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La VOCE 1710 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XX N°2 | ottobre 2017 | PAGINA b - 30 |
LA SPORCA GUERRA CONTRO LA SIRIA. |
imperialista degli USA e della NATO, cioè dei Paesi che la compongono. I militari che manovrano sono a servizio degli interessi privati dei finanziatori dei candidati alla presidenza USA. Le bugie di Bush per scatenare la guerra contro l’Iraq sono non solo un precedente eloquente, ma un anello di una strategia ormai collaudata. Come la Libia (v. pag. 212). Beppe Pavan Per chi volesse avere un approccio diretto al testo di Tim Anderson propongo la lettura degli incipit di tutti i capitoli che lo compongono. UN “MANUALE” PER CAPIRE LE GUERRE IN ATTO IN MEDIO ORIENTEpresentato attraverso la trascrizione dei brani iniziali dei 15 capitoli Cap 1 – Introduzione: la guerra sporca contro la Siria Benché tutte le guerre facciano ampio uso di menzogne e inganni, la guerra sporca contro la Siria ha fatto affidamento su un livello di disinformazione di massa mai visto a memoria d’uomo. (...) secondo tale copione, un oftalmologo dai modi garbati di nome Bashar al Assad è divenuto il nuovo cattivo mondiale e, a giudicare dai reportage a senso unico dei media occidentali, l’esercito siriano non fa altro che uccidere civili da oltre quattro anni. Ancora oggi, molti immaginano il conflitto siriano come una “guerra civile”, una “rivolta popolare” o una sorta di scontro confessionale interno. Tali miti rappresentano, sotto molti aspetti, un cospicuo successo per le grandi potenze che hanno condotto una serie di operazioni di regime change – tutte con pretesti fasulli – nella regione mediorientale negli ultimi quindici anni. Cap 2 – La Siria e il “Nuovo Medio Oriente” di Washington Dopo le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq e la distruzione della Libia, la Siria doveva essere il prossimo Stato a venire rovesciato. Washington e i suoi alleati regionali progettavano l’operazione da tempo. Dopo il regime change a Damasco gli alleati della Siria, gli Hezbollah, leader della resistenza libanese contro Israele, sarebbero rimasti isolati. La Repubblica Islamica dell’Iran sarebbe rimasto l’unico Paese mediorientale privo di basi militari USA. Dopo l’Iran, Washington avrebbe facilmente controllato l’intera regione, escludendone i possibili rivali come la Russia e la Cina. La Palestina sarebbe stata definitivamente perduta. (...) L’esercito nazionale siriano ha resistito a un’ondata dopo l’altra di fanatici attacchi islamisti, sostenuti dalla NATO e dalle monarchie del Golfo, e l’appoggio russo e iraniano è rimasto saldo. Ciò che più conta, la Siria ha costruito nuove forme di cooperazione con un Iraq debole ma emergente. Washington agiva da decenni per dividere l’Iran dall’Iraq, perciò il rafforzamento dei legami tra Iran, Iraq, Siria, Libano e Palestina rappresenta una sfida regionale al nuovo “Grande Gioco” dei nostri giorni. Il Medio Oriente non è soltanto un terreno di gioco per le grandi potenze. Cap 3 – Barili bomba, fonti faziose e propaganda di guerra La propaganda di guerra richiede spesso l’abbandono dell’uso della ragione e dei principi, e la Guerra Sporca contro la Siria fornisce abbondanti esempi di questa pratica. I notiziari occidentali sulla Siria sono attraversati da un’incessante sequela di racconti di atrocità – “barili bomba”, armi chimiche, uccisioni “su scala industriale”, bambini morti. Tutti questi racconti hanno due cose in comune: dipingono il presidente e l’esercito siriani come mostri massacratori di civili, bambini compresi – e tuttavia, quando se ne esamina l’origine, si scopre che provengono tutti da fonti totalmente faziose. Ci stanno ingannando. (...) Come nelle guerre precedenti, l’obiettivo è demonizzare il nemico per mezzo di ripetute accuse di atrocità, mobilitando così il sostegno popolare per la guerra. Cap 4 – Daraa 2011: un’altra insurrezione islamista Due versioni si svilupparono riguardo al conflitto siriano, all’inizio delle violenze armate nel 2011, nella città di Daraa, sul confine meridionale. La prima versione proviene da testimoni indipendenti che si trovavano in Siria, come lo scomparso padre Frans Van der Lugt di Homs. Essi affermano che uomini armati infiltrarono le prime manifestazioni per le riforme politiche allo scopo di aprire il fuoco su poliziotti e civili. La seconda proviene dai gruppi islamisti (i “ribelli”) e dai loro sostenitori occidentali. Essi sostengono che vi furono violenze “indiscriminate” da parte delle forze di sicurezza siriane miranti a reprimere le manifestazioni politiche e che i “ribelli” nacquero dal seno di un movimento laico di riforma politica. (...) Nel febbraio 2011 ebbero luogo agitazioni popolari in Siria, in parte influenzate dagli eventi egiziani e tunisini. Vi furono manifestazioni contro il governo e a favore del governo, ed emerse un genuino movimento di riforma politica che da anni manifestava contro la corruzione e il monopolio del Partito Ba’ath. (...) All’inizio di marzo alcuni adolescenti furono arrestati a Daraa per aver tracciato graffiti, copiati da quelli nordafricani, che dicevano “il popolo vuole rovesciare il regime”. Fu riferito che erano stati maltrattati dalla polizia locale; il presidente Bashar al Assad intervenne, il governatore locale fu licenziato e gli adolescenti furono rilasciati. Ma l’insurrezione islamista era ormai in corso, al riparo delle manifestazioni di piazza. (...) In realtà, il movimento per la riforma politica era stato estromesso dalle piazze dai cecchini islamisti salafiti durante i mesi di marzo e aprile. Cap 5 – Bashar al Assad e la riforma politica Va da sé che i processi politici interni di uno Stato sovrano riguardano il popolo di quello Stato, e nessun altro. Nondimeno, dato che Washington insiste nel rivendicare il diritto di decidere chi possa o non possa governare un altro Paese, può essere utile fornire qualche informazione generale su Bashar al Assad e sul processo di riforma politica in Siria. Le analisi sensate relative a entrambi i temi sono state ben poche dopo l’insurrezione islamista del 2011. Al contrario, il dibattito del tempo di guerra è degenerato nella caricatura – alimentata dal fervore pro-regime change e da un conflitto sanguinoso – di un “brutale dittatore” assetato di sangue che reprime e massacra ciecamente il suo stesso popolo. (...) La popolarità del presidente siriano in patria manda a monte i tentativi di dipingerlo come un mostro – in Siria, almeno. (...) e l’esercito è estremamente popolare, perfino all’interno dell’opposizione civile. L’esercito incarna le più forti tradizioni laiche della Siria. (...) Inoltre, la maggior parte dei diversi milioni di siriani trasformati in profughi dal conflitto non hanno la sciato il Paese, ma si sono trasferiti in altre regioni sotto la protezione dell’esercito. ..segue ./.
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