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Segnalazione di Andrea Martocchia Contro il fanatismo, a scuola di astronomia Piero Bianucci (La Stampa, 22.8.11)
Qualche settimana fa la copertina del risorto supplemento domenicale de "Il Sole - 24 Ore" (grazie, direttore Roberto Napoletano) forniva "istruzioni per non essere fanatici". L'articolo veniva subito dopo la strage compiuta in Norvegia da un giovane fondamentalista anti-islamico ma si adattava bene anche alla situazione italiana, dove i fanatici non mancano, come ha dimostrato prontamente Mario Borghezio (Lega Nord, già sottosegretario alla Giustizia nel primo governo Berlusconi), con il suo apprezzamento nei confronti dell'autore della strage stessa. A proporre sei comportamenti per sfuggire al fanatismo era Roberto Casati, filosofo del linguaggio che collabora con il Centre National de la recherche scientifique de l'Ecole Normale Supérieure di Parigi. Qui vorrei richiamare il primo (accogliere l'intervento del caso), il quinto (trarre ispirazione dalla scienza) e il sesto (esporsi precocemente a dati contro-intuitivi). Essere aperti alla casualità significa accorgersi continuamente che esiste una pluralità di punti di vista, di situazioni, culture, soluzioni. Il contrario del fanatismo, che è chiudersi in un unico punto di vista, in una situazione, una cultura, una soluzione. Provate a pensare alle risse politiche che vediamo in tv... Ispirarsi alla scienza significa essere consapevoli che la scienza non è una ideologia ma un metodo, e che il metodo della scienza è la Carta costituzionale della Ragione: osservare il mondo, interpretarlo con una ipotesi, sottoporre l'ipotesi a un esperimento ripetibile da altri in modo indipendente; se arrivano conferme indipendenti si creerà una condivisione, un consenso sull'ipotesi interpretativa che reggerà fino a quando ulteriori ricerche non la metteranno in crisi. Ah, se i nostri politici sapessero fare altrettanto! L'ultimo consiglio riguarda l'esposizione a dati contro-intuitivi, perché la realtà spesso è contro-intuitiva e invece tutti noi tendiamo a dare fiducia assoluta alle nostre intuizioni. Casati, che da tempo si occupa di didattica dell'astronomia con gli strumenti delle scienze cognitive, osserva che "Gli scolari australiani devono mettere sin da piccoli a confronto un retaggio culturale, la convenzione che vuole il nord in alto nelle carte geografiche, con la consapevolezza della loro posizione, che vede gli europei in basso e a testa in giù. Risultato: riescono meglio in astronomia dei loro omologhi britannici. Dovremmo aspettarci un simile vantaggio cognitivo e pragmatico per altre esposizioni precoci: alla diversità etnica e confessionale, alle tecniche retoriche e di vendita, ai meccanismi della pubblicità". Questo degli scolari australiani è uno spunto che si presta a essere sviluppato. In Europa, e in generale nell'emisfero boreale, andare verso nord significa muoversi verso il freddo e andare verso sud muoversi verso il caldo. In Australia, e in generale nell'emisfero australe, si va verso il freddo viaggiando verso sud. E questa è geografia associata alla climatologia. Ma ancora più stimolante è la geografia astronomica: noi vediamo il Sole sorgere a est e tramontare a ovest, in realtà è la Terra a ruotare su se stessa da ovest verso est. Se poi ci si addentra un po' più a fondo nella questione, scopriremo che il Sole non è dove lo vediamo perché la luce irradiata dalla sua superficie impiega 8 minuti e 20 secondi per arrivare alla Terra, e in 8 minuti il Sole si sposta di 2 gradi, pari a 4 volte il suo diametro apparente. Ma neppure questa affermazione è corretta: abbiamo appena ricordato che a ruotare è la Terra... C'è poi un altro movimento più elusivo: ogni giorno il Sole si sposta di circa un grado rispetto alle stelle: ma non è il Sole a spostarsi, bensì la Terra lungo la sua orbita. Fatte queste correzioni concettuali, possiamo dire che il Sole è dove lo vediamo? Niente affatto. La sua luce, dopo il vuoto dello spazio interplanetario, attraversa l'atmosfera e subisce una deviazione dovuta alla rifrazione. Vicino all'orizzonte questa deviazione è di 36', più del diametro apparente del Sole e fa sembrare gli astri (la cosa, ovviamente vale anche per la Luna e le stelle) più alti sull'orizzonte di quanto non siano. Conseguenza: all'alba vediamo il Sole completamente sopra l'orizzonte mentre è ancora sotto e dovrebbe quindi risultare invisibile; al tramonto, il Sole è già completamente scomparso, ma continuiamo a vederlo. Dunque la rifrazione anticipa il sorgere e ritarda il tramonto degli astri. A mano a mano che ci si allontana dall'orizzonte la deflessione dei raggi luminosi dovuta alla rifrazione atmosferica diminuisce, ma è uguale a zero soltanto allo zenit. In sostanza, per una serie di motivi molto diversi e non sospettabili da parte di una mente ingenua, nessun astro è lì dove lo vediamo. Galileo Galilei, mi fa notare Marco Piccolino (professore di fisiologia generale all'Università di Ferrara), fu un pioniere nel dimostrare che spesso (sempre?) lo sguardo scientifico deve diffidare delle evidenze intuitive. Per concludere: l'astronomia è una magnifica scuola di pensiero contro-intuitivo. Eppure la Gelmini - che peraltro si chiama Mariastella - con la sua riforma l'ha praticamente cancellata dai programmi scolastici.
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