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La VOCE ANNO XX N°1

settembre 2017

PAGINA C        - 35


Questioni della Scienza
a cura di A. Martocchia

La “questione ecologica”: un’analisi a partire dal rapporto uomo-natura nel pensiero di Lenin

Vito Francesco Polcaro

Tratto da “Marxismo Oggi”, 2011, n. 1-2.


Già nel pensiero di Marx ed Engels l’uomo è visto come parte integrante della natura e Marx nella Critica al programma di Gotha afferma esplicitamente che la natura è la vera sorgente di ogni ricchezza. Non mancano numerosi altri passaggi delle opere di Marx nei quali questi concetti sono indicati con uguale chiarezza, tanto da portare alcuni studiosi (ad es. Barletta, 1975; Bagarolo, 1989; Bagarolo, 1993) a ritenere Marx il vero fondatore della moderna visione ecologica, avendo indicato nello sfruttamento capitalistico un rischio per la natura, oltre che per l’uomo.

Molti di questi autori però non vanno oltre Marx, come Barletta (1975) il quale sottovaluta le analisi su questo problema di Engels e soprattutto di Lenin, che accusa esplicitamente di avere sottovalutato la contraddizione tra uomo e natura a causa della sua visione del mondo positivista. Altri, come Bagarolo (1993) e Weiner (1988), assumono una discontinuità tra l’azione in difesa della natura intrapresa da Lenin (che è un fatto storicamente innegabile) e la successiva politica ecologica in URSS.
Prima di passare ad esporre quella che fu l’azione politica dello Stato sovietico per tentare di tradurre in pratica il pensiero di Marx anche in campo ecologico, conviene però analizzare il rapporto uomo-natura nel pensiero di Lenin.
Egli si sofferma in modo esplicito su questo punto in almeno due passaggi dei suoi Quaderni filosofici. È questa un’opera estremamente rivelatrice della visione del mondo di Lenin che però è immeritatamente poco approfondita, forse perché di lettura non semplice. Si tratta infatti di riassunti di opere di Marx, Hegel, Aristotele ed altri filosofi inframmezzati da brani dei testi originali (in tedesco, inglese, francese, latino e greco!) e da brevi commenti non pensati per la pubblicazione ma per proprio uso personale.
Ritornando al punto che ora ci interessa, Lenin, commentando un passo di Hegel sullo “scopo soggettivo”, afferma, a proposito della dialettica materialistica:

Le leggi del mondo esterno [...] sono il fondamento dell’attività finalistica umana. Nella sua attività pratica l’ uomo ha dinnanzi a sé il mondo oggettivo, dipende da esso, determina per suo tramite la propria attività.
[...]
Due forme del processo oggettivo. La natura meccanica e chimica e l’ attività umana ponentesi un fine. Correlazione di queste due forme. I fini dell’uomo sembrano dapprima estranei (“altri”) rispetto alla natura. La conoscenza dell’uomo, la scienza (“der Begriff”), rispecchia l’ essenza, la sostanza della natura, ma è al tempo stesso un che di esteriore alla natura (non coincide con essa implicitamente, semplicemente).
La tecnica meccanica e chimica serve ai fini dell’uomo appunto perché il suo carattere (essenza) consiste nella sua determinazione da parte delle condizioni esterne (leggi della natura).

Da queste ed altre considerazioni, Lenin più avanti conclude (e sottolinea nel manoscritto con grande evidenza):

In realtà, i fini dell’uomo sono generati dal mondo oggettivo e lo presuppongono, lo trovano come dato, come presente. Ma all’uomo sembra che i suoi fini siano fuori dal mondo e da esso indipendenti.
[...]
Mediante i suoi strumenti, l’uomo domina la natura esterna, mentre per i suoi scopi le rimane invece subordinato.


Pare quindi evidente che Lenin ha ben compreso la lezione sul rapporto tra uomo e natura di Marx e chi afferma che a questo riguardo nel leninismo vi siano influssi positivisti o non ha letto i positivisti o (e questo è più probabile) non ha letto Lenin.
A determinare l’azione di Lenin per la difesa della natura contribuì anche il fatto che già dalla fine del secolo XIX esisteva in Russia una attiva scuola di ecologia forestale e che alcuni di questi scienziati erano persone socialmente sensibili, che si schierarono più o meno attivamente in favore della Rivoluzione (Bagarolo, 1993).
Non è quindi affatto sorprendente che oltre 100 atti giuridici in difesa della natura, emanati dal Partito o dal Governo sovietico tra il 1917 ed il 1924, rechino la firma di Lenin. Nel Museo di Lenin a Mosca e nel Museo della Rivoluzione a Leningrado erano conservate le bozze di molti di questi atti, che dimostrano chiaramente come Lenin fosse intervenuto spesso direttamente nella loro stesura e come in tutti i casi li avesse esaminati con cura.
Il primo e più importante decreto a questo riguardo è certamente quello detto Sulla terra (1917), il quale, già nei primi giorni della Rivoluzione, mette nelle mani dello Stato tutte le risorse naturali, sottraendole così allo sfruttamento dei privati e ponendo le condizioni per una loro gestione razionale.
Nel 1918 viene riconosciuta l’autonomia dell’Accademia delle Scienze dal Governo sovietico e tra i compiti che vengono affidati all’ Accademia vi è anche quello di predisporre norme per la tutela delle risorse naturali. Sempre del 1918 è il decreto Sulle foreste del Comitato esecutivo centrale di tutte le Russie (VTSIK), il massimo organo legislativo, amministrativo e di controllo tra il 1917 e il 1937.
Nel 1919 Lenin, su richiesta di un agronomo bolscevico di Astrakan (N. Podiapolskij), che era stato indirizzato direttamente a lui dal Commissario all’Istruzione Lunačarskij, istituisce la prima area naturale protetta dello Stato sovietico, quella del Delta del Volga, alla quale se ne aggiungono poi continuamente altre. Nello stesso anno viene istituita una commissione provvisoria per la conservazione della natura e nel 1920 il Governo sovietico (“Consiglio dei commissari del popolo”) emana una legge per la regolamentazione della gestione delle risorse minerali che tiene conto del rispetto della natura.
Del 16 settembre 1921 è la legge Sulla protezione dei monumenti della natura, dei giardini e dei parchi che comportava, tra l’altro, il fatto che la conservazione della natura venisse affidata al Commissario del popolo all’Istruzione e non a quello per i Lavori pubblici o per l’Industria.
L’ultima (e più completa) legge in tutela della natura che viene emanata per diretto interessamento di Lenin è quella Sulla registrazione e la conservazione dei monumenti dell’arte, della storia e della natura, del 1924, nella quale viene addirittura garantita la protezione di monumenti artistici ed aree naturali che si trovano in territori che non erano, all’epoca dell’entrata in vigore della legge, ancora stati liberati dall’Armata Rossa (ad es. l’Oasi di Bukhara e la città di Samarcanda). Queste aree protette dovevano venire garantite anche in caso di operazioni belliche.
La strada segnata da Lenin era dunque chiarissima ed effettivamente, anche dopo la morte di Lenin, furono costantemente emanate disposizioni in tutela della natura, fino agli ultimi anni dell’URSS (Arbatov et al., 1989). Il numero e l’estensione delle riserve naturali, sia completamente protette che “speciali” (destinate cioè alla protezione di alcune particolari specie animali o vegetali) si sono sempre mantenute superiori a quelle di qualsiasi altro paese europeo ed asiatico sia in assoluto che in percentuale. L’attenzione dell’opinione pubblica sovietica nei riguardi della natura e della sua difesa è sempre stata altissima e gli episodi di danneggiamento di riserve naturali piuttosto rari e severamente puniti.
È quindi completamente priva di fondamento l’affermazione di Bagarolo (1993) secondo la quale il degrado ecologico dell’URSS sarebbe da attribuirsi ad una scarsa attenzione al problema da parte dei dirigenti comunisti che si sono susseguiti alla guida del Partito dopo la morte di Lenin. A riprova di questa affermazione, basta riportare gli articoli della Costituzione sovietica del 1977 che riguardano la tutela della natura:

La terra, i suoi minerali, acque e foreste sono esclusiva proprietà dello Stato (dall’Art. 11).
Le fattorie collettive, come gli altri utenti della terra, sono obbligati a farne un uso efficiente e saggio (dall’Art. 12).
Nell’interesse delle presenti e future generazioni, l’URSS intraprende i passi necessari a proteggere e fare un uso scientifico e razionale della terra, delle sue risorse minerali, vegetali ed animali, a preservare la purezza dell’aria e dell’acqua, ad assicurare la riproduzione della vita naturale e a migliorare l’ambiente umano (Art. 18).
I cittadini dell’URSS hanno diritto alla protezione della salute. Questo diritto è assicurato [...] da misure per migliorare l’ambiente (dall’Art. 42).
I cittadini dell’URSS sono obbligati a proteggere la natura e conservare le sue ricchezze (Art. 67).
La giurisdizione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche come rappresentata dai suoi massimi organismi di autorità statale ed amministrativi riguarda [...] la determinazione delle linee principali di progresso scientifico e tecnologico e le misure generali per lo sfruttamento razionale e la conservazione delle risorse naturali (dall’Art. 73).
Nell’ambito del loro potere, i Soviet dei Deputati del Popolo locali assicureranno il generale sviluppo economico e sociale della loro area; eserciteranno il controllo dell’osservanza delle leggi da parte delle imprese, istituzioni ed organizzazioni subordinate localizzate in quell’area; coordineranno e supervisioneranno la loro attività riguardo all’uso della terra, alla conservazione della natura, edificazione, impiego di manodopera, produzione e consumo di beni servizi sociali, culturali, comuni ed altre attività di pubblica utilità (Art. 147).


Queste norme costituzionali (che, ricordiamo, sono del 1977, quando in Occidente un movimento politico in favore dell’ambiente appena cominciava ad assumere dimensioni non trascurabili) erano poi concretizzate in precise norme giuridiche a diversi livelli. Il rispetto delle leggi costituzionali, generali e locali a tutela della natura era garantito da pene notevolmente severe (fino a anni di carcere o di “lavoro correttivo coercitivo senza perdita
..segue ./.

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