modo che le cose andassero diversamente. I Talebani, dal 2010 in poi, avevano iniziato a guadagnare sempre più fiducia in loro stessi, al punto che ora controllano metà del paese. Perfino quella fonte di vanità del generale David Petraeus, che aveva comandato le forze della Coalizione in Iraq, aveva sempre saputo che la guerra in Afghanistan non era vincibile. Almeno il disonorato generale Stanley McChrystal era stato più sincero: “Abbiamo sparato ad un numero incredibile di persone e ne abbiamo uccise parecchie e, per quanto ne so, nessuna aveva mai dimostrato di essere una vera minaccia.”

Tuttavia, divertimenti e i giochi di gran marca erano stati garantiti da apparati come i sistemi di artiglieria missilistica ad alta mobilità della Lockheed Martin, che avevano devastato i villaggi dei Pashtun e polverizzato le cerimonie nuziali. La propaganda del Pentagono sugli “scarsi danni collaterali” non ha mai camuffato l’assenza di informazioni reali e fruibili dal campo.

Seymour Hersh ha sostenuto che la versione di Obama dell’omicidio di Osama bin Laden nel maggio 2011 non era altro che un’elaborata opera di finzione, in seguito debitamente santificata da Hollywood. Un anno dopo l’escalation di Obama, in Afghanistan c’erano 88.000 soldati, oltre a quasi 118.000 mercenari. L’occupazione era poi defunta di una morte lenta e ignominiosa.

Chiunque abbia anche solo una remota familiarità con la difficile geopolitica dell’intersezione tra l’Asia centrale e meridionale, sa che, per il complesso militare-industriale-di sicurezza degli Stati Uniti, ritirarsi dall’Afghanistan è un anatema. Trump può anche emettere del rumore, ma è solo rumore. La base aerea di Bagram è una risorsa inestimabile dell’Impero per tenere sotto controllo l’evoluzione del partenariato strategico Russia-Cina.

L’unica soluzione possibile per l’Afghanistan è un meccanismo pan-eurasiatico, promosso dall’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, con la Russia e la Cina al timone, l’India e il Pakistan come membri a pieno titolo e l’Iran e l’Afghanistan in qualità osservatori. L’Afghanistan verrà quindi pienamente integrato come nodo nella Nuova Via della Seta (o Belt and Road Initiative) nel corridoio economico Cina-Pakistan e nella mini Via della Seta indiana che attraverserà l’Afghanistan verso l’Asia centrale, partendo dal porto iraniano di Chabahar.

Questo è ciò che vogliono tutti i principali giocatori dell’Eurasia. È così che “si vince” una guerra.

Ed è per questo che non è necessario uccidere 10 milioni di persone.

Fonte: asiatimes.com - Link: https://www.asiatimes.com/2019/07/article/how-to-kill-10-million-afghans-and-not-win/
23.07.2019 - Tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

La Siria procede con la ricostruzione

In Siria sono state adottate misure proattive per riprendersi dalle conseguenze della crisi e offrire alle persone ogni comodità per la propria vita.

Il presidente siriano ha indicato la direzione del lavoro del Partito e delle organizzazioni pubbliche in una recente riunione.

Il partito socialista arabo Baath dovrebbe fare affidamento sulle persone e svilupparsi sotto il loro sostegno e tutte le organizzazioni pubbliche e i sindacati sotto la sua guida dovrebbero lavorare duramente per soddisfare al massimo la domanda delle persone e servire i loro interessi, ha osservato.

Il primo ministro ha ordinato di adottare misure decisive per trasformare radicalmente il sistema di alimentazione nazionale e soddisfare le esigenze energetiche. È stata emanata una direttiva al settore interessato per elaborare un piano dettagliato per la ricostruzione delle fabbriche farmaceutiche in diverse aree di Damasco recentemente liberate dai terroristi e sottoporlo al governo.

È stata inoltre pubblicata una decisione secondo cui le società private che importano beni da altri paesi prendendo in prestito denaro da banche nazionali hanno l'obbligo di trasferire il 15 percento dei beni importati alle istituzioni commerciali nazionali al prezzo statale.

Le misure del governo si dimostrano efficaci.

Le fabbriche farmaceutiche iniziarono a funzionare con l'output di medicinali che avevano già raggiunto il livello prebellico. Decine di migliaia di case di abitazione, molte istituzioni educative e servizi sanitari pubblici sono stati ricostruiti e le strade e le ferrovie sono state riparate. Anche i pozzi petroliferi sono stati ricostruiti e hanno iniziato la produzione.

Molti rifugiati continuano a tornare nella loro patria.

Secondo quanto riferito, oltre l'80% dei rifugiati siriani vuole tornare a casa. Centinaia di migliaia di loro sono già tornati a casa.

Il governo dirige anche gli sforzi per riportare la loro vita alla normalità.

"I siriani possono condurre una vita dignitosa solo alla loro propria casa", ha detto un funzionario del governo.

Di Om Ryong PT

Un importante segnale dal G20 di Osaka…

Scritto da Osservatorio italiano del Silk Road Connectivity Centre/ CIVG Proponiamo la versione tradotta in italiano di un articolo del China Daily, a proposito dell’importante incontro trilaterale fra Cina, Russia e India tenutosi in occasione del vertice di Osaka in questi giorni. È importante seguire le relazioni fra questi grandi paesi membri dei BRICS, specialmente alla luce della riluttanza indiana ad aderire alla Nuova Via della Seta (ma si veda l’interessante articolo “Modi aderisce all’eurasiatismo”, disponibile al link aurorasito.

Cina, Russia e India rafforzano la cooperazione

di Cao Desheng (China Daily) – 29/6/2019

Di fronte al crescente unilateralismo e protezionismo, i leader di Cina, Russia e India hanno concordato venerdì di sostenere il multilateralismo e l'ordine internazionale per promuovere pace, stabilità e prosperità nella regione asiatica e nel mondo.

In occasione del vertice del G20 di Osaka, il Presidente cinese Xi Jinping, il Presidente russo Vladimir Putin e il Primo Ministro indiano Narendra Modi hanno promesso di rafforzare la cooperazione trilaterale.

Durante l'incontro trilaterale, i leader hanno avuto approfonditi scambi di opinioni sull'attuale situazione internazionale e su importanti questioni regionali.

Xi ha detto che l’accresciuta tendenza al protezionismo e all'unilateralismo hanno gravemente compromesso la stabilità del panorama globale e hanno avuto un impatto negativo sull'ordine internazionale, con un notevole impatto sui mercati emergenti e in via di sviluppo.

Pechino, Mosca e Nuova Delhi dovrebbero impegnarsi a salvaguardare i loro benefici comuni e al contempo gli interessi fondamentali e di lungo periodo della comunità internazionale, ha affermato Xi Jinping.

Il presidente cinese ha esortato i tre paesi a portare avanti la multipolarizzazione del mondo e la democratizzazione delle relazioni internazionali e ha invitato ad osservare la Carta delle Nazioni Unite.

Ha inoltre proposto di perseverare nella costruzione di un'economia globale aperta, che favorisca i paesi dei mercati emergenti e delle nazioni in via di sviluppo, estendendo la cooperazione trilaterale al 5G, alle tecnologie avanzate, alla connettività e all'energia e promuovendo la liberalizzazione e l'agevolazione del commercio e degli investimenti.

Xi ha inoltre affermato che i tre paesi dovrebbero anche impegnarsi a favore di una riforma dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization – WTO) basata sul consenso universale, che sappia affrontare lo squilibrio e l'ineguale sviluppo dell'economia globale attraverso la consultazione comune.

Xi ha esortato a risolvere questioni particolarmente calde, fra cui il terrorismo, il cambiamento climatico e la sicurezza informatica, attraverso il dialogo politico.

Putin ha affermato che, data la situazione attuale, le tre nazioni dovrebbero rimanere fermamente impegnate a salvaguardare il sistema internazionale, con l'ONU al centro, opponendosi per esempio a sanzioni unilaterali.

Modi ha affermato che il rispetto del multilateralismo, delle leggi e delle regole internazionali è conforme agli interessi comuni delle tre nazioni. Ha sottolineato la necessità di un coordinamento trilaterale che ponga l’attenzione sulla riforma della governance globale, sulla sicurezza regionale e sull'antiterrorismo.

Cina, Russia e India si sono dimostrate concordi su importanti questioni internazionali, ha detto in una conferenza stampa Wu Jianghao, direttore generale del Dipartimento degli Affari Asiatici del Ministero degli Esteri cinese.

Wu ha affermato che di fronte alle incertezze e instabilità globali, l’incontro fra i tre leader - il secondo in sette mesi – è un segnale molto positivo sullo scenario internazionale, e ne rilancia la stabilità.



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