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La VOCE ANNO XXI N°1

settembre 2018

PAGINA D         - 36

Segue da Pag.35: Bitcoin: una moneta fittizia

È probabilmente questa invisibile relazione tra merce-denaro e valore complessivo delle merci prodotte – non più mediato dall’esistenza di metalli preziosi, che comunque restano nei forzieri delle banche centrali come fattore di proporzionalità con la valuta in circolazione – ad aver creato una confusione tale da indurre molti a presupporre che la quantità di moneta sia discrezionalmente definita dalle autorità delle banche centrali; diceva Marx che la coscienza popolare “comprende perciò il denaro, nelle sue determinazioni, come arbitrarie invenzioni, introdotte convenzionalmente per comodità”. Ed è forse proprio per questa ragione che, essendo nell’attuale sistema normativo internazionale la moneta apparentemente slegata dal mondo delle merci, in molti abbiano potuto pensare che un complicato artificio informatico, il cui funzionamento resta ancora alquanto nebuloso, possa aggirare la necessaria garanzia che i diversi stati offrono per tutte le singole valute che sono, di fatto, “segni” del denaro mondiale e quindi del valore prodotto. 

Il bitcoin nel modo di produzione attuale, dunque – oltre alle opportunità, prevalenti, se non uniche, di riciclaggio di denaro sporco o di speculazione – può assumere al limite le stesse funzioni di un carnet di biglietti del cinema o di qualsiasi tipo di abbonamento, valido si, ma solamente in determinati contesti. Contestando anche l’idea di Owen del “certificato del lavoro” – sia sul Capitale, I-3, che su Per la critica dell’economia politica – capace unicamente di voler aggirare le condizioni necessarie della produzione capitalistica con “acciarpature monetarie”, Marx [Lf, 2.12] ricorda come si possano verificare due casi ben distinti, benché apparentemente simili: quello in cui la banca è compratore e venditore universale, in cui, se tutti vogliono vendere la propria merce al proprio valore di scambio, “essi non aspetteranno l’eventualità di trovare o non un compratore, ma vanno subito alla banca, le cedono la merce e ne ricevono in cambio il segno del valore di scambio, il denaro”. L’altro caso, in cui la cedola bancaria sarebbe denaro soltanto per una convenzione tra la banca e i suoi clienti, non sul mercato ufficiale, non essendo così merce-denaro. Essa “avrebbe lo stesso valore di un abbonamento a dodici pasti in trattoria o a dodici rappresentazioni teatrali, i quali rappresentano entrambi denaro, ma denaro valevole nell’un caso soltanto a un determinato tavolo, nell’altro soltanto in un determinato teatro. In tal modo la cedola bancaria avrebbe cessato di corrispondere ai requisiti del denaro, dal momento che la sua non sarebbe una circolazione pubblica, ufficiale, ma soltanto una circolazione tra la banca e i suoi clienti”.

Immaginare quindi un superamento delle valute tradizionali attraverso le criptovalute, il che rappresenterebbe una completa destabilizzazione del sistema internazionale dei pagamenti basato sulle monete a corso forzoso, di fatto, non è altro che l’ennesima “pia illusione” di chi le assegna il ruolo di poter svincolare la massa – nel senso generico e qualunquista – dal giogo di ipotetiche lobby o banche (mai a parlare di capitale, figuriamoci!), ignorandone l’egregia funzionalità per capitali da ripulire o per speculare. La recente proliferazione di altre monete di questo tipo (lightcoinpeercoin ecc.) non ha dunque altro scopo se non quello di favorire da una parte le organizzazioni criminali e dall’altro di permettere alla pletora monetaria generata dalla crisi e dalle poderose iniezioni di liquidità, in particolare di Fed e della Banca centrale giapponese, di trovare un’ulteriore occasione di rapida e poderosa autovalorizzazione, ovviamente senza passare per la produzione di merce.

Ma questo sistema, per come è strutturato, di certo non potrà alimentarsi all’infinito: il fenomeno del bitcoin, e dei suoi omologhi meno celebri, è anche esso uno degli indicatori del rigonfiamento della bolla speculativa che, grazie anche all’immensa quantità di liquidità presente in giro per il mondo – incapace di valorizzarsi passando per la merce, a causa della perdurante crisi da sovrapproduzione –, continua a prosperare in maniera allarmante.

Dopo anni di recessione mondiale, infatti, il capitale, a parte sporadiche occasioni, tarda a riprendersi mentre i cosiddetti listini sembrano non subire alcun tipo di rallentamento nella frenetica corsa che li sta portando a superare ogni record precedentemente raggiunto. In tutto ciò, la cosiddetta valuta fittizia – termine, rispetto al virtuale, più idoneo a definire il bitcoin e i suoi simili in quanto rappresentazione di un capitale e di un denaro che tali non sono, ossia un non-capitale, un capitale solo virtuale in quanto solo potenziale, come osservava Marx, riprendendo Leatham, banchiere inglese della prima metà del xix secolo – continua a svolgere il ruolo di indiziato numero uno ad agire in quanto innesco di una potenziale esplosione della bolla che andrebbe a innestarsi su una capitale mondiale profondamente compromesso dopo cinque (ormai 10, ndr) lunghi anni di una violentissima crisi.


Questo articolo è frutto di una sintesi di due articoli apparsi su Contraddizione tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 (No. 145 e 146, ottobre 2013 - marzo 2014)


"CADONO LE MASCHERE"

Mario Albanesi
Pubblicato il 29 lug 2018
E’ abituale accusare di complottismo quanti cercano la verità nelle campagne organizzate dalle catene informative guerrafondaie. Qualche volta però i difensori delle versioni ufficiali risultano complici scoperti di chi racconta menzogne.

Lettera aperta a Marcello Foa

Carissimo Marcello,

 

avendo avuto il piacere (e non di meno l’onore) di condividere con te, negli ultimi mesi, riflessioni sull’importantissimo tema del servizio pubblico televisivo nel nostro Paese, non posso fare a meno di prendere spunto dalle controversie delle ultime ore, circa la tua nomina alla presidenza della Rai, per esprimerti, insieme alle congratulazioni vivissime, i brevi spunti che seguono, anche a titolo di solidarietà e rinnovata stima per il tuo operato professionale pregresso e a venire.

 

Soprassiedo sulla ridicola accusa di “pensiero sovranista”, da parte dei tuoi detrattori, poiché non c’è nulla da dire. Basta, in replica, quanto hai scritto, citando l’opera di Giuseppe Valditara, in uno degli ultimi articoli sul tuo blog, ove chiarisci, a cotanto caproni del globalismo d’accatto transoceanico, che “essere sovranisti vuol dire credere semplicemente nei principi fondanti delle nostre democrazie, ……significa credere che ogni Stato abbia la necessità di rappresentare un Popolo, un’Identità e una Cultura comuni e che solo difendendo quelli che sono bisogni insopprimibili e caratteristici di ogni vera comunità, sappia porsi in maniera cooperativa e costruttiva nei confronti degli altri Paesi”. 

 

Mi soffermo piuttosto sulle accuse più gravi di logiche spartitorie e poltronistiche nella definizione del nuovo assetto di governo della Rai (di volgare tradizione storica, propria degli accusatori stessi) che altro non sono che il goffo e maldestro tentativo di occultamento di ciò che realmente preoccupa questi malfattori seriali in materia di occupazione e incaprettamento di un servizio pubblico di primaria e fondamentale rilevanza per l’autentica vita civile del Paese.  

 

La Verità è una sola e molto semplice: il terrore attanaglia questi farisaici sepolcri imbiancati di fronte all’avvento di un professionista che ha avuto il coraggio di denunciare come si fabbrica informazione a servizio dei governi, proponendo per giunta al grande pubblico un testo – Gli stregoni della notizia – che vilmente si guardano bene dal citare e che buona cosa sarebbe se venisse adottato come base d’esame per l’iscrizione all’albo dei giornalisti per coloro che si avviano ad una professione di così alta e grave responsabilità.

 

Hanno il terrore che un uso consono e soprattutto trasparente e autentico del servizio pubblico televisivo possa demolire in poche battute, col maglio dell’onestà, il castello di menzogne in cui si sono per anni arroccati, producendo azioni di sistematica, vera e propria “deformazione” della pubblica opinione! Parole non mie, ma di una delle più illustri figure della storia della televisione pubblica italiana – Ettore Bernabei – che ho avuto l’opportunità di intervistare su così importante materia, nell’ambito di iniziative di cittadinanza attiva di cui sono stato per anni promotore. .

 

Questo quanto tenevo a dirti e qui mi fermo per non rubarti oltre il tempo. Solo rinnovo gli auguri, assicurando, come potrò, l’impegno e il sostegno per la tua impegnativa missione.

 

Il Paese intero conta su di te! Un caro saluto e un caloroso abbraccio

 

Adriano Colafrancesco 


Sottoscrivo e condivido quanto scritto da Adriano Colafrancesco. Purtroppo la nomina di Marcello Foa non è affatto scontata. Forte ed ai limiti dell’isterismo è l’opposizione di coloro che finora hanno occupato quelle sedi da cui hanno potuto fornirci narrazioni fasulle e che sentono minacciata la propria posizione di previlegio. Vincenzo Brandi

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