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La VOCE 1911

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La VOCE ANNO XXII N°3

novembre 2019

PAGINA c         - 27

segue da pag.26: perché israele si dibatte per venir fuori da uno stallo politico. gantz sembra indifferente. secondo un’indagine dei media israeliani, netanyahu ha avuto per primo l’opportunità di formare un governo perché gantz è impallidito all’idea. era preoccupato che se fosse stato colto in un negoziato con la lista comune, netanyahu lo avrebbe nuovamente infangato – e danneggiato agli occhi degli elettori. netanyahu ha già dipinto le alternative in termini netti: o un governo di coalizione con lui a capo, o un governo blu e bianco sostenuto da coloro che “sostengono i terroristi”. il leader del likud potrebbe ancora estrarre un coniglio dal suo cappello malconcio. gantz o lieberman potrebbero cedere, di fronte ad affermazioni provocatorie [tipo] che altrimenti “gli arabi” infilerebbero un piede nella porta. oppure netanyahu potrebbe dare il via ad uno stato di emergenza nazionale, persino a una guerra, per costringere i suoi rivali a sostenerlo. ma nel caso di una terza elezione, netanyahu avrebbe ottime ragioni per assicurarsi, questa volta, un successo. e ciò richiederà senza dubbio il rapido ricorso a un’altro pericoloso ingranaggio contro la minoranza palestinese. la realtà è che in israele esiste una forte unità – nella condivisione di atteggiamenti profondamente violenti nei confronti dei palestinesi, siano essi cittadini o vittime dell’occupazione. paradossalmente, l’unico ostacolo alla concretizzazione di tale unità è rappresentato dagli sforzi di netanyahu di tenersi aggrappato al potere. (traduzione dall’inglese di aldo lotta). l’anti-palestinismo è il moderno maccartismo. un gruppo di filo israeliani manifestano a londra in opposizione alla dimostrazione davanti all'ambasciata israeliana di manifestanti solidali con la causa palestinese. (hasan esen/anadolu agency). asawinstanley. 1 ottobre 2019 – middle east monitor - share on facebooktweet about this on twitter. come sanno i lettori abituali di questa rubrica, nel regno unito l’atmosfera maccartista contro i sostenitori dei diritti dei palestinesi sta peggiorando. ciò è dovuto in parte al consenso della leadership del partito laburista alla campagna diffamatoria che mira a rappresentare il partito come anti-semita. l’anno scorso, l’accettazione da parte del comitato esecutivo nazionale del partito laburista della falsa “definizione operativa” di antisemitismo da parte dell‘ihra (alleanza internazionale per la memoria dell’olocausto) ha fornito al documento diffusione e approvazione immeritate, confondendo deliberatamente l’antisemitismo con le critiche ad israele per essere quello stato razzista che così evidentemente è. non sorprende che l’accettazione del documento dell’ihra abbia portato i consigli comunali che lo hanno adottato a proibire in quanto “antisemite” persino innocue manifestazioni di solidarietà con l’esistenza della palestina. forse l’esempio più vergognoso è stato l’anno scorso, quando il consiglio comunale di tower hamlets [quartiere del centro di londra, ndtr.] ha vietato al big ride for palestine [grande corsa per la palestina, gara ciclistica e attività di sensibilizzazione che si svolgono a manchester e londra, ndtr.] l’uso dei suoi parchi pubblici e spazi aperti per la manifestazione e i comizi. gli organizzatori del big ride avevano fatto domanda di autorizzazione presso tutte le istituzioni preposte: inizialmente erano stati mandati dagli impiegati comunali da un ufficio all’altro e poi avevano ricevuto un rifiuto sulla base di un’affermazione completamente pretestuosa, cioè che il comune non permetteva raduni “politici” nei suoi parchi pubblici. tale affermazione è stata contraddetta dallo stesso sindaco laburista di tower hamlets, john biggs, che aveva precedentemente usato proprio lo stesso parco richiesto dal big ride per uno dei suoi raduni elettorali. le email di tower hamlets, ottenute grazie alla legge sulla libertà di informazione, hanno rivelato che la vera ragione per il divieto era che gli impiegati comunali avevano deciso che l’evento poteva violare la falsa definizione di antisemitismo dell’ihra. perché? perché il sito web del big ride for palestine afferma, correttamente, che ci sono “paralleli fra l’apartheid in sud africa e lo stato di israele.” il big ride for palestine resta una delle forme di solidarietà verso la palestina più inoffensive e condivisibili che si possano immaginare. non progettava un’azione diretta contro i commercianti di armi che potrebbero teoricamente rischiare l’arresto. non coinvolgeva degli oratori discussi e sobillatori. era semplicemente una corsa in bici sponsorizzata per raccogliere fondi per i bambini palestinesi vittime della guerra. più precisamente, i corridori e i loro sponsor volevano aiutare i bambini di gaza che soffrono di disturbi da stress postraumatico e altre patologie causate dalle varie guerre israeliane sui territori palestinesi, raccogliendo fondi per comprare degli equipaggiamenti sportivi. il fatto che tower hamlets abbia vietato un evento così perché potenzialmente “antisemita” rivela quanto la definizione di antisemitismo dell’ihrs sia falsa. se le cose vanno male da questa parte del canale della manica, pensate alla situazione degli attivisti per i diritti dei palestinesi nel resto dell’europa. in francia e germania la situazione è persino peggiore, specie in germania. da quando, a maggio, la camera bassa del parlamento tedesco ha approvato una mozione (non-vincolante) di condanna del movimento bds, questo neo-maccartismo è ulteriormente peggiorato. l’establishment letterario e culturale tedesco ha cominciato a vietare, escludere e, ironia delle ironie, boicottare figure culturali internazionali se sostengono la campagna per i diritti dei palestinesi del movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (bds). più agghiacciante ancora, alle associazioni culturali tedesco-palestinesi è vietato l’uso di spazi pubblici, a causa del loro sostegno al bds. questo ha conseguenze di vasto raggio dato che, sostanzialmente, tutta la società civile palestinese sostiene il movimento bds, che è totalmente non-violento. due casi recenti esemplificano questa agghiacciante atmosfera politica maccartista. a giugno, il rapper afro-americano talib kweli, famoso per i suoi testi socialmente e politicamente impegnati, è stato escluso da un festival musicale tedesco dopo che si era rifiutato di cedere alle insistenze degli organizzatori di condannare il movimento bds. kweli è un sostenitore del bds da molti anni e, cosa da ammirare, ha rifiutato la richiesta di “censurare me stesso e mentire sul bds per soldi.” più di recente, una città tedesca ha revocato un premio alla scrittrice anglo-pakistana kamila shamsie per il suo sostegno al movimento bds. “i membri della giuria non sapevano che l’autrice era stata un membro del movimento, dal 2014 aveva partecipato e continua a partecipare al boicottaggio del governo di israele per le sue politiche nei confronti dei palestinesi” ha annunciato il comune di dortmund che assegna il premio nelly sachs. questo modo di fare della censura politica da parte della città di dortmund nei confronti di una scrittrice importante è stato ampiamente condannato. fra i critici ci sono yasmin alibhai-brown, editorialista, naomi klein, scrittrice e giornalista, e la deputata pachistana sherry rehman. il blog tedesco che per primo ha attirato l’attenzione sul sostegno di shamsie al bds è un sito apertamente razzista. sebbene in teoria sia di orientamento politico “liberale” quando si tratta di
israele, ruhrbarone è apertamente anti-palestinese, arrivando addirittura a invocare il genocidio. a novembre dello scorso anno, durante un particolare attacco israeliano contro la popolazione della striscia di gaza, il blog ruhrbarone ha twittato una vignetta apertamente genocida, chiedendo, presumibilmente allo stato sionista, di “trasformare gaza in una garzweiler”. garzweiler è una miniera di carbone a cielo aperto. la richiesta del blogger di decimare e radere al suolo il territorio palestinese assediato, abitato da 2 milioni di persone, quasi tutti civili disarmati, non avrebbe potuto avere intenti più apertamente genocidi. è da notare che gli autori del blog tedesco hanno usato l’inglese in modo da rendere ancor più comprensibili le loro intenzioni. in germania sembra che, quando l’obiettivo sono i palestinesi, un linguaggio violento e persino genocida sia ammissibile. tuttavia movimenti pacifici come il bds, che cercano di spingere israele a cambiare le sue politiche razziste che negano ai palestinesi i diritti umani e civili più elementari, sono palesemente proibiti. questo, insieme al tentativo di bandire le associazioni culturali palestinesi dalla vita pubblica in germania, rivela il razzismo insito nel tentativo di mettere oggi al bando il movimento bds in europa. l’anti-palestinismo, in tutte le sue forme mostruose, è davvero il maccartismo di oggi. le opinioni contenute in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di middle east monitor. (traduzione dall’inglese di mirella alessio). la comunità internazionale è complice delle torture di israele ai palestinesi. una manifestazione per la liberazione dei prigionieri palestinesi nel marzo 2019(faiz abu rmeleh / agencia anadolu). ramona wadi - 2 ottobre 2019 – middle east monitor. le torture subite dal prigioniero palestinese samer arabeed da parte degli agenti israeliani dello shin bet [servizi segreti interni, ndtr.] che lo interrogavano hanno dimostrato, ancora una volta, che il divieto di tale trattamento, sancito dalla quarta convenzione di ginevra, dallo statuto di roma e dalla convenzione onu contro la tortura, è poco più di una serie di punti di riferimento utilizzati dalle associazioni per i diritti umani come monito per i torturatori. arabeed è stato trasferito all’ospedale hadassah in seguito a pesanti torture dopo essere stato arrestato per la sua presunta partecipazione in agosto ad un attacco con una bomba. una dichiarazione dell’associazione di sostegno ai detenuti e per i diritti umani, addameer, ha riferito che israele ha ammesso di aver utilizzato “metodi estremi ed eccezionali durante gli interrogatori, che in realtà equivalgono a torture”. il ministero di giustizia israeliano ha annunciato un’indagine per decidere se si debbano avviare procedimenti penali contro i funzionari dello shin bet. le torture subite da arabeed gli hanno provocato rottura delle costole e perdita di conoscenza. ora la sua situazione lo mette in pericolo di vita e dipendente da un macchinario di supporto vitale. il suo trasferimento dal carcere all’ospedale è stato comunicato in ritardo alla sua famiglia e al suo avvocato. lo scorso luglio il prigioniero palestinese nasser taqatqa è morto dopo essere stato torturato e interrogato dallo shin bet. le testimonianze di ex prigionieri palestinesi confermano il fatto che negli interrogatori israeliani si utilizza sistematicamente la tortura. nel 2013 arafat jaradat morì sotto tortura mentre era detenuto nel carcere di megiddo. nel novembre 2018 la corte suprema israeliana ha emesso una sentenza favorevole alla tortura nel caso che il detenuto sia membro di “una organizzazione terroristica individuata come tale”, sia coinvolto nella resistenza armata o quando non esista altro mezzo per ottenere informazioni. se israele ha stabilito questa immunità, come si può sperare che il continuo riferimento alle leggi e alle convenzioni internazionali sia sufficiente per impedire la tortura dei prigionieri palestinesi? definendo i dettagli sulla proibizione della tortura, la comunità internazionale evitò la responsabilizzazione, allo scopo di garantire i diritti umani agli autori e un labirinto di vicoli ciechi senza uscita per le vittime. tra questi due estremi, le organizzazioni per i diritti umani si sono fatte carico di difendere i principi al posto dei governi, ma per il loro limitato potere o, in alcuni casi, per i loro programmi parziali, non hanno potuto realizzare nessun sistema di giustizia praticabile. israele è assolutamente consapevole di questa discrasia e sfrutta la mancanza di responsabilizzazione per falsificare ciò che costituisce un metodo accettabile di tattiche di interrogatorio. la totale marginalizzazione dei palestinesi da parte della comunità internazionale relativamente ai loro diritti ha facilitato la costante normalizzazione della tortura da parte di israele, in totale violazione del diritto internazionale, in assenza di una condanna collettiva. il risultato è una permanente separazione tra le informazioni diffuse e il tipo di azione legale che fornirebbe ai prigionieri palestinesi una possibilità di giustizia. le organizzazioni per i diritti umani come addameer si vedono costrette ad una collaborazione involontaria con la diplomazia, girando continuamente a vuoto per svegliare le coscienze, che è ciò che la comunità internazionale voleva in primo luogo quando non ha potuto mantenere l’assunzione di responsabilità. chiedere la liberazione di arabeed non significherà la fine della feroce violenza di israele. e’ una mossa preventiva rispetto a nuove torture, ma dietro a questa storia ve ne sono altre che sono sfuggite alla scarsa attenzione dei media che sbatte i nomi delle vittime in prima pagina, anche se per breve tempo. addameer da sola non può ottenere giustizia per i prigionieri palestinesi. come minimo, dovrebbe esserci un’attenzione globale collettiva per mostrare la complicità della comunità internazionale nella tortura e la sua agenda ingannevole sui diritti umani. le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di middle east monitor. fa parte della redazione di middle east monitor. (traduzione dallo spagnolo di cristiana cavagna). università statale di milano cancella evento con un'attivista medico israeliano dopo una lettera intimidatoria della comunità ebraica. l’associazione studentesca che ha organizzato l’iniziativa ha comunque risposto alla lettera di annullamento del consiglio di facoltà dicendo che l’incontro di oggi, 9 ottobre, si sarebbe tenuto lo stesso, in altri locali probabilmente. di patrizia cecconi - pressenza - roma 9 ottobre 2019. la paura mangia l'anima. era il titolo di un vecchio bel film di fassbinder, ma è un diffuso atteggiamento che da diversi anni sta connotando le comunità ebraiche in varie città italiane. ma paura di che? impressionante scoprirlo: semplicemente paura della verità su israele. ..segue ./.
Segue da Pag.26: Perché Israele si dibatte per venir fuori da uno stallo politico

Gantz sembra indifferente. Secondo un’indagine dei media israeliani, Netanyahu ha avuto per primo l’opportunità di formare un governo perché Gantz è impallidito all’idea.

Era preoccupato che se fosse stato colto in un negoziato con la Lista Comune, Netanyahu lo avrebbe nuovamente infangato – e danneggiato agli occhi degli elettori.

Netanyahu ha già dipinto le alternative in termini netti: o un governo di coalizione con lui a capo, o un governo Blu e Bianco sostenuto da coloro che “sostengono i terroristi”.

Il leader del Likud potrebbe ancora estrarre un coniglio dal suo cappello malconcio. Gantz o Lieberman potrebbero cedere, di fronte ad affermazioni provocatorie [tipo] che altrimenti “gli arabi” infilerebbero un piede nella porta. Oppure Netanyahu potrebbe dare il via ad uno stato di emergenza nazionale, persino a una guerra, per costringere i suoi rivali a sostenerlo.

Ma nel caso di una terza elezione, Netanyahu avrebbe ottime ragioni per assicurarsi, questa volta, un successo. E ciò richiederà senza dubbio il rapido ricorso a un’altro pericoloso ingranaggio contro la minoranza palestinese.

La realtà è che in Israele esiste una forte unità – nella condivisione di atteggiamenti profondamente violenti nei confronti dei palestinesi, siano essi cittadini o vittime dell’occupazione. Paradossalmente, l’unico ostacolo alla concretizzazione di tale unità è rappresentato dagli sforzi di Netanyahu di tenersi aggrappato al potere.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)

L’anti-palestinismo è il moderno maccartismo


Un gruppo di filo israeliani manifestano a Londra in opposizione alla dimostrazione davanti all'ambasciata israeliana di manifestanti solidali con la causa palestinese. (Hasan Esen/Anadolu Agency)

AsaWinstanley
1 ottobre 2019 – Middle East Monitor - Share on FacebookTweet about this on Twitter

Come sanno i lettori abituali di questa rubrica, nel Regno Unito l’atmosfera maccartista contro i sostenitori dei diritti dei palestinesi sta peggiorando. Ciò è dovuto in parte al consenso della leadership del partito laburista alla campagna diffamatoria che mira a rappresentare il partito come anti-semita. L’anno scorso, l’accettazione da parte del comitato esecutivo nazionale del partito laburista della falsa “definizione operativa” di antisemitismo da parte dell‘IHRA (Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto) ha fornito al documento diffusione e approvazione immeritate, confondendo deliberatamente l’antisemitismo con le critiche ad Israele per essere quello stato razzista che così evidentemente è.

Non sorprende che l’accettazione del documento dell’IHRA abbia portato i consigli comunali che lo hanno adottato a proibire in quanto “antisemite” persino innocue manifestazioni di solidarietà con l’esistenza della Palestina. Forse l’esempio più vergognoso è stato l’anno scorso, quando il consiglio comunale di Tower Hamlets [quartiere del centro di Londra, ndtr.] ha vietato al Big Ride for Palestine [Grande Corsa per la Palestina, gara ciclistica e attività di sensibilizzazione che si svolgono a Manchester e Londra, ndtr.] l’uso dei suoi parchi pubblici e spazi aperti per la manifestazione e i comizi.

Gli organizzatori del Big Ride avevano fatto domanda di autorizzazione presso tutte le istituzioni preposte: inizialmente erano stati mandati dagli impiegati comunali da un ufficio all’altro e poi avevano ricevuto un rifiuto sulla base di un’affermazione completamente pretestuosa, cioè che il Comune non permetteva raduni “politici” nei suoi parchi pubblici. Tale affermazione è stata contraddetta dallo stesso sindaco laburista di Tower Hamlets, John Biggs, che aveva precedentemente usato proprio lo stesso parco richiesto dal Big Ride per uno dei suoi raduni elettorali.

Le email di Tower Hamlets, ottenute grazie alla legge sulla libertà di informazione, hanno rivelato che la vera ragione per il divieto era che gli impiegati comunali avevano deciso che l’evento poteva violare la falsa definizione di antisemitismo dell’IHRA. Perché? Perché il sito web del Big Ride for Palestine afferma, correttamente, che ci sono “paralleli fra l’apartheid in Sud Africa e lo Stato di Israele.”

Il Big Ride for Palestine resta una delle forme di solidarietà verso la Palestina più inoffensive e condivisibili che si possano immaginare. Non progettava un’azione diretta contro i commercianti di armi che potrebbero teoricamente rischiare l’arresto. Non coinvolgeva degli oratori discussi e sobillatori.

Era semplicemente una corsa in bici sponsorizzata per raccogliere fondi per i bambini palestinesi vittime della guerra. Più precisamente, i corridori e i loro sponsor volevano aiutare i bambini di Gaza che soffrono di disturbi da stress postraumatico e altre patologie causate dalle varie guerre israeliane sui territori palestinesi, raccogliendo fondi per comprare degli equipaggiamenti sportivi. Il fatto che Tower Hamlets abbia vietato un evento così perché potenzialmente “antisemita” rivela quanto la definizione di antisemitismo dell’IHRS sia falsa.

Se le cose vanno male da questa parte del canale della Manica, pensate alla situazione degli attivisti per i diritti dei palestinesi nel resto dell’Europa. In Francia e Germania la situazione è persino peggiore, specie in Germania.

Da quando, a maggio, la camera bassa del parlamento tedesco ha approvato una mozione (non-vincolante) di condanna del movimento BDS, questo neo-maccartismo è ulteriormente peggiorato. L’establishment letterario e culturale tedesco ha cominciato a vietare, escludere e, ironia delle ironie, boicottare figure culturali internazionali se sostengono la campagna per i diritti dei palestinesi del movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS).

Più agghiacciante ancora, alle associazioni culturali tedesco-palestinesi è vietato l’uso di spazi pubblici, a causa del loro sostegno al BDS. Questo ha conseguenze di vasto raggio dato che, sostanzialmente, tutta la società civile palestinese sostiene il movimento BDS, che è totalmente non-violento.

Due casi recenti esemplificano questa agghiacciante atmosfera politica maccartista. A giugno, il rapper afro-americano Talib Kweli, famoso per i suoi testi socialmente e politicamente impegnati, è stato escluso da un festival musicale tedesco dopo che si era rifiutato di cedere alle insistenze degli organizzatori di condannare il movimento BDS. Kweli è un sostenitore del BDS da molti anni e, cosa da ammirare, ha rifiutato la richiesta di “censurare me stesso e mentire sul BDS per soldi.”

Più di recente, una città tedesca ha revocato un premio alla scrittrice anglo-pakistana Kamila Shamsie per il suo sostegno al movimento BDS. “I membri della giuria non sapevano che l’autrice era stata un membro del movimento, dal 2014 aveva partecipato e continua a partecipare al boicottaggio del governo di Israele per le sue politiche nei confronti dei palestinesi” ha annunciato il Comune di Dortmund che assegna il premio Nelly Sachs.

Questo modo di fare della censura politica da parte della città di Dortmund nei confronti di una scrittrice importante è stato ampiamente condannato. Fra i critici ci sono Yasmin Alibhai-Brown, editorialista, Naomi Klein, scrittrice e giornalista, e la deputata pachistana Sherry Rehman.

Il blog tedesco che per primo ha attirato l’attenzione sul sostegno di Shamsie al BDS è un sito apertamente razzista. Sebbene in teoria sia di orientamento politico “liberale” quando si tratta di

Israele, Ruhrbarone è apertamente anti-palestinese, arrivando addirittura a invocare il genocidio. A novembre dello scorso anno, durante un particolare attacco israeliano contro la popolazione della Striscia di Gaza, il blog Ruhrbarone ha twittato una vignetta apertamente genocida, chiedendo, presumibilmente allo Stato sionista, di “trasformare Gaza in una Garzweiler”.

Garzweiler è una miniera di carbone a cielo aperto. La richiesta del blogger di decimare e radere al suolo il territorio palestinese assediato, abitato da 2 milioni di persone, quasi tutti civili disarmati, non avrebbe potuto avere intenti più apertamente genocidi. È da notare che gli autori del blog tedesco hanno usato l’inglese in modo da rendere ancor più comprensibili le loro intenzioni.

In Germania sembra che, quando l’obiettivo sono i palestinesi, un linguaggio violento e persino genocida sia ammissibile. Tuttavia movimenti pacifici come il BDS, che cercano di spingere Israele a cambiare le sue politiche razziste che negano ai palestinesi i diritti umani e civili più elementari, sono palesemente proibiti.

Questo, insieme al tentativo di bandire le associazioni culturali palestinesi dalla vita pubblica in Germania, rivela il razzismo insito nel tentativo di mettere oggi al bando il movimento BDS in Europa. L’anti-palestinismo, in tutte le sue forme mostruose, è davvero il maccartismo di oggi.

Le opinioni contenute in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)

La comunità internazionale è complice delle torture di Israele ai palestinesi


Una manifestazione per la liberazione dei prigionieri palestinesi nel marzo 2019(Faiz Abu Rmeleh / Agencia Anadolu)

Ramona Wadi - 2 ottobre 2019 – Middle East Monitor

Le torture subite dal prigioniero palestinese Samer Arabeed da parte degli agenti israeliani dello Shin Bet [servizi segreti interni, ndtr.] che lo interrogavano hanno dimostrato, ancora una volta, che il divieto di tale trattamento, sancito dalla Quarta Convenzione di Ginevra, dallo Statuto di Roma e dalla Convenzione ONU contro la Tortura, è poco più di una serie di punti di riferimento utilizzati dalle associazioni per i diritti umani come monito per i torturatori.

Arabeed è stato trasferito all’ospedale Hadassah in seguito a pesanti torture dopo essere stato arrestato per la sua presunta partecipazione in agosto ad un attacco con una bomba. Una dichiarazione dell’associazione di sostegno ai detenuti e per i diritti umani, Addameer, ha riferito che Israele ha ammesso di aver utilizzato “metodi estremi ed eccezionali durante gli interrogatori, che in realtà equivalgono a torture”.

Il ministero di Giustizia israeliano ha annunciato un’indagine per decidere se si debbano avviare procedimenti penali contro i funzionari dello Shin Bet. Le torture subite da Arabeed gli hanno provocato rottura delle costole e perdita di conoscenza. Ora la sua situazione lo mette in pericolo di vita e dipendente da un macchinario di supporto vitale. Il suo trasferimento dal carcere all’ospedale è stato comunicato in ritardo alla sua famiglia e al suo avvocato.

Lo scorso luglio il prigioniero palestinese Nasser Taqatqa è morto dopo essere stato torturato e interrogato dallo Shin Bet. Le testimonianze di ex prigionieri palestinesi confermano il fatto che negli interrogatori israeliani si utilizza sistematicamente la tortura. Nel 2013 Arafat Jaradat morì sotto tortura mentre era detenuto nel carcere di Megiddo.

Nel novembre 2018 la Corte Suprema israeliana ha emesso una sentenza favorevole alla tortura nel caso che il detenuto sia membro di “una organizzazione terroristica individuata come tale”, sia coinvolto nella resistenza armata o quando non esista altro mezzo per ottenere informazioni. Se Israele ha stabilito questa immunità, come si può sperare che il continuo riferimento alle leggi e alle convenzioni internazionali sia sufficiente per impedire la tortura dei prigionieri palestinesi?

Definendo i dettagli sulla proibizione della tortura, la comunità internazionale evitò la responsabilizzazione, allo scopo di garantire i diritti umani agli autori e un labirinto di vicoli ciechi senza uscita per le vittime. Tra questi due estremi, le organizzazioni per i diritti umani si sono fatte carico di difendere i principi al posto dei governi, ma per il loro limitato potere o, in alcuni casi, per i loro programmi parziali, non hanno potuto realizzare nessun sistema di giustizia praticabile.

Israele è assolutamente consapevole di questa discrasia e sfrutta la mancanza di responsabilizzazione per falsificare ciò che costituisce un metodo accettabile di tattiche di interrogatorio. La totale marginalizzazione dei palestinesi da parte della comunità internazionale relativamente ai loro diritti ha facilitato la costante normalizzazione della tortura da parte di Israele, in totale violazione del diritto internazionale, in assenza di una condanna collettiva.

Il risultato è una permanente separazione tra le informazioni diffuse e il tipo di azione legale che fornirebbe ai prigionieri palestinesi una possibilità di giustizia. Le organizzazioni per i diritti umani come Addameer si vedono costrette ad una collaborazione involontaria con la diplomazia, girando continuamente a vuoto per svegliare le coscienze, che è ciò che la comunità internazionale voleva in primo luogo quando non ha potuto mantenere l’assunzione di responsabilità.

Chiedere la liberazione di Arabeed non significherà la fine della feroce violenza di Israele. E’ una mossa preventiva rispetto a nuove torture, ma dietro a questa storia ve ne sono altre che sono sfuggite alla scarsa attenzione dei media che sbatte i nomi delle vittime in prima pagina, anche se per breve tempo. Addameer da sola non può ottenere giustizia per i prigionieri palestinesi. Come minimo, dovrebbe esserci un’attenzione globale collettiva per mostrare la complicità della comunità internazionale nella tortura e la sua agenda ingannevole sui diritti umani.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

Fa parte della redazione di Middle East Monitor.

(traduzione dallo spagnolo di Cristiana Cavagna)

Università Statale di Milano cancella evento con un'attivista medico israeliano dopo una lettera intimidatoria della Comunità ebraica

L’associazione studentesca che ha organizzato l’iniziativa ha comunque risposto alla lettera di annullamento del Consiglio di Facoltà dicendo che l’incontro di oggi, 9 ottobre, si sarebbe tenuto lo stesso, in altri locali probabilmente

di Patrizia Cecconi - Pressenza - Roma 9 ottobre 2019

La paura mangia l'anima. Era il titolo di un vecchio bel film di Fassbinder, ma è un diffuso atteggiamento che da diversi anni sta connotando le Comunità ebraiche in varie città italiane. Ma paura di che? Impressionante scoprirlo: semplicemente paura della verità su Israele.

..segue ./.

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