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La VOCE ANNO XXI N°1 | settembre 2018 | PAGINA C - 35 |
delle merci, del tempo di lavoro. La forma generale d’equivalente è una forma del valore in genere. Quindi può spettare ad ogni merce. D’altra parte una merce si trova in forma generale di equivalente solo perché e in quanto viene esclusa da tutte le altre merci, come equivalente. E solo dal momento nel quale questa esclusione si limita definitivamente a un genere specifico di merci, la forma unitaria relativa di valore del mondo delle merci ha raggiunto consistenza oggettiva e validità generalmente sociale”. Originariamente la forma generale di equivalente aderiva a particolari generi di merce, cristallizzandosi in forma di denaro, “di norma nei più importanti articoli di baratto dall’estero, che di fatto sono forme fenomeniche naturali e originarie del valore di scambio dei prodotti indigeni, oppure all’oggetto d’uso che costituisce l’elemento principale del possesso alienabile indigeno, come a esempio, il bestiame” (vedi <capi di bestiame> = <capita> da cui poi “capitale”). Solo in una fase storica successiva l’oro si presenta come denaro nei confronti di tutte le altre merci perché si era presentato già prima come merce nei confronti di esse in quanto espressione di lavoro umano. “Anche esso ha funzionato come equivalente, come tutte le altre merci: sia come equivalente singolo in atti isolati di scambio, sia come equivalente particolare accanto ad altri equivalenti di merci. Man mano esso ha funzionato, in sfere più o meno ampie, come equivalente generale; e appena ha conquistato il monopolio di questa posizione nell’espressione di valore del mondo delle merci, diventa merce denaro, e solo dal momento nel quale esso è già diventato merce denaro, la forma generale di valore è trasformata nella forma di denaro”. La “funzione del denaro è pertanto di servire come forma fenomenica adeguata di valore, ossia come il materiale nel quale si esprimono socialmente le grandezze di valore delle merci; materializzazione di lavoro umano astratto e quindi eguale, può essere soltanto una materia, tutti gli esemplari della quale posseggano la stessa uniforme qualità”. Giacché la grandezza di valore è puramente quantitativa, il denaro, in quanto merce, deve essere suscettibile di essere divisibile e ricomponibile. Per questa ragione sia l’oro che l’argento sono stati per secolo utilizzati come merce-denaro – almeno fino all’annullamento degli accordi di Bretton Woods, evento che ha coinciso con la conclusione della convertibilità del dollaro Usa con l’oro – sdoppiandone così il valore d’uso come materia necessaria alla fabbricazione di oggetti di lusso, e non, e quello formale, dipendente dalla convenzione sociale di equivalente generale. La difficoltà, avvertiva Marx, “non sta nel capire che il denaro è merce, ma nel capire come, perché, per qual via una merce è denaro. Non sembra che una merce diventi denaro soltanto perché le altre merci rappresentano in essa, da tutti i lati, i loro valori, ma sembra, viceversa, che le altre merci rappresentino generalmente in quella i loro valori, perché essa è denaro. Il movimento mediatore scompare nel proprio risultato senza lasciar traccia. Le merci trovano la loro propria figura di valore davanti a sé bell’e pronta, senza che esse ci entrino, come un corpo di merce esistente fuori di esse e accanto a loro”. Queste cose che sono l’oro e l’argento, il dollaro come l’euro, “sono sùbito l’incarnazione immediata di ogni lavoro umano”. L’abbandono definitivo di ogni relazione quantitativa delle valute passate e presenti con i metalli preziosi, coinciso non a caso negli Usa con l’inizio dell’ultima grande crisi dell’inizio degli anni settanta del secolo passato, ha reso ancora più complessa l’individuazione della merce-denaro come segno di valore. In altri termini, essendo venuta meno ogni forma di convertibilità immediata dei biglietti emessi dalle banche centrali con l’oro (o l’argento), la relazione tra il denaro e la sostanza del valore delle merci capitalistiche sembra essersi completamente dissolto. L’esistenza del corso forzoso, prevede infatti l’inconvertibilità della carta moneta in merce preziosa; con la sua adozione a livello pressoché mondiale, è stato per norma eliminato ciò che generalmente era previsto dal sistema vigente in precedenza, periodo individuato come gold standard, quando era possibile richiedere la conversione delle banconote stampate dalle banche centrali con parti di oro da esse conservate come riserve ufficiali. L’istituzione dunque di tale “moneta fiduciaria” ha quindi solo apparentemente dematerial In sostanza se, fino a quando era in vigore il sistema monetario internazionale denominato gold exchange standard, noto anche come dollar standard, tutte le valute mondiali riconosciute potevano essere immediatamente cambiate con dollari Usa – e, questi ultimi con quote di oro presenti nei forzieri di Fort Knox, secondo una proporzione definita per legge – a seguito della scomparsa di tale sistema, e in generale di quello aureo – decisa unilateralmente dagli Stati uniti il 15 agosto del 1971, data in cui fu messa fine agli accordi di Bretton Woods – fu data vita al sistema di cambi fluttuante (che ha mutato forma ma non sostanza negli ultimi decenni). In questa maniera, se prima era una merce individuabile (oro, argento, dollaro convertibile ecc.) a operare come garante della cartamoneta circolante, attualmente tale funzione è stata acquisita proprio dallo stato, o insieme di nazioni, la cui banca centrale emette valuta. ..segue ./.
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