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La VOCE ANNO XXVI N°2

ottobre 2021

PAGINA         - 44

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segue da pag.43: assalto alla scuola repubblicana. sia che la guardiamo dal lato della miseria (scotto di luzio) o da quello della nobiltà (diplomate pisane), come appare tristemente irrilevante nei confronti dell'istruzione la categoria dei docenti universitari! categoria del suo insieme, si badi bene, perché le eccezioni esistono sempre: ma solo come categoria i docenti universitari potrebbero avere forza, facendo come berti suggerisce "la propria parte". in ogni livello della scuola italiana si è contrabbandato per accoglienza, promozione, risultato il semplice abbassamento del livello di richiesta, di volta in volta rinviando la responsabilità agli insegnanti dei livelli precedenti, giù giù sino ai primi passi scolastici, ove le colpe non possono che essere date ai bambini stessi e alle loro famiglie, oppure alla "società". nel caso dei docenti universitari questo rimpallo di responsabilità è quanto mai agevole, visto che la loro attività didattica è preceduta da quella di molti altri, e visto che il recupero di competenze di base in ambito matematico e linguistico diventa oggettivamente arduo dopo l'adolescenza. ma allora, come afferma berti, ci si dovrebbe porre una seria domanda sull'ammissibilità di un largo numero di studenti all'istruzione superiore, e forse ci si dovrebbe anche preoccupare maggiormente di ciò che accade nei vari ordini della scuola. magari come docenti ci si dovrebbe ricordare che l'università esiste per insegnare, anche se i legislatori se ne sono ampiamente infischiati quando hanno stabilito i forsennati criteri di selezione e avanzamento in carriera che tutti conosciamo. nel frattempo, rimanendo il sistema dell'istruzione quello che è, va preso in esame un coinvolgimento diretto in azioni di recupero come quelle accennate da berti. di recente ho svolto on line un piccolo corso di preparazione alla scrittura della tesi, voluto dalla collega anna di norcia nella sua veste di presidente del class, un corso di laurea triennale in servizio sociale attivo presso l'università di roma "sapienza". l'ordinamento di tale corso prevede la possibilità di destinare alcuni crediti formativi ad attività collaterali, per lo più a valenza professionalizzante, ma anche – come nel corso da me tenuto – di supporto ad abilità tradizionalmente considerate già presenti nello studente: reperire una fonte e valutarne la qualità, riassumere un articolo specialistico, porre in relazione più fonti individuando congruenze e discordanze, esporre ordinatamente il punto di vista personale maturato in base alle letture. non sono ancora in grado di dire quale sia stato il miglioramento dei partecipanti. posso dire però che gli studenti sembravano degli assetati a cui sia stata offerta dell'acqua fresca, e che molti di loro erano disposti a partecipare anche senza l'incentivo di acquisire dei crediti. posso dire inoltre che, una volta definito il formato delle attività, il costo in termini di ore-lavoro del docente non è certo proibitivo: personalmente, da pensionata, l'ho fatto su base volontaria, ma credo che sollevando i docenti in servizio da qualche idiozia burocratica non sarebbe difficile trovarne più d'uno disposto ad implementare attività di recupero opportunamente predisposte come parte del proprio lavoro ordinario. la speranza non è mai morta. anna silvia bombi ex docente di psicologia del corso di vita, sapienza università di roma. mariam 9 agosto 2021 at 10:22. in tutti questi anni sono stata criticata ogniqualvolta ho posto in essere azioni volte al recupero di competenze linguistico-logiche tanto da colleghi quanto da studenti. salvo poi ritrovarle all'interno di progetti finanziati, in una forma meno impegnativa ben inteso, a nome di altri. ne ho concluso che si fanno scalate a posti di potere, si blandiscono gli studenti, ma non si pensa a dotarli di strumenti critici
angelo farina 9 agosto 2021 at 16:03. anna emilia berti, condivido quanto scrivi al 99%! l'unico punto in cui non sono del tutto d'accordo è quando dici che la mancata penalizzazione nel voto assegnato agli studenti universitari privi di adeguate capacità linguistiche "inganna i futuri datori di lavoro". tale affermazione presuppone una serie di cose a mio avviso non sempre vere: 1) qualcuno dà un qualche peso al voto di laurea in fase di selezione del personale. 2) il destino di un laureato è di avere un "datore di lavoro" 3) la laurea serve per lavorare. il primo assunto è sistematicamente smentito nel settore tecnico scientifico in cui opero, ove al voto di laurea nessuno dà gran peso. gli assunti 2) e 3), solo apparentemente sim. ili, sono ahime' il triste portato dell'art. 1 della ns. costituzione, che afferma un principio per me assai contestabile: "l'italia è una repubblica fondata sul lavoro". e' incontestabile che una significativa percentuale degli italiani sia costretta a lavorare per sbarcare il lunario, percentuale fortunatamente via via ridottasi negli anni. che in una nazione ci debba essere anche una certa quantità di lavoratori è purtroppo tuttora inevitabile, ma non ho mai pensato che sia giusto fondare una nazione moderna e culturalmente elevata sul lavoro. per me destinati a lavorare dovrebbero essere solo coloro che ci sono portati (obiettivamente una minoranza, in italia). gli altri non sono degli scansafatiche, ma anzi sono storicamente coloro che ci han portato al successo: innovatori, artisti, creativi, esploratori, eretici, a volte anche criminali o leader di grandi movimenti sociali. e' principalmente a tali futuri "non lavoratori" che sono naturalmente finalizzati tutti i nostri percorsi di laurea "non professionalizzanti", ma anche alcuni dei percorsi professionalizzanti, fra cui spicca ad esempio architettura (ove insegno). e trovo giusto che sia così: non è l'università il luogo ove si preparano i futuri lavoratori, l'università è invece il luogo ove si prepara gente che sperabilmente non avrà mai bisogno di lavorare, soprattutto non di fare un lavoro dipendente. gente che invece vivrà di invenzioni, arte, opere dell'ingegno, copyright, brevetti, o che verranno pagati per sviluppare progetti, opere multimediali di ogni genere, etc. forse la mia è un'utopia, peraltro condivisa da tanti nostri studenti. forse molti di loro dopo la laurea scopriranno che non è così facile campare senza lavorare e saranno costretti a farsi assumere da qualche datore di lavoro, che lucrerà sul loro genio. il che non toglie che per noi docenti la missione è di preparare i nostri studenti per realizzare i loro sogni, non perché diventino dei bravi lavoratori sottoposti. e contemporaneamente è nostro dovere cercare di modificare regole e convenzioni sociali (a partire dal famigerato art.1 della Costituzione) affinche' diventi sempre più realizzabile l'ideale di uno stato in cui non ci sia più bisogno di lavorare e tutti coloro che non sono portati al lavoro (cioe' la maggioranza degli italiani, che di lavorare proprio non han la vocazione, me compreso) invece possano valorizzare e monetizzare altre attività (creative, inventive, artistiche, narrative, comunicative, espressive). ho inserito altri articololi molto interessanti alla pagina 12 (inserto madre) sotto l'etichetta scuola&ricerca. anche per questi articoli si possono inviare commenti al direttore de la voce.
Segue da Pag.43: Assalto alla scuola repubblicana

Sia che la guardiamo dal lato della miseria (Scotto di Luzio) o da quello della nobiltà (diplomate pisane), come appare tristemente irrilevante nei confronti dell'istruzione la categoria dei docenti universitari! Categoria del suo insieme, si badi bene, perché le eccezioni esistono sempre: ma solo come categoria i docenti universitari potrebbero avere forza, facendo come Berti suggerisce "la propria parte". In ogni livello della scuola italiana si è contrabbandato per accoglienza, promozione, risultato il semplice abbassamento del livello di richiesta, di volta in volta rinviando la responsabilità agli insegnanti dei livelli precedenti, giù giù sino ai primi passi scolastici, ove le colpe non possono che essere date ai bambini stessi e alle loro famiglie, oppure alla "società".
Nel caso dei docenti universitari questo rimpallo di responsabilità è quanto mai agevole, visto che la loro attività didattica è preceduta da quella di molti altri, e visto che il recupero di competenze di base in ambito matematico e linguistico diventa oggettivamente arduo dopo l'adolescenza. Ma allora, come afferma Berti, ci si dovrebbe porre una seria domanda sull'ammissibilità di un largo numero di studenti all'istruzione superiore, e forse ci si dovrebbe anche preoccupare maggiormente di ciò che accade nei vari ordini della scuola. Magari come docenti ci si dovrebbe ricordare che l'Università esiste per insegnare, anche se i legislatori se ne sono ampiamente infischiati quando hanno stabilito i forsennati criteri di selezione e avanzamento in carriera che tutti conosciamo.
Nel frattempo, rimanendo il sistema dell'istruzione quello che è, va preso in esame un coinvolgimento diretto in azioni di recupero come quelle accennate da Berti. Di recente ho svolto on line un piccolo corso di preparazione alla scrittura della tesi, voluto dalla collega Anna Di Norcia nella sua veste di presidente del CLaSS, un corso di laurea triennale in Servizio Sociale attivo presso l'Università di Roma "Sapienza".
L'ordinamento di tale corso prevede la possibilità di destinare alcuni crediti formativi ad attività collaterali, per lo più a valenza professionalizzante, ma anche – come nel corso da me tenuto – di supporto ad abilità tradizionalmente considerate già presenti nello studente: reperire una fonte e valutarne la qualità, riassumere un articolo specialistico, porre in relazione più fonti individuando congruenze e discordanze, esporre ordinatamente il punto di vista personale maturato in base alle letture.
Non sono ancora in grado di dire quale sia stato il miglioramento dei partecipanti. Posso dire però che gli studenti sembravano degli assetati a cui sia stata offerta dell'acqua fresca, e che molti di loro erano disposti a partecipare anche senza l'incentivo di acquisire dei crediti. Posso dire inoltre che, una volta definito il formato delle attività, il costo in termini di ore-lavoro del docente non è certo proibitivo: personalmente, da pensionata, l'ho fatto su base volontaria, ma credo che sollevando i docenti in servizio da qualche idiozia burocratica non sarebbe difficile trovarne più d'uno disposto ad implementare attività di recupero opportunamente predisposte come parte del proprio lavoro ordinario. La speranza non è mai morta. Anna Silvia Bombi ex docente di Psicologia del corso di vita, Sapienza Università di Roma

mariam 9 Agosto 2021 At 10:22
In tutti questi anni sono stata criticata ogniqualvolta ho posto in essere azioni volte al recupero di competenze linguistico-logiche tanto da colleghi quanto da studenti. Salvo poi ritrovarle all'interno di progetti finanziati, in una forma meno impegnativa ben inteso, a nome di altri. Ne ho concluso che si fanno scalate a posti di potere, si blandiscono gli studenti, ma non si pensa a dotarli di strumenti critici

Angelo Farina 9 Agosto 2021 At 16:03
Anna Emilia Berti, condivido quanto scrivi al 99%!
L'unico punto in cui non sono del tutto d'accordo è quando dici che la mancata penalizzazione nel voto assegnato agli studenti universitari privi di adeguate capacità linguistiche "inganna i futuri datori di lavoro".
Tale affermazione presuppone una serie di cose a mio avviso non sempre vere:
1) Qualcuno dà un qualche peso al voto di laurea in fase di selezione del personale.
2) il destino di un laureato è di avere un "datore di lavoro"
3) La laurea serve per lavorare.
Il primo assunto è sistematicamente smentito nel settore tecnico scientifico in cui opero, ove al voto di laurea nessuno dà gran peso.
Gli assunti 2) e 3), solo apparentemente simili, sono ahime' il triste portato dell'art. 1 della ns. Costituzione, che afferma un principio per me assai contestabile: "L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro".
E' incontestabile che una significativa percentuale degli Italiani sia costretta a lavorare per sbarcare il lunario, percentuale fortunatamente via via ridottasi negli anni. Che in una nazione ci debba essere anche una certa quantità di lavoratori è purtroppo tuttora inevitabile, ma non ho mai pensato che sia giusto fondare una nazione moderna e culturalmente elevata sul lavoro.
Per me destinati a lavorare dovrebbero essere solo coloro che ci sono portati (obiettivamente una minoranza, in Italia).
Gli altri non sono degli scansafatiche, ma anzi sono storicamente coloro che ci han portato al successo: innovatori, artisti, creativi, esploratori, eretici, a volte anche criminali o leader di grandi movimenti sociali.
E' principalmente a tali futuri "non lavoratori" che sono naturalmente finalizzati tutti i nostri percorsi di laurea "non professionalizzanti", ma anche alcuni dei percorsi professionalizzanti, fra cui spicca ad esempio Architettura (ove insegno).
E trovo giusto che sia così: non è l'Università il luogo ove si preparano i futuri lavoratori, l'Università è invece il luogo ove si prepara gente che sperabilmente non avrà mai bisogno di lavorare, soprattutto non di fare un lavoro dipendente.
Gente che invece vivrà di invenzioni, arte, opere dell'ingegno, copyright, brevetti, o che verranno pagati per sviluppare progetti, opere multimediali di ogni genere, etc.
Forse la mia è un'utopia, peraltro condivisa da tanti nostri studenti. Forse molti di loro dopo la laurea scopriranno che non è così facile campare senza lavorare e saranno costretti a farsi assumere da qualche datore di lavoro, che lucrerà sul loro genio.
Il che non toglie che per noi docenti la missione è di preparare i nostri studenti per realizzare i loro sogni, non perché diventino dei bravi lavoratori sottoposti.
E contemporaneamente è nostro dovere cercare di modificare regole e convenzioni sociali (a partire dal famigerato art.1 della Costituzione) affinche' diventi sempre più realizzabile l'ideale di uno stato in cui non ci sia più bisogno di lavorare e tutti coloro che non sono portati al lavoro (cioe' la maggioranza degli Italiani, che di lavorare proprio non han la vocazione, me compreso) invece possano valorizzare e monetizzare altre attività (creative, inventive, artistiche, narrative, comunicative, espressive).

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Ho inserito altri articoli molto interessanti alla pagina 12 (inserto Madre) sotto l'etichetta Scuola&Ricerca. Anche per questi articoli si possono inviare commenti al direttore de La VOCE.

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