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La VOCE ANNO XX N°3 | novembre 2017 | PAGINA B - 34 |
L’ILLUMINISMO IN ITALIA E GERMANIA.di Vincenzo Brandi |
Come abbiamo visto nei numeri precedenti, l’Illuminismo settecentesco ebbe i suoi massimi centri in Francia e in Inghilterra, ma ebbe sviluppi anche in Italia e Germania, anche se in tono minore, dovuto alle più sfavorevoli condizioni politiche ed economiche. Infatti, mentre l’Italia si trovava in gran parte sotto le conseguenze della cappa soffocante della Controriforma – di cui la condanna di Galilei è il più noto simbolo - la Germania scontava ancora le devastazioni recate dalla terribile Guerra dei Trent’anni. Entrambi i paesi erano divisi politicamente in una miriade di piccoli stati. Nel corso del ‘600 la punta più avanzata del pensiero italiano era stata rappresentata da un gruppo di intellettuali napoletani riuniti nell’Accademia degli Investiganti, di cui i massimi rappresentanti furono due medici, Tommaso Cornelio (1614-1686) e Leonardo da Capua (1617-1695). Essi diffusero il pensiero di Cartesio, che – pur con tutti i suoi limiti di cui abbiamo discusso nel numero a lui dedicato – rappresentava certamente un notevole progresso rispetto al precedente dogmatismo, con riferimenti anche al pensiero naturalista di filosofi come Democrito, Telesio e Gassendi. Ferocemente anticartesiano fu invece quello che è considerato il massimo pensatore italiano tra la fine del 1600 e l’inizio del 1700, Gian Battista Vico (1668-1744), anch’egli di origini napoletane e che fece i suoi studi presso i Gesuiti. Vico, personalità indubbiamente di notevole intelligenza, critica con grande competenza i concetti fondamentali del pensiero di Cartesio, come il famoso “Cogito, ergo sum” e la pretesa di basare la conoscenza su presunte idee chiare ed evidenti. Tuttavia la sua critica, invece di procedere verso più moderne concezioni (come nel caso dell’empirismo inglese), sembra tornare verso una sostanziale sfiducia verso i nuovi traguardi raggiunti dalla ricerca scientifica europea. Egli afferma che l’unica cosa che l’uomo può realmente conoscere è ciò che egli stesso ha fatto, e quindi privilegia lo studio della storia, tratteggiando nella sua opera maggiore, “Principi di una Scienza Nuova” del 1725, una storia universale. In quest’opera, pur ricca di spunti geniali, non vengono certamente seguiti criteri scientifici, ma piuttosto suggestioni fantasiose. Ludovico Geymonat, nella sua opera più volte citata (“Storia del Pensiero Scientifico e Filosofico”), accusa Vico di aver contribuito, insieme a Benedetto Croce, alla tradizionale diffidenza della cultura umanistica italiana verso il pensiero scientifico. All’inizio del ‘700, il noto storico Ludovico Antonio Muratori (1662-1750) non sfugge ad una visione ancora arretrata e controriformistica, mentre più interessanti risultano le figure del gesuita matematico Girolamo Saccheri (1667-1733) - di cui si sono già esposte al numero dedicato al matematico Eulero (aprile 2017) le idee originali a proposito del V° Postulato di Euclide di cui tentò la dimostrazione – e del pugliese di adozione napoletana Pietro Giannone (1676-1748). Costretto a fuggire prima a Vienna e poi in Svizzera per le sue idee laiche e critiche verso il pensiero controriformista espresse nell’opera “Istoria Civile” del 1723, Giannone fu poi arrestato con l’inganno dalla polizia sabauda e morì in prigione dopo 12 anni di durissima carcerazione. Si può ricordare anche il patavino Antonio Conti (1677-1749), che viaggiò in Inghilterra e Francia e diffuse, anche se con scarsa originalità, il pensiero di Newton e quello di Leibniz. |
Solo nella seconda metà del “Secolo dei Lumi” si formarono in Italia due scuole che si riferivano esplicitamente al pensiero illuminista: quella di Napoli e quella lombarda. Del gruppo napoletano fecero parte l’economista Antonio Genovesi (1712-1769), buon conoscitore delle opere di Condillac ed Helvetius, e l’altro economista Gaetano Filangieri (1752-1788), autore di interessanti progetti riformatori in campo economico, ma anche nel campo dell’istruzione pubblica, in cui propugnò un’istruzione universale, se pur differenziata per capacità individuali. Forse il pensatore più originale fu l’abate Ferdinando Galiani, (1727-1787), frequentatore dei circoli parigini, la cui opera “Della Moneta” del 1751 destò grande interesse a livello europeo. Si deve ricordare anche la figura eroica del professore Mario Pagano (1748-1799) che pagò con la vita la sua adesione alla rivoluzione repubblicana partenopea del 1798-99. Il circolo milanese, favorito dalla politica riformista di Maria Teresa d’Austria, ebbe come suoi principali esponenti i fratelli Pietro ed Alessandro Verri, fondatori della “Società dei Pugni” (1761-62) e della rivista “Il Caffè” (1764-66). Il più famoso esponente di questo gruppo è stato certamente Cesare Beccaria, autore della nota opera contro la tortura e le pene arbitrarie “Dei Delitti e delle Pene” del 1764. Da quanto scritto prima risulta chiaramene che l’illuminismo italiano ha avuto essenzialmente un carattere moderato e riformatore, più portato ai temi economici, amministrativi, e quelli relativi alla giustizia e all’istruzione, che a quelli propriamente scientifici. Il principale esponente dell’Illuminismo tedesco è considerato il già citato filosofo logico Christian Wolff, che espresse una profonda ed ottimistica fiducia nella capacità della mente e della logica umana di comprendere la realtà, in cui egli nota un’intrinseca razionalità priva di contraddizioni (atteggiamento considerato superficiale e criticato da Geymonat ed altri, anche perché non tiene conto dei processi induttivi tipici della ricerca scientifica). Un suo allievo, Martin Kuntzen fu il maestro di Kant, che derivò da Wolff la concezione secondo cui la logica si deve considerare propedeutica alla conoscenza scientifica, e non una disciplina delle forme astratte che vive di vita propria come nel pensiero di Leibniz e di Lambert (vedi il precedente capitolo pubblicato in ottobre). Valorizzatore dei processi induttivi (che ricavano le leggi generali da casi particolari) fu invece l’interessante filosofo Alexander Gottlieb Baumgarten, professore a Francoforte sull’Oder, mentre Herman Samuel Reimarus si distinse per una radicale quanto ben articolata critica sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, che declassò da testi “sacri” a testi storici atti allo studio di ben determinate epoche storiche. In uno dei prossimi capitoli sarà esaminato il pensiero di Emanuele Kant, che concluse ed indirizzò verso nuove mete il pensiero illuminista tedesco; ma prima sarà necessario esaminare il pensiero di un celebre e discusso pensatore di origine svizzera che si pose per certi versi in originale opposizione al pensiero illuminista: Jean-Jacques Rousseau. |
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