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LE PROTESTE DI TUTTO IL MONDO Die Zeit Germania
Proteste a Tel Aviv, Santiago del Cile e Madrid, rivolte a Damasco e a Dakar, scioperi a Tunisi e ad Atene, disordini a Londra. Ci sono momenti in cui tutto il mondo è unito in una collera collettiva. A scendere in piazza sono soprattutto i giovani. Un momento simile ci fu nel 1968. Parigi, Chicago, Praga, Roma, Berlino. L' ondata successiva c'è stata nel 1989: Pechino, di nuovo Praga, Budapest, Lipsia, ancora Berlino.
E ora il 2011: quella che per la Tunisia la "rivoluzione dei gelsomini" in Egitto è cominciata come "il giorno dell' ira". In Spagna e in Grecia i giovani si definiscono indignados. In Senegal il movimento Y'en a marre! (Ora basta!) lotta contro la corruzione e per un "estate africana". In Israele si chiede giustizia sociale, in Cile studenti e operai si oppongono alle scelte neoliberiste del governo. Molti sul Web commentano le "rievoluzioni" in corso nel loro paese o in altri continenti. E tanti hanno letto Indignatevi! di Stéphane Hessel, intellettuale ed ex partigiano francese, che ha scritto un appello ai giovani perché non lascino le cose come stanno.
Ma è giusto mettere a confronto il movimento di oggi con quello del 1968 o con la reazione a catena delle rivolte contro i regimi comunisti del 1989? Ed è possibile associare i manifestanti del Cairo, di Tel Aviv o di Santiago con i teppisti di Londra? Si: perché i primi lottano per una partecipazione e per i diritti che per i secondi non significano più niente.
I manifestanti di Tunisi e del Cairo sanno che la giustizia sociale non è possibile senza rovesciare la dittatura. E sanno anche che chi protesta a Madrid, Santiago o Tel Aviv, che le democrazie, perfino più solide, perdono di significato se lo stato si lascia dominare dal mercato e considera inevitabile una crescente diseguaglianza sociale.
I manifestanti che hanno costruito tendopoli in Israele e gli Indignados spagnoli ci dicono proprio questo. Ci invitano a non separare più il problema della libertà e della dignità da quello della giustizia sociale.
Ogni società e ogni classe politica che ignora la giustizia sociale finisce perb perdere quel capitale morale che gli permette di pretendere il rispetto delle regole. E' questo che unisce Tel Aviv, il Cairo, Madrid e Londra.
Nota redazionale
La lotta di classe è sempre esistita. Le ingiustizie sociali con i sistemi di "potere" come lo schiavismo, il feudalesimo e il capitalismo avevano trovato un legittimo ribaltone con la Rivoluzione d' ottobre. Il rapporto di forze esageratamente impari e le facili corruzioni per naturali opportunismi hanno, per ora, reso quasi la totalità del pianeta sotto il tallone capitalista imperialista. Poi ci sono lotte all' interno dello stesso capitalismo in base alle norme che la piovra più grande vuole dominare le più piccole. Allora si ricorre alla risorse delle "ribellioni indotte" alle quali si uniscono parte di quelle sinceramente e legittimamente sentite. Così si distruggono anche paesi che non erano socialisti, ma magari possessori di "petrolio" del quale la grande piovra e i suoi lacché si vogliono impossessare. In quanto al rispetto delle regole: il potere non si preoccupa. Possiede polizia, gas, manganelli, armi e poi se è il caso inventa una guerra democratica " d' aiuto ai ribelli " per poi distruggere l' intero paese con bombardamenti a catena e attribuire i morti a chi tenta di difendersi. Non è possibile credere nella democrazia di un paese capitalista. Ed e' proprio contro il sistema che si deve lottare!!!!
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