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La VOCE ANNO XVIII N°7

marzo 2016

PAGINA f         - 34

Il 20 febbraio si è tenuta l’assemblea nazionale del Comitato No Guerra No Nato, che ha approvato il comunicato (sottostante) che definisce i parametri di giudizio sulla situazione attuale. Sono stati confermati I due coordinatori nazionali nelle persone di Vincenzo Brandi e Giuseppe Padovano. La discussione è stata interamente dedicata ai preparativi di una risposta popolare alla imminente prospettiva di un’entrata in guerra dell’Italia in Libia.

COMUNICATO DEL COMITATO NO GUERRA NO NATO
SULLA SITUAZIONE ATTUALE

Siamo in stato di guerra, impegnati su due fronti che di giorno in giorno divengono sempre più incandescenti e pericolosi.

Accusando la Russia di «destabilizzare l’ordine della sicurezza europea», la Nato sotto comando Usa ha riaperto il fronte orientale, trascinandoci in una nuova guerra fredda, per certi versi più pericolosa della precedente, voluta soprattutto da Washington per spezzare i rapporti Russia-Ue dannosi per gli interessi statunitensi.

Mentre gli Usa quadruplicano i finanziamenti per accrescere le loro forze militari in Europa, viene deciso di rafforzare la presenza militare «avanzata» della Nato nell’Europa orientale. La Nato – dopo aver inglobato tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre della ex Jugoslavia e tre della ex Urss – prosegue la sua espansione a Est, preparando l’ingresso di Georgia e Ucraina (questa di fatto già nella Nato), spostando basi e forze, anche nucleari, sempre più a ridosso della Russia.

Tale strategia rappresenta anche una crescente minaccia per la democrazia in Europa. L’Ucraina, dove le formazioni neonaziste sono state usate dalla Nato nel putsch di piazza Maidan, è divenuta il centro di reclutamento di neonazisti da tutta Europa, i quali, una volta addestrati da istruttori Usa della 173a divisione aviotrasportata trasferiti qui da Vicenza, vengono fatti rientrare nei loro paesi con il «lasciapassare» del passaporto ucraino. Si creano in tal modo le basi di una organizzazione paramilitare segreta tipo «Gladio».

Usa e Nato preparano altre operazioni sul fronte meridionale, strettamente connesso a quello orientale. Dopo aver finto per anni di combattere l’Isis e altri gruppi, rifornendoli segretamente di armi attraverso la Turchia, gli Usa e alleati chiedono ora un cessate il fuoco per «ragioni umanitarie». Ciò perché le forze governative siriane, sostenute dalla Russia, stanno liberando crescenti parti del territorio occupate da Isis e altre formazioni, che arretrano anche in Iraq.

Allo stesso tempo la Nato rafforza il sostegno militare alla Turchia, che con l’Arabia Saudita mira a occupare una fascia di territorio siriano nella zona di confine. A tale scopo la Nato, con la motivazione ufficiale di controllare il flusso di profughi (frutto delle guerre Usa/Nato), dispiega nell’Egeo le navi da guerra del Secondo gruppo navale permanente, che ha appena concluso una serie di operazioni con la marina turca. Per lo stesso scopo, vengono inviati anche aerei radar Awacs, centri di comando volanti per la gestione del campo di battaglia.


Nello stesso quadro strategico rientra l’operazione, formalmente «a guida italiana», che la coalizione a guida Usa si prepara a lanciare in Libia, per occupare le zone costiere economicamente e strategicamente più importanti, con la motivazione ufficiale di liberarle dai terroristi dell’Isis. Si prepara così un’altra guerra Usa/Nato, dopo Iraq 1991, Jugoslavia 1999, Afghanistan 2001, Iraq 2003, Libia 2011, Siria dal 2013, accompagnate dalla formazione dell’Isis e altri gruppi terroristi funzionali alla stessa strategia.

Tale operazione è stata concordata dagli Stati uniti non con l’Unione europea, inesistente su questo piano come soggetto unitario, ma singolarmente con le maggiori potenze europee, soprattutto Francia, Gran Bretagna e Germania. Potenze che, in concorrenza tra loro e con gli Usa, si uniscono quando entrano in gioco gli interessi fondamentali.

Oggi 22 dei 28 paesi della Ue, con oltre il 90% della popolazione dell’Unione, fanno parte della Nato, riconosciuta dalla Ue quale «fondamento della difesa collettiva». Sempre sotto comando Usa: il Comandante supremo alleato in Europa è nominato dal Presidente degli Stati uniti e sono in mano agli Usa tutti gli altri comandi chiave della Nato.

Va ricordato a tale proposito l’orientamento strategico enunciato da Washington al momento dello scioglimento del Patto di Varsavia e della disgregazione dell’Urss: «Gli Stati uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un’influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali. Non esiste alcun sostituto alla leadership americana. Fondamentale è preservare la Nato quale canale della influenza e partecipazione statunitensi negli affari europei, impedendo la creazione di dispositivi unicamente europei che minerebbero la struttura di comando dell’Alleanza».

Non si può pensare di costruire una Europa diversa, senza liberarci dal dominio e dall’influenza che gli Usa esercitano sull’Europa direttamente e tramite la Nato.

Anche perché l’avanzata Usa/Nato ad Est e a Sud già coinvolge la regione Asia/Pacifico, mirando alla Cina, riavvicinatasi alla Russia. È il tentativo estremo degli Stati uniti e delle altre potenze occidentali di mantenere la supremazia economica, politica e militare, in un mondo nel quale l’1% più ricco della popolazione possiede oltre la metà della ricchezza globale, ma nel quale emergono nuovi soggetti sociali e statuali che premono per un nuovo ordine economico mondiale.

Questa strategia aggressiva ha provocato un forte aumento della spesa militare mondiale, trainata da quella Usa, che è risalita in termini reali ai livelli della guerra fredda: circa 5 miliardi di dollari al giorno. La spesa militare italiana, al 12° posto mondiale, ammonta a circa 85 milioni al giorno. Un enorme spreco di risorse, sottratte ai bisogni vitali dell’umanità.

In tale quadro, particolarmente grave è la posizione dell’Italia che, imprigionata nella rete di basi Usa e di basi Nato sempre sotto comando Usa, � stata trasformata in ponte di lancio delle guerre Usa/Nato sui fronti orientale e meridionale. Per di più, violando il Trattato di non-proliferazione, l’Italia viene usata come base avanzata delle forze nucleari statunitensi in Europa, che stanno per essere potenziate con lo schieramento delle bombe B61-12 per il first strike nucleare.
Per uscire da questa spirale di guerra dagli esiti catastrofici, è fondamentale costruire un vasto e forte movimento per l’uscita dell’Italia dalla Nato, per un’Italia libera dalla presenza delle basi militari statunitensi e di ogni altra base straniera, per un’Italia sovrana e neutrale, per una politica estera basata sull’Articolo 11 della Costituzione, per una nuova Europa indipendente che contribuisca a relazioni internazionali improntate alla pace, al rispetto reciproco, alla giustizia economica e sociale.

Roma, 20 febbraio 2016

Vedi Campagna per l’uscita dell’Italia dalla NATO per un’Italia neutrale

10 DOMANDE A CHI VUOLE PORTARE L’ITALIA IN GUERRA IN LIBIA “CONTRO DAESH”

27 feb 2016 — Segnaliamo l’ottima iniziativa promossa da Sibialiria e AntiDiplomatico, alla quale aderiamo, invitando i sostenitori della campagna No Guerra No Nato a rivolgere al governo e al Parlamento le dieci domande anche con la firma del CNGNN.

* * *

Dopo l’annuncio di ieri del Consiglio supremo di Difesa, l’intervento bellico italiano in Libia “per combattere Daesh” è ormai prossimo. Abbiamo formulato dieci domande con l’intenzione di rivolgerle direttamente al governo e al Parlamento, ma anche a chi pensa che tutto sommato, così come la Russia sta ottenendo buoni risultati in Siria contro il terrorismo, lo stesso potrebbe fare l’Italia in Libia con bombardamenti “selettivi”.

1. E’ chiaro a tutti che senza il folle e criminale intervento della Nato nel 2011, Daesh e altri terroristi e milizie jihadiste non sarebbero mai arrivate in Libia?

2. Se è chiaro, chiediamo: chi ha creato il problema può forse risolverlo? E come farlo senza estirparne le cause, cioè il continuo supporto economico-militare che i terroristi continuano ad avere e senza il quale si sgonfierebbero in poco tempo? Proprio la Francia, gli Usa e il Regno unito, regimi che nel 2011 attaccarono per primi la Libia dando poi il via alla Nato, adesso da buoni Frankenstein pretendono di risolvere la situazione. Possiamo ancora accettare questa drammatica ipocrisia?

3. Come mai la Nato non impedisce il traffico via mare di terroristi, relative armi e approvvigionamenti di fronte alle notizie di migrazioni appunto da Siria e Iraq verso il Nordafrica? Sta veramente lavorando per abbattere gli approvvigionamenti dei terroristi?

4. Come mai l’Italia continua a non pretendere – pena la rottura dei rapporti economici – da regimi come Turchia, Arabia saudita, Qatar, Emirati, che smettano di sostenere in molti modi Daesh e altri gruppi come al Nusra ma anche l’Esercito della conquista in Siria o le milizie islamiste Fajr a Tripoli? Chi continua a far passare armi, petrolio e rifornimenti? Perché solo la Russia in Siria è intervenuta per tagliare le linee di approvvigionamento?

5. Perché l’Italia deve esporsi a ritorsioni assicurate da parte dei terroristi, quando dovrebbe agire in modo deciso contro i suoi alleati che continuano a mantenere Daesh?

6. Come mai in Siria, altro scenario centrale della lotta contro il terrorismo, i paesi Nato e la Nato dei petromonarchi creata dai Saud continuano a spacciare per “ribelli moderati” gruppi di miliziani armati collaterali di al Qaeda e Daesh?

7. Come mai il governo italiano continua a fornire armi all’Arabia saudita la cui guerra in Yemen sta rafforzando al Qaeda e altre compagini terroriste, che gli Houti bombardati dai Saud combattevano?

8. Come mai il Parlamento italiano non calendarizza la risoluzione per la fine dell’export di armi ai Saud a prima firma Manlio di Stefano che giace nei cassetti da mesi?

9. Il ministro Gentiloni in Parlamento ha recentemente ribadito che Assad va deposto. Il solito regime change. Si rende conto, come ormai ammettono in coro tutti, che l’alternativa è consegnare la Siria ai jihadisti che hanno la stessa visione del mondo di Daesh?

10. Si rende conto, infine, il ministro Gentiloni che la politica dichiarata del “regime change”, oltre a violare il principio dell’autodeterminazione dei popoli - che direbbe se il ministro degli esteri siriano dichiarasse che Renzi va deposto? - ha prodotto anche in tempi recenti disastri inenarrabili per i quali nessuno paga. Iraq 2003, Libia 2011. Ministro, la storia non le ha insegnato nulla?

Sibialiria e AntiDiplomatico

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