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La VOCE ANNO XIX N°10

giugno 2017

PAGINA c         - 31

Rassegna ANDERSON: Peacelink

Recensione al libro dell’economista australiano Tim Anderson

“La sporca guerra contro la Siria. Washington, regime e resistenza” (Zambon Editore, 2017)


5 maggio 2017 - David Lifodi

Fonti faziose e propaganda di guerra: si muove all’insegna di queste due direttrici La sporca guerra contro la Siria. Washington, regime e resistenza, il libro dell’economista australiano Tim Anderson, che racconta le modalità di demonizzazione del nemico, in questo caso la Siria di Bashar al Assad, utilizzate per giustificare atrocità di ogni tipo mascherate con il pretesto della guerra umanitaria, come già avvenuto, ad esempio, nel pantano libico o in quello iracheno.
In Occidente, le prese di posizione equilibrate sulla guerra condotta contro la Siria sono state accuratamente censurate tramite l’utilizzo di un termine che Anderson ha citato più volte nel corso del suo libro: false flag. Letteralmente, significa “falsa bandiera”: tattica per cui un esercito o un gruppo armato fa apparire una sua azione militare o di altro genere come opera di un gruppo avversario. Più volte l’intervento armato in Siria viene paragonato alla guerra sporca condotta dai contras in Nicaragua negli anni ’80. In entrambi i casi, gli Stati uniti sono protagonisti di un conflitto per procura, allora tramite i contras, in Siria attraverso i gruppi dell’Islam radicale con i quali la Casa Bianca mantiene un rapporto molto ambiguo. E per restare in tema di paragoni con il continente latinoamericano, come non pensare al caso dei falsos positivos in Colombia, dove giovani delle periferie urbane di Bogotà o Medellín sono stati uccisi dall’esercito che poi è riuscito a farli passare come guerriglieri facendo trovare accanto a loro divise o armi delle Farc o dell’Eln, le due organizzazioni armate del paese andino. Alcuni esempi. Il massacro della Ghouta orientale, avvenuto nell’agosto 2013, è stato utilizzato per accusare il governo siriano di aver ucciso centinaia di civili, nonostante molte fonti indipendenti testimoniassero il contrario. Lo stesso è successo quando l’ospedale Al-Kindi di Aleppo fu distrutto da due camion bomba. La responsabilità fu attribuita di nuovo alle forze governative, ma bastava andare su internet per verificare che il massacro era stato rivendicato da al-Nusra e dall’Esercito Libero Siriano. Per non parlare del massacro di Houla (2012), uno dei casi che ha colpito di più la sensibilità dell’opinione pubblica occidentale. Anderson evidenzia che il primo gruppo di ispettori Onu inviati sul campo raccolse prove contraddittorie a proposito del massacro, mentre un secondo gruppo dell’Onu, fuori dalla Siria, ma presieduto da una diplomatica statunitense, tentò di incolpare il governo siriano, nonostante ci fossero molti testimoni pronti ad asserire che la responsabilità di quanto accaduto andava ricercata tra i militanti islamici delle Brigate Farouq dell’Esercito Libero Siriano, i quali avevano ucciso gli abitanti dei villaggi filo-governativi.

Il libro di Anderson è scomodo e sferra un vero e proprio pugno nello stomaco anche a coloro che, pur dichiarandosi pacifisti, non sono scesi in piazza per protestare contro la guerra in Siria, a differenza di quanto accadde per l’Irak. Tutto ciò si spiega con la demonizzazione del leader, Bashar al Assad. Eppure, sottolinea l’autore, in più di una circostanza, gli Stati uniti hanno ammesso che i loro alleati regionali (Turchia, Arabia saudita e Qatar) hanno sempre finanziato i cosiddetti “jihaidisti dell’impero”, Isis compreso. Con questo, Anderson non intende trasformare Assad in un santo, né negare il malcontento e la paura dei siriani verso un Stato comunque autoritario dove la polizia segreta è presente in ogni aspetto della vita civile, ma ragionare sul fatto che “il dibattito in tempo di guerra è degenerato nella caricatura – alimentata dal fervore pro-regime change e da un conflitto sanguinoso – di un <<brutale dittatore>> assetato di sangue che reprime e massacra ciecamente il suo stesso popolo. Niente di tutto ciò contribuisce alla formazione di opinioni sensate o ragionate. Fortunatamente, sono disponibili varie fonti siriane e indipendenti che permettono di tracciare un profilo più realistico”.

È proprio sulle fonti che Anderson conduce un certosino lavoro di controinformazione, a partire dalle critiche che rivolge ad alcune organizzazioni non governative paladine della guerra umanitaria, in primis a Human Rights Watch, il cui presidente Kenneth Roth ha cercato più volte di collegare foto di massacri a Gaza o Kobane (dopo i bombardamenti Usa o di Israele) a quelli di civili siriani uccisi per i quali non c’è alcuna prova certa che i responsabili siano i militari fedeli a Bashar al Assad. Molto ambiguo, secondo Anderson, è anche il ruolo dei Caschi bianchi (alias Difesa civile siriana), diretti dall’ex mercenario James Le Mesurier e che sembrerebbe godere di finanziamenti provenienti da Usaid e dal governo inglese, nonostante i tentativi dell’organizzazione di rendere segreta la provenienza dei fondi. Altra ong impegnata esclusivamente nel regime change sembra essere Avaaz, in prima fila nel denunciare le violenze sulle donne siriane senza però evidenziare che stupri e rapimenti di ragazze e donne siriane vengono rivendicati apertamente da gruppi settari dell’Islam radicale. E ancora, riporta Tim Anderson, nell’agosto 2015 Avaaz e The Syria Campaign pubblicarono foto di cadaveri di bambini tra le macerie di un edificio dichiarando che si trattava di attacchi ordinati dal governo siriano, ma quelle stesse foto erano state utilizzate un anno prima per illustrare un articolo secondo cui l’Isis aveva ucciso 700 membri di una tribù a Deir el-Zor.

In definitiva, come ha scritto Anderson nella prefazione, il libro intende dimostrare che “la cultura occidentale ha abbandonato le sue tradizioni migliori – uso della ragione, esercizio dei principi etici e ricerca di indizi indipendenti in tempo di guerra – a vantaggio delle sue tradizioni peggiori: il <<diritto imperiale>> all’intervento, nutrito di profondi pregiudizi razziali e scarsa attenzione per la storia delle sue stesse culture”.

La sporca guerra contro la Siria. Washington, regime e resistenza

di Tim Anderson

Zambon Editore, 2017

L’altro volto della guerra in Siria

Orlando Trinchi Lunedì, 15 Maggio 2017
«Intendono distruggere la Siria, l’unico Stato Arabo indipendente rimasto, nonché cuore dell’Asse della Resistenza (in sinergia con Iran ed Hezbollah)». Quello che lo scrittore e studioso australiano Tim Anderson attua nel suo accurato e ben documentato saggio, La sporca guerra contro
la Siria – pubblicato nel 2016 dalla Global Research Publishers e l’anno successivo in Italia da Zambon Editore –, è un radicale ribaltamento della prospettiva riguardo la guerra in Siria, le sue vere cause e gli interessi nascosti delle potenze coinvolte.

Tim Anderson, chi vuole distruggere la Siria e auspica un suo cambio di regime?
I principali aggressori sono gli USA insieme al Regno Unito e la Francia – ex-dòmini coloniali della Siria –, con i loro partners regionali, Arabia Saudita, Turchia, Qatar e Israele.

Cosa si intende per “Osservatorio Siriano per i Diritti Umani”?
Esso è costituito da un solo uomo stabilitosi in Inghilterra – un individuo legato ai Fratelli Musulmani siriani –, chiamato Rami Abdul Rahman. Si è accreditato con successo come fonte-chiave di ’informazione’ per i media occidentali in relazione a questa guerra. Appoggia i jihadisti e si dimostra con tutta evidenza fazioso, ma sembra che ciò non infastidisca più di tanto i media.

Che tipo di legame unisce gli Stati Uniti alle forze di opposizione confessionali?
L’ex vice-presidente degli Stati Uniti Joe Biden ammise, alla fine del 2014, che gli alleati USA – Arabia Saudita, Turchia, Qatar e altri – avevano finanziato e armato TUTTI i gruppi jihadisti, inclusi al-Nusra e ISIS. I poteri occidentali hanno cercato solo di tenere a distanza ISIS/DAESH; l’ISIS, tuttavia, utilizza principalmente armi americane.

Qual è il ruolo dei Fratelli Musulmani e dei Wahabiti nella destabilizzazione di questa regione?
I Fratelli Musulmani siriani hanno comandato e armato i gruppi ostili al governo siriano fino alla penetrazione dell’ISIS nella regione, avvenuta nel 2013. I loro principali sponsor erano Qatar, Turchia e altri. I Sauditi, tuttavia, divennero piuttosto invidiosi dell’ascendente dei Fratelli Musulmani, così preferirono finanziare e armare altri gruppi jihadisti, come l’ISIS, da loro creato in Iraq. La maggior parte delle volte i Fratelli Musulmani siriani hanno cooperato con i gruppi a vocazione internazionale di Al-Qaeda, ma altre volte (quando stanno perdendo o sono occupati in guerre territoriali) si scagliano gli uni contro gli altri.

Ha trovato elementi di discontinuità tra le amministrazioni Obama e Trump in relazione alla guerra in Siria?
Sembra che vi sia maggiore continuità, anche se ciò non è ancora chiaro. Nel 2016 Trump ventilò la possibilità di un ritiro dalla guerra in Siria, ma il suo attacco missilistico ad aprile mostra che evidentemente intese di dover attaccare la regione per dimostrare la propria credibilità all’interno dei confini americani. Allo stesso tempo, truppe americane hanno apertamente invaso lo Stato siriano, utilizzando come loro intermediari due gruppi di estrazione curda, l’YPG e l’SDF.

Quali sono le responsabilità di ONG come Avaaz, Human Right Watch e Amnesty International?
Questi gruppi non sono strettamente governativi, ciò nonostante penso che vadano piuttosto considerati alla stregua di società di pubbliche relazioni. Non possono essere ritenute vere e proprie ONG (NGO), che si sottopongono a qualsiasi controllo comunitario e mantengono la propria indipendenza dai poteri forti. Sotto l’amministrazione Obama non si riscontravano differenze tra la Casa Bianca e Avaaz/Human Right Watch/Amnesty International in nessuna particolare questione legata alla guerra. Infatti, sia i funzionari di Human Right Watch che quelli di Amnesty International lavoravano intercambiabilmente con il Dipartimento di Stato americano. Vedremo se qualche differenza emergerà con la presidenza Trump.

Cosa potrebbe dirci circa le distorsioni della verità operate dai media occidentali (BBC, The Guardian, ecc...)? E su Al-Jazeera?
Vi sono molti, molti casi inerenti la realizzazione di propaganda di guerra ad opera di al Jazeera, della BBC, dell’inglese Guardian e altri. Non mi riferisco solo alla distorsione delle notizie quanto al loro ruolo attivo nella produzione di prove.

Molte di queste provengono dai media occidentali a vocazione ’liberale’, come chiarisco in questo articolo.

Cosa si intende per false flag (Houla, Daraya, Aqrab, l’impiego di armi chimiche nella Ghouta orientale, ecc...)?
False flag significa un atto di guerra o un crimine di cui viene deliberatamente incolpata la fazione avversa. Il conflitto siriano è pieno di atti di questo genere, come spiego nel mio libro La sporca guerra contro la Siria. In due capitoli documento i false flags relativi al massacro del villaggio di Houla nel maggio 2012 e l’incidente delle armi chimiche nella Ghouta orientale nell’agosto del 2013. L’obiettivo di fondo è il tentativo di nascondere la violazione della legge internazionale implicita nell’aggressione contro la Siria e di diffondere un messaggio relativo a ’circostanze straordinarie’ che ne giustifichi la violazione della sovranità.

Cosa ne pensa del recente, presunto impiego di armi chimiche nella zona di Idlib e delle successive ritorsioni a opera degli Stati Uniti?
Un altro caso di false flag, molto simile a quello occorso nella Ghouta orientale più di tre anni prima, entrambi presentati come falsi dalle prove indipendenti raccolte dal Professor Ted Postol, consulente in medicina legale del Pentagono.

Molti profughi fuggono dalla Siria per poter accedere a cure urgenti. Qual è il vero impatto delle sanzioni contro questo Paese?
Molti sono fuggiti dalla Siria, ma molti altri sono diventati degli sfollati interni, che nella maggioranza dei casi cercano rifugio nelle zone controllate dall’esercito siriano. Mentre il terrorismo sostenuto dagli occidentali crea il caos nel Paese, le sanzioni occidentali rendono la vita estremamente difficile. Il WHO (World Health Organization) ha recentemente fatto notare che le sanzioni economiche occidentali impediscono l’accesso a medicine, cibo e carburante.

In che modo l’ISIS riceve armi dagli Stati Uniti e da altri Paesi?
Per la maggior parte attraverso intermediari, come Turchia e Arabia Saudita.

Cosa ne pensa riguardo l’accordo sulla creazione di quattro zone-cuscinetto?
Dipende da chi controlla queste zone. Il pericolo attuale è che gli Usa e i loro alleati useranno queste zone per demolire la Siria – per esempio provando (illegalmente) a ritagliare lo staterello curdo fuori dalla Siria. Se, al contrario, ciò rappresenta un prolungamento della tregua, aiuta a isolare i gruppi terroristi e favorisce il processo di riconciliazione interna promosso da Musalaha [organizzazione no-profit che favorisce il riavvicinamento e la riappacificazione tra Israeliani e Palestinesi, ndr.], potrebbe risultare alquanto utile.

Lei ha messo in guardia sulla manipolazione della verità. A chi credere?
Non possiamo credere a questi governi – e a questi media assoggettati – che negli ultimi sei anni hanno tentato di distruggere la Siria. L’inganno si annida al cuore di questa sporca guerra. Per lo meno, le persone dovrebbero tenere presente anche il “versante opposto”, in questo caso i media siriani, iraniani e russi. Nei media in lingua inglese vi sono validi giornalisti e analisti indipendenti, come i seguenti: Sharmine Narwani, Vanessa Beeley, Eva Bartlett, Stephen Gowans, Stephen Lendman, Tom Duggan, Caleb Maupin, Mnar Muhawesh, Kevork Almassian, Rick Sterling, Marwa Osman, Alexander Mercouris e Brandon Turbeville.

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