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La VOCE ANNO XXX N°1

settembre 2024

PAGINA B         - 34

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Esperienza del mondo reale, induzione e logica: dove si parla anche dell’investigatore Poirot e di un quadro di Caravaggio

(questo articolo è liberamente tratto dal libro di V. Brandi “Conoscenza, scienza e filosofia”, 2020)i

In questo breve scritto vogliamo ribadire un concetto molto semplice che non riguarda solo la scienza o la filosofia, ma qualsiasi conoscenza umana comune e qualsiasi normale attività umana. Le nostre conoscenze, le nostre idee, le nostre convinzioni e le regole di comportamento che ci diamo nella vita reale, dipendono tutte dall’esperienza che acquisiamo progressivamente dal mondo reale fin da quando siamo neonati. Ciò riguarda anche le attività manuali, il modo di rapportarsi con il prossimo e di fare l’amore, l’attività politica e quella artistica, eccetera.

In questo rapportarsi col mondo reale per poterlo conoscere e poter affrontare la vita è fondamentale un processo mentale, già descritto da Aristotele, cui in filosofia si dà il nome di “induzione”.

L’induzione è quel procedimento che parte dalle singole esperienze per costruire un concetto generale, o una legge, e stabilire delle regole che riguardano la conoscenza e la vita reale. L’induzione si accorda molto bene con il funzionamento del nostro cervello, in cui – come abbiamo già ampiamente accertato in articoli precedenti – le reti di neuroni trasmettono sensazioni diverse collegandole e confrontandole con le cognizioni già presenti in memoria. Da questo poi si risale a pensieri e concetti astratti, a previsioni razionali, ed alle decisioni da prendere. Se vedo ogni volta che gli oggetti pesanti cadono verso il basso, cioè verso il centro della Terra, con una certa velocità ed accelerazione, penserò che questa è una legge generale e cercherò di precisarla. Se vedo sorgere il Sole ogni mattina, penserò che questo si verificherà anche nelle prossime mattine, e cercherò una spiegazione razionale. Il filosofo “empirista” del ‘700 David Hume diceva che se abbiamo in casa una porta che cigola sempre in un certo modo, anche se non la vediamo e sentiamo solo il cigolio, pensiamo che qualcuno la stia aprendo, e ci aspettiamo il cigolio se qualcuno va ad aprirla.


Naturalmente questo tipo di ragionamento potrebbe ingannarci: magari stanotte un cataclisma cosmico ha distrutto il Sole o qualcuno ha oliato la porta che cigola. Il filosofo Bertrand Russell raccontava la storiella dei tacchini che ogni mattina correvano verso il padrone perché sapevano che distribuiva cibo, ma i poveretti non sapevano che quella mattina era la vigilia del Giorno del Ringraziamento in cui il padrone li ucciderà perché nel Giorno del Ringraziamento si mangia il tacchino. Tuttavia il metodo induttivo – pur con tutte le sue incertezze - è l’unico che ci permetta di fare delle previsioni a partire dai dati dell’esperienza e costruire nuove teorie che stiano in piedi.


Tutti i filosofi “empiristi” (che cioè si affidano all’esperienza) e gli scienziati sperimentatori hanno teorizzato o praticato metodi induttivi. Francesco Bacone auspicava agli inizi del ‘600 che gruppi di scienziati si sbarazzassero degli “idoli” (cioè dei vecchi pregiudizi idealistici ed aristotelici) e costruissero tabelle in cui si mettevano in relazione i fenomeni osservati. Se al fenomeno A seguiva sempre B poteva dirsi che A era la causa di B. Il metodo funzionava anche per esclusione: se ad A non seguiva mai B, i due fenomeni non erano collegati. Metodi induttivi (molto più sofisticati di quanto non appaia nella mia rozza esposizione che è solo un abbozzo) sono stati discussi e sviluppati da tutti i filosofi empiristi: Locke, Hume, Condillac, Stuart Mill, Bertrand Russell e i membri della Scuola di Vienna. Sono gli unici metodi che possano darci risposte che ampliano la nostra conoscenza, anche se possono farci sbagliare. In un prossimo articolo vedremo che i metodi logici “deduttivi”, come quelli usati in matematica, sono più precisi, ma in genere non aggiungono altro a quello che già sappiamo. Anche le elucubrazioni logiche prive di dati dell’esperienza ed eccessive possono portarci fuori strada, come è capitato a comuni cittadini, ma anche a grandi ricercatori e filosofi.


Il lavoro del ricercatore scientifico (ma anche quello di un qualsiasi essere umano) è come quello meticoloso dell’investigatore Poirot e di qualsiasi investigatore che usi l’intelligenza. Si tratta di mettere insieme pazientemente gli indizi che abbiamo materialmente raccolto con l’esperienza, l’osservazione della realtà, l’indagine e gli esperimenti; trarne poi delle ipotesi e vedere se tutto quadra per poter costruire una teoria o una nostra opinione che non si presti a contraddizioni.

Se qualche evidenza empirica contraddice una teoria, dobbiamo modificare la nostra opinione, nel campo della ricerca scientifica, così come nella vita reale di tutti i giorni. Il metodo migliore per accertare la verità è quello che vediamo nel bellissimo quadro di Caravaggio in cui San Tommaso, non fidandosi, tocca col dito le ferite di Cristo risorto. Il metodo migliore è toccare con mano.


Roma, 26 agosto 2024, Vincenzo Brandi

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