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La VOCE ANNO XXVIII N°8

aprile 2024

PAGINA B         - 34

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Conoscenza, Scienza, Filosofia: L’importanza dell’esperienza e dei fatti certi nella ricerca della verità

di Vincenzo Brandi

(questo articolo è liberamente tratto dal libro “Conoscenza, Scienza e Filosofia” di V. Brandi, 2020)

Nella presentazione all’inizio di questo libro abbiamo visto come la parola “Scienza” provenga dal verbo latino “scio” che significa “conoscere”. La Scienza è quindi derivata direttamente dalla conoscenza comune di tutti i giorni, che serve a capire il mondo che ci circonda, per poterlo affrontare e per regolarci su quale debba essere il nostro comportamento. La differenza consiste nel fatto che la Scienza è più precisa e profonda; ha sviluppato metodi di conoscenza specifici e sofisticati, e regole, che dovrebbero indicarci con chiarezza quale sia la realtà che esiste fuori di noi, ed anche dentro a noi, come nella Medicina e lo studio del cervello.

Lo stesso discorso può farsi per la parola “Filosofia”, che proviene da due parole in uso nel Greco antico: “filo”, che significa “amare”, e “sofia”, che significa “sapere, conoscenza”. La Filosofia è quindi letteralmente “amore per la conoscenza”. Differisce dalla conoscenza comune solo perché si interessa dei princìpi generali entro cui inquadrare la conoscenza, dei metodi della conoscenza, delle regole generali di comportamento individuali e sociali che ne conseguono. Ma non bisogna lasciarsi intimidire dalle elucubrazioni spesso incomprensibili e cavillose di certi filosofi. Ciascuna persona umana che deve orientarsi nella vita, o che semplicemente esprime le proprie opinioni, esprime una sua filosofia con cui inquadrare la realtà, per quanto rozza e semplicistica possa essere.

Il primo passo della conoscenza è l’esperienza, cioè sono i dati ed i fatti della Natura e della vita che apprendiamo attraverso i sensi con l’osservazione della realtà intorno a noi e dentro di noi, sulla cui esistenza non possiamo avere dubbi (come quei filosofi “idealisti”, che ci dicono che è tutta un’illusione,). Tutti i filosofi realisti, materialisti ed “empiristi” (che credono cioè nell’esistenza di una realtà oggettiva indipendente da noi e si basano sull’esperienza) presenti già nell’antica Grecia, hanno sottolineato l’importanza di questo metodo sperimentale condiviso anche dalla maggior parte degli scienziati. Dai dati dell’esperienza possiamo poi risalire, con il ragionamento, l’immaginazione, ed attraverso processi di astrazione di cui il nostro cervello è capace, a concetti ed idee generali che certamente non esistevano prima nella nostra mente (né da nessuna altra parte).

Il metodo sperimentale non riguarda solo la conoscenza scientifica, ma innanzitutto la vita di tutti i giorni. Ci insegna come si usano le mani ed il cervello, come si fa l’amore o ci si rapporta con gli altri. Il neonato ha una percezione confusa della realtà; ancora non ha imparato ad usare correttamente i suoi sensi, ed a ragionare su ciò che percepisce. Nel bel film del 1974 di Werner Herzog, “L’Enigma di Kaspar Hauser”, si parlava del caso realmente accaduto di un giovane – comparso improvvisamente nel 1829 – che era sempre vissuto chiuso al buio in una stanzetta. Il giovane non si era fatta un’idea della profondità dello spazio tridimensionale e della prospettiva, per cui riteneva che il dottore che lo aveva adottato fosse più alto di una grande torre lontana che ai suoi occhi appariva più piccola.

Nel ‘700 due celebri illuministi francesi, che volevano portare i “lumi” della ragione alle masse, il biologo Buffon ed il filosofo Condillac , concepirono una curiosa allegoria in cui, ad una statua inizialmente priva di sensi, venivano progressivamente forniti i 5 sensi e le veniva insegnato come

, usarli. Il metodo sperimentale e la Scienza sperimentale, sono imperfetti e possono trarci in inganno, ma sono gli unici strumenti che abbiamo a disposizione, a meno che non ci vogliamo affidare a testi sacri o profetici, o teorie fantasiose prive di riscontri sperimentali.

Lo scienziato e filosofo berlinese Reichenbach affermava che “tutto ciò che sappiamo del mondo è tratto dall’esperienza”. Il grande astronomo statunitense Hubble diceva che “l’uomo, attrezzato con i suoi 5 sensi, esplora l’Universo. E questo lo chiamiamo avventura della Scienza”. Il grande matematico di fine ‘800 Poincaré - che fu anche un valente epistemologo, cioè un filosofo della scienza – è noto per le sue posizioni realiste, che lo caratterizzarono come fiero avversario della deriva spiritualista ed irrazionalista dilagante nella Francia di fine ‘800, e che lo portarono ad affermare che “l’esperienza è l’unica fonte della verità: solo essa può insegnarci qualcosa di nuovo, solo essa può darci certezza”. Affermava che il fatto bruto è il fenomeno osservato, la Scienza è la sua interpretazione. Il sovietico Pyotr Kapitza (Nobel nel 1978 per gli studi sull’Elio liquido e la fisica alle basse temperature) diceva che separare la teoria dalla pratica, e dal lavoro sperimentale, pregiudica principalmente la teoria stessa”.

Il metodo di ricerca e conoscenza – sia comune che scientifica - basato sui fatti accertati è quello che più ti avvicina alla verità. Il grande fisico austriaco Ludwig Boltzmann sosteneva che la Scienza Fisica, basata sull’esplorazione razionale del mondo esterno, è “ricerca della verità”. Parlare di conoscenza e Scienza come ricerca della verità, serve soprattutto oggi anche nella vita reale in cui siamo subissati da “fake news” (notizie false e manipolate) da parte dei media, dove - ad esempio - le guerre di aggressione diventano “interventi umanitari” per eliminare “feroci dittatori”, e diventa normale produrre armi e mantenere quasi sotto casa enormi arsenali di bombe atomiche per difenderci da presunti terribili nemici.

Ovviamente l’educazione all’utilizzo dei nostri sensi, e la capacità di ragionare sulle nostre sensazioni, non è un fatto individuale. Ci vorrebbero centinaia di vite per compiere questo percorso individualmente. Molto apprendiamo da genitori, amici, conoscenti. Fondamentale è l’istruzione, che possiamo considerare come la trasmissione dell’esperienza accumulata da tutte le generazioni precedenti. Non a caso uno dei punti fondamentali dei programmi “illuministi” del ‘700 era l’istruzione pubblica per tutti. In Francia se ne fece sostenitore il filosofo rivoluzionario Condorcet. In Italia ricordiamo il napoletano Filangieri, esponente insieme a Genovesi Galiani dell’Illuminismo napoletano. Gli esponenti dell’altro grande centro illuminista italiano, Milano, come Cesare Beccaria ed i fratelli Verri (N. 63), erano su posizioni analoghe. Curiosa e sbagliata appare a questo proposito la posizione proto-romantica di Rousseau, che era contrario alla Scienza e all’istruzione pubblica.

In conclusione bisogna respingere tutti i metodi e gli atteggiamenti filosofici e mentali sbagliati che ostacolano lo sviluppo della conoscenza e della Scienza sperimentale: idealismo filosofico; uso improprio della matematica e della logica pura, convenzionalismo scientifico, pragmatismo, irrazionalismo di tipo mistico-religioso o nichilistico. Tra mille difficoltà e contraddizioni la Scienza avanza, anche se la conoscenza finale di tutta la realtà non potrà probabilmente mai essere raggiunta. Ma dobbiamo farcene una ragione: questa è l’unica forma valida di conoscenza che abbiamo.

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