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La VOCE 1906

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La VOCE ANNO XXI N°10

giugno 2019

PAGINA a         - 25

diego siragusa. la censura di facebook. agli ordini degli ebrei sionisti. uno. la situazione è ormai allarmante, ma solo pochi ne sono consapevoli. non esiste settore della vita associata in occidente in cui non vi sia la presenza di almeno un sionista col compito di controllare, dirottare decisioni e orientamenti a favore degli ebrei sionisti in generale e a favore di israele in particolare. partiti politici, al governo o all’opposizione, giornali, riviste, radio e televisioni, cinema, banche, finanza, associazioni, università, scuole, confessioni religiose e social networks vivono e agiscono sotto il controllo e il ricatto costante delle lobby ebraiche e dei loro manutengoli. negli stati uniti le lobby ebraiche controllano il governo, il pentagono, i servizi segreti, l’economia, il cinema e l’informazione. ogni critica a israele è bollata come “antisemitismo” e immediata è la reazione punitiva verso coloro che si sono permessi la libertà di giudizio e di critica verso gli ebrei sionisti e verso israele che sono esenti da qualsiasi tipo di attacco o sanzione. insomma, siamo di fronte a una nuova religione: la religione di israele e del sionismo. persino una vignetta del new york times, che mostra un cieco trump guidato da un cagnolino con la faccia di netanyhau, è stata attaccata come antisemita e ritirata. osservo l’attacco ai liberi pensatori, ai giornalisti, agli scrittori, ai docenti del mondo accademico la cui carriera e stata rovinata dalle pressioni delle lobby sioniste. questa è stata la sorte di norman finkelstein, di tim anderson, marc lamont hill, licenziato dalla cnn per un suo discorso all’onu a favore dei palestinesi, e steven salaita. una logopedista americana di origini palestinesi, bahia amawi, è stata licenziata per aver rifiutato di firmare un contratto contenente un impegno anti-boicottaggio, dichiarando di non farlo, e che non parteciperà a boicottare lo stato di israele. altri intellettuali sono stati anche direttamente minacciati. nel mese di gennaio 2019, la persecuzione sionista si è scagliata contro l'attivista e studiosa angela davis, eroica combattente per l’emancipazione del popolo afroamericano. il consiglio del birmingham civil rights institute (bcri) prima le ha dato il premio per i diritti civili e poi, su pressione della comunità ebraica locale, ha votato per annullare il premio. la colpa di angela? sostenere la campagna di boicottaggio contro israele e la difesa del popolo palestinese. analogamente, molti studenti negli usa temono di esprimere sostegno ai diritti dei palestinesi a causa delle tecniche maccartiste di organizzazioni segrete come canary mission, che iscrive in una lista nera coloro che osano sostenere pubblicamente il boicottaggio verso israele, mettendo così a repentaglio prospettive di lavoro e future carriere. il giornalista statunitense joel stein, ebreo-sciovinista, nel 2008 scrisse un articolo per il los angeles times in cui, riportando un accurato elenco di nomi, dimostrò con un certo orgoglio come il mainstream americano fosse, in particolar modo per quel che riguardava l’industria dell’informazione commerciale, dell’intrattenimento e del cinema, controllato integralmente da circoli capitalistici di impronta ebraico-sionista. gli ebrei sionisti gestiscono e controllano totalmente hollywood e alcuni attori, come antonio banderas, si fanno promotori di raccolta di fondi a favore dell’esercito israeliano, l’esercito più immorale del mondo. non parlo della presenza sionista nel mondo della finanza.1. restando in italia, voglio rammentare che al matematico odifreddi, dopo una critica severa a israele, fu tolta una rubrica che egli gestiva sulle pagine del quotidiano la repubblica, proprietà di un ebreo sionista. sorte analoga ha avuto il filosofo gianni vattimo che non ha più pubblicato una sola riga sul quotidiano sionista la stampa dopo i suoi giudizi severi sulla politica coloniale e criminale di israele. questo episodio è stato raccontato a me dallo stesso vattino, venuto nella mia città per presentare il mio libro sul terrorismo israeliano. sul corriere della sera, la sionista donatella di cesare, docente di filosofia teoretica, ha occupato mezza pagina per attaccare e diffamare un mio amico, il filosofo diego fusaro, accusandolo di essere antisemita e accusando, contestualmente, il filosofo costanzo preve, maestro di fusaro, di essere “negazionista”!!! una menzogna ignobile! preve è morto, ma il figlio roberto, avvocato, ha annunciato una querela nei confronti dell’ebrea sionista donatella di cesare. c’è un episodio che mi riguarda, accaduto nel 2015. la sezione anpi di roma “don p. pappagallo” organizzò nella propria sede per il 7 dicembre la presentazione del libro di alan hart “sionismo, il vero nemico degli ebrei”. trattasi del primo dei tre volumi che costituiscono l’opera completa di hart sul tema. era prevista la mia partecipazione come traduttore e autore della prefazione, e di tre ebrei: giorgio gomel, del gruppo martin buber ed ebrei per la pace; marco ramazzotti stockel, della rete eco (ebrei contro l’occupazione) e nando tagliacozzo. la comunità ebraica accusò subito il libro di antisemitismo. prima dell’iniziativa si ritirarono gomel e tagliacozzo, che pure avevano dato la loro disponibilità, tanto da essere indicati nelle locandine che annunciavano l’evento. conferma la presenza solo ramazzotti stockel. interviene nella vicenda roberto cenati, presidente dell’anpi provinciale di milano, scrivendo a roberto jarach, vice presidente dell’unione delle comunità ebraiche italiane, ed esprimendo solidarietà alle comunità ebraiche e critiche all’anpi provinciale di roma. interviene a sostegno di cenati anche il curatore di anpilibri, cavallarin, che manifesta la propria solidarietà al presidente dell’unione delle comunità ebraiche gattegna. l’accusa rivolta al libro è, come detto, quella di antisemitismo ma cavallarin ricorda anche un intervento di smuraglia su anpinews in cui questi afferma che “l’anpi è contrario anche a manifestazioni di antisionismo”. interviene, infine, il presidente smuraglia a sancire definitivamente la presa di posizione dell’anpi. nessuno di questi personaggi aveva letto il libro e ne ignoravano persino l’esistenza. a questo punto l’anpi provinciale di roma, in accordo con la sezione pappagallo, cancellò l’iniziativa. la presentazione avvenne ugualmente in altra sede, nel salone della comunità di base di s. paolo fuori le mura, grazie all’ex abate don giovanni franzoni, presenti io e ramazzotti. il giorno successivo presentai il libro alla fiera del libro di roma; gli organizzatori della fiera ricevettero pressioni perché la presentazione fosse annullata ma non cedettero. anzi, inviarono propri osservatori che, al termine, riferirono che non vi era stata traccia di antisemitismo né nella mia relazione né nel corso del dibattito. fino a qualche mese fa c’era un campo dove le critiche a israele e la documentazione dei suoi crimini avevano notevole udienza e diffusione: sto parlando di facebook. io e altri militanti, quasi tutti i giorni, pubblicavamo articoli, commenti e notizie ignorati dalla grande stampa e taciuti da tutti i mezzi d’informazione. subivamo gli attacchi e le molestie da parte di gruppi di ebrei sionisti con insulti ed epiteti volgari. ero stato informato che diverse persone subivano censure e blocchi delle proprie pagine per questi commenti antisraeliani. ero stupito che la stessa cosa non capitava a me. il mio amico paolo di mizio, ex giornalista di canale 5, mi aveva segnalato un blocco di pochi giorni per un commento su israele.
chi sono i padroni di facebook? questa geniale invenzione è opera di tre studenti universitari di harward: mark elliot zuckerberg, eduardo saverin, andrew mccollum, dustin moskovitz e chris hughes. zuckerberg e dustin moskovitz sono ebrei sionisti. zuckerberg è considerato l’ebreo più influente al mondo. grazie a facebook divenne a 23 anni miliardario e, secondo la rivista forbes, l’ottavo uomo più ricco del pianeta. il 24 ottobre 2016, il giornale inglese the independent pubblicò un articolo firmato da bethan mckernan2 con questo titolo: facebook ‘deliberatamente prende di mira’ i resoconti palestinesi dopo l'incontro con il governo israeliano, dicono i gruppi per i diritti umani. il gigante dei social media accusato di aver disabilitato i resoconti di attivisti e giornalisti a seguito dei colloqui con i ministri israeliani il mese scorso su come affrontare l'“incitamento” sulla piattaforma. l’articolo è illustrato da un disegno che mostra la “f” di facebook come una pistola puntata alla tempia di una silouhette umana. il centro palestinese per lo sviluppo e le libertà dei media (mada), aveva rilevato che il numero di incidenti in cui sono state arrestate persone - tra cui molti giornalisti - per incarichi nei social media è drasticamente aumentato nell'ultimo anno, il che ha portato a preoccupazioni per la repressione israeliana del diritto alla libertà di espressione. “i siti di social media sono.... una finestra efficace per consentire a giornalisti e palestinesi in generale di esprimere liberamente le proprie opinioni”, ha detto mousa rimawi, autrice del rapporto e direttrice del centro. “ma la sorveglianza sistematica e l'osservazione da parte delle autorità israeliane di occupazione [significa che sono diventati] una piattaforma aperta per la persecuzione e l'oppressione in relazione alle opinioni degli utenti”. secondo lo stato israeliano, i contenuti incendiari hanno alimentato un picco di violenza israelo-palestinese e nell'ottobre del 2015 un'unità di monitoraggio e controllo è stata creata per vigilare sulle pubblicazioni in internet. inoltre, le autorità israeliane stanno anche facendo pressione sulle società di social media affinché facciano di più per rimuovere i messaggi che potrebbero incitare alla violenza, compresa la stesura di leggi - che secondo i gruppi per i diritti digitali sarebbe impraticabile - per costringere le piattaforme a rimuovere i contenuti che potrebbero incitare alla violenza. una delegazione di facebook ha incontrato i funzionari governativi per quelli che sono stati descritti come colloqui “riusciti” dall'ufficio del ministro degli interni gilad erdan. “l'estremismo online può essere affrontato solo con un forte partenariato tra politici, società civile, mondo accademico e imprese, e questo è vero ovunque”, ha detto un rappresentante di facebook, aggiungendo che l'azienda s’incontra con i governi di tutto il mondo per combattere l'odio e l'incitamento alla violenza. il collettivo di attivisti del palestinian information centre (pic) ha riferito che almeno 10 dei resoconti dei loro amministratori per le loro pagine facebook in arabo e inglese - seguiti da più di due milioni di persone - sono stati sospesi, sette dei quali sospesi definitivamente, questo, secondo loro, è il risultato di nuove misure messe in atto dopo l'incontro di facebook con i rappresentanti israeliani. facebook non ha dato alcuna spiegazione del perché, a parte questo, i membri hanno violato gli “standard comunitari” di facebook, ha detto rami salaam, membro del pic, a the independent. la mossa mirava a “impedire alla nostra voce di raggiungere il mondo”, piuttosto che di incitamento, ha detto. un rapporto del 2015 ha rilevato che il 96% dei palestinesi ha dichiarato che il loro uso primario di facebook è stato quello di seguire le notizie. mada dice che questo dimostra l'estrema importanza delle piattaforme di social media e quindi il potenziale impatto che i resoconti di attivisti e giornalisti potrebbero avere per la diffusione di informazioni rilevanti per gli interessi palestinesi. dal 2014, 61 giornalisti palestinesi e nove giornalisti israeliani sono stati perseguiti per i post online. cinque giornalisti della sanabel radio di hebron sono stati arrestati in un raid all'alba durante quello che un portavoce dell'esercito israeliano ha definito “uno sforzo continuo contro l'incitamento”. diversi giornalisti delle agenzie di stampa di shehab e quds, in cisgiordania, hanno riferito che i loro account facebook - utilizzati per aggiornare pagine professionali che raggiungono milioni di persone - erano stati temporaneamente sospesi, in una mossa che facebook ha definito in seguito un errore. i ‘mi piace’ di facebook sono stati presentati anche come prova nei processi militari per incitamento, ha riferito l’associazione addameer, che opera in cisgiordania, come è stato riportato nella condanna di un professore di astrofisica palestinese sostenitore di hamas. i procuratori usano il numero di ‘mi piace’ come fossero atti di violenza. “la tendenza è allarmante”, ha detto il direttore di addameer, sahar francis a the independent.. molti palestinesi hanno chiesto il boicottaggio di facebook per la sua collusione con le autorità israeliane chiaramente intenzionati a colpire l’attività d’informazione e di documentazione degli attivisti. in effetti the independent, in un articolo del 15 settembre 2016, aveva riportato la notizia dell’incontro tra i dirigenti di facebook e i funzionari israeliani alla presenza della ministra della giustizia ayelet shaked, quella che incitava ad uccidere le donne palestinesi per evitare “che facciano altri terroristi”. però è meglio conosciuta per un cortometraggio pubblicitario in cui appare come una modella che promuove un profumo chiamato fascismo che, secondo lei, “odora di democrazia”. proprio così! ..segue ./.

Diego Siragusa



LA CENSURA DI FACEBOOK

AGLI ORDINI DEGLI EBREI SIONISTI

Uno

La situazione è ormai allarmante, ma solo pochi ne sono consapevoli. Non esiste settore della vita associata in Occidente in cui non vi sia la presenza di almeno un sionista col compito di controllare, dirottare decisioni e orientamenti a favore degli ebrei sionisti in generale e a favore di Israele in particolare. Partiti politici, al governo o all’opposizione, giornali, riviste, radio e televisioni, cinema, banche, finanza, associazioni, università, scuole, confessioni religiose e social networks vivono e agiscono sotto il controllo e il ricatto costante delle lobby ebraiche e dei loro manutengoli.

Negli Stati Uniti le lobby ebraiche controllano il governo, il Pentagono, i servizi segreti, l’economia, il cinema e l’informazione. Ogni critica a Israele è bollata come “antisemitismo” e immediata è la reazione punitiva verso coloro che si sono permessi la libertà di giudizio e di critica verso gli ebrei sionisti e verso Israele che sono esenti da qualsiasi tipo di attacco o sanzione. Insomma, siamo di fronte a una nuova religione: la religione di Israele e del Sionismo. Persino una vignetta del New York Times, che mostra un cieco Trump guidato da un cagnolino con la faccia di Netanyhau, è stata attaccata come antisemita e ritirata. Osservo l’attacco ai liberi pensatori, ai giornalisti, agli scrittori, ai docenti del mondo accademico la cui carriera e stata rovinata dalle pressioni delle lobby sioniste. Questa è stata la sorte di Norman Finkelstein, di Tim Anderson, Marc Lamont Hill, licenziato dalla CNN per un suo discorso all’ONU a favore dei palestinesi, e Steven Salaita. Una logopedista americana di origini palestinesi, Bahia Amawi, è stata licenziata per aver rifiutato di firmare un contratto contenente un impegno anti-boicottaggio, dichiarando di non farlo, e che non parteciperà a boicottare lo Stato di Israele. Altri intellettuali sono stati anche direttamente minacciati.

Nel mese di gennaio 2019, la persecuzione sionista si è scagliata contro l'attivista e studiosa Angela Davis, eroica combattente per l’emancipazione del popolo afroamericano. Il consiglio del Birmingham Civil Rights Institute (BCRI) prima le ha dato il premio per i diritti civili e poi, su pressione della comunità ebraica locale, ha votato per annullare il premio. La colpa di Angela? Sostenere la Campagna di boicottaggio contro Israele e la difesa del popolo palestinese. Analogamente, molti studenti negli USA temono di esprimere sostegno ai diritti dei palestinesi a causa delle tecniche maccartiste di organizzazioni segrete come Canary Mission, che iscrive in una lista nera coloro che osano sostenere pubblicamente il boicottaggio verso Israele, mettendo così a repentaglio prospettive di lavoro e future carriere.

Il giornalista statunitense Joel Stein, ebreo-sciovinista, nel 2008 scrisse un articolo per il Los Angeles Times in cui, riportando un accurato elenco di nomi, dimostrò con un certo orgoglio come il mainstream americano fosse, in particolar modo per quel che riguardava l’industria dell’informazione commerciale, dell’intrattenimento e del cinema, controllato integralmente da circoli capitalistici di impronta ebraico-sionista. Gli ebrei sionisti gestiscono e controllano totalmente Hollywood e alcuni attori, come Antonio Banderas, si fanno promotori di raccolta di fondi a favore dell’esercito israeliano, l’esercito più immorale del mondo. Non parlo della presenza sionista nel mondo della finanza.1

Restando in Italia, voglio rammentare che al matematico Odifreddi, dopo una critica severa a Israele, fu tolta una rubrica che egli gestiva sulle pagine del quotidiano la Repubblica, proprietà di un ebreo sionista. Sorte analoga ha avuto il filosofo Gianni Vattimo che non ha più pubblicato una sola riga sul quotidiano sionista LA STAMPA dopo i suoi giudizi severi sulla politica coloniale e criminale di Israele. Questo episodio è stato raccontato a me dallo stesso Vattino, venuto nella mia città per presentare il mio libro sul terrorismo israeliano. Sul Corriere della Sera, la sionista Donatella di Cesare, docente di Filosofia teoretica, ha occupato mezza pagina per attaccare e diffamare un mio amico, il filosofo Diego Fusaro, accusandolo di essere antisemita e accusando, contestualmente, il filosofo Costanzo Preve, maestro di Fusaro, di essere “negazionista”!!! Una menzogna ignobile! Preve è morto, ma il figlio Roberto, avvocato, ha annunciato una querela nei confronti dell’ebrea sionista Donatella di Cesare.

C’è un episodio che mi riguarda, accaduto nel 2015. La sezione ANPI di Roma “Don P. Pappagallo” organizzò nella propria sede per il 7 Dicembre la presentazione del libro di Alan Hart “Sionismo, il vero nemico degli ebrei”. Trattasi del primo dei tre volumi che costituiscono l’opera completa di Hart sul tema. Era prevista la mia partecipazione come traduttore e autore della prefazione, e di tre ebrei: Giorgio Gomel, del gruppo Martin Buber ed Ebrei per la pace; Marco Ramazzotti Stockel, della rete ECO (Ebrei contro l’occupazione) e Nando Tagliacozzo. La Comunità ebraica accusò subito il libro di antisemitismo. Prima dell’iniziativa si ritirarono Gomel e Tagliacozzo, che pure avevano dato la loro disponibilità, tanto da essere indicati nelle locandine che annunciavano l’evento. Conferma la presenza solo Ramazzotti Stockel. Interviene nella vicenda Roberto Cenati, Presidente dell’ANPI provinciale di Milano, scrivendo a Roberto Jarach, vice Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, ed esprimendo solidarietà alle Comunità ebraiche e critiche all’ANPI Provinciale di Roma. Interviene a sostegno di Cenati anche il curatore di ANPIlibri, Cavallarin, che manifesta la propria solidarietà al Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche Gattegna. L’accusa rivolta al libro è, come detto, quella di antisemitismo ma Cavallarin ricorda anche un intervento di Smuraglia su ANPINews in cui questi afferma che “l’ANPI è contrario anche a manifestazioni di antisionismo”. Interviene, infine, il Presidente Smuraglia a sancire definitivamente la presa di posizione dell’ANPI. Nessuno di questi personaggi aveva letto il libro e ne ignoravano persino l’esistenza.

A questo punto l’ANPI Provinciale di Roma, in accordo con la sezione Pappagallo, cancellò l’iniziativa. La presentazione avvenne ugualmente in altra sede, nel salone della Comunità di base di S. Paolo fuori le Mura, grazie all’ex abate don Giovanni Franzoni, presenti io e Ramazzotti. Il giorno successivo presentai il libro alla Fiera del libro di Roma; gli organizzatori della Fiera ricevettero pressioni perché la presentazione fosse annullata ma non cedettero. Anzi, inviarono propri osservatori che, al termine, riferirono che non vi era stata traccia di antisemitismo né nella mia relazione né nel corso del dibattito.

Fino a qualche mese fa c’era un campo dove le critiche a Israele e la documentazione dei suoi crimini avevano notevole udienza e diffusione: sto parlando di FACEBOOK. Io e altri militanti, quasi tutti i giorni, pubblicavamo articoli, commenti e notizie ignorati dalla grande stampa e taciuti da tutti i mezzi d’informazione. Subivamo gli attacchi e le molestie da parte di gruppi di ebrei sionisti con insulti ed epiteti volgari. Ero stato informato che diverse persone subivano censure e blocchi delle proprie pagine per questi commenti antisraeliani. Ero stupito che la stessa cosa non capitava a me. Il mio amico Paolo Di Mizio, ex giornalista di Canale 5, mi aveva segnalato un blocco di pochi giorni per un commento su Israele.



Chi sono i padroni di Facebook? Questa geniale invenzione è opera di tre studenti universitari di Harward: Mark Elliot Zuckerberg, Eduardo SaverinAndrew McCollumDustin Moskovitz e Chris Hughes.  Zuckerberg e Dustin Moskovitz sono ebrei sionisti. Zuckerberg è considerato l’ebreo più influente al mondo. Grazie a Facebook divenne a 23 anni miliardario e, secondo la rivista Forbes, l’ottavo uomo più ricco del pianeta.

Il 24 ottobre 2016, il giornale inglese The Independent pubblicò un articolo firmato da Bethan McKernan2 con questo titolo: Facebook ‘deliberatamente prende di mira’ i resoconti palestinesi dopo l'incontro con il governo israeliano, dicono i gruppi per i diritti umani. Il gigante dei social media accusato di aver disabilitato i resoconti di attivisti e giornalisti a seguito dei colloqui con i ministri israeliani il mese scorso su come affrontare l'“incitamento” sulla piattaforma. L’articolo è illustrato da un disegno che mostra la “F” di Facebook come una pistola puntata alla tempia di una silouhette umana. Il Centro palestinese per lo sviluppo e le libertà dei media (Mada), aveva rilevato che il numero di incidenti in cui sono state arrestate persone - tra cui molti giornalisti - per incarichi nei social media è drasticamente aumentato nell'ultimo anno, il che ha portato a preoccupazioni per la repressione israeliana del diritto alla libertà di espressione. “I siti di social media sono.... una finestra efficace per consentire a giornalisti e palestinesi in generale di esprimere liberamente le proprie opinioni”, ha detto Mousa Rimawi, autrice del rapporto e direttrice del Centro. “Ma la sorveglianza sistematica e l'osservazione da parte delle autorità israeliane di occupazione [significa che sono diventati] una piattaforma aperta per la persecuzione e l'oppressione in relazione alle opinioni degli utenti”.

Secondo lo stato israeliano, i contenuti incendiari hanno alimentato un picco di violenza israelo-palestinese e nell'ottobre del 2015 un'unità di monitoraggio e controllo è stata creata per vigilare sulle pubblicazioni in internet.

Inoltre, le autorità israeliane stanno anche facendo pressione sulle società di social media affinché facciano di più per rimuovere i messaggi che potrebbero incitare alla violenza, compresa la stesura di leggi - che secondo i gruppi per i diritti digitali sarebbe impraticabile - per costringere le piattaforme a rimuovere i contenuti che potrebbero incitare alla violenza.

Una delegazione di Facebook ha incontrato i funzionari governativi per quelli che sono stati descritti come colloqui “riusciti” dall'ufficio del ministro degli Interni Gilad Erdan. “L'estremismo online può essere affrontato solo con un forte partenariato tra politici, società civile, mondo accademico e imprese, e questo è vero ovunque”, ha detto un rappresentante di Facebook, aggiungendo che l'azienda s’incontra con i governi di tutto il mondo per combattere l'odio e l'incitamento alla violenza.

Il collettivo di attivisti del Palestinian Information Centre (Pic) ha riferito che almeno 10 dei resoconti dei loro amministratori per le loro pagine Facebook in arabo e inglese - seguiti da più di due milioni di persone - sono stati sospesi, sette dei quali sospesi definitivamente, questo, secondo loro, è il risultato di nuove misure messe in atto dopo l'incontro di Facebook con i rappresentanti israeliani.

Facebook non ha dato alcuna spiegazione del perché, a parte questo, i membri hanno violato gli “standard comunitari” di Facebook, ha detto Rami Salaam, membro del Pic, a The Independent. La mossa mirava a “impedire alla nostra voce di raggiungere il mondo”, piuttosto che di incitamento, ha detto.

Un rapporto del 2015 ha rilevato che il 96% dei palestinesi ha dichiarato che il loro uso primario di Facebook è stato quello di seguire le notizie. Mada dice che questo dimostra l'estrema importanza delle piattaforme di social media e quindi il potenziale impatto che i resoconti di attivisti e giornalisti potrebbero avere per la diffusione di informazioni rilevanti per gli interessi palestinesi.

Dal 2014, 61 giornalisti palestinesi e nove giornalisti israeliani sono stati perseguiti per i post online. Cinque giornalisti della Sanabel Radio di Hebron sono stati arrestati in un raid all'alba durante quello che un portavoce dell'esercito israeliano ha definito “uno sforzo continuo contro l'incitamento”.

Diversi giornalisti delle agenzie di stampa di Shehab e Quds, in Cisgiordania, hanno riferito che i loro account Facebook - utilizzati per aggiornare pagine professionali che raggiungono milioni di persone - erano stati temporaneamente sospesi, in una mossa che Facebook ha definito in seguito un errore.

I ‘mi piace’ di Facebook sono stati presentati anche come prova nei processi militari per incitamento, ha riferito l’associazione Addameer, che opera in Cisgiordania, come è stato riportato nella condanna di un professore di astrofisica palestinese sostenitore di Hamas. I procuratori usano il numero di ‘Mi piace’ come fossero atti di violenza. “La tendenza è allarmante”, ha detto il direttore di Addameer, Sahar Francis a The Independent..

Molti palestinesi hanno chiesto il boicottaggio di Facebook per la sua collusione con le autorità israeliane chiaramente intenzionati a colpire l’attività d’informazione e di documentazione degli attivisti.

In effetti The Independent, in un articolo del 15 settembre 2016, aveva riportato la notizia dell’incontro tra i dirigenti di Facebook e i funzionari israeliani alla presenza della ministra della Giustizia Ayelet Shaked, quella che incitava ad uccidere le donne palestinesi per evitare “che facciano altri terroristi”. Però è meglio conosciuta per un cortometraggio pubblicitario in cui appare come una modella che promuove un profumo chiamato FASCISMO che, secondo lei, “odora di democrazia”. Proprio così!

..segue ./.

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