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La VOCE ANNO XX N°4

dicembre 2017

PAGINA 5

Segue da Pag.4: La Nuova Era cinese – Parte I : il potere di Xi Jinping

Per il 2035, il rapporto fissa l’obiettivo di “aver costruito un paese socialista moderno che sia forte, prosperoso, democratico, culturalmente avanzato e armonioso”. Per i 15 anni che separano la “fase 1” dalla “fase 2”, Xi ha esposto cinque priorità, che erano già delineate in parte del Tredicesimo Piano Quinquennale:

  1. Ristrutturare la produzione industriale, sgonfiare i settori infrastrutturali che sono attualmente in sovracapacità, riduzione della leva finanziaria del debito privato
  2. Costruire settori ad alta tecnologia in cui l’innovazione sia di livello mondiale;
  3. Ridurre l’inquinamento, migliorare la protezione ambientale;
  4. Costruire un sistema protezione sociale più forte, inclusa la copertura medica e previdenziale;
  5. Ridurre le disuguaglianze tra le province e tra le aree urbane e rurali.
Infine, l’obiettivo per il 2050, a un secolo dalla Rivoluzione di Mao: far diventare la Cina una nazione con influenza globale pionieristica, con un esercito di caratura mondiale, sempre sottomesso alla guida politica del Partito, che “non dovrà mai cercare l’egemonia”. Va notato che, nell’uso cinese, egemonia significa esattamente il contrario della lezione gramsciana: significa cercare il dominio. Quando il governo cinese contesta la politica statunitense, muove l’accusa di egemonismo.

Il PCC e la legittimità

Quello che colpisce nel rapporto politico di Xi è che l’obiettivo politico del PCC, e quindi dello stato cinese, rimane il progetto di miglioramento delle condizioni di vita delle classi popolari. Questo, sia ben chiaro, non toglie in nessuna maniera il potere acquisito dalle forze capitaliste, non toglie la sacrosanta critica al paternalismo, e non è questo il luogo in cui si può risolvere l’eterna domanda se in Cina vi sia una forma di socialismo o meno.

Da anni molti critici del governo cinese sostengono che si stia spostando la fonte della legittimità dal miglioramento delle condizioni di vita al nazionalismo, alla fine il progetto presentato in questo congresso si basa ancora sull’estrarre dalla povertà chi ancora vive sotto la soglia e sul migliorare la qualità della vita di chi è uscito dalla povertà pagando però il prezzo di una modernizzazione a ritmi forzati, a tratti ritmi folli. Colpisce, ma in realtà non deve stupire.

Non deve stupire perché solo un pesante pregiudizio può far pensare che le contraddizioni che percorrono la società cinese possano essere tenute insieme dalla contesa per alcuni isolotti di dubbia importanza strategica nel Mar Cinese Meridionale. Questo è un pregiudizio che è spesso esplicitato nei confronti dell’élite cinese, considerata semplicemente ipocrita e dedita agli interessi delle classi dominanti e/o di una ristretta cricca autoreferenziale. Lo stesso pregiudizio – in maniera implicita - è spesso rivolto verso lo stesso popolo cinese che non si rivolta secondo i desideri dei critici occidentali. Poco importa se i lavoratori cinesi portano anno dopo anno un livello di conflitto crescente, se passano da protestare per il rispetto delle regole minime dei contratti di lavoro a protestare per più salario e più democrazia nella gestione delle relazioni industriali. Se non protestano chiedendo la fine del governo del PCC, vengono eliminati dal discorso.

Per quanto Xi Jinping possa rafforzare la sua posizione come nucleo del Partito Comunista Cinese, è nella società, nel rapporto tra la società e il Partito, che si gioca la riuscita del suo progetto. Potrebbe sembrare una banalità, eppure troppi critici (ma anche adulatori) tendono a dimenticarsi che - come diceva Marx – è “nel laboratorio segreto della produzione” che prende forma la società.

Giappone: vince Abe, il guerrafondaio

Arretra il Partito Comunista Giapponese, i giovani votano a destra.

di Paolo Rizzi 11/11/2017

Il capo del governo “liberaldemocratico” Shinzo Abe ha vinto la sua scommessa: la sua coalizione ha confermato la maggioranza alle elezioni anticipate del 22 Ottobre. La coalizione di governo conferma la supermaggioranza dei due terzi tra camera bassa e camera alta, necessaria per modificare la Costituzione. Le elezioni sono state convocate con un anno di anticipo come mossa per sfruttare la divisione dell’opposizione e i risultati economici positivi, prima della riforma delle tasse che si annuncia in senso anti popolare.

La coalizione vincente

Per Shinzo Abe è quindi una vittoria. Il Partito Liberal Democratico (LDP) ha ottenuto il 33,28% (+0,17%) dei voti e 284 seggi sul totale di 465, gli alleati del Komeito il 12,51% (-1,2%) e 29 seggi. Il sistema elettorale misto (un terzo proporzionale, due terzi maggioritario a collegi uninominali) permette di trasformare il 46% dei voti nel 67% dei seggi. Il confronto in termini di seggi con le elezioni precedenti non è significativo, visto che è diminuito il numero totale di parlamentari.

L’LDP è lo storico partito di governo, garante della fedeltà agli Stati Uniti, al governo dagli anni ‘50 a oggi con soli pochi anni di interruzione. Negli ultimi anni si è spostato decisamente verso destra, spingendo per più mercato e per un ritorno ufficiale del Giappone a potenza militare.

Il Komeito è un partito religioso, legato all’organizzazione buddista Soka Gakkai. Ufficialmente il Komeito è un partito pacifista, il giorno dopo le elezioni ha firmato un patto pubblico con l’LDP in cui si impegna ad approfondire il dibattito per riformare la costituzione, in particolare l’Articolo 9 che proibisce la ricostituzione dell’esercito giapponese.

L’opposizione frammentata, arretrano i comunisti

Dopo di anni di sforzi guidati dal Partito Comunista Giapponese (CPJ) per formare un fronte pacifista unito, l’opposizione si è presentata con due coalizioni divise. Il Partito Democratico si è frammentato in due tronconi che sono confluiti nelle due diverse coalizioni.

Uno dei due tronconi ha formato il Partito Democratico Costituzionale (PDC) che è confluito nella Coalizione Pacifista, insieme ai comunisti e al piccolo Partito Social Democratico (SDP). Il PDC ha ottenuto il 19,88% dei voti e 55 seggi. Il CPJ ha ottenuto un notevole 7,9% con 12 seggi, che però rappresenta un arretramento del 3,5% rispetto alle ultime elezioni, quando era riuscito a essere riferimento di tutti i movimenti pacifisti. L’SDP infine ha ottenuto l’1,7% (-0,7%) e due seggi.

L’altro troncone dei democratici ha formato il Partito della Speranza insieme a Yuriko Koike – ex governatrice di Tokyo. Attorno a Koike si è presentata una coalizione di destra. Il Partito della Speranza ha ottenuto il 17,36% e 50 seggi, gli alleati del partito nazionalista Ishin il 6,07% (-9,6%) e 11 seggi. La coalizione di destra ufficialmente è per la revisione della Costituzione, l’avanzamento del Partito della Speranza offre un buon gioco al governo di Abe nel promuovere i suoi progetti guerrafondai. La differenza tra Koike e Abe è il nucleare. Koike si presenta come anti nuclearista anche per l’energia civile, mentre gli ambienti più radicali del governo parlano esplicitamente di armamenti nucleari.

I giovani votano a destra

A queste elezioni l’età del voto è stata abbassata da 20 a 18 anni. Secondo un exit poll del giornale Asahi Shimbun, sono state proprie le coorti più giovani a votare per Shinzo Abe. Gli elettori tra 18 e 19 anni avrebbero votato l’LDP per il 46%, quelli tra 20 e 29 anni, al 47%.

Nello stesso exit poll, le coorti fino ai 40 anni si sono dimostrate in maggioranza favorevoli alla revisione dell’Articolo 9 e alla politica economica di Abe, con maggioranze attorno al 55%. Le coorti più vecchie, invece, si attestano sul 50-50%.

I compiti dei comunisti

Dopo le elezioni e l’arretramento elettorale, il Comitato Esecutivo del CPJ ha indicato due obiettivi di lavoro:

  1. Mettere in pratica la risoluzione del 27esimo Congresso del Partito per organizzare “incontri di discussione del programma del CPJ e il futuro del paese” in ogni angolo del paese;
  2. Lavorare al tesseramento e alla diffusione del giornale del partito (Akahata), per non dover ripetere la situazione di queste elezioni affrontate con meno iscritti e meno diffusione del giornale rispetto alle precedenti elezioni del 2014.

SIONISMO, IL VERO NEMICO DEGLI EBREI - Diego Siragusa presenta il libro di Alan Hart

67 anni dalla Nakba
Presentazione della prima traduzione italiana dell’opera di Alan Hart sul Sionismo curata da Diego Siragusa.

Ingroia e Chiesa lanciano “La mossa del cavallo”: “Alleanza popolare contro i partiti. Pensiamo a chi non voterà”

“Non siamo né un nuovo partito e non saremo mai un partito, né tanto meno un nuovo Movimento – Antonio Ingroia e Giulietto Chiesa ci tengono subito a precisare, in apertura della conferenza stampa a Montecitorio per la presentazione de ‘La Lista del popolola mossa del cavallo‘ – le loro finalità: noi proponiamo un’alleanza popolare ai cittadini, contro i partiti”. “Ci rivolgiamo al 60% di elettori che hanno già deciso oggi di non votare alle prossime elezioni” afferma l’ex Pm Antonio Ingroia.
“Noi siamo in pieno colpo di stato, fatto senza i carri armati, ma portando il Paese per la quarta volta ad un elezione illegale. Questa legge elettorale è anticostituzionali e con la forza dell’inganno gli italiani saranno costretti ad andare a votare un nuovo Parlamento di nominati – afferma Giulietto Chiesa che aggiunge – ci divertiremo nel corso della campagna elettorale a mettere tutti in mutande”. Punti cardini della lista: “un’offensiva costituzionale, una mossa del cavallo, per scavalcare le file nemiche: partiti e politici mestieranti, che hanno determinato la fine della democrazia partecipata, quindi noi dobbiamo tornare alla Costituzione, della quale pretendiamo l’attuazione totale. Ecco il nostro programma rivoluzionario”.
Inoltre Ingroia, Chiesa, e gli altri organizzatori della ‘Mossa del Cavallo’ da David Riondino, a Vauro, dall’avvocato Sandro Diotallevi all’ex generale dei Carabinieri Nicolò Gebbia chiede la “Cancellazione dei trattati europei che non si rifanno alla Costituzione italiana: o si riallineano ad essi, oppure l’Italia dovrà recede unilateralmanete da questi trattati, costi quel che costi. Sulla Costituzione europea non si tratta – afferma Ingroia che aggiunge – i governanti italiani sono traditori della Costituzione e del popolo italiano, perché hanno trattato sulle nostre teste, vendendoci alle lobbies europee che quei trattati li hanno hanno scritti”. E Giulietto Chiesa sottolinea: “Per una nuova Europa ci vuole una nuova costituzione europea basata sulla volontà dei popoli, che deve essere espressa con dei referendum popolari. Porteremo questa nuova forza politica nel nuovo Parlamento, ne sono sicuro”



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