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La VOCE ANNO XX N°1

settembre 2017

PAGINA 8

Da “delinquente naturale” ad alleato abituale del Pd: ricordate chi è Berlusconi?


Il Caimano torna sulla scena come interlocutore dell’ex rottamatore per fare la legge elettorale e da argine al “populismo”. Ma il suo passato è tutto una macchia.

di Gianni Barbacetto, da il Fatto quotidiano, 25 maggio 2017

Silvio torna. Sì, Berlusconi si prepara a essere di nuovo al centro della vita politica italiana. Come leader del suo schieramento, che non ha trovato un “federatore”. Ma anche come interlocutore privilegiato, anzi unico, del centrosinistra di Matteo Renzi, per fare la legge elettorale. Intendiamoci: nel centrosinistra per vent’anni hanno ripetuto che non bisognava demonizzarlo. Ma allora almeno qualcuno c’era a ricordare ogni giorno i conflitti d’interessi, le amicizie pericolose, le indagini penali. Del resto, occupava la scena politica e parlare con lui, se non trattare con lui, poteva apparire scelta obbligata. Oggi invece il sistema politico di cui Berlusconi era diventato il perno è saltato, la scena è cambiata, le sue forze si sono ridotte, le sue schiere sfrangiate, il bipolarismo non c’è più. Eppure c’è chi cerca un nuovo patto del Nazareno. Il leone è invecchiato, ha incassato sonore sconfitte, si è indebolito politicamente, è stato sostituito da nuovi narcisismi a Palazzo Chigi. Ma tutto questo sembra valergli una sanatoria generale, una amnistia della memoria. Il Caimano è dimenticato, oggi Silvio è un partner strategico con cui Renzi può fare argine al male assoluto: il “populismo”. Forse vale però la pena di fare un esercizio di memoria e di ricordare chi è Silvio Berlusconi, il politico unfit all’estero, pregiudicato in Italia.

La sentenza che lo butta fuori dalla scena politica (per ora) è del 1 agosto 2013: la Corte di cassazione conferma 4 anni di pena per frode fiscale. Perché ritiene provato al di là di ogni ragionevole dubbio che Berlusconi, quando già era in politica e formalmente non più alla guida delle sue società, abbia nascosto cifre imponenti al fisco italiano e agli altri azionisti di Mediaset. La condanna riguarda “solo” 7,3 milioni di euro, occultati negli anni 2002 e 2003. Altri 6,6 milioni (del 2001) sono stati cancellati dalla prescrizione. Ma in totale, scrivono i giudici, “le maggiorazioni di costo realizzate negli anni” sono di ben “368 milioni di dollari”. Nella sentenza di primo grado, i giudici scrivono che l’imputato ha una “una naturale capacità a delinquere”. Può essere richiamato in scena, come alleato politico, un personaggio che ha nascosto al fisco 368 milioni di dollari?

Ma è lunga la storia imprenditoriale e politica di Berlusconi, che spesso coincide con la sua storia giudiziaria: 35 procedimenti penali, sette prescrizioni, una amnistia, due proscioglimenti per leggi modificate su misura in corso d’opera, quattro processi ancora in corso. Tra questi, il Ruby 3, per aver pagato testimoni affinché mentissero al processo Ruby 1 (per concussione e prostituzione minorile, nel quale è stato assolto anche grazie al cambiamento della legge sulla concussione).

Certo è stata ormai dimenticata la sentenza che condanna il suo vecchio avvocato, Cesare Previti, per aver comprato la sentenza che ha fatto diventare proprietà di Berlusconi la Mondadori, la più grande casa editrice italiana. Per lui è arrivata la prescrizione, grazie alle attenuanti generiche: ma che la sentenza sia stata comprata da Previti, per Berlusconi e con i soldi di Berlusconi, è provato, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Per non andare troppo indietro nel tempo, della Prima Repubblica possiamo qui ricordare solo una delle mazzette che hanno fatto la storia di Tangentopoli: ma è la mazzetta più grande pagata a un singolo uomo politico, 23 miliardi di lire a Bettino Craxi, segretario del Psi e gran protettore del Silvio Berlusconi diventato padrone unico delle tv private italiane. Il processo All Iberian si è concluso con un’ennesima prescrizione (grazie alla generosità del giudice che gli ha concesso le attenuanti generiche, dimezzando così i termini), ma il finanziamento illecito dei 23 miliardi è stato riconosciuto provato. Delicato il capitolo palermitano della irresistibile ascesa dell’imprenditore diventato politico.

È in carcere per mafia Marcello Dell’Utri, braccio destro di Berlusconi e ideatore di Forza Italia, condannato nel 2014 a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, per aver fatto da mediatore tra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra, a cui giungevano finanziamenti da Arcore. Ma già una sentenza irrevocabile del 1997 stabiliva, condannando per associazione mafiosa l’uomo d’onore Pierino Di Napoli, che certamente la Fininvest di Silvio Berlusconi versava ogni anno 200 milioni di lire a Cosa Nostra per la “protezione delle antenne tv in Sicilia”. I soldi passavano da Dell’Utri al suo amico Gaetano Cinà, che poi li consegnava a Pierino Di Napoli, il quale andava dal boss Raffaele Ganci con un sacchetto di plastica e gli diceva: “Raffaele, questi i soldi delle antenne”. Poi – dice la sentenza – Ganci si presentava da Totò Riina e gli consegnava il pacchetto: “Zu’ Totuccio, vedi che Pierino ha portato i soldi delle antenne”. (Particolare temporale: i versamenti sono continuati anche dopo il 1992, anno della strage in cui è morto Giovanni Falcone, di cui ora Berlusconi si dice tifoso. Tanto tifoso da continuare a versare 200 milioni ai suoi assassini).

Una volta arrivato ai cieli della politica, Silvio ha anche comprato un paio di senatori, nel 2008, per far cadere Romano Prodi e tornare al governo. Una lunga carriera, quella di Silvio, ieri “delinquente naturale”, oggi naturale alleato. Matteo Renzi intanto se la cava con una battuta: “Andrei a cena con Berlusconi, Salvini e D’Alema? Certo avrei delle cose da chiedere a tutti e tre, a Berlusconi del Patto del Nazareno… Ma sono a dieta”.

(25 maggio 2017)

attentato in Italia

Annuncio con soddisfazione che, seguendo le istruzioni di Jure, sono riuscito a disfarmi e a disfarci del Comitato impropriamente detto “Palombo”.

A proposito dell’annuncio post-Barcellona di un imminente attentato in Italia, ce ne sono stati altri che minacciavano sfracelli in Vaticano, al Colosseo, la conquista di Roma. Ma stavolta potrebbe essere diverso. Intanto l’’a notizia proviene da fonte autorevole e credibile: il sito SITE di Rita Katz, portavoce e diffusore da anni del jihadismo più efferato, in particolare dell’ISIS, con il quale la collaborazione nella promozione di quel panico che si sa funzionale alle aggressioni belliche e all’instaurazione di regimi di polizia è stretta e, come provano i risultati, efficacissima. Senza l’istantanea diffusione a dimensione mondiale dei più raccapriccianti video e comunicati prodotti con la nota perizia professionale dagli studios del mercenariato imperialista, di cui siamo debitori a Rita Katz, gran parte del messaggio terrorizzante e intimidatorio assegnato ai protagonisti della guerra al e del terrore sarebbe andata persa. Come non deve stupire, data l’intesa strategica sugli obiettivi, l’amalgama Israele-jihadisti, evidenziato nel concorso israeliano alle operazioni sul campo dell’Isis e di Al Nusra e nel recupero israeliano di combattenti jihadisti curati negli ospedali allestiti sul Golan, così non può sorprendere che Rita Katz, israeliana ex-ufficiale di Tsahal e da allora e sempre agente dei servizi israeliani, abbia costruito il meccanismo per il quale ogni azione e ogni parola del terrorismo jihadista entri nel conscio e nel subconscio delle popolazioni di mondi da condizionare. I grandi vecchi della guerra al/del terrorismo, la testa della piovra gigante, hanno in SITE lo strumento indispensabile perchè di ogni iniziativa jihadista non sia perso l’effetto propagandistico. Piovra che alla periferia, per la penetrazione anche in nicchie potenzialmente refrattarie, si avvale dei formidabili tentacoli della grande informazione internazionale, a partire dal New York Times e scendendo per li rami dei tentacoli di seppioline mediatiche come gli organi ripetitori italiani, non escluso l’apporto di meduse tossiche dai peletti urticanti come “il manifesto”.

Ci si dovrebbe porre una domanda facile facile, ma che nessuno si pone perchè sarebbe un po’ come utilizzare un piede di porco contro la cristalliera: come mai a nessuno è mai venuto in mente di indagare per quali vie un video Isis, tipo che mostra un gruppo di esseri umani chiusi in gabbia, incendiati e poi affogati, sia riprodotto istantaneamente nel canale di Rita Katz. Domanda alla quale potrebbe appaiarsi l’altra, circa una totale apatia, se non accidia, del dotatissimo apparato investigativo, di sorveglianza, di controllo, sviluppato in occidente con le nuove tecnologie rispetto a qualche indagine su natura e dislocazione degli avanzatissimi studi e macchinari dai quali escono le perfette produzioni audiovisive dei jihadisti. E siccome le domande, volendo, sono come le ciliege, si potrebbe considerare che l’assenza di queste domande, epocali quanto ne sarebbe la risposta, equivale a quella che per anni, fino all’arrivo dei bombardieri russi, non si è posto l’interrogativo di cosa fossero, da dove venissero, dove andassero (a Haifa) , cosa contenessero, quali profittigenerassero e per chi, le colonne di cisterne che viaggiavano alla luce del sole tra pozzi petroliferi di Iraq e Siria sotto occupazione Usa-Isis-curdi, la Turchia, il mare e la costa israeliana?

Ma lasciamo il fumo e torniamo all’arrosto. Perchè a questa nuova, diretta minaccia post-Barcellona di Rita Katz/Isis andrebbe dato più rilievo che alle passate smargiassate contro papa e Colosseo? Perchè prima non risultava esseri motivo per impartire all’Italia una qualche lezione imperiale via terroristi sedicenti islamisti. Le minacce erano fuffa, fumo che obnubilasse un po’ di cervelli perchè chiedessero “Strade sicure”, soldati agli angoli della metro e accettassero le intemerate della Boldrini per l’accoglienza senza se e senza ma e contro le fake news. Poi nell’opinione pubblica è incominciato a muoversi la sensazione che con tutti questi migranti, tutti da noi, qualcuno puntava a fregarci. La coperta buonista su certe malefatte in mare veniva lacerata da politici e magistrati. E, a coronamento dell’insubordinazione ai piani imperialista, appaltato Soros, un ministro italiano, che evidentemente non aveva imparato la lezione Moro, è uscito dallo sgabuzzino dove curano le scope della villa i nostri politici, e ha messo la mordaccjhia a un anello della filiera criminale che svuota paesi per alluvionarne altri. Insomma è spuntato qualcosa e qualcuno che minacciava di far vedere nudo il re. E Rita Katz ha tuonato.

Vogliamo allargarci, eccedere in domande impudiche anche riguardanti campi lontani, ma pur sempre connessi a quelli di cui sopra? Sappiamo, anche se il silenzio sulla cosa è di tomba (a offesa di quella in cui è rinchiuso Giulio Regeni), che tutti sanno che il giovanotto, definito ricercatore a Cambridge, ma invece, o anche, collaboratore dell’agenzia internazionale di spionaggio e affari sporchi vari “Oxford Analytica”, al Cairo andava sfrucugliando soggetti sindacali “indipendenti”, potenzialmente sovversivi, ai quali, per conto dei suoi mandanti, offriva ricchi fondi perchè presentassero e attuassero “progetti” (testuale nel video). .

Qualche timido tentativo di risalire a dove originava la missione di Regeni, consultando i suoi referenti a Cambridge, ebbe piena collaborazione quanto alle domande poste dagli investigatori italiani. Lo dichiarano quelli di Cambridge, lo negano i corifei italiani di Regeni e di Aegyptum delendum est. Sarà, non sarà. Ma la domanda da un milione e passa di verità è un’altra. Stabilito, sebbene sottaciuto, che Regeni aveva lavorato almeno per un anno e mezzo ufficialmente per Oxford Analytica, prima di spostarsi al Cairo a offrire progetti e oppositori del governo, alle dipendenze e su disposizioni di provati criminali come John Negroponte, David Young e l’ex.capo-spione britannico McColl, c’è un solo motivo al mondo che spieghi perchè coloro che si sono arrabattati da 17 mesi per Regeni e contro Al Ssi, con un accanimento degno diella neutralizzazione di Mengele, non si siano mai occupati di Oxford Analytica, non siano mai andati a sentire che cosa quel ragazzo ci facesse tra le grinfie di quei pendagli da forca che avevano insanguinato interi continenti.

Un autentico antimperialista come Manlio Dinucci, valido illustratore delle mene militari di Usa e Nato attorno al resto del mondo, che ancora si pregia di poter inserire la sua settimanale pecetta nell’angolo più remoto del “manifesto”, sarebbe titolato a porre questa domanda ai colleghi del “manifesto”. Forse a lui risponderebbero. Sempre che non siano troppo impegnati, come in questi giorni, a raddrizzare la barca delle bufale su Al Sisi, Regeni, il terrorismo, riempiendo paginate con interviste su Regeni e Al Sisi ai rinomati professori dell’Università Americana del Cairo, noto covo di intelletti antimperialisti, o ai tanti che, nel web e su giornali, sbertucciano o demoliscono il presidente di questa povera repubblica sottoposta a una dittatura che reprime ogni libertà d’espressione. Salvo quella di dire peste e corna di Al Sisi.

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