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La VOCE ANNO XVIII N°8

aprile 2016

PAGINA g         - 31

Questioni della Scienza a cura di A. Martocchia: SANITÀ E SALUTE


Tra i tanti cambiamenti avvenuti attorno agli anni Novanta, nel periodo cioè del
superamento del bipolarismo e dell’apparente archiviazione delle esperienze socialiste e comuniste in Europa, ce ne sono stati alcuni che sembravano a prima vista minuscoli e solo di carattere formale, ma vanno considerati invece molto significativi e rivelatori di una degenerazione profonda della sfera pubblica.
Uno di questi cambiamenti è quello del nome dell’ex Ministero della Sanità, che ad un certo punto diventò Ministero della Salute. La trasformazione lessicale è lieve ma il riflesso semantico è enorme. La Sanità era infatti il settore dello Stato preposto alla cura della salute della cittadinanza: si trattava quindi di un servizio pubblico il cui espletamento andava al contempo considerato un diritto fondamentale. La salute, per l’appunto, è invece lo stato soggettivo in cui viene a trovarsi il singolo cittadino oppure una porzione più o meno vasta della popolazione, e la buona salute non può essere considerata di per se un diritto da garantire, quanto piuttosto una condizione auspicabile. Potremmo dunque dire che mentre la Sanità era un servizio che andava garantito, sulla Salute in generale lo Stato non ha responsabilità dimostrabili.

Uno dei campi della medicina in cui il servizio sanitario nazionale non ha comunque mai svolto fino in fondo le sue funzioni è quello delle cure dentistiche: in quel caso, anche ai tempi del "Ministero della Sanità" era abitudine trascurare i diritti della cittadinanza e costringere le persone a rivolgersi a professionisti e strutture private. Tale politica si è sempre più accentuata fino ad oggi, non solo a livello italiano ma in tutti i paesi capitalistici: le conseguenze vengono descritte in un articolo tratto dal sito OggiScienza, intitolato << Cure dentistiche: un italiano su 10 non se le può permettere >> (di Cristina Da Rold, 24.11.2015 ). Nell’articolo è spiegato che in base ad un recente report dell’OCSE, a livello europeo le cure dentistiche sono inaccessibili per il 10% della popolazione.

<< In generale, rileva OCSE, la copertura sanitaria privata negli ultimi 10 anni è aumentata in paesi come Danimarca e Finlandia, ma crollata in altri.

Stati Uniti, Grecia e Polonia sono tre esempi di paesi in cui non viene garantita la copertura sanitaria pubblica di base a tutti i cittadini, che è invece appannaggio delle assicurazioni private. Negli Stati Uniti nel 2014 solo il 54% della popolazione ha avuto accesso alla copertura sanitaria di base tramite assicurazione, il 34% ha usufruito invece di copertura pubblica, ma si tratta di casi speciali come anziani a basso reddito o con disabilità. Il rimanente 11% della popolazione americana, cioè un americano su 10 nel 2014 non aveva alcuna forma di copertura sanitaria. Questa percentuale è leggermente calata rispetto al 2013, dove sfiorava il 15%, ma rimane comunque molto alta.

In Grecia invece è stata la forte crisi economica e occupazionale a ridurre il numero di persone che potevano permettersi una copertura sanitaria, con la conseguenza – rileva l’OCSE – che a partire dal giugno del 2014 alle persone non più assicurate ma che rientravano nel gruppo di pazienti bisognosi di particolari cure farmacologiche, si è cominciata a fornire l’assistenza di base attraverso dipartimenti d’emergenza.

In Polonia invece, una legge promulgata nel 2012 ha stabilito che coloro i quali non fossero riusciti più a sostenere i costi delle assicurazioni sanitarie avrebbero dovuto rinunciare alla copertura, fatto salvo il fatto di poter accedere a strutture in caso di emergenza. Una legge che, racconta OCSE, si è tradotta in sempre più persone che finiscono per rinunciare alle cure di cui avrebbero bisogno.


Tuttavia, anche nel caso di una copertura sanitaria più estesa, vige la spesa cosiddetta out-of-pocket, cioè quella che i cittadini devono pagare di tasca propria, e che rappresenta comunque un quinto di ciò che i cittadini spendono per la propria salute, precisamente il 19%. Paragonata alla spesa sostenuta in media dalle famiglie dell’area OCSE, l’out-of-pocket rappresenta il 2,8%, in Italia il 3,2%. Ancora una volta la media è scarsamente significativa, dato che le differenze fra i paesi sono enormi.


Anche solo rimanendo in Europa, in Svizzera rappresenta il 4,5%, in Grecia il 4,1%, in Germania l’1,8% e nel Regno Unito l’1,4%. Va considerato inoltre il gap all’interno di ogni singolo paese, legato alle differenze di reddito, un divario che è particolarmente evidente – chiosa OCSE – in Italia, Lettonia, Polonia, Estonia e Grecia. In Italia la forbice va da un 2% circa di persone che non hanno avuto accesso alle cure nella fascia ad alto reddito, a un 15% fra chi ha un reddito basso.

Si potrebbe erroneamente pensare che la maggior parte di questa spesa sanitaria sostenuta direttamente dalle famiglie riguardi quasi unicamente la farmaceutica, ma non è così. In media la farmaceutica rappresenta un terzo della spesa, mentre un altro terzo è costituito proprio dalle cure. Il rimanente terzo si divide fra terapie e cure dentistiche.

Proprio le cure dentistiche sono spesso una spada di Damocle sulla testa dei cittadini, e l’Italia è in questo ai primi posti in Europa per percentuale di persone che ha rinunciato alle cure dentali per mancanza di mezzi: 1 italiano su 10. Peggio di noi solo Lettonia, Portogallo e Islanda, mentre in media dell’area OCSE a non aver usufruito delle cure dentali necessarie per questioni economiche nel 2013 sono stati 5 individui su 100. >>

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