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La VOCE ANNO XXX N°1

settembre 2024

PAGINA c         - 31

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Baratto tra USA e Russia. Cronache e gossip mentre gli ostaggi tornano ognuno alla propria casa...



2 agosto 2024. I giornali italiani hanno una loro idea degli eventi importanti. La lotta di Angela Carini contro il transgender Iman Khalifa è in prima pagina su quasi tutti i giornali mainstream. Al secondo posto c'è lo scambio di prigionieri tra Russia e Stati Uniti, il più grande contraccambio di ostaggi dalla fine della guerra fredda. Rilasciate 26 persone con il coinvolgimento di sette Paesi (tra cui Germania e Gran Bretagna). Un successo diplomatico dopo trattative segretissime.

Il primo agosto otto russi sono tornati in patria. Nell'ambito dello scambio, Vadim Krasikov, Vladislav Klyushin, Pavel Rubtsov, Vadim Konoshenok, Mikhail Mikushin, Roman Seleznev, Artyom e Anna Dultsev sono stati restituiti alla Madre Russia.



All'aeroporto di Vnukovo, Vladimir Putin ha accolto i cittadini russi rilasciati: “Innanzitutto voglio congratularmi con tutti voi per il vostro ritorno in patria. Ora voglio rivolgermi a quelli di voi che sono direttamente legati al servizio militare: voglio ringraziarvi per la vostra fedeltà al giuramento, al vostro dovere verso la Patria, che non si è dimenticata di voi per un minuto. E ora siete a casa!” - ha detto Vladimir Putin.

Commento di Margarita Simonyan: "E poi in Occidente si chiedono perché i russi amino Putin..."

Intervento di Maria Zakharova: "Quello che molti hanno chiamato "scambio", io lo definirei una battaglia di compostezza. La compostezza dei prigionieri, la compostezza delle autorità politiche, la compostezza dei servizi di sicurezza. Forse è anche una questione di fede e di speranza che il popolo e lo Stato siano dalla vostra parte. E la storia di oggi ha trasformato ancora una volta questa fede e questa speranza nella consapevolezza che noi non abbandoniamo i nostri".

Prendendo esempio da Putin: Biden e Harris si sono incontrati con gli "americani" scambiati in Turchia. Secondo quanto riferito, l'aereo è atterrato alla base aeronautica di Andrews nel Maryland. I giornalisti Evan Gershkovich e Alsou Kurmasheva, così come l'ex marine Paul Whelan, sono tornati negli Stati Uniti come contropartite della permuta.

Il consigliere per la sicurezza nazionale americana Jake Sullivan ha fatto sapere che non sono stati pagati soldi per la restituzione degli ostaggi.

L’Ucraina “allevata” dagli Stati Uniti | Con David Colantoni


13.259 visualizzazioni 21 lug 2024
Nel 2004, la casa editrice dello United States Army War College pubblicò un saggio intitolato United States-Ukraine military relations and the value of interoperability, a firma del colonnello delle forze armate ucraine Leonid Polyakov. Nel volume si evidenziava che, in seguito all’ottenimento dell’indipendenza, l’Ucraina aveva ereditato il 40% dell’intero personale e delle attrezzature militari dell’Unione Sovietica, comprese «enormi scorte di riserve strategiche di armi, rifornimenti e munizioni». Le forze armate ucraine, rilevava ancora il colonnello, avevano partecipato attivamente a ben 11 missioni internazionale, in teatri come la Jugoslavia e l’Iraq, e aderito sin dal 1994 al programma Partnership for Peace della Nato. Tre anni dopo, Kiev aveva sottoscritto la Charter on a distinctive partnership con l’Alleanza Atlantica, ai sensi della quale «la Nato ha aperto il suo centro di informazione e documentazione a Kiev (il primo sul territorio dell’ex Unione Sovietica) e istituito un ufficio di collegamento presso il Ministero della Difesa ucraino, diretto da un ufficiale militare statunitense in pensione […]. I rappresentanti ucraini sono regolarmente invitati a frequentare corsi di formazione della Nato all’estero e a partecipare ad esercitazioni congiunte. Centinaia di ucraini si sono già diplomati in college e corsi all’estero». Eppure, scriveva Polyakov, «lo scambio di visite, l’invito di giovani reclute e altri eventi di cooperazione tra le forze armate ucraine e quelle statunitensi iniziarono immediatamente dopo l’indipendenza dell’Ucraina e ben prima della firma, il 27 luglio 1993, del primo documento di base per la cooperazione militare tra il Ministero della Difesa ucraino e il Dipartimento della Difesa statunitense». Lo spirito della cooperazione tra Ucraina e Stati Uniti, sottolineava il colonnello, era «riflesso nei documenti politici statunitensi di alto livello», quali il National security strategy of engagement and enlargement del 1995, in cui l’Ucraina veniva menzionata una ventina di volte. Polyakov qualifica gli Usa come «il principale lobbista globale per l’Ucraina degli anni ’90», al punto che «tra il 1996 e il 1997 l’Ucraina è stata il terzo maggiore percettore di assistenza militare statunitense al mondo (dopo Israele ed Egitto) e il primo beneficiario dello spazio ex-sovietico». Osservazioni di indubbio rilievo, specialmente alla luce degli sviluppi geopolitici verificatisi di lì a qualche decennio. Ne parliamo assieme a David Colantoni, scrittore e artista.

Tre anni dopo, nel 1997, Kiev aveva sottoscritto la Charter on a distinctive partnership con l’Alleanza Atlantica, ai sensi della quale «la Nato ha aperto il suo centro di informazione e documentazione a Kiev (il primo sul territorio dell’ex Unione Sovietica) e istituito un ufficio di collegamento presso il Ministero della Difesa ucraino, diretto da un ufficiale militare statunitense in pensione […]. I rappresentanti ucraini sono regolarmente invitati a frequentare corsi di formazione della Nato all’estero e a partecipare ad esercitazioni congiunte. Centinaia di ucraini si sono già diplomati in college e corsi all’estero».
Eppure, scriveva Polyakov, «lo scambio di visite, l’invito di giovani reclute e altri eventi di cooperazione tra le forze armate ucraine e quelle statunitensi iniziarono immediatamente dopo l’indipendenza dell’Ucraina e ben prima della firma, il 27 luglio 1993, del primo documento di base per la cooperazione militare tra il Ministero della Difesa ucraino e il Dipartimento della Difesa statunitense».

Lo spirito della cooperazione tra Ucraina e Stati Uniti, sottolineava il colonnello, era «riflesso nei documenti politici statunitensi di alto livello», quali il National security strategy of engagement and enlargement del 1995, in cui l’Ucraina veniva menzionata una ventina di volte. Polyakov qualifica gli Usa come «il principale lobbista globale per l’Ucraina degli anni ’90», al punto che «tra il 1996 e il 1997 l’Ucraina è stata il terzo maggiore percettore di assistenza militare statunitense al mondo (dopo Israele ed Egitto) e il primo beneficiario dello spazio ex-sovietico».
Osservazioni di indubbio rilievo, specialmente alla luce degli sviluppi geopolitici verificatisi di lì a qualche decennio.
Ne parliamo assieme a David Colantoni, scrittore e artista.

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