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La VOCE ANNO XIX N°10

giugno 2017

PAGINA b         - 30

TERZO ANNIVERSARIO DEL MASSACRO DI ODESSA

In ricordo del massacro alla Casa dei sindacati di Odessa, perpetrato il 2 maggio 2014 da gruppi neonazisti sotto regia Usa/Nato, propongo la visione di questo documentario presentato da Giulietto Chiesa su Pandora TV, con l’invito di dargli la massima diffusione:
Pubblicato il 03 mag 2017
Giulietto Chiesa presenta il documentario prodotto da Rossija1 sui tre anni dalla strage di Odessa. Un documento esclusivo che fa luce su una delle vicende più oscure della recente storia europea

Qui di seguito un mio articolo sull’Ucraina, pubblicato nel gennaio 2016.

Ucraina: Heil mein Nato!

La roadmap per la cooperazione tecnico-militare Nato-Ucraina, firmata in dicembre, integra ormai a tutti gli effetti le forze armate e l’industria bellica di Kiev in quelle dell’Alleanza a guida Usa. Manca solo l’entrata formale dell’Ucraina nella Nato. Il presidente Poroshenko ha annunciato a tal fine un «referendum» in data da definire, preannunciando una netta vittoria dei «sì» in base a un «sondaggio» già effettuato. Da parte sua la Nato garantisce che l’Ucraina, «uno dei partner più solidi dell’Alleanza», è «fermamente impegnata a realizzare la democrazia e la legalità».

I fatti parlano chiaro. L’Ucraina di Poroshenko – l’oligarca arricchitosi col saccheggio delle proprietà statali, del quale il premier Renzi loda la «saggia leadership» – ha decretato per legge in dicembre la messa al bando del Partito comunista d’Ucraina, accusato di «incitamento all’odio etnico e violazione dei diritti umani e delle libertà». Vengono proibiti per legge gli stessi simboli comunisti: cantare l’Internazionale comporta una pena di 5-10 anni di reclusione.

È l’atto finale di una campagna persecutoria analoga a quelle che segnarono l’avvento del fascismo in Italia e del nazismo in Germania. Sedi di partito distrutte, dirigenti linciati, giornalisti seviziati e assassinati, attivisti bruciati vivi nella Camera del Lavoro di Odessa, inermi civili massacrati a Mariupol, bombardati col fosforo bianco a Slaviansk, Lugansk, Donetsk. Un vero e proprio colpo di stato sotto regia Usa/Nato, col fine strategico di provocare in Europa una nuova guerra fredda per colpire e isolare la Russia e rafforzare, allo stesso tempo, l’influenza e la presenza militare degli Stati uniti in Europa.

Quale forza d’assalto sono stati usati, nel putsch di piazza Maidan e nelle azioni successive, gruppi neonazisti appositamente addestrati e armati, come provano le foto di militanti di Uno-Unso addestrati nel 2006 in Estonia. Le formazioni neonaziste sono state quindi incorporate nella Guardia nazionale, addestrata da centinaia di istruttori Usa della 173a divisione aviotrasportata, trasferiti da Vicenza in Ucraina, affiancati da altri della Nato.

L’Ucraina di Kiev è così divenuta il «vivaio» del rinascente nazismo nel cuore dell’Europa. A Kiev arrivano neonazisti da mezza Europa (Italia compresa) e dagli Usa, reclutati soprattutto da Pravy Sektor e dal battaglione Azov, la cui impronta nazista è rappresentata dall’emblema ricalcato da quello delle SS Das Reich.

Dopo essere stati addestrati e messi alla prova in azioni militari contro i russi di Ucraina nel Donbass, vengono fatti rientrare nei loro paesi con il «lasciapassare» del passaporto ucraino. Allo stesso tempo si diffonde in Ucraina l’ideologia nazista tra le giovani generazioni. Se ne occupa in particolare il battaglione Azov, che organizza campi di addestramento militare e formazione ideologica per bambini e ragazzi, ai quali si insegna anzitutto a odiare i russi.

Ciò avviene con la connivenza dei governi europei: per iniziativa di un parlamentare della Repubblica Ceca, il capo del battaglione Azov Andriy Biletsky, aspirante «Führer» dell’Ucraina, è stato invitato al Parlamento europeo quale «oratore ospite». Il tutto nel quadro dell’«Appoggio pratico della Nato all’Ucraina», comprendente il «Programma di potenziamento dell’educazione militare» al quale hanno partecipato nel 2015 360 professori ucraini, istruiti da 60 esperti Nato. In un altro programma Nato, «Diplomazia pubblica e comunicazioni strategiche», si insegna alle autorità a «contrastare la propaganda russa» e ai giornalisti a «generare storie fattuali dalla Crimea occupata e dall’Ucraina orientale».

(il manifesto, 5 gennaio 2016)

Luiss, convegno di diritto internazionale su Libia e Siria con finale a sorpresa


Una serie di incisivi interventi della Rete No War ha vivacizzato ed avviato su un terreno più positivo e problematico il convegno organizzato dalla Luiss in collaborazione con l’Istituto Affari Internazionali "Le Crisi Siriana e Libica: Possibili Equilibri e le Sfide al Diritto Internazionale".

L’obiettivo almeno di una parte degli organizzatori era con tutta evidenza quella di glorificare e rilanciare il nuovo corso del Diritto Internazionale basato sul concetto di "responsabilità internazionale per interventi in difesa dei civili” minacciati da regimi dittatoriali e genocidi (principio in base alla quale è stato condotto l’attacco alla Libia nel 2011), e sul concetto di "diritto alla difesa" degli stati contro presunti pericoli esterni (principio in base al quale gli USA - in quanto "minacciati dal terrorismo" - hanno invaso l’Afghanistan).

A sostegno di questo nuovo corso del Diritto Internazionale si è particolarmente distinta la Professoressa Sciso della Luiss con attacchi violentissimi e atteggiamenti parossisstici da autentica caccia alle streghe e santa crociata diretti contro gli odiosi "regimi" di Bashar Al-Assad e del defunto Gheddafi. Naturalmente la professoressa ha anche auspicato un rilancio dei “tribunali internazionali” per poter punire adeguatamente gli ignobili criminali e ha stigmatizzato con particolare virulenza l’ipocrita atteggiamento della Russia che con i suoi veti impedisce alla macchina della giustizia internazionale di funzionare.


In questo atteggiamento oltranzista la professoressa è stata sostenuta dal Prof. Ponti dell’Università di Milano che ha espresso la sua incrollabile certezza sulla responsabilità dell’orribile "regime" siriano per i presunti attacchi chimici del 2013 a Goutha orientale e recentemente nella provincia di Idlib controllata da Al Qaida.

Nessun dubbio ha sfiorato i suddetti Ponti e Sciso sul fatto, sottolineato dagli interventi della Rete No War, che nessuna commissione neutrale di chimici e medici aveva potuto aver accesso ai luoghi dei presunti attacchi. Questi luoghi sono sotto il controllo di Al Qaida e di altri gruppi terroristi, unici autori e depositari delle notizie provenienti dalle zone coinvolte negli "incidenti", per cui non si capisce chi avrebbe potuto raccogliere prove, prelevare campioni o esaminare i cadaveri e i feriti.

Da parte sua No War ha sottolineato il ruolo nefasto di Al Jazeera, di tutti i mass media occidentali, e delle ONG falsamente umanitarie (come Amnesty International, ecc,) nella preparazione dell’attacco alla Libia e delle analoghe provocazioni iniziali che hanno avviato le aggressioni alla Siria ed alla Jugoslavia. Ha denunciato i pericoli di manipolazione e provocazione insiti nei concetti di "interventi umanitari" , "difesa dei civili", “diritto alla difesa”, ecc.

Gli interventi di No War, che hanno riscosso una notevole approvazione da parte di studenti e persino di qualche professore presente tra il pubblico, ha permesso anche a molti oratori ufficiali di scantonare dal cammino che probabilmente alcuni organizzatori avevano pensato di prefissare per esaltare i concetti di "responsabilità di proteggere" e di "diritto alla difesa" , atti a giustificare interventi militari.

Abbastanza obiettivo ed interessante è stato l’intervento dell’ex-ambasciatrice italiana in Siria Dott.ssa Mirachian che, come altri oratori, ha esplicitamente citato gli interventi di No War.

Se da un lato ha parlato di errori commessi dal governo siriano per quello che ha ritenuto un atteggiamento di eccessiva chiusura verso le opposizioni, ha d’altra parte rimpianto la Siria precedente la crisi, descritta come un paese laico e tollerante con uno stato efficiente ed un tenore di vita tipico di un paese "mediamente sviluppato". Sollecitata da No War, ed avendo fatto parte del "gruppo di contatto" per l’ex Jugoslavia come rappresentante dell’Italia, ha anche ricordato l’episodio della falsa strage di Racak che dette origine all’aggressione alla Jugoslavia. Ha infine osservato ironicamente che di fronte ai tribunali internazionali vengono trascinati solo politici del Terzo Mondo.

Il prof Aliboni dell’Istituto Affari Internazionali ha ricordato nel suo intervento introduttivo che il governo del Baath in Siria era basato su una solida alleanza di minoranze alauite, cristiane, druse, armene, comprendente anche gran parte della classe media sunnita. Ha dichiarato che a suo parere si tratta di un governo pienamente legittimo, riconosciuto dall’ONU e da gran parte dei paesi rappresentati all’ONU.

L’esperto prof. Ronzitti della Luiss, che aveva il compito di parlare del “diritto alla difesa”, ha mantenuto un atteggiamento strettamente tecnico ed obiettivo, dichiarandosi alla fine un “conservatore”, nel senso di ritenere inutili le attuali forzature ed innovazioni del diritto internazionale. Dopo di lui la maggior parte dei giuristi presenti si è dichiarato “conservatore” nello stesso senso. Strettamente tecnici ed equilibrati sono stati gli interventi del pomeriggio sulla situazione attuale in Libia, ad esempio quello del responsabile per la sicurezza dell’ENI Dott. Rapisarda e del Prof. Sossai. Il governo Serraj ed il Parlamento di Tobruck, sostenuto dall’Egitto, che riconosce l’autorità del Gen. Haftar, sono stati posti sullo stesso piano. Il Prof. Sossai ha confermato che gli ingenti fondi libici sequestrati nel 2011 sono ancora “congelati” e che non si parla per ora di restituirli alla Libia.

Gli interventi finali di chiusura sono stati anch’essi piuttosto equilibrati: il giornalista del TG2 Lo Savio ha sostanzialmente riconosciuto il ruolo nefasto di al Jazeera e le ambiguità di molta parte dei mass media e ha osservato che le tesi della Prof. Sciso erano rimaste in minoranza. Molto equilibrato anche l’intervento del Prof. Colombo, anche se nel suo, così come in tutti gli interventi precedenti, è mancato un riconoscimento del ruolo decisivo giocato nella crisi siriana dall’interventismo (diretto o indiretto) dei paesi occidentali (sottolineato invece in un intervento di No War). In genere la crisi in Siria ed Iraq è stata vista come un episodio dello scontro locale tra Arabia Saudita appoggiata dalle altre monarchie del Golfo e l’Iran.

In definitiva una giornata annunciatasi come un momento di esaltazione del nuovo diritto “umanitario” interventista e di giustificazione dell’attacco alla Libia e di condanna della Siria, si è invece conclusa abbastanza positivamente.

Vincenzo Brandi

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