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LA VOCE 1604 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XVIII N°8 | aprile 2016 | PAGINA f - 30 |
ROBERT BOYLE: LA LEGGE DEI GAS |
Nei numeri precedenti abbiamo più volte sottolineato l’importanza di una serie di istituzioni scientifiche nate in Europa nel corso del ‘600. Queste istituzioni, come l’Accademia del Cimento e quella dei Lincei in Italia, sulla scia degli studi galileiani, l’Accademia di Francia, voluta dal grande ministro di “Re Sole” Colbert, e la Royal Society inglese, attuavano di fatto le idee del filosofo Francesco Bacone che sosteneva che il progresso economico sarebbe stato favorito da un tipo di ricerca sistematico e collettivo sostenuto dagli stati, non più individuale. Sovrani illuminati ed ambiziosi, come anche il Granduca di Toscana, si erano fatti interpreti di questa nuova mentalità. Il fisico e chimico Robert Boyle, insieme a Robert Hooke e Isaac Newton fu il principale esponente di questo nuovo fervore scientifico in Inghilterra. Boyle era nato in realtà in Irlanda, nel castello di Lismore nel 1627, settimo figlio maschio del nobile conte di Cork. Fin da giovane fu inviato come studente in Inghilterra nel prestigioso Eton College. Viaggiò poi in Europa, trattenendosi a Ginevra e a Firenze dove potè studiare a fondo l’opera di Galilei. Tornato poi a Londra nel 1645, e trasferitosi nel 1654 ad Oxford - sede della famosa Università –, si trasferì poi nuovamente a Londra nel 1668 presso la sorella, fino alla morte avvenuta nel 1691. Fin da giovane, spinto dai suoi interessi scientifici , frequentò il gruppo di scienziati detto “Invisible College”, che si radunava presso il Gresham College, e poi divenuto nel 1660 la “Royal Society” sotto la protezione del re Carlo II. Modestamente Boyle, di carattere schivo, ne rifiutò la presidenza. Nello stesso anno (1660) Boyle pubblicò una delle sue opere più importanti, “Nuovi esperimenti fisico-meccanici”, in cui esponeva la famosa Legge dei Gas, ben nota anche agli studenti liceali moderni: “a temperatura costante la pressione di un gas è inversamente proporzionale al volume”. La formula moderna corrispondente è PV=nRT, dove P è la pressione, V il volume, T la temperatura espressa in gradi Kelvin (o “assoluti”, come spiegheremo quando tratteremo Kelvin), n il numero di “moli” di gas coinvolte (ogni “mole” corrisponde a circa 22 litri di gas in condizioni “normali”) ed R un valore costante noto. L’idea era venuta a Boyle, apprendendo dell’invenzione di una pompa a vuoto progettata dal tedesco Von Guericke (come già esponemmo in un precedente numero), ma gran parte del merito va anche a Robert Hooke, scienziato quasi autodidatta di modesti natali (di cui parleremo nel prossimo numero), abilissimo sperimentatore ed inventore, che, nominato assistente e capo-sperimentatore dallo stesso Boyle, aveva |
messo a punto una efficiente pompa a vuoto. Oggi la legge è anche nota come legge di Boyle-Mariotte in quanto anche il francese Edme Mariotte ne rivendicò la paternità con una pubblicazione risalente, però, solo al 1676. Altri campi in cui si cimentò Boyle, da fisico, fu la propagazione del suono nell’aria, la rifrazione ed i colori della luce, la formazione dei cristalli, la densità dei corpi ed alcuni fenomeni elettrici. Ma forse l’aspetto più rilevante degli esperimenti del grande scienziato irlandese fu quello relativo alla chimica, rispetto alla quale espose le sue idee, estremamente chiare e moderne, nell’opera del 1661 “Il chimico scettico”. Lo scetticismo dell’autore era diretto, non solo verso l’antica alchimia che pretendeva di individuare la “pietra filosofale” che poteva trasformare i metalli in oro e l’elisir di lunga vita, ma soprattutto verso la fisica aristotelica. Egli ne criticava la presunta divisione della materia in quattro elementi fondamentali (aria, acqua, terra, fuoco), già risalente ad Empedocle. Sulla scia degli antichi atomisti (Leucippo, Democrito, Epicuro), di Giordano Bruno, Hobbes e Gassendi, Boyle sosteneva che la materia è divisa in un certo numero di atomi di tipo diverso, corrispondenti ai diversi elementi. Queste conclusioni, però, a differenza dei filosofi citati, erano basate su robuste prove sperimentali. Il chimico irlandese aveva infatti messo a punto una serie di esperimenti atti ad individuare i singoli elementi dei composti chimici, metodi che costituiscono la cosiddetta “analisi chimica”, sviluppata poi dai chimici moderni. Boyle inoltre aveva perfettamente capito la differenza tra un composto chimico caratterizzato da precisi legami chimico-fisici (ad esempio due atomi di idrogeno ed uno di ossigeno formano una “molecola di acqua), ed una semplice miscela (come l’aria che è una miscela di ossigeno ed azoto non legati, o come quando si scioglie zucchero o sale nell’acqua). Boyle comprese anche le relazioni esistenti tra combustione e respirazione, in quanto entrambe sono basate su una reazione chimica in cui viene “bruciato” dell’ossigeno insieme a sostanze ossidabili, formando vapore d’acqua, anidride carbonica, o altri ossidi (composti contenenti ossigeno). Non proseguì però i suoi studi nel campo biologico, in quanto, di carattere compassionevole, si rifiutava di effettuare esperimenti su cavie o vivisezioni. Si può affermare che il carattere molto avanzato della visione chimico-fisica di Boyle, e le stesse tematiche trattate, lo pongano come diretto predecessore dei grandi chimici di fine ‘700 ed ‘800 come il francese Lavoisier , l’inglese Dalton ed il russo Mendeleev, di cui scriveremo in futuro in questa stessa rubrica. |
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