La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1706

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XIX N°20

giugno 2017

PAGINA c         - 31

Segue da Pag.30: LA SPORCA GUERRA CONTRO LA SIRIA

Cap 6 – I jihadisti dell’impero

Un osservatore intelligente potrebbe domandarsi quale sia l’origine di questi tagliatori di teste fanatici, spietati e settari, che sembrano impegnati in una sorta di missione islamica, ma figurano spesso dalla stessa parte delle grandi potenze. La risposta a questa domanda non va ricercata nell’Islam come religione, ma in due fenomeni storici specifici: i wahhabiti dell’Arabia saudita e i più diffusi e ben organizzati Fratelli Musulmani. (...)

Il wahhabismo si fonda su una rete feudale di monarchie del Golfo, guidata dall’Arabia saudita, mentre i Fratelli Musulmani, che nacquero in Egitto, hanno una propria storia di accanita rivalità con il nazionalismo laico. (...) godono di una popolarità limitata nel mondo arabo e musulmano, generalmente tollerante. Ad accentuare la loro debolezza vi è il fatto che sia i wahhabiti sia i Fratelli Musulmani hanno una lunga tradizione di collaborazione con le grandi potenze contro i loro avversari interni. (...)

In questa guerra sporca le potenze straniere non sono state belligeranti diretti, agendo perlopiù come finanziatori, addestratori e fornitori di armi dei loro eserciti islamisti operanti per procura.. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia guidarono inizialmente un’offensiva diplomatica, nel tentativo di isolare il governo siriano e di imporre una successione di gruppi in esilio non eletti da nessuno quali “rappresentanti legittimi” del popolo siriano. Nondimeno, insieme ai loro collaboratori regionali – in particolare la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita – finanziarono e armarono tutti i vari gruppi armati.

Cap 7 – Media embedded, “cani da guardia” embedded

La cooptazione dei mass-media e dei “cani da guardia” dei diritti umani è stata fondamentale per la guerra propagandistica contro la Siria. Di fatto, nel XXI secolo non è possibile condurre una guerra per procura prolungata, dipendente dal sostegno dell’opinione pubblica, senza l’appoggio di un vero e proprio esercito di collaboratori di questo genere. Per questo motivo la dottrina del Pentagono negli ultimi anni si prefigge obiettivi decisamente ambiziosi, quali il “Dominio sull’intero spettro”, che significa predominio informativo, economico e culturale, oltre che militare. (...)

Durante l’invasione dell’Iraq nel 2003 il concetto di “giornalisti embedded” divenne ben noto, con l’“incorporazione” dei giornalisti occidentali fra le truppe d’invasione statunitensi. (...)

Alcune delle ONG liberal più affermate hanno svolto un ruolo cruciale nella campagna di disinformazione contro la Siria. (...) Sfruttando la tecnica propagandistica consolidata della ripetizione all’infinito, (...) Human Rights Watch (...) è divenuto uno dei più aggressivi sostenitori del bombardamento USA della Siria (...).

Anche Amnesty International si è arruolata nella missione di regime change. (...) Amnesty si è trasformata in un consulente di Washington e la istruisce su come dare una pennellata di diritti umani ai suoi interventi illegali.

Avaaz, la cui struttura rimane immersa nell’ombra, condivide con il gruppo Soros e con Res Publica forti legami con organizzazioni sioniste.

Per contro, alcune piccole organizzazioni occidentali si sono impegnate a dare la caccia alle bugie dei media sulla guerra in Siria. L’organizzazione statunitense FAIR... Due organizzazioni britanniche... Media Lens... Off Guardian...

Cap 8 – Il massacro di Houla rivisitato

Dopo che l’esercito siriano ebbe espulso i gruppi dell’Esercito Libero Siriano da Homs, e alla vigilia di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla Siria, uno spaventoso massacro di oltre 100 civili ebbe luogo nel villaggio di Houla, nella pianura di Taldou poco a nord-ovest di Homs. (...) Ogni qual volta l’esercito siriano attaccava questi gruppi armati, essi attuavano esecuzioni capitali in pubblico, tentando costantemente di accusare l’esercito siriano di condurre attacchi contro la popolazione civile. (...) Il loro movente era punire gli abitanti filo-governativi del villaggio, in particolare le famiglie al-Sayed e Abdulrazzak, per poi alterare la scena del massacro allo scopo di incolpare falsamente il governo dei loro stessi crimini. (...)

Il massacro di Houla (25 maggio 2012) divenne cruciale nei dibattiti sulla “responsabilità di proteggere”, dal momento che fu alla base di un fallito tentativo di autorizzare un intervento ONU per la protezione dei civili, motivato con l’affermazione secondo cui il governo siriano aveva massacrato dei civili. Le prove a sostegno di tale accusa, tuttavia, erano tutt’altro che chiare.

I governi britannico, francese e statunitense incolparono immediatamente il governo siriano. (...) la Commissione d’Inchiesta “non si era nemmeno recata in Siria” e aveva ignorato l’inchiesta siriana. (...) Sotto molti aspetti Houla segnò il fallimento dei tentativi di costruire una qualsiasi “verità ufficiale” certificata dall’ONU riguardo al conflitto in Siria.

Cap 9 – Invenzioni chimiche: l’episodio della Ghouta Orientale

La guerra sporca contro la Siria è stata caratterizzata da ripetuti scandali, spesso costruiti ad arte ai danni del governo siriano per contribuire a creare pretesti per un intervento più pesante. Forse il più famigerato fu l’episodio della Ghouta Orientale dell’agosto 2013, in occasione del quale furono diffuse su Internet fotografie di bambini morti o drogati provenienti da un’area agricola a est di Damasco sotto il controllo degli islamisti, con l’accusa secondo cui il governo siriano aveva utilizzato armi chimiche per assassinare centinaia di innocenti. L’episodio provocò un tale clamore che solo un’iniziativa diplomatica russa riuscì a impedire un intervento diretto da parte degli Stati Uniti. Il governo siriano accettò di eliminare per intero le sue scorte di armi chimiche dichiarando che non erano mai state utilizzate nel conflitto in corso.

In realtà, tutte le prove indipendenti sull’episodio del Ghouta Orientale (comprese quelle raccolte dall’ONU e dagli USA) dimostrano che le accuse rivolte al governo siriano erano false. (...) Alla fine del 2013 un gruppo di avvocati e giornalisti turchi pubblicò un rapporto particolareggiato sui crimini contro i civili in Siria. Particolare attenzione era dedicata alle responsabilità del governo turco, che appoggiava i gruppi “ribelli”. Il rapporto giungeva alla conclusione che “la maggior parte dei crimini” commessi contro civili siriani, compreso l’attacco nella Ghouta Orientale, erano opera delle “forze armate ribelli in Siria”.

Cap 10 – “Responsabilità di proteggere” e doppio gioco

Al volgere del XXI secolo fu elaborata una nuova versione dell’“intervento umanitario”, nota come “responsabilità di proteggere” (responsability to protect o “R2P”). Questa invenzione delle grandi potenze, che si ricollegava alle conseguenze umanitarie attribuite al loro presunto mancato intervento in occasioni precedenti, si trasformò in una poderosa argomentazione morale a favore dell’intervento in Libia nel 2011. Tale intervento, fondato su menzogne, fu disastroso per la popolazione libica. Con la Siria si tentò un percorso analogo, che tuttavia fallì. Russia e Cina, in particolare, non erano più disposte a fare il gioco di Washington. Al di là di come poteva suonare in teoria, in pratica la “R2P” emerse come un nuovo strumento di intervento. Questa dottrina implica gravi rischi dal
momento che ha contribuito a fomentare massacri false flag [con falsi pretesti] da parte di gruppi armati in cerca di maggiori aiuti dall’estero. Ha inoltre contribuito a indebolire il sistema internazionale che dagli anni Quaranta si è fondato sui principi di sovranità e non-intervento. (...)

Nel 2014 vi fu un cambiamento nell’argomentazione principale addotta a favore di un intervento occidentale in Siria. Si passò da una logica basata sulla “responsabilità di proteggere” a una ispirata all’“intervento protettivo”, attuato in nome della soppressione del terrorismo a livello globale. Questa argomentazione calpestava la legislazione internazionale, dimostrando un flagrante disprezzo per i diritti degli altri popoli e delle loro nazioni.

Cap 11 – Sanità e sanzioni

Il sistema sanitario siriano è stato duramente colpito dalla guerra e indebolito dalle sanzioni economiche occidentali – e la responsabilità di tutto ciò è stata oggetto di polemiche, come ogni altro aspetto del conflitto.

Nel dicembre del 2013 l’allora ministro siriano della Sanità dottor Sa’ad al Nayef disse a una delegazione australiana di solidarietà in visita nel Paese – di cui facevo parte - che terroristi appoggiati dall’estero avevano recentemente fatto esplodere due camion-bomba all’interno dell’ospedale Al-Kindi di Aleppo, distruggendolo completamente e uccidendo tutto il personale sanitario al suo interno. (...)

Tuttavia, leggendo la versione dei sostenitori dei gruppi armati, si potrebbe avere la sensazione che il governo siriano abbia sistematicamente distrutto il suo stesso sistema sanitario.

Cap 12 – Washington, il terrorismo e l’ISIS: le prove

La notizia dell’abbattimento da parte delle forze irachene di aerei statunitensi e britannici che trasportavano armi per l’ISIS fu accolta in Occidente con sgomento e incredulità. Eppure, in Medio Oriente ben pochi dubitano del fatto che Washington stia giocando una “doppia partita” con i suoi eserciti che agiscono per procura in Siria. Un leader degli Ansar Allah yemeniti afferma: “Ovunque ci siano ingerenze degli Stati Uniti, ci sono al-Qaeda e l’IsIS. Va tutto a loro vantaggio. Tuttavia, alcuni miti fondamentali rimangono importanti, in particolare per l’opinione pubblica occidentale. Per mettere in discussione questi miti occorrono la logica e le prove – le affermazioni non sono sufficienti. (...)

Le prove esposte in questo capitolo sono sufficienti per trarre alcune conclusioni. Primo: Washington ha pianificato una sanguinosa ondata di “cambiamenti di regime” a proprio vantaggio in Medio Oriente, spingendo alleati quali i sauditi a fare uso di forze settarie nell’ambito di un processo di “distruzione creativa”. Secondo: gli Stati Uniti hanno direttamente finanziato e armato una serie di gruppi terroristici cosiddetti “moderati” contro lo Stato sovrano siriano, mentre i loro alleati principali – Arabia Saudita, Qatar, Israele e Turchia – hanno finanziato, armato e assistito con armi e cure mediche qualsiasi gruppo armato anti-siriano, “moderato” o estremista che fosse. Terzo: i “jihadisti” di Jabhat al-Nusra e dell’ISIS sono stati attivamente reclutati in numerosi paesi, il che dimostra che l’ascesa di questi gruppi non è stata dovuta a una semplice reazione anti-occidentale da parte dei “sunniti” della regione. Quarto: la Turchia, membro della NATO, ha avuto il ruolo di “zona di libero transito” per ogni tipo di gruppo terroristico diretto in Siria. Quinto: un numero significativo di alti funzionari iracheni hanno testimoniato riguardo a casi di consegna diretta di armi statunitensi all’ISIS. Sesto: la “guerra” degli Stati Uniti contro l’ISIS – condotta in modo inefficace o, nella migliore delle ipotesi, selettivo – sembra confermare l’opinione irachena e siriana secondo cui tra i due soggetti vi sarebbe una relazione improntata al controllo. Riassumendo, si può concludere che gli Stati Uniti hanno costruito una relazione di comando nei confronti di tutti i gruppo terroristici anti-siriani, compresi al-Nusra e l’ISIS, in modo diretto o per tramite dei loro stretti alleati regionali (...). Washington ha fatto il doppio gioco in Siria w in Iraq, applicando la sua vecchia dottrina di smentire in modo plausibile delle verità conosciute ma scomode, allo scopo di mantenere in piedi, quanto più a lungo possibile, la finzione di una “guerra al terrorismo”.

Cap 13 – L’intervento occidentale e la mentalità coloniale

In tempi di “rivoluzioni colorate” il linguaggio è stato rovesciato. Le banche sono diventate i guardiani dell’ambiente naturale, i fanatici settari sono “attivisti” e gli imperi proteggono il mondo dai grandi crimini, invece di commetterli.

La colonizzazione del linguaggio è all’opera ovunque, tra popolazioni altamente acculturate, ma è particolarmente virulenta all’interno delle culture colonialiste. “L’Occidente” – questa autoproclamata epitome della civiltà avanzata – reinventa attivamente la propria storia, allo scopo di perpetuare la mentalità coloniale.

Autori come Frantz Fanon e Paulo Freire hanno evidenziato come le popolazioni colonizzate subiscano danni psicologici e abbiano bisogno di “decolonizzare” la propria mentalità, per divenire meno deferenti nei confronti della cultura imperiale e affermare con maggior forza i valori delle proprie società. L’altra faccia di questa medaglia è costituita dall’impatto dell’eredità coloniale sulle culture imperiali. Le popolazioni dell’Occidente considerano la propria cultura come centrale, se non universale, e hanno difficoltà a prestare ascolto ad altre culture o a imparare da esse. Per cambiare tutto questo occorre uno sforzo.

Le cricche dei potenti sono ben consapevoli di questo processo e tentano di cooptare le forze critiche all’interno delle loro stesse società, colonizzando i valori e il linguaggio progressista e banalizzando il ruolo delle altre popolazioni. (...) tutto ciò rende molto più facile vendere in Occidente le guerre per procura con presunte finalità missionarie.

Cap 14 – Verso un Medio Oriente indipendente

Il piano di Washington per un Nuovo Medio Oriente si è imbattuto in uno scoglio chiamato Siria. Malgrado gli spargimenti di sangue e la dura pressione economica continuino, la Siria sta avanzando verso una vittoria militare e strategica destinata a trasformare il Medio Oriente. Vi sono chiari segnali del fatto che i piani di Washington – imporre un regime change o far venire meno il funzionamento dello Stato e smembrare il Paese lungo linee di frattura confessionali – sono falliti. Al loro posto assistiamo all’ascesa di un Asse della Resistenza più forte, il cui nucleo è costituito da Iraq, Siria, Palestina e Hezbollah, sostenuti dalla Russia e in procinto di accogliere anche l’Iran. (...)

I siriani – compresa la maggioranza dei musulmani sunniti devoti – rifiutano quella perversa forma di Islam promossa dalle monarchie del Golfo, fatta di decapitazioni, brutalità e settarismo. Questa non è una guerra confessionale o tra sciiti e sunniti, ma una classica guerra imperialista, che si serve di eserciti che agiscono per procura. (...) l’unità e l’indipendenza della regione stanno esigendo un prezzo terribile – ma si stanno realizzando.

Cap 15 – Tenersi informati

La maggior parte dei media occidentali, così come quelli delle monarchie del Golfo (Al Jazeera, Al Arabiya), sono profondamente faziosi e in molti casi si sono resi responsabili di montature a sostegno della guerra di propaganda contro la Siria. Ciò solleva un interrogativo: dove trovare informazioni attendibili o indipendenti? Non vi sono risposte semplici a questa domanda, e il lettore noterà che ho utilizzato un’ampia varietà di fonti.

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1706

 La VOCE  COREA  CUBA  JUGOSLAVIA  PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA 

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.