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bico d'incontrare una soluzione pacifica e negoziata, senza interventi stranieri, nell' esercizio del suo diritto inalienabile all'indipendenza e all'autodeterminazione, alla sovranità sulle sue risorse naturali e all'integrità territoriale di questa fraterna nazione.
Cuba denuncia che la condotta della NATO tende a creare simili condizioni per un intervento in Siria e reclama la fine dell'ingerenza straniera in questo paese arabo.
Chiama la comunità internazionale a prevenire una nuova guerra, e incita le Nazioni Unite a compiere il loro dovere di salvaguardare la pace, sostenendo il diritto del popolo della Siria alla piena indipendenza e autodeterminazione.
nota redazionale
Evviva Cuba e il suo sempre immancabile coraggio di dire la verità.
Il perpetuarsi di crimini, compirti dalla NATI col tacito consenso dell' ONU e con la condiscendenza dei paesi lacché come l' Italia hanno portato le sofferenze dei popoli all' ennesima potenza.
Morti, distruzioni, fame, miseria, nuove e vecchie malattie che erano state debellate sono il regalo quotidiano al mondo del famelico bisogno di denaro e di potere praticato dall'imperialismo. RIBELLIAMOCI!!!!!
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UNA INTERESSANTE NOTA di Giovanni De Mauro NUMERI da Internazionale N° 916
Entro il 3020 il 35% dei posti di lavoro nei paesi dell' Unione europea richiederà una laurea. Ma oggi in Europa solo il 26% dei lavoratori è laureato. Negli Stati Uniti è il 41% , in Giappone il 44%, in Canada il 50%- E in Italia? Il 15%. Siamo terz' ultimi. Peggio di noi solo Romania e Malta. Combinando investimenti pubblici e privati, o paesi europei spendono in media per l' università l' equivalente del 1,3% del loro prodotto interno lordo. I due estremi sono la Danimarca , in testa con il 2,27% e la Slovacchia , in coda con l' 1,06%. Gli Stati Uniti spendono il 2,7%, E l' Italia? Fa poco meglio della Slovacchia, con appena l' 1,08% del pil investito per l' università. Forse, più che il downgrading di Standard & Poors sono questi i numeri che dovrebbero fare paura.
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IL CAVALIERE DECLASSATO Richard Werly Le Temps Svizzera
E' stato interessante osservare i volti sei responsabili europei costretti a ricevere Silvio Berlusconi il 13 settembre a Strasburgo, Nessuno degli interlocutori del presidente del consiglio italiano - ben contento di sfuggire in questo modo alla convocazione dei giudici - aveva voglia di scherzare con questo magnate dell' editoria ormai diventato un insopportabile peso politico per l' Italia e per un continente sconvolto dalla crisi finanziaria. Al parlamento europeo i deputati conservatori pregati di accoglierlo hanno cercato in tutti i modi di non farsi fotografare con Berlusconi.
La vergogna che provavano, in un contesto di crisi e sfiducia dei mercati verso Roma, era palpabile. Non stupisce dunque che il 20 settembre l' Agenzia di rating Standard & Poor's sia passata dalle parole ai fatti, declassando di in gradino (da A+ ad A) il debito italiano. Il messaggio è rivolto sia all' Unione europea sia agli italiani: se si continua così, con un premier che nelle intercettazioni pubblicate dai giornali appare come un uomo senza morale e senza riguardi per lo stato di diritto, ogni speranza di risanamento delle finanze pubbliche sarà bruciata.
Paradossalmente, Berlusconi ha ragione a considerare il declassamento dell' Italia - per la prima volta dallo scoppio della crisi dell' euro - come un atto politico.
Basterebbe ascoltare le lamentele dei responsabili dell' Unione europea e degli economisti sul governo italiano e le loro ironie sul presunto harem di prostitute del premier per capire che Berlusconi e il suo clan hanno perso ormai ogni credibilità e quindi gran parte della capacità di raggiungere gli obiettivi promessi da Roma a Bruxelles.
A riprova del malessere italiano, diventato un grave problema anche per l' Europa, questa volta i detrattori della agenzie di rating si sono guardati bene dal criticare Standard & Poor's. Declassando l' Italia, do ve il governo e la maggioranza ancora tergiversano nonostante le loro reiterate promesse di austerità, l' agenzia ha prima di tutto declassato un politico che non riscuote più nessuna fiducia.
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