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La VOCE ANNO XXI N°6

marzo 2019

PAGINA 3

Onorificenza Internazionale Medaglia della Amicizia col Popolo della RPD di Corea alla Partigiana Miriam Pellegrini Ferri.

Invito all’ Ambasciata di Cuba in Italia dal Consigliere Politico Yamila Pita Montes.

Colaboracion con Radio Habana Cuba. - Curriculum Miriam

Estratto dei Twitt di Miriam



Miriam su Facebook



Giannuli: “Così i servizi segreti condizionano il potere”



Appena uscito in libreria, edito da Ponte alle Grazie, un saggio del politologo Aldo Giannuli spiega come la globalizzazione abbia stravolto il ruolo dell'intelligence diventata ormai “la cinghia di trasmissione fra la moneta e la spada”. Ma con chi interagiscono gli attuali servizi? “Con chiunque gli serva e sia disponibile: dagli eversori di destra alla criminalità comune, dai gruppi terroristi agli operatori di borsa”.

Intervista a Aldo Giannuli di Giacomo Russo Spena - (31 dicembre 2018)

“La globalizzazione ha cambiato il mondo, ma questo non è vero in ugual misura per tutti i settori dell’attività umana. L’intelligence è forse il settore dove il processo è stato più veloce e radicale. Oggi è l’intelligence ad informare le linee strategiche e politiche internazionali attraverso il lavoro di analisi dei dati e dei contenuti; essa è la cinghia di trasmissione fra la moneta e la spada, agisce nell’intreccio fra i servizi di Stato e delle multinazionali”. Aldo Giannuli è personaggio poliedrico: storico, saggista, blogger, politologo (è stato anche ex consulente del M5S), soprattutto è forse il massimo esperto di servizi segreti in Italia. Pochi ne sanno quanto lui. Recentemente ha scritto per la casa editrice Ponte alle Grazie un nuovo libro sul tema dal titolo “Come i servizi segreti stanno cambiando il mondo”. L'abbiamo contattato per far luce su una questione così spinosa e, ai più, oscura.

I servizi segreti sono considerati, da sempre, come apparati dello Stato. In che modo la globalizzazione ha cambiato l'intelligence?

Per la verità i servizi segreti privati esistono da molto più tempo di quelli statali; la globalizzazione poi ne ha dilatato enormemente il campo d’azione ed il numero di soggetti coinvolti. Nel mondo globale l’arma più importante è l’informazione, sia per i governi che per le aziende che sono interessate a monitorare in anticipo i movimenti di borsa, spiare le mosse dei concorrenti, proteggere il proprio personale tecnico in impianti petroliferi, difendersi dagli attacchi informatici. E questo richiede un apparato professionale specifico, i cui operatori, spesso, sono ex funzionari dei servizi segreti statali. È così che è nata la “comunità dell’intelligence” che associa pubblico e privato e crea reti di relazioni internazionali.

In alcuni precedenti libri ha spiegato bene come la manipolazione informativa, le veline ai giornali, finanche l’omicidio e il rapimento, siano stati gli strumenti utilizzati dall'intelligence negli scenari della lotta al terrorismo. È ancora così?

Sempre di più, pensiamo ad esempio agli omicidi mirati: mai sono stati di numero così elevato. Quanto alla disinformazione, rappresenta l’altra faccia della battaglia per l’informazione: sapere cosa accade ma anche, nello stesso momento, confondere le idee agli avversari.

Perché lo spionaggio, oggi, si appresta a conquistare il centro della scena?

In primo luogo perché la conflittualità mondiale ha assunto la forma di guerra coperta, incessante ed onnidirezionale: coltivare rapporti con formazioni guerrigliere, destabilizzare un'economia, condurre attacchi cyber, alimentare campagne scandalistiche, ecc. sono cose che solo un organismo ad hoc può fare ed i servizi si occupano, appunto, di questo. In secondo luogo i decisori politici (ma anche quelli finanziari) hanno sempre più bisogno di orientarsi nella crescente complessità del mondo globale; ciò esige una minuziosa analisi, che è uno dei campi in cui i servizi si sono specializzati dal 1945 in poi ed in modo crescente. A quel punto, il passo fra l'elaborazione dell'analisi e l'individuazione di una strategia è molto breve: i governi sono fortemente condizionati dalle indicazioni dei loro servizi.

Nel libro passa dalla destabilizzazione monetaria al terrorismo, dalla guerra cognitiva alla manipolazione dello high frequency trading, dagli attacchi cyber al reverse engeneering. Ci aiuta a capire meglio anche per un pubblico non esperto in materia?

È l’idea della guerra asimmetrica: costringere un avversario o un concorrente a piegarsi alla nostra volontà attraverso forme diverse e concentriche di pressione: da un attacco cyber ad una campagna scandalistica, da un’operazione di spionaggio industriale (e il reverse engeneering è una delle forme di questo spionaggio) alla destabilizzazione della moneta. Insomma tutto quello che serve, momento per momento.

Quali sono le strutture di nuovissima generazione? Ci fa esempi pratici?

In tutto il mondo si sta manifestando una tendenza a specializzare il lavoro dei servizi creando agenzie ad hoc – ad esempio i cinesi hanno 14 servizi segreti (di cui uno, appunto, per il reverse engeneering) – oppure orientando a pratiche di intelligence organismi già esistenti. Pensiamo al caso Huawei: uno dei tentacoli più efficaci dell’intelligence americana è rappresentato oggi dal dipartimento della giustizia.

Viviamo nella società del controllo? Siamo tutti schedati e monitorati grazie alle nuove tecnologie?

C’è sempre qualcosa che sfugge, ma non c’è dubbio che le attuali tecnologie consentano un controllo molto più penetrante e lo stockaggio e la manipolazione di masse impressionanti di dati. È il fenomeno dei Big data destinato a crescere in modo esponenziale nei prossimi anni.

In passato, pensiamo agli anni '70, i servizi segreti italiani sono stati accusati di aver utilizzato, come manovalanza, alcuni gruppi neofascisti. Oggi, invece, con chi interagisce l'intelligence?

Con chiunque gli serva e sia disponibile: dagli eversori di destra alla criminalità comune, dai gruppi terroristi agli operatori di borsa: tutto fa brodo.

Qual è il rapporto tra i potenti della Terra e, più in generale, la politica, con l'intelligence?

La politica si difende dall’invadenza dei servizi ignorando i loro suggerimenti o rimuovendo sempre più frequentemente i loro vertici apicali, o coltivando le rivalità fra essi. Ma sono armi spuntate e, in prospettiva, il condizionamento dei servizi sarà sempre più efficace.

Ultima domanda: qualcuno la accusa di essere un “complottista” e di vedere del marcio dove il marcio non esiste. Come si difende?

Ricordando che la madre dei cretini è sempre incinta.

Gianluca Ferrara (M5S): L'ultimatum UE al Venezuela è una «stronzata megagalattica»



di Gianluca Ferrara* - Il Fatto Quotidiano - Notizia del: 28/01/2019

L’ultimatum Ue al Venezuela di indire nuove elezioni in otto giorni, pena il riconoscimento di Guaidò come legittimo presidente del Paese, è strumentale e inapplicabile e assomiglia molto all’ultimatum dato a Saddam Hussein sulle armi chimiche, prima dell’invasione dell’Iraq.

Alessandro Di Battista l’ha giustamente definita “una stronzata megagalattica” poiché sappiamo tutti che la proposta non verrà accettata dal governo venezuelano. Condivisibile, invece, è la riflessione e l’indicazione data dal sottosegretario Manlio Di Stefano circa lo stimolo all’Ue: “Se l’Unione europea vuole dare un senso alla sua esistenza, l’unica cosa che può fare per la crisi venezuelana è organizzare un incontro tra l’Alto Rappresentante Federica Mogherini e il Ministro degli Esteri del Venezuela Jorge Arreaza per rendere fattivo il supporto della Ue al dialogo lanciato da Messico e Uruguay. Basta iniziative personali, cerchiamo pace e dialogo invece di bandierine nazionali da dare in dote agli Usa o alla Russia”.

Basta tornare al recente passato – alla propaganda che ha anticipato interventi militari in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria e in Ucraina – per rendersi conto come sul Venezuela sia in corso una vera e propria campagna di propaganda che, se non fermata, anticiperà presto o tardi una guerra civile e un intervento militare esterno in nome della democrazia. Un copione già visto appunto nei casi precedenti.

Come al solito, i media e le forze politiche chiedevano a gran voce la partecipazione dell’Italia a missioni militari finalizzate a rovesciare i governi di quei Paesi. Coloro che si opponevano alla guerra venivano tacciati di essere prima filo-talebani, poi filo-Saddam, poi ancora filo-Gheddafi, filo-Assad e poi filorussi.

Oggi chi si oppone al possibile intervento in Venezuela è tacciato di essere filo-Maduro. Nulla di nuovo sotto il cielo.

Eppure in nessuno dei casi precedenti la ricetta degli Stati posti a guardia dei principi di “democrazia e prosperità dei popoli” ha ottenuto gli effetti desiderati. Ovunque, purtroppo, le ingerenze esterne hanno scatenato sanguinosissime guerre civili che durano da anni: devastazione delle infrastrutture, delle città, distruzione delle istituzioni e dell’ordine che, seppur precario, permetteva una vita sicuramente migliore rispetto a quello che è successo dopo.

Oggi, chi sta fomentando la creazione di due governi in Venezuela non lo fa per tutelare il popolo o per far trionfare la democrazia, ma per spianarsi la strada verso l’appropriazione delle risorse e per motivi geopolitici. Non è un segreto che Russia e Cina stiano aiutando Maduro, in un continente da sempre sotto la diretta influenza americana, così come non è un segreto che il Venezuela abbia le più cospicue riserve petrolifere al mondo. Il petrolio e la geopolitica sono i veri motivi dell’attenzione verso il Venezuela e la popolazione, che oggi tutti vogliono aiutare ad autodeterminarsi, sarà l’agnello sacrificale di questo nuova partita di Risiko.

La posizione dell’Italia è molto delicata, in quanto centinaia di migliaia di nostri connazionali rischiano di trovarsi coinvolti in un conflitto dagli esiti incerti: questo ci impone ancor di più la massima responsabilità e moderazione e non certo toni da ultras come ho purtroppo sentito nell’aula del Senato di recente. Sono persuaso che il popolo venezuelano saprà presto risollevarsi pacificamente da questa crisi economica e istituzionale, ma dobbiamo fare in modo che ciò possa verificarsi e che un eventuale cambio di regime sia ordinato e pacifico. Basta, entrare a gamba tesa negli affari interni di un Paese sovrano!

Il M5S da sempre si oppone alle guerre a prescindere da chi governa, perché ci sono sempre soluzioni alternative che tutelano, per quanto possibile, la stabilità di un Paese e la sua popolazione. Noi non siamo né con Maduro né con Guaidò, ma nemmeno con chi si autoproclama guardiano della “democrazia e della prosperità” altrui. Noi siamo con il popolo venezuelano, che deve essere libero di scegliersi chi lo rappresenta.

*Senatore del Movimento 5 Stelle

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