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La VOCE ANNO XXI N°6

febbraio 2019

PAGINA C        - 35


Questioni della Scienza
a cura di A. Martocchia

In questo numero segnaliamo due articoli, il primo riguardante i passi da gigante dell'astronautica cinese, il secondo che viceversa illustra il declino dell'ambiente scientifico italiano, tanto incurante del mondo attorno da entrare in rotta di collisione con la popolazione e con le esigenze minime di salvaguardia dell'ambiente in cui opera. (A.M.)

La Cina atterra
sul lato nascosto della Luna

L’agenzia spaziale cinese Cnsa ha annunciato che la sonda Chang’e-4 è atterrata con successo sul lato nascosto della Luna. La missione era iniziata il 7 dicembre con l’obiettivo di un risultato mai ottenuto prima nell’area inesplorata del satellite terrestre.
La missione lunare Chang’e, chiamata così in onore della divinità lunare della mitologia cinese, era stata lanciata a dicembre dalla città sudoccidentale di Xichang, dove c’è un centro spaziale di lancio. E’ la terza sonda lunare cinese che raggiunge la Luna. La prima era stata Yutu (Coniglio di giada) del 2013.

Poi un’altra sonda cinese si era posata sulla Luna il 6 dicembre 2016 con la missione cinese Chang’e-3. In quel caso c’era stato anche il primo veicolo spaziale a posarsi sulla Luna dopo 40 anni dall’ultima missione, la missione sovietica Luna 24, del 1976.

L’obiettivo della missione è raccogliere nuovi dati che aiutino a ricostruire l’evoluzione della Luna e tentare la coltivazione di piante in vista della costruzione di una futura base lunare. Il rover cinese si trova sull’altra faccia della Luna , fattore che impedisce un contatto diretto con la Terra. A tale scopo viene utilizzato il satellite Queqiao, lanciato nel maggio 2018. Secondo una notizia diffusa in primavera dall’agenzia cinese Xinhua, ala sonda Chang’e-4 porta sulla Luna anche una mini “biosfera” con semi di patata e Arabidopsis, una pianta da fiore e uova del baco da seta, per testarne la coltivazione, un esperimento progettato da 28 università cinesi.
Lanciata il 7 dicembre 2018 dall’agenzia spaziale cinese (Cnsa) la sonda Chang’e-4, era entrata nell’orbita lunare il 12 dicembre scorso. La missione prevedeva 27 giorni di viaggio, al termine dei quali era previsto che il lander e il rover a bordo della sonda riuscissero a posarsi nel cratere Von Karman, all’interno del bacino Polo Sud-Aitken.

L’avvicinamento della sonda cinese alla Luna era cominciato il 30 dicembre, quando il veicolo era sceso su un’orbita più bassa di 15 chilometri.

Secondo l’Afp/Askanews Pechino intende inviare una seconda sonda lunare, Chang’e-5, quest’anno per raccogliere campioni e riportarli sulla Terra. E’ uno dei progetti ambiziosi di Pechino, che includono un lanciatore riutilizzabile entro il 2021, un razzo superpotente che dovrebbe portare carichi superiori a quelli della NASA e del lanciatore privato SpaceX, una base lunare, una stazione spaziale permanente e un rover per Marte.

Accuse all'Istituto di Fisica del Gran Sasso di contaminare chimicamente l'acqua di settecentomila cittadini

Gran Sasso, le accuse all’Istituto di fisica: “Rischio contaminazione da composti chimici per acqua di 700mila cittadini”

A preoccupare il gip, che ha disposto il sequestro di alcune aree dell'Istituto di fisica nucleare, è soprattutto “lo stato di generale abbandono, se non di degrado, di alcuni tratti delle gallerie dei laboratori", dove “viene raccolta la maggior parte delle portate poi destinate all’uso idropotabile” che serve 700mila cittadini abruzzesi. "Non è in grado di garantire la collettività", scrive il giudice.

Nell'inchiesta, chiusa negli scorsi giorni e che coinvolge anche Ruzzo Reti e Strade dei Parchi, si contano 10 indagati Gravi rischi di contaminazione” delle falde acquifere, dovuti a una struttura, quella dei laboratori del Gran Sasso, “fragile”, in uno stato di “generale abbandono” e quindi non in grado di garantire la collettività” poiché, sostengono i magistrati, non c’è stata “la necessaria separazione” tra le condotte destinate alle acque per consumo umano e quelle di ‘scarto’. È una situazione allarmante quella tratteggiata dalla procura di Teramo nell’inchiesta sul presunto rischio d’inquinamento delle falde acquifere sotto il massiccio dell’Appenino per il quale sono indagate 10 persone ai vertici dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, che gestisce i laboratori, delle Strade dei Parchi e di Ruzzo Reti. Accuse, quelle della procura teramana, respinte dall’Infn, che assicura di “aver sempre agito con onestà personale e correttezza istituzionale”.

Grave rischio contaminazione” – A preoccupare il giudice per le indagini preliminari, che ha vagliato le risultanze investigative dei carabinieri del Noe coordinati dai magistrati, è soprattutto “lo stato di generale abbandono, se non di degrado, di alcuni tratti delle gallerie dei laboratori del Gran Sasso, come il nodo B”, dove “viene raccolta la maggior parte delle portate poi destinate all’uso idropotabile”. La grande struttura scientifica all’interno del massiccio del Gran Sasso, fiore all’occhiello della ricerca italiana, sarebbe, “sotto numerosi aspetti, fragile, non sufficientemente impermeabilizzata e non in grado di garantire la collettività dai gravi rischi di contaminazione delle falde acquifere”. Scrive il gip Roberto Veneziano nel suo lungo decreto di sequestro: “Non riteniamo che ci sia stata la necessaria separazione tra le reti di condotte destinate alla raccolta e al convogliamento delle acque per un uso non idropotabile e quelle, molto più delicate e complesse, finalizzate al consumo umano”. E queste ultime avrebbero, in più, una “scarsa resistenza alle azioni sismiche che purtroppo caratterizzano l’intera area del Gran Sasso, e sono quindi facilmente lesionabili” e “un funzionamento a ‘pelo libero’ per cui, nel caso di lesioni o di scarsa tenuta dei giunti (circostanza assai frequente in questo tipo di tubazioni) l’acqua può uscire o entrare dalle stesse”.

Rischio contatto tra composti chimici e acqua destinata a umani” – L’impianto accusatorio – costruito dal pool di magistrati della procura di Teramo composto dai pm Stefano Giovagnoni, Greta Aloisi e Davide Rosati e coordinata dal procuratore capo Antonio Guerriero  – parla chiaro: sia i laboratori di questo centro conosciuto in tutto il mondo che le contigue gallerie dell’autostrada A24-A25 avrebbero contribuito a “deteriorare, in modo permanente, le acque sotterranee”, da cui attingono gli acquedotti e i rubinetti domestici di 700mila cittadini abruzzesi. Acqua destinata al consumo umano, nonostante il rischio concreto di contatto con “composti chimici di varia composizione, gasolio in cisterne interrate e altre sostanze con potere corrosivo”. Nel corso dei ripetuti sopralluoghi sono stati trovati “pozzetti superiormente aperti, dal fondo dei quali emergeva la falda freatica” e “cascate d’acqua a pochi metri dal cosiddetto esperimento Borexino”. Desta inquietudine pure la contaminazione da cloroformio dell’acqua sottostante: secondo la procura di Teramo, non può non scaturire dai Laboratori nazionali di fisica e dall’impiego, “nelle loro attività sperimentali, di rilevanti quantità di reagenti e sostanze chimiche”.

Pericolo inquinamento significativo” – Il pericolo di inquinamento, rimarca il gip, è “significativo e misurabile”, tenendo conto, tra l’altro, che quello del Gran Sasso è uno dei bacini idrici più importanti d’Europa. “Si è potuto constatare che le opere di captazione e convogliamento delle acque sotterranee destinate al consumo umano presentano un insufficiente grado di isolamento dall’esterno, anomalia che espone tali acque a rischio di

..segue ./.

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