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La VOCE ANNO XIX N°10

giugno 2017

PAGINA 3         - 19

TRUMP CHIEDE PIÙ FONDI PER MODERNIZZARE GUANTÁNAMO

La Habana, 18 marzo2017 - Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, vuole che il Congresso assegni al Pentagono circa 2 miliardi di dollari per modernizzare la prigione di Guantánamo e creare un fondo "flessibile" da usare contro lo Stato Islamico nei prossimi 6 mesi.
Secondo informazioni dell’agenzia Reuters, Trump vuole modernizzare il centro di detenzione in territorio cubano che il suo predecessore democratico Barack Obama aveva promesso che avrebbe chiuso, cosa che non è riuscito a fare nei suoi 8 anni di mandato.
Trump durante la campagna elettorale ha detto che non solo voleva tenere aperta la prigione di Guantánamo, ma sperava che il numero di detenuti crescesse. La richiesta al Congresso include 1,1 miliardi di dollari destinati a "piani e disegni di progetti di costruzione" per la modernizzazione della struttura.
Queste proposte fanno parte di una richiesta supplementare di 30 miliardi di dollari al Congresso per il bilancio del Pentagono nell’anno fiscale in corso, che è cominciato durante il mandato di Obama e terminerà in settembre.
La prigione è stata inaugurata dal presidente repubblicano George W. Bush per detenere i sospettati di terrorismo dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Obama ha ridotto a 41 il numero totale dei detenuti, ma non ha potuto mantenere la promessa di chiudere il carcere.
Il piano prevede anche fondi per la lotta contro lo Stato Islamico, incluse bombe ad alta tecnologia e sistemi di difesa contro i droni usati dagli insorti.

Traduzione: Redazione di El Moncada

RAÚL CASTRO AL VERTICE DELL’ALBA: SIAMO IN UNA FASE CRUCIALE DELLA NOSTRA STORIA

Discorso pronunciato dal Generale dell’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba e Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, al XIV Vertice straordinario dell’ALBA-TCP, a Caracas, Venezuela, il 5 marzo 2017, "Anno 59º della Rivoluzione".
(Versione Stenografica - Consiglio di Stato)

Compagno Nicolás Maduro Moros, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, nostro fratello Maduro,
Stimati capi di Stato e di Governo dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nuestra América,
Stimati Capi di delegazioni e invitati,
Oserei dire che siamo in una fase cruciale della nostra storia, nella quale una retrocessione su scala regionale avrebbe impatti molto negativi per i nostri popoli.
Fidel ci ha insegnato a ricorrere sempre alla storia, a essere audaci e allo stesso tempo realisti e che ciò che sembra impossibile si può realizzare se ce lo proponiamo con fermezza e agiamo in modo conseguente.
I paesi membri dell’ALBA-TCP considerano l’integrazione solidale come una condizione imprescindibile per avanzare verso lo sviluppo, di fronte alla crescente formazione di grandi blocchi che dominano l’economia mondiale. Puntiamo sulla volontà politica di aprire maggiori opportunità al commercio, all’investimento e alla cooperazione interregionale, senza le quale i nostri progressi saranno sempre insufficienti. Abbiamo dimostrato anche capacità di concertazione.
L’ ALBA non sarebbe stata possibile nell’epoca in cui trionfò la Rivoluzione Cubana. È stato necessario che succedessero la ribellione civico-militare del 4 febbraio 1992 e il trionfo della Rivoluzione Bolivariana guidata dall’indimenticabile Comandante Hugo Chávez Frías, perché potesse aprirsi il passo un’iniziativa come questa.
È stato importante che nel Forum di Sao Paulo le idee di Fidel e di Lula convergessero per ricevere a appoggiare Chávez.
Oggi continua a essere decisivo il legame tra l’Alba e il Forum di Sao Paulo e la relazione tra i governi rivoluzionari e progressisti con le forze politiche, i movimenti popolari, le organizzazioni sindacali, contadine, studentesche, accademiche e con l’intellettualità dei nostri popoli.
Chávez ci ha sempre spiegato la complessità di lanciare la rivoluzione in un paese petrolifero, dipendente da un mercato unico, con un’oligarchia finanziaria corrotta, una popolazione alla quale sono state imposte abitudini consumistiche insostenibili e un’economia neoliberista delle rendite, che ha portato il paese alla bancarotta.
Per intraprendere le trasformazioni, Chávez si era reso conto che il suo compito principale era quello di costruire un’ampia unità civico-militare, che oggi è guidata dal Presidente Nicolás Maduro con il sostegno del popolo bolivariano e chavista.
La costruzione dell’unità è il compito più importante che ogni vera rivoluzione affronta.
Noi rivoluzionari abbiamo molte idee e visioni di quale può essere il cammino e di come percorrerlo con successo. Ma per consolidare l’unità bisogna mettere da parte, con modestia, tutto ciò che ci divide e ci separa.
Grazie all’unità, la Rivoluzione Bolivariana è sopravvissuta all’assedio e alle aggressioni dei suoi nemici.
Per questa unità la Rivoluzione è sopravvissuta alle bassezze della OEA, alle irritanti e ingiuste sanzioni nordamericane, alle recenti accuse contro il suo vicepresidente esecutivo, il compagno Tareck El Aissami, che cercano solo di sviare l’attenzione dai veri problemi e di screditare coloro che sono impegnati a salvare, sviluppare e difendere la patria.
La nuova agenda del governo degli Stati Uniti rischia di scatenare un protezionismo commerciale estremo ed egoista che si scontrerà con la competitività del nostro commercio estero; danneggerà gli accordi ambientali per favorire le entrate delle multinazionali; perseguirà e deporterà emigranti generati dalla disuguale distribuzione della ricchezza e dall’aumento della povertà che l’ordine internazionale imposto provoca.
Il muro che si intende elevare sulla frontiera nord del Messico è un’espressione di tale irrazionalità, non solo contro questo paese fratello, ma contro tutta la nostra regione. Esprimiamo la solidarietà di Cuba con il popolo e con il governo messicani. La povertà, le catastrofi, gli emigranti non si contengono con i muri (Applausi), ma con la cooperazione, la comprensione e la pace.
Il Venezuela ha dato un grande contributo all’integrazione regionale con la sua solidarietà e generosità, specialmente verso i popoli dell’America Latina, e in particolare dei Caraibi, quando ci convocava a integrarci in Petrocaribe, UNASUR e CELAC.
Non sono soli. A loro ribadisco l’impegno assunto nella nostra Dichiarazione, di accompagnare la difesa del Venezuela e la posizione degna, coraggiosa e costruttiva del presidente Nicolás Maduro.
Compagne e compagni,
In Venezuela oggi si sferra la battaglia decisiva per la sovranità,
l’emancipazione, l’integrazione e lo sviluppo della Nuestra América.
È un’aspirazione che abbiamo consacrato nel Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, adottato dalla CELAC nel suo Vertice di La Habana, nel gennaio 2014. È necessario un rigoroso rispetto di quella dichiarazione, nella quale ci siamo impegnati a compiere il nostro "obbligo di non intervenire direttamente o indirettamente negli affari interni di qualsiasi altro Stato e a osservare i principi della sovranità nazionale, la parità di diritti e la libera determinazione dei popoli"; a risolvere le differenze in modo pacifico e a rispettare i principi e le norme del Diritto Internazionale e i principi e i propositi della Carta delle Nazioni Unite"; a rispettare "i principi e le norme del diritto internazionale e i principi e le finalità della Carta delle Nazioni Unite"; e a rispettare "il diritto inalienabile di ogni Stato di scegliere il suo sistema politico, economico, sociale e culturale, come condizione essenziale garantire la pacifica convivenza tra le nazioni".
Quello storico documento esorta "tutti gli Stati membri della Comunità Internazionale a rispettare pienamente questa Dichiarazione nelle loro relazioni con gli Stati membri della CELAC".
Nessuna causa giusta della Patria Grande ci è estranea. Non deluderemo mai i cari fratelli dei Caraibi.
Ribadiamo il nostro sostegno alla loro legittima pretesa di risarcimento per gli orrori della schiavitù e la tratta degli schiavi; alla loro richiesta di ricevere cooperazione in funzione delle loro esigenze e non sulla base di indicatori che li classificano come paesi a reddito medio; a un trattamento speciale e differenziato nell’accesso al commercio e agli investimenti, nonché ai finanziamenti per adattarsi agli effetti del cambiamento climatico e far fronte alle calamità naturali, come Stati insulari, piccoli e vulnerabili tali quali sono; e il nostro rifiuto dell’ingiusta persecuzione di cui sono oggetto da parte dei centri del capitale finanziario.
Ribadiamo la nostra solidarietà a Dilma Rousseff, a Luiz Inácio Lula da Silva e a Cristina Fernández de Kirchner, leader riconosciuti della Nuestra América.
Non desisteremo dal sostenere Correa e il suo compagno Lenín Moreno in Ecuador. Non lasceremo mai solo Evo, vero leader della Bolivia e di tutti i popoli nativi. Continueremo ad accompagnare Daniel e il popolo sandinista del Nicaragua.
Molte grazie (Applausi).

Traduzione: Redazione di El Moncada

HUGO CHÁVEZ: UN POSTO NELLA STORIA

La Habana, 5 marzo 2017 - Il Comandante Hugo Chávez, leader indiscusso della Rivoluzione Bolivariana in Venezuela, ha fatto nel suo cammino un percorso che lo ha portato da Sabaneta, nello stato di Barinas, alla storia verso il profondo cambiamento che oggi vive il paese sudamericano.
A quattro anni dalla sua partenza fisica, è ricordato per una singolare personalità capace di captare i più diversi sentimenti popolari, oltre ad aver ricevuto nella sua formazione l’influenza militare ed entrando in una scuola di quel tipo nel 1971.
Inoltre, questo processo gli ha fornito la conoscenza dei luoghi più remoti del paese e della situazione critica in cui sopravvivevano milioni di venezuelani.
Seguace del pensiero e dell’opera del Libertador, Simón Bolívar, Chávez ha fatto anche studi post-lauream in Scienze Politiche, che hanno strutturato e sistematizzato le sue prime preoccupazioni politiche e sociali.
Furono proprio quelle preoccupazioni l’origine della fondazione nel 1982, insieme ad altri ufficiali del corpo militare, del Movimento Bolivariano Rivoluzionario 200 (MBR200), nel contesto di una deteriorata situazione sociopolitica nel paese, che ha portato, nel 1989, all’esplosione popolare conosciuta come "El Caracazo".
Il Venezuela degli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso è stato caratterizzato dall’esaurirsi del modello neoliberista istruito dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e intronizzato da governanti venali e corrotti, che ha riempito il paese di milioni di poveri nonostante le immense ricchezze generate dallo sfruttamento del petrolio.
È in questo scenario nel che egli conduce, il 4 febbraio 1992, una ribellione civile-militare contro il presidente di turno, Carlos Andrés Pérez, che è finita in un fallimento, ma che con il "per adesso" pronunciato da Chávez assumendo pubblicamente la responsabilità di quell’azione, è diventato il punto di partenza di un processo politico che avrebbe cambiato il paese.
Per quei fatti, Chávez è stato due anni in prigione, da dove è uscito rafforzato ideologicamente e politicamente, e allora ha fondato il "Movimiento V República".
Dopo la sua liberazione, ha iniziato un pellegrinaggio sociale e politico per tutto il paese, oltre a unire alle sue fila studenti, professionisti, piccoli e medi imprenditori, contadini, agricoltori, pescatori, minatori, indigeni, operai, donne, giovani, militari, dirigenti locali e la quasi totalità della dirigenza della sinistra venezuelana.
Tutto ciò sotto le bandiere del riscatto del pensiero bolivariano e della convocazione a un’Assemblea Costituente per rifondare lo Stato, recuperare la sovranità popolare e nazionale, nonché trasformare la struttura di esclusione sociale delle grandi maggioranze.
In questo modo, ha partecipato alle elezioni presidenziali del 6 dicembre 1998 ed è stato eletto con il 56,2% dei voti validi ed è diventato il 47° presidente del Venezuela, sostenuto dal voto popolare con l’allora seconda più alta percentuale raggiunta da un candidato presidenziale in quattro decenni.
Un referendum costituente, l’elaborazione di una nuova Magna Carta in sostituzione di quella del 1961 e la sua approvazione da parte del Parlamento il 15 dicembre, hanno segnato il primo anno di governo e hanno creato le basi di un profondo processo di riforme politiche, economiche e sociali che continua attualmente.
In virtù di quanto stabilito dalla nuova Costituzione Bolivariana, furono convocate elezioni generali per l’anno seguente, al fine di rilegittimare tutte le cariche di elezione popolare, compresa la Presidenza, e a quell’appuntamento Chávez è stato ratificato ottenendo il 59,76% dei suffragi.
Tuttavia, la battaglia politica era intensa, perché le misure messe in attuo dal governo per rafforzare la sovranità e consolidare l’indipendenza, tra cui la Legge sugli Idrocarburi del 2001, volta a recuperare le risorse derivate dal petrolio, hanno istigato contro di lui i settori più ricchi del paese, che contavano allora come adesso, sul sostegno degli Stati Uniti.
L’effimero colpo di Stato di aprile del 2002 e lo sciopero petrolifero della fine del 2003 e l’inizio del 2004, sono stati i tentativi più gravi dell’oligarchia venezuelana, associata a interessi stranieri, di tentare di liberarsi di Chávez e di riprendere il controllo del paese, frustrati dalla resistenza popolare e della maggior parte dei militari.
Dopo aver superato il referendum revocatorio promosso dall’opposizione nel 2004 ed essere stato rieletto nelle elezioni presidenziali del 3 dicembre di 2006, Chávez ha iniziato il periodo di governo 2007-2012 con un crescente appoggio della maggior parte della popolazione, che lo vede come il leader che li ha tirati fuori dall’eterna esclusione e ha cambiato loro la vita.
Le elezioni del 7 ottobre del 2012 hanno portato alla rielezione del presidente per un nuovo periodo 2013-2019, con il supporto del 55,07% degli elettori, con 8.191.132 voti, in un processo in cui la partecipazione è arrivata all’80,4%.
La vita ha colpito duramente la salute del leader e una dolorosa malattia ha raggiunto l’obiettivo che le più diverse forze di destra non hanno raggiunto, la sua scomparsa fisica il 5 marzo del 2013, ma la realtà dimostra che rimane presente nel cuore dei latinoamericani.
Autore: Mario Esquivel

Traduzione: Redazione di El Moncada

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