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La VOCE ANNO XXIX N°10

giugno 2024

PAGINA 8

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Segue da Pag.7: Argentina in crisi: salari miseri e costo della vita alle stelle

Undav spiega che, dopo il balzo di dicembre, l'inflazione mensile è scesa di mese in mese grazie alla variazione del 2% del tasso di cambio, che è stato possibile sostenere grazie alla stretta monetaria derivante dall'aggiustamento fiscale. Tuttavia, se la variazione del tasso di cambio è stata del 2% dall'inizio dell'anno, vale la pena chiedersi perché sia ancora a livelli così alti. “La risposta ha a che fare con due fattori: una componente inerziale derivante dall'indicizzazione dei contratti nell'economia, che difficilmente scenderà al di sotto del 5% al mese, e a causa della variazione dei prezzi relativi che continua ad essere in discussione”.

Su questo secondo punto, si fa riferimento a settori che considerano i loro prezzi bassi rispetto ad altri e, poiché i prezzi sono inflessibili verso il basso, il nuovo vettore dei prezzi relativi non può essere trovato in altro modo che aumentando alcuni prezzi più di altri. In effetti, quest'anno c'è una significativa eterogeneità nella variazione dei prezzi per capitolo.

Secondo l'Undav, la svalutazione ha avuto un impatto sui prezzi e un calo dei salari che non è stato compensato dal successivo forte apprezzamento. Questo produce la sensazione che l'Argentina sia “cara” nel confronto internazionale. Sebbene in termini di tutti i prezzi dell'economia, l'Argentina sia ben lontana dall'essere uno dei Paesi più cari al mondo, si è registrato un forte aumento dei prezzi in dollari, il che significa che soprattutto i beni sono molto costosi. I servizi, sebbene siano aumentati di più quest'anno, sono ancora indietro, proprio perché una componente importante dei servizi sono i salari, che sono sostanzialmente fermi.

Il "framework Pilko": ecco come potrebbe iniziare la guerra nucleare



«Ci vuole un’idea russa semplice e chiara per poterla spiegare a qualsiasi stronzetto di qualsiasi Harvard: così e cosà, e vai a fare in culo invece di guardarmi in quel modo. E lo dobbiamo sapere bene anche noi, da dove veniamo.»

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico - 31 Maggio 2024

Con le azioni di bombardamento dei radar di Allarme Strategico Precoce situati negli Oblast di Krasnodar e di Orenburg si è certamente superata una linea rossa di primaria importanza, perché si è tentato di menomare la capacità della Federazione Russa di individuare un attacco nucleare (o potenzialmente nucleare) partito da altri paesi.

Bisogna innanzitutto dire che l'attacco ucraino contro questi radar non si è rivelato del tutto inefficace: il radar situato nella regione di Krasnodar è stato chiaramente danneggiato, così come dimostrato da video amatoriali postati in rete del manufatto nonchè da rilevazioni satellitari, mentre per quanto riguarda il radar situato nell'oblast di Orenburg non si hanno immagini del manufatto successive agli eventi ma informazioni in mio possesso [e provenienti da fonte occidentale] indicano come il radar sia completamente distrutto ed inutilizzabile. Peraltro è da notare che in questa operazione i droni usati siano dei Tekever AR3 di fabbricazione britannico-portoghese; anche questo elemento, oltre che ad essere emblematico, è indicativo di un sempre più netto coinvolgimento occidentale.

Del significato profondo di questa azione militare scellerata perpetrata dagli ucraini (ma ordinata chiaramente dall'Occidente) vi ho già parlato in un precedente articolo, nel quale ho anche ripercorso tutta la vicenda legata allo scacchiere nucleare in Europa, che ha ripreso a muoversi almeno dal 2015, ovvero da quando la Nato decise di installare una sorta di scudo antimissile tra Turchia (radar di allarme precoce), Polonia e Romania (batterie antimissile però in grado di lanciare, a loro volta, missili da crociera), dando così inizio
ad una serie di mosse e contromosse tra Nato e Russia sul piano delle armi nucleari.

Se la vicenda degli attacchi ai radar precoci russi è passata sostanzialmente sotto silenzio in Occidente, non altrettanto si può dire in Russia, dove, invece, è suonata la sirena dell'allarme generale, sia a livello politico che a livello di Think Tank di studio strategico-militare che anche a livello di mass media.

A livello di Think Tank e di opinionisti è certamente rilevante quanto proposto da Alexey Pilko. direttore dell'Eurasian Center e commentatore in vari mass media russi (TV Zvezda, PRAIM, Radio Sputnik, AiF, Gazeta.ru): il suo è un vero è proprio framework dove la risposta a quanto avvenuto andrebbe implementata a gradini; da quello meno grave fino a quello più grave a seconda dei feedback che, di volta in volta, verrebbero rimandati dall'Occidente.

Ecco qui il framework Pilko:

1– Abbattimento di un drone americano sul Mar Nero anche in considerazione del fatto che questi droni ipertecnologici dirigono i missili occidentali fino ai bersagli situati in Crimea e nel Krai di Krasnodar;

2– Bombardamento di un quadrante di mare o di un territorio disabitato ma formalmente appartenente ad un paese Nato. [Va aggiunto che altri commentatori russi hanno proposto le isole Far Oer nell'oceano Atlantico che infatti corrispondono alle caratteristiche indicate da Pilko];

3– Il terzo gradino proposto da Pilko è il bombardamento di una piccola struttura della Nato nella regione del Mar Nero, a condizione che vi siano acquartierate truppe americane in numero esiguo;

4– Qualora i primi tre gradini non fossero sufficienti a far desistere gli occidentali, Pilko propone il bombardamento della grande base Nato situata a Rzeszow in Polonia e che, dall'inizio del conflitto, funge da centro logistico fondamentale per il rifornimento dell'Ucraina.

Se il piano proposto da Pilko vi sembra molto estremo non avete idea di quali siano le altre posizioni in campo tra i commentatori russi, per motivi di sintesi ci limitiamo qui a sottolineare quanto proposto da Dmitry Suslov, componente del moscovita Council for Foreign and Defence Policy, un Think Tank considerato molto vicino a Putin. Suslav – ripreso anche dall'agenzia Reuters – ha proposto una esplosione nucleare dimostrativa per costringere l'Occidente a fare un passo indietro.

Che il dibattito russo sia diventato incandescente, è cosa evidente non solo dalle dichiarazioni provenienti dai Think Tank ma anche dalle pesantissime parole espresse da Putin durante una conferenza stampa a Tashkent (Uzbekistan) nella quale il presidente russo ha dichiarato testualmente che «L'Occidente sta giocando con il fuoco», e poi ancora: «i governi dei Paesi della Nato dovrebbero ricordare che i membri dell’Alleanza, di regola, sono piccoli Stati con una densità di popolazione molto alta».

Il problema è che nonostante tutto questo gli occidentali, ed in particolare gli anglosassoni, continuano ad andare avanti nelle loro provocazioni. Ormai tutti i paesi Nato (tranne l'Italia e pochi altri) hanno dato formalmente l'autorizzazione all'utilizzo delle armi fornite all'Ucraina per colpire nel territorio russo come internazionalmente riconosciuto dalla caduta dell'Unione Sovietica ed è imminente anche la formazione di una coalizione di paesi volenterosi disponibile a inviare “istruttori” militari in suolo ucraino. Passi scellerati, dettati anche dalle logiche profondamente diverse con le quali ragionano anglosassoni e russi. Se i primi applicano una logica tipicamente utilitaristica incentrata sull'aumento dei costi per l'avversario fino a quando questi non saranno superiori ai guadagni così da scoraggiarne le attività ostili, i russi ragionano in termini diametralmente opposti: aumentare la risposta a qualunque costo all'aumentare delle minacce che gli si presentano davanti.

I figli di Dostoevskij sono totalmente sordi alla logica utilitaristica di Jeremy Bentham. Prima ad Occidente lo capiscono e meglio sarà per tutti....

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