La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1809

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XXI N°1

settembre 2018

PAGINA 4         - 20

Segue da Pag.19: Raúl Castro: La storia ha dimostrato che «Sì si è potuto, che sì si può e che sempre si potrà»

In 15 anni sono usciti dalla povertà 60 milioni di persone e più di 3 milioni dall’analfabetismo, sradicato in Venezuela, Bolivia e Nicaragua. Si sono laureati circa 20.000 medici latinoamericani e caraibici nella Scuola Latinoamericana di Medicina. Hanno recuperato la vista 2 milioni 992 838 pazienti stranieri con l’Operazione Miracolo oltre a un milione di cubani. Con il generoso contributo venezuelano nacque Petrocaribe.
I nuovi governi progressisti avevano rotto decenni di sovranità limitata e di subordinazione al potere imperiale ed avevano creato le condizioni propizie per avanzare nell’integrazione regionale, con la costituzione di organizzazioni senza l’egida degli Stati Uniti, come la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac) e l’Unione delle Nazioni del Sud (Unasur), a cui hanno aderito governi di tendenza politica differente, con il principio della “unità nella diversità” e si riattivò il Mercosur.
Lo sviluppo della Comunità dei Caraibi (Caricom), la partecipazione di tutti i suoi Stati, membri della Celac e dell’Associazione degli Stati dei Caraibi (AEC), così come alcuni nell’ALBA, avevano contribuito alla crescita di questa unità regionale.
I capi di Stato e di governo dell’America Latina e dei Caraibi avevano firmato a L’Avana nel gennaio del 2014, il Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, che li aveva impegnati a rispettare pienamente il diritto inalienabile di ogni Stato d’eleggere il suo sistema politico, economico, sociale e culturale;, non intervenire nei temi interni di qualsiasi Stato e osservare i principi di sovranità nazionale, uguaglianza di diritti e libera determinazione dei popoli, così come la soluzione pacifica di differenze, e nello stesso tempo prescriveva la minaccia e l’uso della forza.
Questa congiuntura non era gradita ai circoli del potere di Washington che hanno messo in pratica i metodi di guerra non convenzionale per impedire la continuità e ostacolare il ritorno di governi progressisti, orchestrando colpi di Stato, prima uno militare, per far cadere il presidente Zelaya in Honduras, e poi parlamentare-giudiziari contro Lugo in Paraguay e Dilma Rousseff in Brasile. Hanno spiegato il controllo del monopolio dei mezzi della stampa, con l’interesse di promuovere processi giudiziari manipolati e politicamente motivati, così come campagne di tergiversazione per togliere prestigio a figure e organizzazioni di sinistra.
La destra è riuscita a recuperare in alcuni paesi il potere politico mediante vittorie elettorali, alcune fraudolente e altre con la copertura di manipolazioni politiche e tecnologiche, falsificazioni di dati economici e campagne d’intimidazione con l’appoggio dei media di comunicazione egemonici.
Come si poteva immaginare non hanno esitato a smontare la politica sociale d’ampio beneficio popolare, usando il potere giudiziario con il pretesto dello scontro alla corruzione, per la criminalizzazione delle forze di sinistra e la reclusione di leaders progressisti.
Il governo degli Stati Uniti ha dichiarato pochi mesi fa e senza il minimo pudore la totale vigenza eldla Dottrina Monroe, che si riassume nella frase «L’America per gli americani» —naturalmente, quelli del nord —, che riserva alle nazioni latinoamericane e caraibiche uno status di dipendenza e sottomissione ahli interessi imperiali. Lo dimostrano le sue azioni aggressive e d’interventismo, lo spiegamento delle forze militari e la riserca instancabile di nuove basi nella regione.
Uno dei propositi di Washington è annullare i passi avanti conquistati nell’integrazione e l’esercizio della sovranità sulle risorse naturali, per imporre la sua agenda razzista, super macista, contro i popoli, con un’offensiva neoliberista indirizzata a distruggere un decennio di sviluppo e ad ampliare le differenze in questa regione che presenta la maggior disuguaglianza del pianeta.
Gli Stati Uniti con la complicità di alcuni governi, hanno tentato di rinvigorire la OSA trasformandola nello scenario dell’aggressione al Venezuela.
Quando, grazie all’atteggiamento degno di un numeroso gruppo di nazioni, non sono riusciti nei loro propositi, hanno formato gruppi ufficiosi di paesi per ottenere misure coercitive unilaterali e altre azioni d’interventismo e corrodere l’unità regionale, frenare la Celac e paralizzare Unasur.
Questi fatti dimostrano di nuovo che il cammino è non dimenticare mai l’unità dei rivoluzionari e mantenere sempre la lotta, tenendo presente che gli avversari non tralasciano mai l’impegno del ritorno dei modelli di esclusione e sfruttamento, e che quando i presunti valori e le regole della sacrosanta democrazia rappresentativa non servono loro per giungere al potere, non esitano ad utilizzare i colpi di Stato, la violenza e anche la guerra.
Il XXIV Incontro del Forum di Sao Paulo recentemente concluso a L’Avana, con la partecipazione di rappresentazioni di tutti i continenti è stato uno spazio imprescindibile di unità politica di fronte alla necessità di ricondurre le lotte delle forze politiche di sinistra e dei movimenti sociali.
La sua Dichiarazione Finale «Nuestra América è in lotta» è un vero programma unitario d’azione di fronte ai pericoli per la pace, le minacce e le opportunità per le forze politiche della sinistra e dei movimenti popolari e sociali nella regione.
Approfitto dell’occasione per reiterare la nostra solidarietà con la Rivoluzione bolivariana e chavista, guidata dal presidente Nicolás Maduro Moros.
Al Nicaragua, al Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale e al presidente Daniel Ortega a cui esprimiamo l’invariabile solidarietà del nostro popolo, Partito e governo.
Reclamiamo la libertà del compagno Lula da Silva e il suo diritto d’essere candidato presidenziale del Partito dei Lavoratori (Applauso), come esigono costantemente migliaia di brasiliani e numerose organizzazioni del mondo.
Se domani si effettuassero le elezioni in Brasile, no c’è dubbio che Lula le vincerebbe alla prima tornata (Applausi). Per questo è detenuto.
Felicitiamo il fraterno popolo messicano e il presidente eletto Andrés Manuel López Obrador per questo risultato storico.
A continuazione mi riferirò alle relazioni con gli Stati Uniti, paese con il quale si mantengono vincoli diplomatici formali, che contano con canali ufficiali di comunicazione, vari accordi bilaterali e una cooperazione mutuamente benefica in un gruppo limitato di aree.
Pochi giorni dopo l’annuncio del ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra i due paesi, il 17 dicemebre del 2014, avevamo segnalato dal nostro Parlamento che tra i governi di Cuba e degli USA esistevano profonde differenze in quanto all’ esercizio della sovranità nazionale, i concetti di democrazia, il modello politico e le relazioni internazionali. Ciò nonostante avevamo reiterato la disposizione al dialogo rispettoso e reciproco sulle discrepanze, avvertendo che non si doveva però pretendere che Cuba rinunciasse alle idee per le quali aveva lattato più di un secolo, per poter migliorare le relazioni con gli Stati Uniti.
Dall’agosto dell’anno scorso, con il pretesto di problemi di salute ai loro diplomatici, che alcuni chiamano attacchi sonici, ossia rumori che danneggiano i diplomatici – adesso accusano anche la Cina per lo stesso motivo - la cui origine non è stata spiegata nè provata da nessuno, anche se periodicamente li ripetono, sono stati degradati i vincoli bilaterali e sono stati espulsi ingiustamente 17 funzionari dalla nostra ambasciata a Washington.
È stata ritirata la maggioranza del personale della sede diplomatica a L’Avana con la conseguente paralisi di buona parte delle documentazioni dei visti, ostacolando i viaggi negli Stati Uniti dei cittadini cubani.
Ugualmente è stata indurita l’applicazione extraterritoriale del blocco nordamericano, in particolare la persecuzione delle nostre transazioni finanziarie.
L’occasione è propizia per ricordare il contenuto di un Memorandum di un vice segretario assistente di Stato per i Temi Interamericani — quello che è qui un vice ministro delle relazioni estere che segue le questioni della regione latino americana - di nome Lester Mallory, del 6 aprile del 1960, 58 anni fa, ma è un fatto che i cubani non dobbiamo mai dimenticare e per questo voglio ricordare testualmente alcuni paragrafi o frasi: «La maggioranza dei cubani appoggia Castro (…) Non esiste un’opposizione política effettiva (…) L’unico modo effettivo per far perderé l’appoggio interno ( al governo9 è provocare la delusione e la sfiducia mediante l’insoddisfazione economica e la penuria (…).
Si devono mettere in pratica rapidamente tutti i mezzi possibili per debilitare la vita economica (…) negando a Cuba denaro e rifornimenti con il fine di ridurre i salari nominali e reali, con l’obiettivo di provocare fame, disperazione e il crollo del governo». Erano di più le raccomandazioni che faceva al suo governo centrale.
Io non ho mai letto nulla di più cinico di queste parole. Questo fu il 6 aprile del 1960, ossia un anno e nove giorni prima del bombardamento del 15 aprile del 1961, preludio dell’invasione di Playa Girón.
Così iniziò nel 1959 lo stesso anno del trionfo, il lungo camino delle aggressioni al nostro paese, che oggi continuano rinnovate.
Nello stesso tempo le dichiarazioni pubbliche dei principali funzionari del Governo degli Stati Uniti in questo momento, rispetto a Cuba, si caratterizzano per la mancanza di rispetto, l’aggressività, l’ingerenza e la volgare manipolazione della verità storica. Decine di milioni di dollari sono destinati ogni anno, approvati nei loro bilanci, per promuovere la sovversione nell’impegno di provocare cambi politici contrari all’ordine costituzionale del nostro paese.
Nel mese di giugno scorso, un funzionario diplomatico n0rdamericano, intervenendo in una riunione dell’Organizzazione degli Stati Americani, la discreditata OSA, ha detto: «I paesi dell’America devono accettare che Cuba è la madre di tutti i mali, in termini d’indebolimento della democrazia nel continente e dei diritti umani». Pochi giorni fa questo personaggio ha ripetuto la stessa messa a fuoco d’aggressività verso il nostro paese.
Questo atteggiamento ci ricorda anche la fallita “Commissione per Assistere una Cuba Libera”, creata dall’allora presidente George W. Bush che, eccitato dal’apparente vittoria nella seconda guerra con l’Iraq, designò un responsabile nordamericano che avrebbe dovuto amministrare Cuba, dopo la sua occupazione, così com’era la pratica dei bei tempi delle cannoniere yanquee in America Latina.
Non è per niente casuale che nel progetto della nostra Costituzione si riaffermi che la difesa della Patria socialista è il più grande onore e dovere supremo di ogni cubano e s’incorpori che la dottrina della guerra di tutto il popolo si sostenta con il concetto strategico della difesa della nazione.
Noi cubani siamo un popolo pacifico e amichevole, non ammazziamo nessuno; molte volte abbiamo detto che per noi evitare una guerra equivale a vincerla, ma per questo fine si devono spremere fiumi di sudore preparandosi per combattere sino alla vittoria se qualcuno tenterà d’appropriarsi di Cuba.
Nuovamente si è formato uno scenario avverso e un’altra volta risorge l’euforia nei nostri nemici con la loro fretta di rendere realtà i sogni di distruggere l’esempio di Cuba.
Non sarà la prima volta e nemmeno l’ultima che la Rivoluzione cubana dovrà affrontare sfide e minacce. Abbiamo corso tutti i rischi e resistito invitti per 60 anni. (Applausi).
Per noi come per Venezuela e Nicaragua, è ben chiaro che si stringe il cerchio e il nostro popolo deve stare all’erta e preparato per rispondere ad ogni sfida con unità, fermezza, ottimismo e l’assoluta fede nella vittoria.
Dallo stesso 26 di Luglio del 1953, i rivoluzionari cubani ci siamo forgiati in un battagliare continuato e siamo arrivati sino a qui sottoposti a rovesci e vincendo aggressioni di ogni tipo.
Come non ricordare quei giovani che in un giorno come oggi furono selvaggiamente torturati e assassinato dopo il fallimento dell’azione di prendere il cielo per assalto, per non lasciare morire l’Apostolo nell’anno del suo centenario.
In questo stesso luogo, 45 anni fa Fidel disse: «La Moncada ci ha insegnato a trasformare i rovesci in vittorie. Non fu la sola prova amara di un’avversità, ma già niente più riuscì a contenere la lotta vittoriosa del nostro popolo. Le trincee di idee sono state più poderose di quelle di pietra. La Moncada ci ha mostrato il valore di una dottrina, la forza delle idee e ci ha lasciato la lezione permanente della perseveranza e dell’impegno nei giusti propositi».
Il Comandante in Capo aveva aggiunto: «I nostri morti eroici non sono morti invano. Loro hanno segnalato il dovere di andare avanti, loro hanno acceso nelle anime un respiro inestinguibile, loro ci hanno accompagnato nelle carceri e nell’ esilio, loro hanno combattuto assieme a noi nella guerra. Li vedremo rinascere nelle nuove generazioni…». (Applausi)
Nello stesso 1950, pochi mesi dopo il trionfo della Rivoluzione del Primo Gennaio, dovemmo affrontare le bande armate organizzate e finanziate dalla CIA, i sabotaggi, centinaia di piani di attentati contro i dirigenti e soprattutto contro il Capo della Rivoluzione; il blocco economico, commerciale e finanziario, le campagne mediatiche, l’invasione di Playa Girón, la Crisi d’Ottobre o dei missili, l’introduzione di plaghe e malattie, le molteplici azioni di terrorismo organizzate e finanziate dal governo degli Stati Uniti con un saldo di migliaia di vittime e di figli della Patria mutilati o resi invalidi.
Nel decennio degli anni ’90 del secolo scorso, dopo il crollo dell’Unione Sovietica e del Campo socialista, di fronte alle aggressioni implacabili e le opportunità dell’imperialismo entusiasmato dal desiderio del collasso della Rivoluzione, noi cubani, nel mezzo di enormi carenze materiali, abbiamo messo a prova la nostra infinta capacità di resistenza e la volontà di difendere la sovranità, l’indipendenza e il Socialismo.
Quello fu possibile grazie all’ineguagliabile popolo su cui contiamo e all’unità forgiata da Fidel fin dai primi anni di lotta.
Oggi, a 65 anni dalla Moncada, con l’indipendenza già conquistata e la presenza permanente di Fidel tra di noi, possiamo affermare che per quanto difficili possano essere le circostanze, per quando grandi siano le sfide, il nostro popolo difenderà per sempre la sua Rivoluzione socialista.
La storai ha dimostrato che sì si è potuto, sì si può e sempre si potrà! (Applausi)
Sono già passati 65 anni dalla Moncada e la gran maggioranza della popolazione è nata dopo quegli avvenimenti di cui stiamo parlando. Come si sa, la Rivoluzione trionfò in quell’anno cinque mesi e cineue giorni dopo la Moncada, per cui mancano cinque mesi e cinque giorni per celebrare il 60º anniversario del trionfo della nostra Rivoluzione (Applausi), e per celebrare o commemorare questa data così importante. Quel giorno ritorneremo e c’incontreremo di nuovo qui a Santiago (Applausi).
Molte grazie!
Guardate che bella aurora, con le montagne della Sierra Maestra che ci osservano, un’alba che continua qui al fronte, segue verso nordest sino alla Gran Pietra e termina ai limiti della provincia di Guantánamo. E come dichiarano i geografi, Santiago di Cuba è una città totalmente montagnosa, circondata dalla Sierra Maestra, e questo è un orgoglio del quale non parliamo mai. Arrivederci! (Ovazione).

Versione stenografica del Consiglio di Stato /Traduzione Gioia Minuti.


  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1809

 La VOCE  COREA  CUBA  JUGOSLAVIA  PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.