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La VOCE ANNO XX N°3

novembre 2017

PAGINA C        - 35


Questioni della Scienza
a cura di A. Martocchia


L'AMBIZIOSO PIANO CINESE SULLE ENERGIE RINNOVABILI

Secondo Fabrizio Patti (su L'Inchiesta del 12.10.2017 – http://www.linkiesta.it/it/article/2017/10/12/il-piano-cinese-sulle-energie-rinnovabili-che-cambiera-il-mondo-e-vale/35795/ ) il piano cinese sulle energie rinnovabili "cambierà il mondo". Certamente l'obiettivo è assai ambizioso: conseguire entro il 2050 una percentuale del 90% di produzione dell'elettricità a partire da fonti rinnovabili, facendosi carico delle forniture non solo per la Cina stessa ma per il mondo intero (chi lo vorrà, ovviamente), compresa una buona fetta di quei 3 miliardi di persone che oggi ha un accesso discontinuo all’elettricità.

Il progetto di interconnessione energetica va in parallelo e si integra con lo sviluppo infrastrutturale legato alla cosiddetta "One Belt One Road" cioè la "Nuova Via della Seta", visione geostrategica su cui si stanno organizzando da un paio d'anni importanti summit internazionali e costituendo associazioni e iniziative di appoggio in numerosi paesi, inclusa l'Italia. 

La concezione energetica che ci propongono i cinesi si basa sulla realizzazione di parchi solari nel Sahara, parchi eolici nelle zone ventose dell’Artico e dell’Antartide ed altri luoghi adeguati, più una nuova rete di efficientissima trasmissione dell’energia, ad alta capacità e bassa dispersione, che connetta gli angoli più lontani di tutto il mondo. << Quando nel 2010 la State Grid Corporation of China [impresa di Stato cinese per la distribuzione energetica] cominciò a tratteggiare nei suoi documenti strategici questi scenari, l‘interesse che suscitò fu tutto sommato limitato, perché si trattava di poco più di suggestioni. Da allora, però, molta acqua è passata sotto i ponti: nel 2015 la visione è stata presentata all’assemblea generale delle Nazioni Unite dal presidente cinese Xi Jinping. Un anno dopo da Pechino su impulso di State Grid è stata creata un’organizzazione apposita, chiamata Geidco, ossia Global Energy Interconnection Development and Cooperation Organization. Il suo vice-presidente è il premio Nobel per la fisica Steven Chu, già ministro dell’Energia nella prima amministrazione Obama. A oggi vi hanno aderito 265 imprese di 22 Paesi (tra cui Abb, Siemens, Terna, Politecnico di Torino). È stato elaborato un piano, con una roadmap che si pone obiettivi al 2020, 2030 e 2050. Nel frattempo i primi investimenti per diverse centinaia di milioni di dollari per progetto sono iniziati, in Cina, ma anche in India, Stati Uniti e Sudamerica. >>
 
La principale tecnologia su cui si regge il tutto è quella delle linee di trasporto elettrico cosiddette "supercritiche".
Si tratta di linee a corrente continua dette Ultra High Voltage Direct Current o "Uhv-Dc". << Rispetto alle linee a corrente alternata il potenziale elettrico è maggiore e le perdite minori. Oggi le linee ad altissima tensione, in Italia, arrivano a 380 Kv (kilovolt) e la dispersione è tra il 6 e l’8 per cento. Una linea di ultima generazione a corrente continua hanno
un potenziale di 800-1.100 Kv e assicurano la trasmissione su distanze fino a 2.300 chilometri con perdite inferiori al 5 per cento. «Perché non rimanga sulla carta, il progetto deve poggiarsi su delle reti innovative che abbiano grande velocità, grande capacità di trasporto e basse perdite. Le nuove reti supercritiche assicurano questo e hanno altri due vantaggi: occupano meno spazio delle linee tradizionali e non hanno un campo magnetico, per cui non determinano inquinamento elettromagnetico come le linee tradizionali», spiega a Linkiesta Corrado Clini, ex ministro dell’Ambiente italiano e docente di Scienze ambientali all’università Tsinghua di Pechino. Clini fa parte di un advisory board di una decina di esperti che stanno presentando il progetto nel mondo: vi fanno parte il responsabile delle smart grid della francese Edf, il presidente dello statunitense Edison Electric Institute (Usa), il capo-negoziatore per la Cina sul tema dei cambiamenti climatici e accademici tra Cina e Giappone. (...) In Italia è di questo tipo la nuova connessione tra Sardegna e Italia, inaugurata cinque anni fa. >>
In realtà permangono alcune difficoltà tecniche, soprattutto per la dispersione che si ha nella fase di passaggio dalla corrente continua a quella alternata, ma c'è da essere fiduciosi che lo sviluppo dei nuovi sistemi dia un enorme impulso a nuove realizzazioni anche in questo campo.

Le altre tecnologie su cui si basa il progetto sono le seguenti: 
– stoccaggio efficiente dell’energia (es. nuove batterie); 
– distribuzione locale dell’elettricità tramite smart grid, ossia reti intelligenti, che renderebbero in buona parte obsoleta la funzione delle attuali aziende municipalizzate;
– cambio di paradigma nella produzione di auto, attraverso lo sviluppo di auto elettriche, su cui la Cina promette di conquistare la leadership.

È stato quantificato che per far marciare il progetto ci vogliono 50mila miliardi di dollari di investimenti, che è una cifra veramente enorme. Ma se tale cifra da un lato può fare gola alle imprese che si inseriscono – eventualmente anche imprese statali –, dall'altro il piano può ledere vecchi interessi legati al combustibili fossili (la lobby del petrolio) ed alla supremazia geopolitica statunitense, che verrebbe veramente messa in crisi.

Per quanto riguarda l'Italia, Terna deve già decidere se finanziare la rete fondamentale per far partire il progetto nel Sahara, quella cioè tra Tunisia e Italia. Il fatto che State Grid of China abbia acquisito il 35% di Cdp Reti, che a sua volta controlla quasi il 30% di Terna, è un incoraggiamento non da poco nella giusta direzione. Dobbiamo però purtroppo tenere presente i pregiudizi e le resistenze dei nostri "padrini" occidentali, in primis da parte della Unione Europea, cui l'Italia deve chiedere sempre il permesso su tutto, ed in secundis dagli Stati Uniti, che con l'amministrazione Trump c'è da scommettere faranno di tutto per far naufragare le promesse di innovazione provenienti dalla Cina, anche a costo di farci tutti morire asfissiati per CO2 e CO o alluvionati per i cambiamenti climatici, se non, ancora prima, di morte termonucleare.

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