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La VOCE ANNO XVIII N°6

febbraio 2016

PAGINA 8

Segue da Pag.7: L’industria di guerra e la Israele - NATO connection

intercettare anche missili dotati di testate nucleari al di fuori dell’atmosfera terrestre. Il primo test dell’"Arrow 3" è stato condotto lo scorso 10 dicembre dalla base israeliana di Palmachim contro un missile bersaglio in volo sul Mediterraneo e che - nelle intenzioni di Tel Aviv - "simulava le minacce balistiche iraniane".

Le forze armate stanno sperimentando inoltre il sistema di "difesa aerea" anti-missile "David’s Sling" basato sui nuovi missili "Stunner" co-prodotti da Rafael e Raytheon Company, con il rilevante contributo finanziario degli Stati Uniti d’America (286 milioni di dollari circa). Al progetto collaborano pure Elta Sytems (azienda d’elettronica avanzata controllata da IAI) ed Elisra (società controllata da Elbit Systems). Il missile a propellente solido "Stunner" può raggiungere la velocità di Mach 7.5 e operare sino ad una distanza di 300 km. Il primo test del "David’s Sling" è stato realizzato l’1 aprile 2015 in un grande poligono israeliano del deserto del Negev, a cui ne è seguito un altro alla vigilia di Natale, sotto la supervisione dell’Israel Missile Defense Organization e dell’US Missile Defense Agency. Secondo il Comando dell’Aeronautica militare israeliana, il nuovo sistema missilistico diverrà operativo entro l’aprile 2016. Il sito specializzato Analisi difesa spiega che "l’accelerazione al programma va inquadrata alla luce degli ultimi sviluppi nei negoziati sul nucleare iraniano e come effetto delle recenti tensioni, per altro annunciate, tra Israele ed Hezbollah, oltre che alla necessità di colmare quel segmento di difesa lasciato vuoto dal Kippat Barzel (Iron Dome), sistema contro razzi, colpi d’artiglieria e mortai che copre la fascia di bersagli lanciati da una distanza di 4-70 km, e dall’Arrow, il sistema ad alta accelerazione contro missili balistici a lungo raggio".

Allo sviluppo del settore missilistico ha contribuito anche la consolidata partnership tra le industrie militari israeliane e quelle indiane. India e Israele hanno cooperato in particolare nella progettazione e produzione del sistema missilistico superficie-aria a lungo raggio (LR SAM), noto anche come "Barak-8", destinato alle unità da guerra indiane di ultima generazione e testato per la prima volta il 29 e 30 dicembre scorso (il governo indiano ha speso più di un miliardo e mezzo di dollari per l’acquisizione di questo nuovo sistema). Il "Barak-8" si avvale di un avanzato radar a scansione elettronica prodotto da IAI e di vettori missilistici realizzati da Rafael Advanced Defense Systems. Nel febbraio 2015, India e Israele hanno pure sottoscritto un accordo di cooperazione per sviluppare congiuntamente un sistema missilistico terra-aria a medio raggio (MRSAM) per l’esercito indiano. Anche in questo caso gli investimenti previsti sfioreranno il miliardo e mezzo di dollari e le imprese israeliane "beneficiarie" saranno ancora una volta IAI e Rafael. Quest’ultima dovrà fornire alle forze armate indiane anche 321 lanciatori e 8.356 missili anticarro di quarta generazione "Spike".

Satelliti e droni per le guerre globali del Terzo Millennio

Altro settore in cui le imprese militari israeliane hanno assunto una vera e propria leadership a livello internazionale è quello dei sistemi di telecomunicazione satellitare. Attualmente le IAI - Israel Aerospace Industries stanno sviluppando un piccolo satellite geostazionario dal peso di 2 tonnellate, denominato "Amos-E", che consentirà lanci da vettori di dimensioni ridotte. Questo satellite è una miniversione dell’"Amos-6" dal peso di 5,3 tonnellate, che sarà lanciato in orbita nei primi mesi del 2016 da Cape Canaveral a bordo del vettore "Space-X Falcon 9". Nel 2017 diventerà operativo pure il sistema satellitare "VeNUS" per il "monitoraggio della vegetazione e dell’ambiente terrestre", cofinanziato dalle agenzie spaziali israeliana e francese. Sempre il gruppo IAI ha annunciato l’avvio da parte della controllata ImageSat International del programma per un nuovo satellite spia ad alta capacità di risoluzione, denominato "Eros-c". Il nuovo satellite peserà meno di 400 kilogrammi e sarà lanciato nel 2018.

Altro settore estremamente rilevante in termini strategici e finanziari è quello degli UAV/UCAV, gli aeromobili senza pilota o droni. Israele è stato uno dei primi paesi al mondo a sperimentare e utilizzare velivoli da guerra senza pilota: le prime operazioni risalgono alla guerra in Libano nel 1982 e da allora non c’è stato conflitto scatenato dal governo in cui non siano stati utilizzati droni spia e/o droni killer. Israele utilizza costantemente i droni nelle attività di "sorveglianza" a distanza in tutto il territorio palestinese e per reprimere le manifestazioni e le azioni di resistenza popolare contro l’occupazione israeliana. Secondo il Centro Al Mezan, organizzazione per i diritti umani con sede a Gaza, più di un migliaio di palestinesi della Striscia di Gaza sono stati uccisi da velivoli senza pilota israeliani nel periodo compreso tra il 2000 e il 2010.

Nel maggio 2013 un rapporto della consulting statunitense Frost & Sullivan ha evidenziato come Israele sia divenuto il principale esportatore al mondo di velivoli senza pilota, superando i giganti aerospaziali con sede negli Stati Uniti e nell’Unione europea. Secondo Frost & Sullivan le vendite all’estero di droni israeliani hanno consentito un fatturato di 4,62 miliardi di dollari nel periodo 2005-2012. Il principale mercato degli UAV made in Israele è l’Europa, dove si registra più della metà delle esportazioni; seguono poi i paesi del Sud Est asiatico (il 33.3% dell’export), il Sud America, il Nord America e l’Africa. Per consolidare la leadership intercontinentale nel mercato dei droni, il gruppo IAI ha creato nel 2012 una vera e propria "accademia" specializzata nella formazione e nell’addestramento del personale militare israeliano e straniero destinato alle operazioni con gli aerei senza pilota.

Uno dei modelli che ha riscosso grande successo è l’"Heron", drone prodotto da IAI e simile alla classe "MQ-1 Predator" in dotazione alle forze armate USA e italiane. In grado di volare ininterrottamente fino a 45 ore e a 30.000 piedi di quota, l’"Heron" è equipaggiato con radar modulari, sensori e attrezzature di telerilevamento altamente sofisticate per svolgere operazioni d’intelligence e sorveglianza contro obiettivi terrestri e marittimi; dalla guerra in Libano nel 2006 il velivolo è stato predisposto al trasporto di missili aria-terra convertendosi in uno spietato drone-killer. L’"Heron" è stato acquistato dalle forze aeree australiane, canadesi, francesi, indiane, tedesche e turche, mentre Brasile, Ecuador e Singapore hanno espresso l’interesse ad acquisirlo a breve termine. Anche la NATO sta prestando attenzione alle prestazioni tecniche del drone israeliano: nel luglio 2015, in particolare, sono state condotte in Israele le prove di funzionamento in volo a bordo dell’"Heron" del terminale di connessione dati TMA 6000 (prodotto dal gruppo francese Thales) e delle antenne di frequenza radio della israeliana Elisra. Il sistema TMA 6000, con una capacità di trasmissione fino a 137 Mb/s, è conforme al NATO Standard Agreement 7085, l’accordo che assicura l’interoperabilità secondo gli standard dell’Alleanza nella trasmissione in tempo reale di video, immagini ed altri dati d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento dai sensori di bordo alle stazioni terrestri.

Recentemente il ministero della difesa tedesco ha annunciato di voler prendere in leasing cinque velivoli "Heron TP", la versione più moderna del drone, per impiegarli sino al 2025 nelle operazioni all’estero. Il contratto con IAI prevede una spesa poco inferiore ai 600 milioni di euro; inizialmente i droni saranno rischierati in alcune basi aeree israeliane e solo dopo il 2018 saranno trasferiti a Jagel, in Germania settentrionale, a disposizione dell’unità dell’aeronautica tedesca che con i cacciabombardieri "Tornado" opera attualmente in Siria con la coalizione
anti-Isis. Le forze armate della Germania utilizzano da alcuni anni il "vecchio" modello "Heron 1" in Afghanistan, dove altri sei paesi della coalizione internazionale a guida NATO hanno schierato altri droni prodotti da aziende israeliane. L’"Heron" è uno dei velivoli senza pilota più utilizzati a livello internazionale per la vigilanza delle frontiere e in funzione anti-immigrazione. US SOUTHCOM, il Comando delle forze armate statunitensi per le operazioni in America centro-meridionale e nei Caraibi, lo impiega ad esempio per intercettare le imbarcazioni di migranti "illegali" o quelle utilizzate per il traffico di stupefacenti. L’Unione europea e l’agenzia Frontex per il "controllo" delle frontiere esterne Ue stanno valutando la possibilità di acquisire un numero imprecisato di "Heron" per usarli nella crociata anti-migrazione sferrata nel Mediterraneo.

Un altro drone-killer impiegato in occasione della sanguinosa operazione Protective Edge a Gaza è l’"Hermes 900" prodotto da Elbit Systems, una versione più sofisticata dell’"Hermes 450", altro velivolo senza pilota d’attacco utilizzato dall’esercito durante il conflitto in Libano nel 2006 e contro obiettivi civili palestinesi a Gaza e Cisgiordania tra il 2008 e il 2009. I droni "Hermes 450" ed "Hermes 900" sono stati venduti alla Colombia (agosto 2012) e al Brasile (gennaio 2014) dove sono stati usati per reprimere le proteste popolari alla vigilia e durante i campionati mondiali di calcio. Nel dicembre 2013 Elbit Systems, in joint venture con il gruppo industriale Thales, ha sottoscritto un accordo con il governo britannico per la produzione del sistema a pilotaggio remoto "Watchkeeper", a partire dallo sviluppo dei droni versione "Hermes 450". L’accordo, per il valore di un miliardo di dollari, prevede la consegna di 54 velivoli. Nel novembre 2015 è stata la Svizzera a firmare un contratto di 200 milioni di dollari per l’acquisizione di sei "Hermes 900"; le autorità elvetiche si erano già dotate della stessa tipologia di droni nel novembre 2014 grazie a un contratto di 280 milioni di dollari.

Killer robot e radar contro migranti e oppositori

In Israele è pure rilevante la produzione dei mini-droni: tra i più venduti all’estero c’è lo "Skylark I", anch’esso di produzione Elbit Systems, che può volare a medie altitudini sino a 6 ore consecutive, con un raggio di azione di 50-60 km. Lo "Skylark I" è impiegato da alcuni battaglioni dell’esercito israeliano a supporto delle unità di artiglieria (un esemplare è caduto nell’agosto 2015 durante un’azione bellica nella Striscia di Gaza); il velivolo è inoltre utilizzato dalle forze armate di Australia, Canada, Francia, Messico, Polonia e Svezia, ma probabilmente anche Croazia, Georgia, Macedonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria utilizzerebbero gli "Skylark" israeliani. Nel novembre 2015 pure il piccolo Uruguay si è dichiarato interessato ad acquistare questi mini-droni per "monitorare alcune aree di frontiera che potrebbero essere colpite da minacce terroristiche". Sempre nell’ambito della produzione degli UAV di piccole dimensioni, va segnalato che nel giugno 2012 le autorità russe hanno sottoscritto un accordo con Israele del valore di 400 milioni di dollari, per avviare in Russia la produzione dei "BirdEye 400" e dei "Searcher 2" progettati e realizzati da IAI - Israel Aerospace Industries.

Elbit Systems e IAI hanno dato vita ad una joint venture (G-NIUS) a cui è stata affidata la progettazione di robot e velivoli terrestri a pilotaggio remoto per l’esercito israeliano, come ad esempio l’"Armored Personnel Carrier" utilizzato in combattimento a Gaza nell’estate 2014. Meno di due mesi fa, un altro velivolo terrestre senza pilota, il "Guardium II", è stato presentato dalle due aziende in occasione dell’Autonomous Robotics Unmanned System Expo, la fiera internazionale dei velivoli da guerra a pilotaggio remoto tenutasi nella città di Rishon Le Tzion, a sud di Tel Aviv. Questo velivolo sarà dispiegato nei prossimi mesi al check point con Gaza, rafforzando ulteriormente i dispositivi di "controllo" della frontiera. Nel marzo 2014 ancora Elbit Systems ha annunciato la fornitura agli Stati Uniti d’America di una rete di sistemi radar antri-intrusione e sensori elettro-ottici da installare in Arizona alla frontiera con il Messico (valore 145 milioni di dollari).

Per le operazioni di "vigilanza" dei confini e dei centri urbani e la repressione di manifestazioni e proteste, le aziende israeliane hanno prodotto anche diversi modelli di "palloni aerostati" in grado di trasportare sofisticati sistemi di telerilevamento e registrazione. Tra essi spicca il sistema "Skystar 180" prodotto da RT LTA Systems Ltd, in grado di volare per più di 72 ore consecutive. Lo "Skystar" è stato utilizzato dalle forze armate israeliane durante le operazioni nella Striscia di Gaza nell’estate 2014 ed è stato venduto agli eserciti e alle forze di polizia di Afghanistan, Brasile, Canada, Messico, Russia, Thailandia e di alcuni paesi africani.

Israele si è affermata anche nella produzione di sistemi e apparati da impiegare a bordo degli aerei radar e per la guerra elettronica. Tra essi c’è il radar EL/M-2075 "Phalcon" di Elta Systems, già montato su varie piattaforme, dai Boeing 707 ai più moderni Gulfstream G550 ed Airbus A330. Le apparecchiature del "Phalcon" presentano caratteristiche tecniche che gli consentono di resistere a gran parte dei sistemi di disturbo elettronico attualmente in uso. Oltre che all’Aeronautica militare israeliana, il radar EL/M-2075 è stato venduto alle forze aeree di Cile e Singapore. Altro modello di "successo" prodotto da Elta Systems è il radar tridimensionale ELM-2084 utilizzato con il sistema di "difesa" aerea e anti-missile "Iron Dome". Nell’ambito dell’accordo di cooperazione militare-industriale sottoscritto nel novembre 2011 dai ministri della difesa israeliano e canadese, qualche mese fa è stata formalizzata la decisione da parte dello stato nordamericano di dotarsi di dieci nuovi radar a medio raggio (MRR) che saranno coprodotti da Elta Systems e Rheinmetall Canada Inc., proprio a partire dal modello ELM-2084. Il contratto, del valore di 243 milioni di dollari, prevede che i nuovi radar con capacità di aereo-sorveglianza contro caccia, missili, razzi, proiettili d’artiglieria e colpi di mortaio siano consegnati alle forze armate canadesi a partire del 2017.

Anche l’Italia ha acquisito i radar di Elta Systems per implementare la Rete di sensori di profondità per la sorveglianza costiera della Guardia di finanza in funzione anti-sbarchi di migranti in Sicilia, Puglia e Sardegna. Si tratta nello specifico di una decina di impianti fissi e mobili EL/M-2226 ACSR (Advanced Coastal Surveillance Radar), acquistati grazie alle risorse del "Fondo europeo per le frontiere esterne", programma quadro 2007-08 contro i flussi migratori. Già impiegati dalle forze armate israeliane per la "vigilanza" di alcuni porti mediterranei, i radar EL/M-2226 ACSR hanno una portata di oltre 50 chilometri e sono appositamente progettati per individuare imbarcazioni veloci di piccole dimensioni. Sino ad oggi l’installazione delle postazioni fisse è stata bloccata in Sardegna grazie alle azioni di lotta e ai ricorsi al TAR dei Comitati No radar ed Italia Nostra; in Sicilia, il radar anti-migranti installato a Melilli (Siracusa) non ha ancora ottenuto l’autorizzazione all’accensione per l’alto pericolo di inquinamento elettromagnetico, mentre altri due impianti radar sono stati attivati invece nell’isola di Lampedusa.

Italia e Israele, soci e alleati

Il complesso militare-industriale israeliano è sicuramente uno dei più affidabili partner strategici dell’Italia. Negli ultimi quindici anni, in particolare, la cooperazione industriale e l’import-export di sistemi da guerra sono cresciuti notevolmente e pericolosamente. Nel settembre

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