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La VOCE 1803 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXI N°1 | settembre 2018 | PAGINA 3 |
NEL 1968 ERO UNA STUDENTESSA |
arrivarono primo e terzo nei 200 metri attuarono una
protesta a pugno alzato per il ‘potere nero’ che, come il
massacro, ebbe eco in tutto il mondo. Anche in Italia si poteva ancora essere uccisi dalla polizia, come nel luglio 1960: a dicembre due agricoltori di Avola, ad aprile 1969 due manifestanti a Battipaglia. Scoppiò l’ “autunno caldo”, con duri scioperi e grandi manifestazioni; gridavamo “potere operaio”, “Agnelli Pirelli ladri gemelli”, “operai, studenti uniti nella lotta”. Una giovane operaia mi chiese: “ma voi siete studenti, perché gridate ‘potere operaio’ e non ‘potere studentesco’ ?” “Perché sarebbe un gran casino” risposi d’impeto, ridemmo tutti. Avevamo coscienza che con il nostro pensiero critico potevamo esprimere il malessere profondo della società e influire sulle coscienze, ma che non eravamo la forza decisiva per attuare un vero cambiamento sociale. Il 12 dicembre, con la bomba di piazza Fontana, capimmo che niente sarebbe più stato come prima. Il 15 dicembre arrestarono Pietro Valpreda, fu ucciso Giuseppe Pinelli. Nel cortile di Architettura campeggiava la scritta “Hanno suicidato un compagno anarchico”; ancora oggi due lapidi sul prato davanti alla Banca dell’Agricoltura, una che dice “morto tragicamente”, l’altra “ucciso”, testimoniano la memoria divisa della città. Durante il 1968 il movimento degli studenti si differenziò: alla Statale oltre al Movimento Studentesco (MS) cresceva Avanguardia Operaia (AO), nelle facoltà scientifiche ma anche con un forte Comitato di Base alla Pirelli Bicocca. Spuntò anche l’Unione dei Comunisti m-l ovvero “Servire i popolo”, di Aldo Brandirali, presto diventato partito e organizzato quasi come una setta (sventolìo di libretti rossi di Mao Zedong, matrimoni officiati dal capo, donazioni dei beni); invece Potere Operaio (Pot. Op.), cresciuto a Roma, non mise radici a Milano. Dato che AO aveva matrice trotzkista, il MS divenne stalinista, una scelta che ci apparve strumentale (poi in parte fu più ragionata); il confronto avveniva nelle assemblee e in cortei separati (uno la mattina, uno il pomeriggio), senza lo scontro, che arrivò negli anni ’70. Nel 1969 fu espulso dal PCI il gruppo del “Manifesto”, considerato ‘la destra’ del movimento perché dialogante col PCI e con le realtà dell’Europa orientale. Sempre nel 1969 nacque Lotta Continua (LC), schiettamente spontaneista, in appoggio a tutte le lotte e movimenti nel paese e in campo internazionale, compresi gli indipendentisti irlandesi (IRA) e baschi (ETA). Il 12 dicembre 1970, nella manifestazione per piazza Fontana, fu ucciso dalla polizia lo studente lavoratore Saverio Saltarelli. Il 12 dicembre 1971 ci furono invece le botte in piazza Fontana tra MS e AO, con parte dei manifestanti che ai lati deplorava che dovesse finire così; ormai c’erano gruppi contrapposti, litigavano per il posto nei cortei, organizzavano propri servizi d’ordine. Il 23 gennaio 1973 davanti alla Università Bocconi fu ucciso dalla polizia lo studente del MS Roberto Franceschi; nella grande manifestazione che seguì, con la polizia schierata di spalle ‘per evitare provocazioni’, il grido iniziale “polizia assassina” diventò “borghesia assassina”: dall’esecutore al mandante. L’11 settembre 1973 il generale Pinochet attuò il colpo di stato in Cile, bombardando la Casa Rosada e il presidente Salvador Allende, imprigionando, torturando e uccidendo gli oppositori. Il 28 settembre il segretario del PCI Berlinguer riferendosi al Cile propose un “nuovo grande ‘compromesso storico’ tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano”, cioè il PCI e la DC. la reazione dei movimenti fu assai critica, si gridava nei cortei “compagno (o “Enrico) Berlinguer, ci dicono dal Cile che il compromesso storico si fa con il fucile” (oppure, arrabbiati per le defezioni del PCI da certe ricorrenze. “il PCI non è qui, lecca il culo alla DC”). La rabbia investiva l’elettoralismo, si propagandava l’astensione ma talvolta si indicava di votare PCI. Il 25 aprile 1974 suscitò entusiasmo la pacifica “rivoluzione dei garofani” in Portogallo, e anche l’ “estate calda” del 1975 (golpe sventato, riforma agraria, manifestazioni, occupazioni), poi si tornò all’ “ordine”. Molti giovani, in particolare dei servizi d’ordine, davano la caccia ai fascisti nelle scuole e nei quartieri (“fascisti, carogne, tornate nelle fogne” o peggio “Hazet 36, fascista dove sei”). A Milano il 16 aprile 1975 un fascista sparò allo studente Claudio Varalli, del MS, nella grande manifestazione del giorno dopo un blindato della polizia travolse Giannino Zibecchi, del Coordinamento comitati antifascisti. Poteva capitare, a quei tempi, che chi avevi conosciuto studente fosse arrestato nel 1975 e confessasse di aver ucciso per sbaglio (troppo cloroformio) un amico figlio di industriali (Carlo Saronio) per un sequestro politico. Poteva capitare che un’assemblea in Statale fosse interrotta perché si era trovato un volantino delle Brigate Rosse. Poteva capitare che un compagno, solo perché aveva frequentato Sociologia a Trento, ospitasse qualcuno nella casa occupata per autogestione sociale e si ritrovasse a dover far sparire una pistola al più presto. Il movimento si spense, nel 1976 i gruppi si sciolsero (LC) o divennero cartello elettorale (Democrazia Proletaria, l’1,5% dei voti), la guerra in Cambogia e nel Vietnam era finita con la liberazione di Phnom Penh e Saigon. L’Autonomia Operaia fu un’altra fase, non c’era più lo spirito internazionalista né la volontà di legarsi alla classe lavoratrice, c’era l’esproprio proletario e la pistola nelle manifestazioni. Cosa è rimasto del 1968? Poco se si guarda ai brandelli di partiti e ai sindacati di base, cui si ricorre solo per le lotte più difficili. C’è Medicina Democratica, che tuttora si batte per la sanità per tutti, la tutela della salute nei luoghi di lavoro e nell’ambiente; c’è Magistratura Democratica che ormai è una corrente dei giudici. I leader del ’68 e oltre sono diventati personaggi di un certo rilievo, certo più abili dei burocratini emarginati dal ’68 perché l’hanno conosciuto e cercano di ridicolizzarlo (il terzomondismo bollato come pietismo, l’anticapitalismo come superato). Tra i militanti di base, invece, ci fu anche la disperazione dell’eroina. Ci fu un certo impegno nella scuola, nei docenti e nei testi, che ormai è finito. C’è stato un cambiamento nei rapporti di coppia e nella famiglia (dove la pedagogia antiautoritaria ha prodotto anche permissivismo). C’è stato soprattutto un fiorire di movimenti nella società, con corsi e ricorsi: il femminismo (che aveva eroso LC dal di dentro); l’antimilitarismo e il pacifismo; il movimento antinucleare e l’ecologismo, la tutela dei beni comuni. In sostanza, il ’68 e oltre pose dei problemi che abbiamo ancora davanti a noi. |
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