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La VOCE ANNO XXI N°7

marzo 2019

PAGINA b         - 30

Perché Trump ha deciso di rimuovere le truppe statunitensi dalla Siria

Moon of Alabama 20 dicembre 2018

Il 14 dicembre il presidente Trump aveva un’altra lunga telefonata col presidente turco Erdogan. Successivamente richiamava tutti i consiglieri e decideva di rimuovere e truppe dalla Siria e di porre fine alla guerra aerea. Questa era la prima volta che Trump prendeva una posizione decisiva contro il borg, l’establishment neoconservatore e interventista nella sua amministrazione, l’esercito e il congresso, che di solito dettano la politica estera degli Stati Uniti. Era questa decisione, attenendovisi, che alla fine ne fa un presidente. Il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump John Bolton, il “cane pazzo” segretario alla Difesa Mattis e il segretario di Stato Pompeo erano tutti contrari a tale decisione. Lo specialista che lavorava in Siria, il lunatico rappresentante speciale dell’impegno in Siria James Jefferey e Brett McGurk, l’inviato presidenziale speciale presso la coalizione globale per sconfiggere lo SIIL, ne furono colti di sorpresa. Avevano lavorato diligentemente per installare la presenza permanente degli Stati Uniti in uno Stato-fantoccio curdo nel nord-est della Siria. Mentre costoro provavano a cambiare la decisione di Trump, cedevano: “Il segretario alla Difesa James Mattis, il segretario di Stato Mike Pompeo e il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton si sono incontrati il 17 dicembre, quando Trump disse di aver deciso formalmente il ritiro degli Stati Uniti dalla Siria. Diversi funzionari statunitensi protestarono contro l’improvviso ritiro degli Stati Uniti, ma dissero di aver rinunciato di cercare di far cambiare idea a Trump. I funzionari degli Stati Uniti iniziarono a notificare agli alleati la decisione. “Il respingimento da parte di DoD, DoS e NSC è finito il 18 dicembre notte”, aveva detto un esperto consultato dall’amministrazione degli Stati Uniti, riferendosi a dipartimento della Difesa, dipartimento di Stato e al Consiglio di sicurezza nazionale”. Già a gennaio avevamo spiegato perché il piano neoconservatore di uno Stato-fantoccio curdo nel nord-est della Siria era condannato sin dall’inizio:
“Ilhan tanir @WashingtonPoint – 24 gennaio 2018
Questa mappa viene discussa tutto il giorno sui televisori turchi come zona di sicurezza pianificata della Turchia e zona sicura sul confine con la Siria. Secondo quanto riferito dal segretario Tillerson, nessuno lo confermava da parte statunitense.

Sono gli Stati Uniti a sostenere la fondazione di uno Stato curdo nella Siria nord-orientale, la preoccupazione più seria per la sicurezza di Ankara. Alcuna “zona di sicurezza” (turca) aiuterà se l’esercito statunitense continuerà a costruire e rifornire una “forza di confine” curda in grado di penetrare il ventre sud-orientale della Turchia, ora, domani o tra dieci anni. A meno che gli Stati Uniti non fermino quel piano e si ritirino dalla zona, la Turchia continuerà a contrastarlo, se necessario con la forza. I turchi sostengono la lotta contro i curdi sostenuti dagli Stati Uniti e sono disposti a pagarne il prezzo. I capi curdi dell’YPK sono delusi sulle loro richieste e sopravvalutano la propria posizione politica. Gli Stati Uniti non possono avere entrambi, la Turchia come alleata e uno staterello curdo. Devono decidere”. Trump non ha mai voluto che il piano procedesse. Aveva sempre voluto dichiarare vittoria sullo SIIL e andarsene. È stato il borg che ha cercato di impedirlo e che avanzava il piano. Ma ci sono pesci geopolitici più grandi da friggere di tali ingerenze nel Medio Oriente. Trump sa che il “momento unilaterale” degli Stati Uniti dopo la fine dell’Unione Sovietica, che lasciò gli Stati Uniti unica superpotenza, è finito. La Russia è tornata e la Cina avanza. La politica di Trump di adattare la potenza declinante degli Stati Uniti è porre fine alla “globalizzazione” che ha permesso la rapida ascesa della Cina. Vuole dividere geopoliticamente questo mondo in due sfere d’influenza che saranno separate nei settori politico, economico, tecnologico e militare. In questo nuovo grande gioco il nord-est della Siria è solo un evento secondario e non merita interesse significativo. La Turchia è una molto più grande alleata della NATO e degli USA da 70 anni, è quindi molto più importante. Se Trump non avesse deciso di porre fine al piano neocon in Siria e ritirarsi, avrebbero perso: “Mettendomi nei panni di Erdogan sarei molto tentato di lasciare la NATO e unirmi a un’alleanza con Russia, Cina e Iran. A meno che gli Stati Uniti non cambino rotta e smettano d’ingannare i curdi, la Turchia continuerà a districarsi dalla vecchia alleanza. L’esercito turco ha finora impedito la rottura con la NATO, ma anche gli ufficiali anti-Erdogan sono ora dalla sua parte. Se gli Stati Uniti faranno un vero accordo con la Turchia e adotteranno una nuova posizione, potranno rivolgere la Turchia e reinserirla nella NATO. La Casa Bianca di Trump può sfidare le voci filo-israeliane/filo-curde e ritornare a una visione realista? Se non può, la risposta alla domanda “Chi ha perso la Turchia?” sarà ovvia”.
Trump decideva che impedire alla Turchia di lasciare la NATO unendosi a un’alleanza più stretta con Russia, Cina ed Iran, era più importante che continuare a scherzare ai margini del Medio Oriente. Era la decisione giusta, “L’idea dello staterello curdo aveva anche portato a un conflitto tra il Comando europeo degli Stati Uniti (EUCOM) e il Comando centrale degli Stati Uniti (CentCom). Turchia (ed Israele) ricadono sotto EUCOM, mentre Medio Oriente ed Asia occidentale sono il regno del CentCom. Nell’ultimo anno EUCOM fu sempre più vociante sui piani in Siria del CentCom: “Tra i critici c’è il generale Curtis Scaparrotti, capo del comando europeo e comandante supremo alleato in Europa…. Durante un viaggio a Washington a marzo, Scaparrotti avvicinò Mattis per esprimere preoccupazioni sulle crescenti tensioni nelle relazioni USA-Turchia, preoccupazioni che il comandante europeo espresse anche in diversi incontri col generale Joseph Votel, il suo omologo a capo del Centcom”. La preoccupazione nel EUCOM e nella NATO era infatti che la Turchia si avvicinasse alla Russia lasciando infine la NATO. È improbabile che ciò accada. (Dal 1991 fu il CentCom a giocare un ruolo enorme nella politica estera degli Stati Uniti). Mattis è un animale del CentCom. È bello vedere CentCom e lui prendere le misure). Ma se la speranza è che la Turchia metta fine alle relazioni con Russia ed Iran, il risultato sarà deludente. La Turchia dipende dal e dai mercati di esportazione gas russo e iraniano. Dopo il tentato colpo di Stato, Erdogan non si fida degli Stati Uniti. Inoltre, la posizione che gli dà la maggiore flessibilità e leva è tra i due “blocchi”, che continueranno a corteggiarlo. Continuerà a vacillare tra essi per trarne il massimo da entrambi.
Gli elementi neoconservatori nell’amministrazione e i loro sostenitori sionisti hanno perso terreno. Ecco come Craig Murray descrive i loro scopi: “Il caos di tale strategia incoerente e controproducente è abbastanza singolarmente ciò che i neocon realmente vogliono. Il loro obiettivo è la guerra perpetua e la destabilizzazione in Medio Oriente… Oggi, mantenendo le popolazioni arabe povere e politicamente divise, i neo-con credono di migliorare la sicurezza d’Israele, e certamente facilitano l’accesso delle compagnie occidentali a petrolio e gas della regione, come vediamo negli destabilizzati Iraq e Libia”. Il borg neoconservatore e interventista esplodeva quando tentò di utilizzare la posizione provvisoria degli Stati Uniti in Siria contro lo SIIL e pungolava Trump a un conflitto coll’Iran: “Alcuni funzionari statunitensi attuali ed ex hanno criticato ciò che vedevano come eccessivo attivismo dei falchi dell’amministrazione sull’Iran, in particolare dell’inviato in Siria Jim Jeffrey e del suo luogotenente Joel Rayburn,
vicesegretario di Stato per il Levante, che sostennero pubblicamente che le forze statunitensi non lasciassero la Siria fin quando tutte le forze iraniane non se ne saranno andate. La gente che lavora per Trump, Bolton, Rayburn, ora Jeffrey, peggiorano la situazione aggiungendo obiettivi impossibili in Siria (coinvolgendo l’Iran) e suggerendo una permanenza indefinita”, affermava il funzionario USA che definiva catastrofica la decisione di Trump. Il funzionario aveva detto che questi argomenti non hanno “alcun collegamento cogli obiettivi realistici dei nostri militari” e vanno “ben oltre “l’obiettivo di sconfiggere lo SIIL ed impedirne il riemergere”. Ma la presenza iraniana in Siria è così piccola e la posizione degli Stati Uniti così debole, che questa è sempre stata un’idea stupida: “John Allen Gay, esperto d’Iran e direttore esecutivo della John Quincy Adams Society,.. sostiene che la decisione di Trump conferma ciò che tutti di soppiatto ammettevano da almeno l’anno passato: che il mantenimento delle forze nordamericane in Siria per contrastare lo SIIL iniziava a sembra un modo degli interventisti dell’amministrazione di dover aggredire l’Iran. Mantenervi le truppe dopo lo SIIL era in parte una sorta di missione esiziale, ma era anche una petulanza dei falchi nell’amministrazione che vogliono aggredire l’Iran”, aveva detto TAC. “Ciononostante alcune migliaia di ragazzi tra le forze turche da una parte e iraniani, russi e siriani dall’altra non sono mai stati decisivi sul ruolo regionale dell’Iran, e si trovano tra rischi reali e continui”, aggiungeva Gay. “Semplicemente non penso che ci sia voglia nel pubblico statunitense per una grande lotta con l’Iran da alcun parte, tanto meno per la Siria orientale”. Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti già fa uscire personale dalla Siria. I 4-5000 militari e contractors statunitensi hanno ricevuto da 60 a 100 giorni (altre fonti dicono 30 giorni ma è un po’ troppo frettoloso) per fare i bagagli e partire. Si coordineranno con la Russia per un passaggio di consegne. Ci saranno consiglieri russi che sostituiranno i berretti verdi statunitensi che comandano le forze tribali curde e arabe contro lo SIIL. La Russia cercherà anche di convincere la Turchia che non c’è bisogno di invadere l’est della Siria. Prometterà di disarmare le forze curde o di integrarle nell’Esercito arabo siriano. La sua aviazione sostituirà gli Stati Uniti e altri che attualmente bombardano i circa 2000 guerriglieri dello Stato islamico rimasti nella loro prigione lungo l’Eufrate.
I curdi in Siria dovranno fare amicizia con Damasco. Non hanno dove andare. Il loro sogno di un Rojava autonomo si rivelerà proprio tale. La Siria può sopravvivere solo come Stato controllato centralmente. Non sarà mai federale. Le tribù arabe locali nel nord-est probabilmente cercheranno vendetta contro la leadership curda che col sostegno degli Stati Uniti ne arruolava i figli nella lotta contro lo SIIL. I capi dell’YPK probabilmente fuggiranno nel nord dell’Iraq per nascondersi coi loro fratelli del PKK nelle montagne di Quandil. L’Esercito arabo siriano, che pianifica la cacciata di al-Qaida dal governatorato di Idlib la prossima primavera, dovrà ora spostare numerose forze verso nord-est. Isolare lo Stato islamico sull’Eufrate al confine iracheno e infine eliminarlo, sarà la nuova priorità. La milizia irachena probabilmente l’aiuterà. Il recupero dei giacimenti di petrolio e gas e di altre risorse economiche sarà un’altra questione importante. Molto dipenderà da come Russia e Iran gestiranno la Turchia. Cogli Stati Uniti fuori, e il rischio che un’entità curda in Siria ridimensionata, potranno convincere Erdogan a fermare i suoi piani di invasione. È piuttosto rinfrescante vedere che Trump è stato finalmente in grado di liberarsi dal dettato del borg. Facendo uscire gli Stati Uniti dalla Siria ha realizzato una delle sue promesse elettorali.
“Donald J. Trump @realDonaldTrump – 11:42 utc – 20 dic 2018
Uscire dalla Siria non è stata una sorpresa. Ho fatto campagne per anni e sei mesi fa, quando volevo pubblicamente farlo, accettai di rimanere più a lungo. Russia, Iran, Siria e altri sono il nemico locale dello SIIL. Stavamo facendo il loro lavoro. È ora di tornarsene a casa e ricostruire il #MAGA”
Chi ha votato Trump l’apprezzerà. Spera di potersi espandere ulteriormente riducendo ulteriormente l’influenza di Arabia Saudita ed Israele sulla sua politica. Durante la campagna, Trump sostenne migliori relazioni con la Russia. Ma il borg spinse la sua politica nel senso opposta. La rimozione degli Stati Uniti dalla Siria elimina un problema in cui Russia e Stati Uniti si trovavano su fronti opposti. Trump potrebbe trovare la spina dorsale per sconfiggere nuovamente il borg e finalmente lavorare per migliorare i rapporti con la Russia? Sembra al momento improbabile. Ma questa decisione era una grande sorpresa. Restate sintonizzati per altre.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

OSPITI NON INVITATI


bye bye uncle sam

Marco
l'accorato appello del Congresso Curdo testimonia la gravità dell'ora e la difficoltà della resistenza curda a combattere con armi inadeguate alla potenza di fuoco di un esercito ben foraggiato di strumenti di sterminio di massa , con i bombardamenti che distruggono ogni presidio umano e riducono in polvere le città .Se come sembra a Erdogan viene dato il via libera di invadere il Rojava, allora verrà celebrata la più grande infamia della storia del 21° secolo.Molto più pesante del silente beneplacito dato da Francia e Inghilterra all'invasione hitleriana della Cecoslovacchia e pari allo sganciamento delle atomiche su Hiroshima e Nagakasi per sancire la supremazia Usa nella guerra fredda : qui Usa e Russia, usano la Turchia per tacitare l'anelito di " libertà e democrazia dei popoli oppressi" ,ovvero la rivoluzione presente in Rojava che "indica la strada contro la guerra,per la coesistenza pacifica", strada che scompagina i loro piani di spartizione,di occupazione e sovradeterminazione dell'intero Medio Oriente.
NO PASARAN , SIAMO TUTTE/I ROJAVA


Ma perché parlare sempre della "tragica situazione della popolazione curda" in Siria? I Curdi che vivevano in Siria prima del 2011 non erano discriminati e godevano della protezione di un governo laico, che difendeva pienamente tutte le minoranze etnico-religiose (Cristiani, Drusi, Sciiti, Curdi, Armeni, ecc.) e soprattutto i diritti delle donne (prima che arrivassero le tanto decantate marjorettes curde in divisa che ci hanno mostrato in tutte le salse. Perché non mostrare anche le soldatesse in divisa siriane?). Molti Curdi erano fuggiti dalla Turchia ed avevano trovato asilo in Siria e poi ottenuto la piena cittadinanza siriana. Il mitico capo dei Curdi Ocalan è stato rifugiato per 20 anni in Siria dove aveva piena agibilità politica e organizzava la resistenza in Turchia (prima che la Turchia minacciasse apertamente di invadere la Siria). Ma all'inizio della crisi del 2011 i dirigenti curdi locali hanno tradito il governo, alleandosi con gli invasori USA e permettendo loro di aprire basi militari illegali in territorio siriano. Questi dirigenti sono degli avventurieri e dei cialtroni, sempre pronti ad allearsi con i peggiori compari, che poi puntualmente li scaricano, mettendo nei guai la gente che pretendono di guidare alimentando sogni e illusioni. Che dire se i sostenitori maniaci dei Curdi facessero un po' di autocritica e cominciassero a ragionare, almeno un minimo? Vincenzo Brandi

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