ECOLOGIA,
SCIENZA, GLOBALIZZAZIONE: UN’ENCICLICA PAPALE, LA VIA DELLA
SETA, ED IL PENSIERO “JUCHE”.
Un
ponderoso ed interessante libro sull’ecologia scritto
dall’amico e collega Giancarlo
Paciello,
ingegnere in pensione e grande sostenitore della causa palestinese;
due interessanti convegni svoltisi in ottobre a Roma sul pensiero
“Juche”
diffuso nella Corea Democratica e sulla nuova Via
della
Seta
proposta
dalla Cina; infine un interessante articolo proposto da Andrea
Martocchia che troverete in questo stesso numero de “La VOCE”
mi spingono a qualche breve riflessione su ecologia, scienza e
globalizzazione.
Paciello,
autore di numerosi saggi sull’occupazione sionista della
Palestina e sul diritto dei Palestinesi all’indipendenza e alla
libertà, ha dedicato un libro, ricco di considerazioni
politiche, economiche e filosofiche, all’Enciclica
di Papa Francesco “Laudato
si”,
in cui viene sviluppato il concetto di “Ecologia
Integrale”.
Il libro dal titolo “No
alla Globalizzazione dell’Indifferenza”
(frase pronunciata dal Papa a Lampedusa”) illustra i pericoli
di una catastrofe globale dovuta all’uso improprio ed
indiscriminato della tecnologia con le sue conseguenze sul clima,
l’inquinamento, la desertificazione, la distruzione delle
risorse naturali. Il libro di Giancarlo intenderebbe instillare nei
giovani, con particolare riferimento alla figlia, un’utopia
ispirata al rispetto della Natura nell’ambito di una società
più giusta, che si opponga alla globalizzazione capitalista..
Conoscendo
l’amico Giancarlo, e pur condividendo la sua aspirazione ad
un’ideologia egualitaria, umana e rispettosa dell’ambiente,
che dovremmo lasciare non deteriorato in modo irreversibile alle
nuove generazioni, mi ha sinceramente sorpreso la sua appassionata
difesa di una filosofia tipicamente cattolica ed ispirata ai valori
tradizionali della Chiesa come quella aristotelico-scolastica
sviluppata da Tommaso d’Aquino. Mi ha anche meravigliato una
critica apparentemente generalizzata contro il pensiero scientifico,
la tecnologia e l’economia, viste sempre come capitalistiche e
borghesi, e contro l’Illuminismo, contro l’idea stessa
del “Progresso” e le morali laiche, viste sempre come
morali puramente “utilitaristiche”.
Ritengo
invece che l’umanità non possa rinunciare alla scienza
ed alla tecnologia ed ai progressi concreti conseguiti, anche senza
illudersi con il mito di un inevitabile progresso infinito. Ritengo
che l’economia non sia di per sé qualcosa di sporco. Al
contrario, il problema è quello di utilizzare la grande
scienza di Archimede, Galilei, Newton, Darwin, Maxwell, Boltzmann,
Planck, Einstein, e le tecnologie che ne sono derivate, non per il
profitto, ma per il bene dell’umanità e con una nuova
organizzazione internazionale e sociale che lo permetta, e con una
nuova concezione più giusta ed egualitaria dell’economia.
È necessario anche servirsi di un pensiero filosofico più vicino alla realtà in continuo movimento, da quello degli antichi filosofi della Natura, come Anassimandro, Democrito ed Eraclito, fino alla “Dialettica della Natura” di Engels..
Si
tratta quindi di battere la globalizzazione capitalista e la sua
sempre più accentuata militarizzazione ed aggressività
esercitata dall’imperialismo contro lo sviluppo delle
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nazioni
indipendenti, con guerre, sanzioni, e ricatti. Si tratta di
sostituire questa politica e questa economia con un’economia
pianificata a livello mondiale, basata su una
catena di stati sovrani
in un regime multipolare, non rinunciando a lottare per il socialismo
nei singoli stati, visto che le borghesie “compradore”
locali al servizio dell’imperialismo non ne possono assicurare
una reale indipendenza ed un’azione a favore dell’eguaglianza
e della giustizia sociale. La resistenza della Siria, con l’aiuto
della Russia e del Fronte della Resistenza antimperialista ed
antisionista ne sono un luminoso esempio.
Un
convegno
del 13 ottobre
scorso a Roma sulla “Via
della Seta”,
idea di una nuova strategia di collaborazione pacifica tra nazioni
lanciata dalla Cina, ci permette di aprire una prospettiva concreta
di cambiamento, non basata su concetti moralistici come quello di
“santità della Natura, dono di Dio” contenuti
nell’Enciclica papale, tanto ricca di slogan di questo genere,
ma tanto povera di proposte concrete. Quando si vanno ad analizzare
le proposte concrete si trovano le solite sparate antiscientifiche di
stampo controriformistico (come non ricordare le condanne di Galilei
e Giordano Bruno?) e addirittura paragoni tra Comunismo e Nazismo,
che si sarebbero entrambi impegnati nell’uso di orribili
tecnologie per il massacro di milioni di uomini.
L’esperienza
cinese ci mostra come l’uso corretto di tecnologie tradizionali
possa far uscire centinaia di milioni di persone dalla povertà.
Non si può nemmeno dimenticare il successo del tanto criticato
programma di controllo
pianificato delle nascite
realizzato in Cina in un mondo che sarà abitato nel 2050 da
oltre 8 miliardi di persone, con conseguenze imprevedibili come
migrazioni apocalittiche e destabilizzazione di interi continenti.
Questo problema è, invece, completamente ignorato
nell’Enciclica perché non in linea con l’ideologia
della Chiesa. Oggi la Cina è divenuta il massimo produttore
mondiale di beni, superando gli USA, ed è passata ad una nuova
fase
“ecologica” di
riforestazione
dell’intero territorio nazionale e sviluppo
pianificato delle fonti rinnovabili.
La Cina controlla già il 50% del mercato fotovoltaico
per la produzione elettrica e – come risulta dall’articolo
segnalato da A. Martocchia – conta di produrre il 90%
dell’energia necessaria con fonti
rinnovabili
“pulite” nel 2050.
Ma
un altro esempio di uso corretto di scienza e tecnologia ci viene
dato da un altro piccolo paese indipendente, la
Repubblica Popolare Democratica di Corea,
seguendo l’ideologia “Juche”,
come illustrato in un altro convegno organizzato a Roma il 7 ottobre.
Questa ideologia mette al primo posto il lavoro scientifico ed
intellettuale rappresentato nella stessa bandiera nazionale dal
pennello per la scrittura ideografica che si accompagna alla falce ed
al martello per indicare l’alleanza tra operai, contadini e
lavoratori intellettuali. Lo sviluppo scientifico coreano ha permesso
al paese di sviluppare tecnologie avanzate che gli permettono anche
un vasto volume di esportazioni aggirando le sanzioni imposte, e la
messa a punto di armi sofisticate di dissuasione, assolutamente
necessarie per fronteggiare la minaccia del potente imperialismo USA
che già distrusse il paese nella guerra del 1950-53 prima di
essere ricacciato indietro, e che ancora occupa militarmente la parte
meridionale della Corea.
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