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La VOCE ANNO XXIX N°9 | maggio 2024 | PAGINA 9 |
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Segue da Pag.8: I millantati crediti della “Brigata Ebraica”. Un po’ di storia che va conosciuta
quello che ha realmente fatto per sconfiggere il nazismo e porre fine all’Olocausto, si traduce in bieco e cinico opportunismo. In tal senso va riconosciuta la totale differenza con l’insurrezione antinazista degli ebrei del Ghetto di Varsavia. Non si può concludere una trattazione sulla Brigata ebraica senza far riferimento alle attività condotte dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, cioè fino a quando non venne sciolta, nell’estate del 1946 (si noti che fu operativa per più tempo dopo la guerra, piuttosto che durante). La narrativa dominante ci racconta esclusivamente dell’opera svolta per dare assistenza agli ebrei di tutta Europa e del ruolo avuto nel organizzare la migrazione verso Israele. Tuttavia c’è dell’altro che merita d’essere approfondito, in particolare le varie forme di vendetta perpetrate. Dopo la fine della guerra la Brigata si stabilì nei pressi di Tarvisio, una posizione strategica per intercettare i profughi ebrei in arrivo dall’Europa settentrionale e orientale. Questi venivano accolti, rifocillati e poi accompagnati in Israele. Quell’area (su tutti i lati dei confini) era quella in cui risiedevano diversi nazisti, che vi erano ritornati dopo la fine della guerra. Gli uomini della Brigata ebraica iniziarono ad andare a caccia di nazisti uccidendone un numero imprecisato, ma verosimilmente compreso tra alcune decine e i 1.500. Queste esecuzioni fanno emergere una serie di questioni politiche, di cui due sono le principali e più interessanti. La prima riguarda la legittimità di uccidere nazisti e fascisti. Negli ultimi venti anni abbiamo assistito ad un processo di glorificazione della Brigata ebraica. Questo ha investito la società e le istituzioni, sono state fatte celebrazioni ed eretti monumenti. Però in questo processo di glorificazione vengono omesse tante cose, tra cui il fatto che l’attività principale della Brigata ebraica fu di fare vendette dopo la guerra14. Quindi, ad onor di logica, con questo processo si riconoscerebbe la legittimità di uccidere nazisti e fascisti anche dopo la guerra. Chi scrive non ha ovviamente nulla da obiettare al riguardo, ma non può non far notare un’evidente contraddizione: il doppio standard utilizzato contro gli italiani e gli jugoslavi, le cui vendette attuate dopo la fine della guerra furono duramente represse e ancora oggi sono ferocemente stigmatizzate. Il caso più noto è quello della Volante Rossa, perseguitata in ogni modo perché aveva provato a fare giustizia anche dopo il 25 aprile 1945. Questa contraddizione si ingigantisce poi se si guarda nello specifico degli schieramenti politici nostrani: molti sostenitori della Brigata ebraica sono anche i maggiori detrattori della Resistenza italiana, nonché coloro che lanciano le più feroci condanne delle vendette successive alla Liberazione15. La seconda questione che sollevano queste esecuzioni riguarda la finalità di tali gesti. Come già esposto, gli ebrei di Palestina non lottarono per fermare l’Olocausto, arrivarono sul campo di battaglia a cose fatte, dieci anni dopo l’inizio delle persecuzioni contro gli ebrei, perché avevano come priorità la costruzione dello Stato d’Israele e non salvare le vite. Chi era rimasto a guardare per dieci anni senza intervenire, senza cercare d’impedire, dopo la fine della guerra andò a compiere delle vendette. Quale giudizio politico andrebbe espresso al riguardo? Chi non ha fatto nulla per impedire è complice, quindi non è che con quelle azioni si cercasse una riabilitazione? Anche per questo va rimarcata la differenza tra costoro e i partigiani che fecero azioni a guerra finita. Questi ultimi cercavano di portare a compimento un percorso interrotto per fattori esogeni, percorso duro e travagliato, nel quale avevano pagato prezzi carissimi. Drammatici fatti da cui altri si tennero ben distanti fino a quasi la fine della guerra. Il giudizio politico si intreccia con quello morale, che si formula guardando anche ad altre azioni che, se non ascrivibili direttamente alla Brigata ebraica – in quanto verosimilmente condotte solo da alcuni elementi – la coinvolgono in episodi terrificanti. Scrive Segev che tra i membri della Brigata ebraica “Alcuni sfogarono la propria rabbia sui prigionieri di guerra tedeschi e devastarono le proprietà dei civili”, e prosegue più avanti dicendo che “alcune azioni erano puri e semplici atti di teppismo”, come il giorno in cui i vendicatori “si nascosero ai margini di una strada e cominciarono a sparare su tutto quello che si muoveva, o come quell’altra volta che uccisero anche un’ebrea scampata all’Olocausto”. Segev liquida come “teppismo” ciò che sarebbe più corretto chiamare “terrorismo”: ammazzarono persone a caso senza una logica e un motivo. Non risulta che questi criminali siano stati puniti. Nemmeno si sa quanti furono i balordi che si resero responsabili di queste azioni, ma se c’è stata copertura (come sembra che ci sia stata), il marchio dell’infamia va necessariamente esteso. Come già detto, la Brigata ebraica salì sul carro dei vincitori a guerra praticamente finita, combatté per un mese tallonando i tedeschi in ritirata, si |
pose in antitesi con i valori della Resistenza, alla fine della guerra alcuni suoi membri si macchiarono di orribili crimini per i quali non vennero puniti; ma alla luce di tutto ciò, lo Stato italiano ha deciso di premiarla con la medaglia d’oro al valor militare16.
La motivazione sa di farsa: “operò durante la seconda guerra mondiale e offrì un notevole contributo alla liberazione della Patria e alla lotta contro gli invasori nazisti”. Non può sfuggire il fatto che si sia trattato di un’operazione politica per istituzionalizzare il supporto ad Israele e per delegittimare le contestazioni17. Ciò è la manifestazione della miseria e della spregiudicatezza della politica italiana. Non gli si darebbe troppo peso se poi non si dovesse fare il paragone con chi davvero lottò. Allora tutto ciò diventa inaccettabile. Fermo restando il rispetto per i morti, certe pagine di storia forse è meglio consegnarle all’oblio, perché c’è ben poco di cui andar fieri. Ma se qualcuno rispolvera degli eventi per usarli in maniera strumentale in un processo revisionista di legittimazione e di occultamento dei crimini d’Israele, si assume la responsabilità dell’aspra critica che poi si solleva. Non si può parlare di quella vicenda senza condannare fermamente. Chi ha davvero a cuore la memoria di quegli uomini, li dovrebbe semmai lasciare nel dimenticatoio della storia. 1 Ben Gurion al CC del Mapai, 7 dicembre 1938. 2 Segev T., (2001), Il Settimo milione, Mondadori. Pag. 27. Si noti che Segev è uno dei più affermati storici israeliani, nato a Gerusalemme il primo marzo 1945 proprio da profughi tedeschi che vi erano arrivati nel 1935. 3 L’Agenzia ebraica era parte dell’Organizzazione sionistica mondiale e dalle autorità britanniche era riconosciuta come ente di rappresentanza delle popolazioni ebraiche di Palestina. Di fatto era la prima forma di statualità d’Israele. 4 Fantoni (2022), La Brigata ebraica, Einaudi. 5 Fantoni (2022). 6 Pratolongo G. (2020), Noi conosciamo i sistemi di Hitler, Red Star Press. 7 Fantoni (2022). 8 La frase è riferita dal Capo di Stato Maggiore, Generale Badoglio. 9 Fantoni (2022) 10 Segev (2001) p. 136. 11 A questi vanno aggiunti 27 ebrei inglesi. Come noto, gli inglesi, non erano volontari, ma coscritti. 12 Segev (2001) p. 387. 13 Fantoni (2022). 14 Segev (2001) riporta che per alcuni suoi membri era “la vendetta il compito più importante per la Brigata”. 15 Forse ciò può essere legato al fatto che tra i sostenitori della Brigata ebraica ci sono alcune formazioni di destra, (anche fasciste, o post), che accolgono il retaggio reazionario post bellico, ma oggi si schierano acriticamente con Israele. Per costoro, il sangue dei vinti lo possono versare solo gli israeliani. 16 Conferita sulla base della legge n.114 del 18 luglio 2017. 17 In particolare negli ultimi anni, quelle che si hanno in occasione del 25 aprile. 20 Aprile 2024 - © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO Alessandro Orsini - Le armi a Israele: ma quale "memoria storica"?![]() L'Italia ha continuato a dare armi a Israele dopo l'inizio del bombardamento di Gaza. Il meccanismo è semplice: l'Italia dà le munizioni e Netanyahu le spara nel corpo dei bambini di Gaza. La democrazia italiana del 25 aprile ha inviato a Israele fucili, munizioni, bombe, siluri, razzi, missili e accessori; aeromobili, apparecchiature elettroniche, pezzi forgiati, pezzi fusi e semilavorati; apparecchiature e tecnologia per la produzione; software e tante altre cose per sterminare i bambini palestinesi. Oggi i rappresentanti della Repubblica Italiana ricordano le stragi dei nazifascisti in Italia per conservare la memoria storica. Ma quale memoria storica? E' tutto molto attuale, non serve ricordare. Le stesse stragi nazifasciste che avvenivano in Italia nel 1944 avvengono tutti i giorni in Palestina. Gaza è tutta una Sant'Anna di Stazzema. ..segue ./.
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