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Del tutto particolare era infatti la condizione sociale di Galileo-esponente di una nuova classe sociale in piena ascesa, ben diversa da quelle dominanti fino ad allora (clero e aristocrazia) e non ancora parte di una "catena di montaggio capitalistica" del lavoro scientifico. Scrivevo su questa stessa rubrica, nel numero di Ottobre 2009:

"Con Galileo è finalmente la borghesia ad assumere il ruolo di avanguardia nella produzione di conoscenza. Il padre di Galileo era un musicista, che si guadagnava da vivere anche con il commercio della lana; sua madre vantava invece lontani legami con famiglie della nobiltà « papalina » romana, e si lamentava in continuazione per la mancanza di un tenore di vita più elevato, adeguato al suo « lignaggio ». (...)

In Galileo riconosciamo perciò quella aspirazione alla affermazione di sè che è tipica della borghesia moderna e dello spirito di cui essa è portatrice. (...) La scelta di usare la "lingua volgare" non fu casuale ma ebbe anch’essa un significato sociale e politico: denota la precisa volontà di rivolgersi non solo ai dotti astronomi ed intellettuali, ma anche alle classi meno colte, a quelli che non conoscevano il latino ma che potevano comunque comprendere queste teorie.

L’uso del volgare quindi, coerente con l’intento divulgativo dell’opera, delinea una forte rottura con la tradizione precedente. Galilei fu dunque promotore del suo stesso lavoro, sia sotto l’aspetto della notorietà che sotto l’aspetto economico. Inoltre, il suo carattere spregiudicato gli rese particolarmente difficile il suo rapporto con le autorità costituite." Anche rispetto alla questione strettamente epistemologica, l’esempio di Galileo è quello più importante e fecondo.

La scienza moderna è quella "galileiana", definita cioè dal suo metodo - quello sperimentale. Questa scienza per sua stessa natura deve essere critica, cioè deve essere libera di mettere in discussione qualsiasi principio di autorità.

Le teorie ed i modelli devono rispondere sempre e soltanto alla "prova dei fatti" - l’esperimento e l’osservazione.

Così almeno dovrebbe essere, e così in gran parte è stato perlomeno laddove la scienza moderna ha veramente consentito enormi passi in avanti del sapere umano e della condizione umana.

Su quest’ultimo punto rimando anche al mio intervento "La Rivoluzione Galileiana" all’interno del nostro libro "Materialismo dialettico e conoscenza della Natura". Sulla natura del metodo galileiano possiamo d’altronde richiamarci ad altri teorici importanti, al di là delle concezioni di Marx: ad esempio al grande Ludovico Geymonat.

Certamente, Marx aveva una concezione assolutamente positiva della scienza moderna, ma ne vide subito anche il carattere "alienato" nel contesto del sistema capitalistico. D’altronde il marxismo - per essere precisi: il materialismo storico e dialettico di Marx e di Engels - nacque come "scienza tra le scienze" poichè Marx ed Engels condividevano l’ottimismo verso scienza e tecnologia che era diffuso nel periodo del Positivismo.

E tuttavia, Marx si dedicò essenzialmente allo studio - scientifico- dei rapporti nella società umana, cioè all’economia, mentre fu Engels a tentare la più compiuta elaborazione di una teoria scientifica complessiva quale è il Materialismo Dialettico, che vuole interpretare non solo la società umana ed i rapporti tra le classi, ma la Natura intera.

Per concludere, credo che la prima finalità dell’Appello debba essere quella di invitare ad una riflessione sulla condizione sociale della scienza e degli scienziati oggi.

Questa riflessione è urgentissima e sarebbe indispensabile per fornire "gambe" al movimento che, non solo in Italia, si batte contro gli attacchi e contro la privatizzazione delle Università e degli Enti di Ricerca. Se riusciremo a trovare un certo numero di "addetti i lavori" - che siano ricercatori, accademici o semplici studenti non credo che importi - disposti a condividere queste nostre esigenze

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