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La VOCE ANNO XIX N°10

giugno 2017

PAGINA 9

FRANCIA: HA VINTO L’ULTRADESTRA, RAZZISTA, XENOFOBA, FASCISTA,SECURITARIA, REAZIONARIA….

Il dramma è tutto francese e, per la proprietà transitiva, di tutti i popoli europei il cui cammino verso l’emancipazione e una democrazia meno truffaldina ha ricevuto – negli effetti, non nei numeri – una feroce battuta d’arresto. La farsa è nostra, di un establishment che, in forma di unità nazionale, da “sinistra a destra”, dal “manifesto” a Monti, ha reagito come se avesse vinto lui, esultando oltre ogni misura decente, lanciando inni e ghirlande, confermando la sua ormai storica, dal 1945, vocazione alla burina venerazione del legato imperiale.

Il “manifesto”, coprendo una volta di più di ridicolo la sua testatina per gonzi, “quotidiano comunista”, ha ribadito la sua collocazione e i suoi referenti, già scurrilmente esibiti nella campagna pro Hillary Clinton. Ovviamente il suo (e di altri sinistri imperialisti e globalisti) cannoneggiamento della Le Pen quale rigurgito xenofobo, razzista, fascista, nostalgico di Petain, Vichy e deportazioni ad Auschwitz, doveva fare da quinta dietro la quale occultare l’identità totalitaria, sociocida e antipopolare del guitto belloccio, dagli occhi azzurri. Che, oltre tutto, riscatta dalla vecchiaia le donne meglio di un lifting, stando con una di 24 anni più anziana di lui e così contando di suscitare grandi aspettative tra le cosiddette milf, un serbatoio elettorale non da poco.

L’unico giornale che, in questo tripudio di gente che prende il Tavernello per champagne, è stato il Fatto Quotidiano, raccontando un Macron almeno un tantino problematico per i suoi trascorsi hollandiani di stragista sociale e le sue origini macchiate di criminalità plutocratica. L’inno alla gioia che una banda di esperti di demolizioni controllate, incistata in Europa dagli Usa indispettiti dalle costituzioni democratiche degli Stati europei usciti dalla battaglia antinazifascista, ha sottratto alle intenzioni del suo autore Beethoven, è stata la colonna sonora di un’operazione mafio-massonico-bancaria per suggestionare il volgo e l’inclita che le scelleratezze implicite nella promessa Macron, nel suo percorso, nelle sue intenzioni, erano invece tutte di Marine Le Pen.. Per la precisione, qui, dicendo Macron, intendiamo i soliti burattinai che piazzano i loro pupi dove occorre, che si tratti di Bush, Clinton, Blair, Obama, Sarkozy, Hollande, Macron o, nel nostro infimo, Monti, Letta, Napolitano, Mattarella, Renzi. Teste di legno, uomini di paglia, specchietti per le allodole, marionette ai fili, che soltanto l’indotta ossessione dello starsystem, del mito del superuomo, per quanto cartonato, e del relativo gossip può far passare per uomini di potere.

Ha vinto, infatti, colui che impersona con chiarezza e determinazione quanto i suoi followers hanno attribuito all’antagonista, sublimato nella capriola del “manifesto”, organo del femminismo alla baionetta, che, dopo aver ritenuto la qualità di donna nell’assassina seriale Clinton titolo sufficiente e decisivo per la presidenza degli Usa, ha sovvertito il concetto su cui ha prosperato per 50 anni, titolando a pieni paginoni sulla candidata del Front National “Speriamo che non sia femmina”..

Ha vinto il liscio e forbito pupazzetto che le due criminalità, quella organizzata clandestina e quella politico-economica ufficiale, avevano estratto dalla manica dopo che s’era confermato degno del mandato affidatogli dai Grandi Maestri e Grandi Rothschild quando, in coppia con un autentico Gestapo gallico, Manuel Valls, aveva dato l’assalto alla Loi Travail. Mandato oggi confermato con un programma che promette soluzioni terminali ai diritti del lavoro con la fine del contratto nazionale e la consegna di ogni destino di lavoratore all’arbitrio del padrone. E se non basta, ci sono le leggi df’emergenza in vigore da tre anni e che vedrai come verranno utili. Fanno schifo solo quelle di Al Sisi che deve confrontarsi con una bazzecola come il terrorismo 24 ore su 24 dei Fratelli Musulmani.

Ha vinto il fiduciario ed erede di Hollande per il ruolo neocoloniale della Francia, subalterno al dominio mondialista degli Usa, ma con ampi spazi di predazione e sfoltimenti umani nelle aree proconsolari concesse (Sahel, Africa Occidentale), purchè pronto a fornire ai genocidi imperiali altri contributi, in Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Yemen. Curioso, a questo proposito, come vi sia, di nuovo da “sinistra” a destra, chi veda razzismo e xenofobia nell’avversione di Le Pen all’invasione islamica, forse perché ha capito che l’operazione migranti è quella che le élite mondialiste mettono in campo al fine di disintegrare stati nazione. Protagonista Soros, per sterilizzare i paesi delle risorse e ridurre all’ordine quelli dei lavoratori. E poi non veda nulla di queste disumane e incivili depravazioni in chi pratica la satanizzazione e il conseguente masskilleraggio di coloro che si trovano seduti su petrolio e gasdotti. Per carità, qui non si tratta di razzismo. Si tratta di diritti umani.

Ha perso chi ha contro gente così (nella foto, tra vari Rothschild, Kissinger, Rockefeller e Soros):

Ha vinto l’omino dell’establishment contro quella che, almeno su un paio di questioni vitali – e dirimenti ! - per la sopravvivenza sociale e fisica dell’umanità, aveva detto cose fuori dai tempi nefasti che corrono: via dall’Europa maltusiana dei ricchi e della moneta che trasferisce tutto il trasferibile dal basso al vertice, per la Francia dei massacrati da costoro e via dal confronto psicotico e necrogeno con la Russia, via dalle guerre. Ha vinto l’atlantista talmudista sostenuto dalla ragnatela dal cui centro coordina e interviene la Vedova
Nera con sul pungiglione la stella di David. Ha vinto l’aiutante di campo del Feldmaresciallo tedesco impegnato a liberare l’Europa che conta dalle presenze, inutilizzabili perché già svuotate e sfiatate, del suo meridione, ormai pure espressioni geografiche da lasciare in pasto a mafia, diritti civili e business migranti.

Ha vinto chi ha avuto dalla sua l’intero apparato mediatico di regime, via via addobbato da destra o sinistra: Le Figaro, Le Monde, Le Parisien, Le Point, Liberation…. Quest’ultimo un facsimile del “manifesto” con, al posto del simpatizzante miliardario Soros, il peripatetico miliardario Patrick Drahi, marocchino di doppia nazionalità franco-israeliana, proprietario di un vasto impero di media e telecomunicazioni, tra il quale il garofano rosso stinto del quotidiano voltagabbana post-68. Un bel contributo alla decerebrazione dei francesi che avrebbero dovuto decidere in base a convinzioni fondate su verità. E’ la democrazia, bellezza.

Il giovane e la marianna stagionata: colpo da maestro
Ha vinto colui che ha suscitato soddisfazione nelle ambasciate dei paesi i cui governi hanno apertamente interferito nelle elezioni francesi (Usa., come sempre, Germania, Belgio Italia e Canada. Tutto come di consueto, insomma, mentre intollerabili erano i subdoli interventi di Putin ,a favore di Le Pen, ovviamente inventati ), tutti impegnati alla morte nel distogliere i francesi da una scelta contraria all’autentico fascismo moderno, tecnocratico, plutocratico, finanziario, deculturizzato, come impersonato dal biondino rothschildiano con moglie-mamma. E la mamma è pur sempre la mamma, tanto più commovente, femminista e matriarcale, quando è pure moglie e vetrina.

Ha vinto uno che è stato respinto da una quota di astensioni mai vista dal 1969, come dal più alto voto di oppositori della storia presidenziale e che è stato votato da un buon numero di traviati che non se la sentivano proprio di sostenere un candidato etichettato di tutte le nefandezze del mondo, da ultradestra a fascista, da una travolgente campagna internazionale di denigrazione, nonostante che non esibisse sintomi di fascismo e il suo programma favorisse gli strati deprivati e la pace mondiale.

Un presidente francese incompetente, babbalone e inetto come li si trovano solo in Italia, all’uscita di scena ha compiuto il suo capolavoro politico. E’ riuscito a far passare lo sguattero della sua politica neoliberista, repressiva, terroristica e antisociale per il “candidato del cambiamento”, né destro, né sinistro, fresco come un bocciolo di rosa, un “outsider”, però griffato “Rothschild”, presentabile in società. Una nuova stella politica sostenuta da tutti i vecchi politici di cui il pubblico voleva liberarsi. Potenza della comunicazione!.

La Francia, dice la mia amica e grande analista, Diana Johnstone, era percepita come anello debole, grazie alla’inconsistenza dei suoi dirigenti, nel progetto globalista dell’eliminazione di sovranità nazionali a vantaggio dell’impero mondiale del capitale. Grazie a uno sforzo eccezionale, con umile contributo vernacolare del “manifesto” e di tutte le “sinistre italiote”, tale pericolo è stato per ora evitato.

A sinistra risponde uno squillo
Tutto risolto e sistemato? Il rumoreggiare in piazza di diecimila persone autoconvocate, a poche ore dalla cerimonia massonico-napoleonica del Louvre, che necessitavano di essere pestate dai robocop, ancora di Hollande ma già anche di Macron e sempre di Rothschild, indica che i francesi tagliati fuori rientrano in campo.


E se ora mi dite che io, e tutta la la maledetta genìa dei sovranisti che non gioisce del trionfo di Macron, parliamo come Salvini non avete capito niente. Non avete capito che Salvini l’hanno messo lì proprio perché, spargendo, a forza di minchiate da scemo del villaggio, barbarie da trogloditi (chiedendo scusa ai trogloditi), screditi, sputtani, renda inservibili coloro che i cavernicoli li hanno individuati nelle cancellerie, think tank, Ong, chiese e bordelli dell’Occidente turbocapitalista e mondialista.

Papa Francesco benedice il boia al-Sisi

La stampa borghese e tutto il sistema medsiatico celebrano la visita di Papa Bergoglio in Egitto. La stampa laica in prima fila. “Il Papa invoca la pace”, ” “Il Papa denuncia la proliferazione delle armi”, e via discorrendo, di apologia in apologia. Il Manifesto, “quotidiano comunista”, non è da meno: “Francesco in Egitto contro armi e povertà”, titola a grandi caratteri. Sconcertante.

Il Papa sta visitando un paese dominato da un regime militare, che ha appena varato una riforma giudiziaria che mette la magistratura sotto il controllo del generale, che schiaccia i diritti sociali sindacali e civili più elementari, che condanna a morte centinaia di oppositori, che sequestra e tortura migliaia di desaparecidos. Giulio Regeni ha subito sulla propria pelle la natura di questo regime. Il fatto che il Papa abbia incontrato pubblicamente al-Sisi costituisce di per sé un atto di legittimazione del regime, che infatti usa l’evento per autocelebrarsi. Il fatto che non abbia nominato neppure per sbaglio il caso Regeni, nonostante il pubblico appello della madre, dimostra una volta di più che la Chiesa antepone come sempre le proprie relazioni di potere (con qualsiasi potere dominante) ad ogni valore di giustizia, anche solo umanitario. Perché la Chiesa è una potenza internazionale che ha interessi da difendere, non valori da tutelare.

Non stupisce l’attenzione entusiasta del governo italiano verso la visita di Francesco ad al-Sisi. Gentiloni spera che la legittimazione papale di al-Sisi possa aprire la via al ritorno dell’ambasciatore italiano in Egitto, archiviando definitivamente l’ostacolo del caso Regeni. Le relazioni dell’imperialismo italiano con l’Egitto sono troppo importanti, troppo importante è la concorrenza con la Francia per il controllo del Nord Africa, per subordinare il tutto a uno spiacevole “incidente” giudiziario. Peraltro l’Egitto è diventato più che mai oggetto di contesa tra USA e Russia nella delicata composizione di schieramenti ed equilibri in Medio Oriente, e l’Italia poterebbe ritagliarsi un ruolo profittevole di mediazione. I genitori di Giulio se ne facciano una ragione.

Non stupisce neppure il silenzio ossequioso del loquace Di Maio sulla visita del Papa in Egitto. Del resto l’aspirante premier pentastellato non ha mancato di farsi ritrarre compunto ai piedi dell’altare durante una recente messa papale. E i segnali di attenzione del M5S verso il Vaticano (ricambiati) si vanno infittendo sempre più. Perché rovinare il nuovo clima di dialogo con parole inopportune su Regeni? Meglio accodarsi in silenzio alle celebrazioni di Francesco.

Di certo colpisce l’ipocrisia della sinistra riformista, in tutte le sue articolazioni, che si aggrappa alle parole vuote di Bergoglio sul rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo per vedervi il segno del progressismo del nuovo papato o addirittura (come pure si è detto) del suo anticapitalismo. Ma una sinistra che sogna in cuor suo di ritornare un giorno nel governo del capitale ha bisogno di dimostrarsi compatibile con la Chiesa, che del capitale è istituzionalmente parte integrante e inseparabile.

Di fatto solo una sinistra anticapitalista, e dunque anticlericale, può oggi rivendicare a voce alta giustizia per Giulio Regeni, contro l’abbraccio tra Bergoglio e al-Sisi.


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