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La VOCE ANNO XXX N°6

febbraio 2025

PAGINA G         - 39

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Si riaccende la guerra in Congo. Una tragedia dai risvolti neo-colonialisti quasi dimenticata

Tra le notizie riportate dai nostri mass media è comparsa anche la segnalazione del riaccendersi della guerra nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. I ribelli della formazione M23, sostenuti dall’esercito del Rwanda, si sono impossessati della città di Goma, capoluogo della regione del Nord Kivu e massima città del Congo orientale.

Il Congo è un Paese dell’Africa equatoriale grande quasi 8 volte l’Italia e con oltre 100 milioni di abitanti. Ѐ un Paese di enormi ricchezze agricole e soprattutto minerarie, per cui è stato sempre una preda ambita dal colonialismo europeo e dall’imperialismo occidentale. Il suo sottosuolo è ricco di rame, cobalto, oro, diamanti, uranio, ma soprattutto - nelle regioni orientali - del prezioso Coltan, un minerale utilissimo per la costruzione di apparecchiature elettroniche di largo uso.

Dal 1885 al 1906 il Congo fu una proprietà personale del re del Belgio Leopoldo II, che impose un regime di terrore e spietato sfruttamento che causò milioni di morti (ampiamente documentati in vari studi). Divenne poi una colonia dello Stato belga fino al 1960 quando ottenne l’indipendenza sotto la direzione dello sfortunato eroe della liberazione: Patrice Lumumba. Subito dopo Lumumba venne assassinato dal corrotto capo dell’esercito Mobutu, manovrato prima dal Belgio e poi dagli USA, che divenne il dittatore del Paese fino al 1996.

Si sviluppò un’opposizione armata, organizzata per un certo periodo anche dall’indimenticabile Ché Guevara che fu presente nelle regioni orientali del Congo. Finalmente nel 1996 il Paese fu liberato da una rivolta armata, nota come Prima Guerra del Congo, guidata da Laurent Kabila, cui poi successe, dopo il suo assassinio, il figlio Joseph.

Ma, a partire dal 1998 iniziò una Seconda Guerra del Congo, scatenata da milizie locali nell’Est sostenute dall’esercito del vicino Rwanda. Il presidente del Rwanda (tutt’ora in carica) Paul Kagame è notoriamente uomo legato agli USA e da essi armato e finanziato. Egli emerse come capo indiscusso del Paese dopo la vittoriosa guerra civile condotta in Rwanda come comandante dell’etnia Tutsi contro l’etnia Hutu. La guerra era iniziata subito dopo i massacri commessi dagli Hutu a danno degli eterni rivali Tutsi nel 1994 (massacri considerati come “genocidio” da parte di un tribunale internazionale creato ad hoc, ma sostanzialmente favorevole ai Tutsi).

Da allora la guerra nel Congo orientale è andata avanti per quasi 30 anni, inframmezzata da fragili accordi e periodi di tregua. La guerra ha causato 8 milioni di morti anche per la carestia indotta dai combattimenti e la mancanza di assistenza medica; ed è continuata anche dopo che nel 2018 è stato eletto presidente in Congo Felix Tshisekendi che ha sconfitto Joseph Kabila in regolari elezioni.

Quello che è necessario capire è che la guerra che ha periodicamente imperversato nell’Est del Paese (specie nella regione del Kivu), se ha certamente una delle sue ragioni nella rivalità tra le etnie Hutu e Tutsi presenti sia in Rwanda che nell’Est del confinante Congo, è però alimentata soprattutto da ricorrenti tensioni internazionali. Sotto i Governi dei Kabila e poi di Tshikesendi, specie durante la presidenza negli USA di Obama e del primo Trump, la Repubblica Democratica del Congo ha stretto intensi rapporti economici con la Cina, che ha fatto forti investimenti soprattutto nel settore minerario. Questo provoca la reazione soprattutto degli USA e, in parte, anche di alcuni altri Paesi occidentali, che spalleggiano di fatto il Rwanda e i gruppi di ribelli (come quelli che assassinarono anche l’ambasciatore italiano Attanasio). I Congolesi ne sono ben consci, e dopo l’inizio del nuovo attacco ruandese hanno assaltato nella capitale Kinshasa le ambasciate del Rwanda, degli USA, del Belgio e della Francia (anche se l’influenza di quest’ultima appare molto diminuita per la prevalente pressione statunitense). Da parte sua il Governo del Congo ha fatto causa alla Apple accusandola di utilizzare il Coltan rubato dai gruppi ribelli.

Il segnale per questo inasprirsi della situazione sembra legato anche all’elezione di Trump. Infatti Kagame può aver ritenuto di poter godere del completo “via libera” di Trump, viste le sue roboanti dichiarazioni imperiali che riguardano anche l’Africa.


Roma, 29 gennaio 2025, Vincenzo Brandi

Roger Waters - Il buono, il brutto e il cattivo

di lantidiplomatico

Come sempre, Roger Water, semplicemente straordinario.

Ci opporremo a Donald. Ci opporremo ai genocidi. Ci opporremo e io vi prometto, fratelli e sorelle in Palestina, non ce ne andremo mai finché non sarà fatta giustizia e la pace regni in Terra Santa."

Israele sta concludendo una guerra, ma si sta preparando per la successiva



di Alexander Svarants - NEO

Uno degli eventi globali più significativi degli ultimi tempi è stata la notizia della cessazione delle ostilità nella Striscia di Gaza e il raggiungimento di una tregua tra Israele e Hamas. L'accordo di armistizio, raggiunto il 15 gennaio con la mediazione di Egitto, Qatar e Stati Uniti, è composto da 8 capitoli e 20 paragrafi. La parte principale dell'accordo è la fine del conflitto armato, il ritiro delle unità dell'IDF dalla Striscia di Gaza (ad eccezione della “zona cuscinetto” a sud e a ovest), la fornitura di assistenza umanitaria alla popolazione palestinese e lo scambio di ostaggi e prigionieri.

Naturalmente, qualsiasi guerra finirà con la pace (o tregua). Secondo la tregua, Israele, dopo aver ricevuto tutte le donne e i bambini tenuti in ostaggio, permetterà l'apertura del checkpoint di Rafah, al confine con l'Egitto, per i civili e i feriti.

L'entità dei problemi umanitari è molto grave, ed è diventata una conseguenza oggettiva della natura distruttiva della guerra. Tuttavia, utilizzando tale forza per reprimere la resistenza di Hamas, Israele ha perseguito non solo un obiettivo militare, ma anche politico, ossia creare condizioni di vita insopportabili per i palestinesi della Striscia di Gaza e costringerli a un esodo di massa. In poche parole, si tratta di una politica di pulizia etnica e di eliminazione di una nuova minaccia territoriale nel sud di Israele. Non è un caso che l'amministrazione del presidente statunitense D. Trump, particolarmente impegnata in un'alleanza strategica con Israele, non escluda il trasferimento di alcuni palestinesi dalla Striscia di Gaza all'Indonesia.

La conclusione di un accordo di armistizio alla vigilia dell'insediamento del 47° Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, testimonia il ruolo significativo di Washington e la politica di Trump annunciata durante il periodo elettorale di porre fine ai conflitti militari dopo il suo successo. A quanto pare, le forti pressioni statunitensi hanno influenzato la decisione del governo di Benjamin Netanyahu, causando il malcontento dei membri radicali della coalizione di governo.

..segue ./.

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