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La VOCE 1710 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XX N°2 | ottobre 2017 | PAGINA b - 26 |
Il katziatone di Rita Katz: o zitti e buoni, o l’attentatone![]() A proposito dell’annuncio post-Barcellona di un imminente attentato in Italia, ce ne sono stati altri che minacciavano sfracelli in Vaticano, al Colosseo, la conquista di Roma. Ma stavolta potrebbe essere diverso. Intanto la notizia proviene da fonte autorevole e credibile: il sito SITE di Rita Katz, portavoce e diffusore da anni del jihadismo più efferato, in particolare dell’ISIS, con il quale la collaborazione nella promozione di quel panico che si sa funzionale alle aggressioni belliche e all’instaurazione di regimi di polizia, è stretta e, come provano i risultati, efficacissima. Senza l’istantanea diffusione a dimensione mondiale dei più raccapriccianti video e comunicati, prodotti con la nota perizia professionale dagli studios del mercenariato imperialista, di cui siamo debitori a Rita Katz, titolare del sito SITE, gran parte del messaggio terrorizzante e intimidatorio assegnato ai protagonisti della guerra al e del terrore sarebbe andata persa. Rita Katz, ufficiale israeliano e portavoce Isis Non deve stupire, data l’intesa strategica sugli obiettivi, l’amalgama Israele-jihadisti, evidenziato nel concorso israeliano alle operazioni sul campo dell’Isis e di Al Nusra e nel recupero israeliano di combattenti jihadisti curati negli ospedali allestiti sul Golan. Così non può sorprendere che Rita Katz, israeliana ex-ufficiale di Tsahal e da allora e sempre agente dei servizi israeliani, abbia costruito il meccanismo per il quale ogni azione e ogni parola del terrorismo jihadista entri nel conscio e nel subconscio delle popolazioni di mondi da condizionare. I grandi vecchi della guerra al/del terrorismo, la testa della piovra gigante, hanno in SITE lo strumento indispensabile perchè di ogni iniziativa jihadista non sia perso l’effetto propagandistico: odio per l’Islam e guerre, panico e autorepressione. Piovra che alla periferia, per la penetrazione anche in nicchie potenzialmente refrattarie, si avvale dei formidabili tentacoli della grande informazione internazionale, a partire dal New York Times e, scendendo per li rami, dei tentacoli di seppioline mediatiche come gli organi ripetitori italiani, non escluso l’apporto di meduse tossiche dai peletti urticanti come “il manifesto”. ![]() Siamo diventati discoli ![]() E, a coronamento dell’insubordinazione ai piani imperialisti, appaltati a Soros, un ministro italiano, che evidentemente non aveva imparato la lezione Moro, è uscito dallo sgabuzzino dove curano le scope della villa i nostri politici, e ha messo la mordacchia a un anello della filiera criminale che svuota paesi per alluvionarne altri. Insomma è spuntato qualcosa e qualcuno che minacciava di far vedere nudo il re. E questo è niente: quando gli era stato fatto capire che l’ENI doveva limitarsi a fare le pulizie alle Sette Sorelle, che Roma doveva starsene lontana dal gas del Mediterraneo, che a occuparsi di Al Sisi, dell’Egitto e della Libia, cuore della regione, ci pensavano Usa, UK, Francia, ma mica i loro subalterni, addetti all’accoglienza e basta, Roma non si è addirittura azzardata di far tornare l’ambasciatore al Cairo! Lo svuotatore di posaceneri che si intrufola nella partita di briscola? E Rita Katz ha tuonato. Regeni e Oxford Analytrica, la sete di verità dei regeniani Vogliamo allargarci, eccedere in domande impudiche, anche riguardanti campi lontani, ma pur sempre connessi a quelli di cui sopra? Sappiamo, anche se il silenzio sulla cosa è di tomba (a offesa di quella in cui è rinchiuso Giulio Regeni), che tutti sanno che il giovanotto, definito ricercatore a Cambridge, ma invece, o anche, collaboratore dell’agenzia internazionale di spionaggio e affari sporchi vari “Oxford Analytica”, al Cairo andava sfrucugliando soggetti sindacali “indipendenti”, potenzialmente sovversivi, ai quali, per conto dei suoi mandanti, offriva ricchi fondi perchè presentassero e attuassero “progetti” (testuale nel video). . Qualche timido tentativo di risalire a dove originava la missione di Regeni, |
consultando i suoi referenti a Cambridge, ebbe piena collaborazione quanto alle domande poste dagli investigatori italiani. Lo dichiarano quelli
di Cambridge, lo negano i corifei italiani di Regeni e di Aegyptum delendum est. Sarà, non sarà. Ma la domanda da un milione e passa di verità è un’altra. Stabilito, sebbene sottaciuto, che Regeni aveva lavorato, almeno per un anno e mezzo, ufficialmente per Oxford Analytica, prima di spostarsi al Cairo per offrire progetti a oppositori del governo, alle dipendenze e su disposizioni di provati criminali come John Negroponte, David Young e l’ex.capo-spione britannico McColl, c’è un solo motivo al mondo che spieghi perchè coloro che si sono arrabattati da 17 mesi per Regeni e contro Al Sisi, con un accanimento degno della neutralizzazione di Mengele, non si siano mai occupati di Oxford Analytica, non siano mai andati a sentire che cosa il ragazzo ci facesse tra le grinfie di quei pendagli da forca che avevano insanguinato interi continenti?![]() LETTERA APERTA PER GLI EBREI ITALIANIQuell’assedio può vincere. Anche le legioni di Tito vinsero. Quando dalle mani dei palestinesi le pietre cadessero e – come auspicano i “falchi” di Israele – fra provocazione e disperazione, i palestinesi avversari della politica di distensione dell’Olp, prendessero le armi, allora la strapotenza militare israeliana si dispiegherebbe fra gli applausi di una parte dell’opinione internazionale e il silenzio impotente di odio di un’altra parte, tanto più grande. Il popolo della memoria non dovrebbe disprezzare gli altri popoli fino a crederli incapaci di ricordare per sempre. Gli ebrei della Diaspora sanno e sentono che un nuovo e bestiale antisemitismo è cresciuto e va rafforzandosi di giorno in giorno fra coloro che dalla violenza della politica israeliana (unita alla potente macchina ideologica della sua propaganda, che la Diaspora amplifica) si sentono stoltamente autorizzati a deridere i sentimenti di eguaglianza e le persuasioni di fraternità. Per i nuovi antisemiti gli ebrei della Diaspora non sono che agenti dello stato di Israele. E questo è anche l’esito di un ventennio di politica israeliana. L’uso che questa ha fatto della diaspora ha rovesciato, almeno in Italia, i rapporto fra sostenitori e avversari di tale politica, in confronto al 1967. Credevano di essere più protetti e sono più esposti alla diffidenza e alla ostilità. Onoriamo dunque chi resiste nella ragione e continua a distinguere fra politica israeliana e ebraismo. Va detto anzi che proprio la tradizione della sinistra italiana (da alcuni filoisraeliani sconsideratamente accusata di fomentare sentimenti razzisti) è quella che nei nostri anni ha più aiutato, quella distinzione, a mantenerla. Sono molti a saper distinguere e anch’io ero di quelli. Ma ogni giorno di più mi chiedo: come sono possibili tanto silenzio o non poche parole equivoche fra gli ebrei italiani e fra gli amici degli ebrei italiani? Coloro che ebrei o amici degli ebrei – pochi o molti, noti o oscuri, non importa – credono che la coscienza e la verità siano più importanti della fedeltà e della tradizione, anzi che queste senza di quelle imputridiscano, ebbene parlino finché sono in tempo, parlino con chiarezza, scelgano una parte, portino un segno. Abbiano il coraggio di bagnare lo stipite delle loro porte col sangue dei palestinesi, sperando che nella notte l’Angelo non lo riconosca; o invece trovino la forza di rifiutare complicità a chi quotidianamente ne bagna la terra, che contro di lui grida. Né mentano a se stessi, come fanno, parificando le stragi del terrorismo a quelle di un esercito inquadrato e disciplinato. I loro figli sapranno e giudicheranno. E se ora mi si chiedesse con quale diritto e in nome di quale mandato mi permetto di rivolgere queste domande, non risponderò che lo faccio per rendere testimonianza della mia esistenza o del cognome di mio padre e della sua discendenza da ebrei. Perché credo che il significato e il valore degli uomini stia in quello che essi fanno di sé medesimi a partire dal proprio codice genetico e storico non in quel che con esso hanno ricevuto in destino. Mai come su questo punto – che rifiuta ogni «voce del sangue» e ogni valore al passato ove non siano fatti, prima, spirito e presente; sé che partire da questi siano giudicati – credo di sentirmi lontano da un punto capitale dell’ebraismo o da quel che pare esserne manifestazione corrente. ..segue ./.
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