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La VOCE 2102

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

La VOCE ANNO XXVI N°3

novembre 2021

PAGINA D         - 36

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segue da pag.35: materialismo dialettico e questione ecologica. come “armonia”, altrimenti la si divinizza, non si devono dimenticare i cataclismi naturali: l’uomo non è l’unica forza distruttiva. tuttavia il problema del rapporto uomo-natura è il problema centrale, perché l’uomo è un essere naturale, con la sua natura che costruisce natura manipolandola. il rapporto uomo-natura è fondamentale per la sopravvivenza dell’uomo stesso: l’ambiente non è qualche cosa che possa essere manipolato senza determinate condizioni, le forze produttive devono essere sviluppate e non distrutte. il sistema capitalistico è il sistema dello spreco, della distruzione e della morte. il problema della lotta di classe si chiarisce allora come lotta di specie, perché si tratta di ridefinire il senso stesso dell’uomo e della società in rapporto con il suo ambiente e il marxismo ha molte cose da dire a questo proposito. si tratta semplicemente di ritrovarle queste cose, che una certa tradizione “produttivistica” del movimento operaio ha dimenticato, facendo degli ideali del sistema capitalistico la propria cornice d’intervento. quando noi monetizziamo la salute, siamo dentro questo sistema e ne accettiamo le regole, quando per i posti di lavoro dimentichiamo i contenuti di morte di una fabbrica, noi siamo dentro e accettiamo le regole di questo sistema. il marxismo non ha mai accettato le regole del sistema e in questo senso definisce la propria antropologia. marxismo e discipline dell’ecologia. ii problema del rapporto fra le “discipline dell’ecologia” (“etnobotanica”, “nuova geografia”, “nuova preistoria”, ecc.) e il marxismo è abbastanza complesso. la validità di una ricerca storica, geografica, etnobotanica ecc. sta nel fatto che questa fornisce, fra le altre cose, anche una serie di materiali, di letture, di categorie con le quali è necessario confrontarsi; il “lavoro vivo” del ricercatore è, come tale, estremamente importante ed utile. l’antagonismo tra queste discipline e il marxismo dipende, prima di tutto, dal fatto che il marxismo è diventato curiosamente “economia”, anziché essere “critica dell’economia”. marx viene abbandonato nel momento in cui si separa la storia dall’economia e l’economia diventa il campo in cui si lavora unicamente con la matematica, mentre la storia resta tutt’altra cosa. in questo senso è molto importante, ad esempio, il fatto che les annales propongano un concetto di “storia totale” nel quale niente di ciò che riguarda l’uomo è estraneo alla storia. questa concezione è senz’altro comune alla storiografia delle “annales” ed alla storiografia marxista, anche se rimangono delle differenze fondamentali fra le due metodologie storiografiche. purtroppo il concetto di storia in marx, i suoi lavori storici, sono fra le cose che non vengono sufficientemente studiate ed analizzate. il fatto, per esempio, che in marx la storia sia anche storia-progetto, che marx elabori un concetto di storia in cui c’è la visione del passato e la capacità progettuale verso il futuro, è uno degli elementi che mancano proprio nell’analisi del marxismo che astrae unicamente l’aspetto economico. non solo, ma dal marxismo è stato espunto tutto il contributo di engels, e quindi tutto ciò che riguarda la natura, la dialettica della natura, la base materialistica. attraverso le discipline dell’ecologia riappare ciò che il ‘900 ha fatto scomparire, e cioè riappare il reale, la materia. utilizzando queste discipline è possibile ridefinire la realtà e ridefinire, quindi, nella modernità il materialismo. questo è il punto teorico difficile, proprio nel ‘900 che ha dissolto tutto attraverso il linguaggio, ha dissolto tutto nella ragione e, a questo punto, ha dissolto anche la ragione e il soggetto. occorre, in sintesi, porre queste discipline in rapporto con il marxismo, per far riapparire il reale, la materia, la natura. ii rapporto uomo-natura e i rapporti sociali. nella storia ci sono due tipi di agricoltura, due tipi di allevamento. da un lato le antiche civiltà dei tuberi, le quali intrattengono un rapporto che è personale con il tubero, l’uomo assume cioè il rapporto con la pianta nella sua singolarità, attraverso una serie di rituali. dall’altro lato c’è il mondo del grano, dove l’uomo usa un rapporto con le
piante massificandole, come avviene appunto con un campo di grano, dove le piante diventano tutte uguali, non hanno più nome, non hanno più individualità, ideologie, senso del sacro. ecco, c’è un legame stretto tra questo modo diverso di trattare la pianta (o l’animale ovviamente) e il modo col quale si costruiranno, poi, tutte le altre sovrastrutture, il modo col quale l’uomo intraprende, poi, il rapporto con il mondo nella sua globalità e quindi il modo col quale gli uomini stanno fra di loro. quando si sfrutta la pianta e quando si sfrutta l’animale, con essi si sfrutta l’uomo. engels, negli scritti giovanili, afferma che la vendita della terra è superata solo dalla vendita dell’uomo da parte dell’uomo, lo sfruttamento della terra è superato solo dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. e lo sfruttamento della terra è l’atto che sta a monte della società capitalistica. la privatizzazione della terra – che significa: “faccio di questa terra tutto ciò che voglio”, la spreco, non è più di tutti, non è più un bene, non è più valore d’uso” – è l’atto istitutivo del capitalismo. e quest’atto fa tutt’uno con la vendita della forza lavoro, con la riduzione dell’uomo a forza lavoro. la vendita della terra e la vendita di forza-lavoro sono stesso atto. il rapporto che noi abbiano con la natura è il rapporto che abbiamo con l’uomo, è il modo col quale ci rappresentiamo la realtà e costruiamo il nostro immaginario, il nostro simbolico, il nostro modo dì produrre. sono molto interessanti, da un punto di vista epistemologico, i tipi di codici che le varie società istituiscono nel rapporto con le piante e nel rapporto con gli animali. è interessante vedere quanto questi codici rivelano dei rapporti tra l’uomo e la donna, degli uomini fra di loro, delle istituzioni, dell’economia, del rapporto con la politica. quanto rivelano della civiltà, sia negli aspetti sociali complessivi che negli aspetti individuali, nella sensibilità, nel quotidiano. è importante perché queste sono le cose che durano, che proseguono nel tempo, che è più difficile mutare. queste sono le cose sulle quali crollano le rivoluzioni, che si “mangiano” le rivoluzioni, perché se non si cambia il quotidiano, una rivoluzione viene “rimangiata”. una rivoluzione non è sufficientemente ribaltante se non riesce a ribaltare le abitudini del quotidiano, le cose che durano secoli. catastrofe ambientale e memoria storica. non possiamo non porci il problema del rapporto uomo\natura, non possiamo, non porcelo nell’attualità, sarebbe accettare la nostra morte. forse siamo già a un punto di non ritorno, è una sfida contro la storia. il problema è posto dal marxismo nei termini di “socialismo o barbarie”, nel senso che siamo al limite di rottura, e l’abbiamo in parte già superato, con la natura. è un mito, però, pensare ad un equilibrio con la natura immaginando una natura buona, una natura “mamma”, una armonia senza contraddizioni: la natura non è buona e l’uomo non è buono, la natura è cattiva anche. in realtà sono questi termini che non vengono accettati dal marxismo, è questo modo di antropologizzare la natura che non va bene. il problema della modernità, per dirla con braudel, è che non ci sono più “contrazioni” ed “espansioni” nel senso vecchio del temine, perché capitalismo significa anche che la popolazione cresce, significa che non ci sono più diverse civiltà, ma c’è una sola civiltà. la modernità, a cominciare dalla scoperta dell’america, è rappresentata dai “cavalieri che non scendono da cavallo”, che non si fanno conquistare dalle altre civiltà, che abbattono le barriere tra le varie civiltà e impongono. noi abbiano imposto la civiltà occidentale, abbiano distrutto le “civiltà del vegetale”. il capitalismo ha creato un sistema-mondo dove il sottosviluppo e le distruzioni sono tutt’uno con lo sviluppo, sono “l’altro corno”. i geografi stanno adesso studiando come l’uomo si abitui a convivere con la catastrofe, a tornare nei posti dove ci sono stati terremoti per viverci, con la prospettiva di un territorio che si squarta. stanno studiando come noi ci abituiamo a vivere sapendo che fra poco non avremo più aria respirabile, quindi come ci abituiamo a convivere con la catastrofe. è come durante il nazismo, tutti sapevano quello che avveniva, tutti noi oggi sappiamo che stiamo morendo, ma curiosamente anziché ribellarci tutti, conviviamo con questa ..segue ./.
Segue da Pag.35: Materialismo dialettico e questione ecologica

come “armonia”, altrimenti la si divinizza, non si devono dimenticare i cataclismi naturali: l’uomo non è l’unica forza distruttiva. Tuttavia il problema del rapporto uomo-natura è il problema centrale, perché l’uomo è un essere naturale, con la sua natura che costruisce natura manipolandola. Il rapporto uomo-natura è fondamentale per la sopravvivenza dell’uomo stesso: l’ambiente non è qualche cosa che possa essere manipolato senza determinate condizioni, le forze produttive devono essere sviluppate e non distrutte.

Il sistema capitalistico è il sistema dello spreco, della distruzione e della morte. Il problema della lotta di classe si chiarisce allora come lotta di specie, perché si tratta di ridefinire il senso stesso dell’uomo e della società in rapporto con il suo ambiente e il marxismo ha molte cose da dire a questo proposito. Si tratta semplicemente di ritrovarle queste cose, che una certa tradizione “produttivistica” del movimento operaio ha dimenticato, facendo degli ideali del sistema capitalistico la propria cornice d’intervento. Quando noi monetizziamo la salute, siamo dentro questo sistema e ne accettiamo le regole, quando per i posti di lavoro dimentichiamo i contenuti di morte di una fabbrica, noi siamo dentro e accettiamo le regole di questo sistema. Il marxismo non ha mai accettato le regole del sistema e in questo senso definisce la propria antropologia.

Marxismo e discipline dell’ecologia

II problema del rapporto fra le “discipline dell’ecologia” (“etnobotanica”, “nuova geografia”, “nuova preistoria”, ecc.) e il marxismo è abbastanza complesso. La validità di una ricerca storica, geografica, etnobotanica ecc. sta nel fatto che questa fornisce, fra le altre cose, anche una serie di materiali, di letture, di categorie con le quali è necessario confrontarsi; il “lavoro vivo” del ricercatore è, come tale, estremamente importante ed utile.

L’antagonismo tra queste discipline e il marxismo dipende, prima di tutto, dal fatto che il marxismo è diventato curiosamente “economia”, anziché essere “critica dell’economia”. Marx viene abbandonato nel momento in cui si separa la storia dall’economia e l’economia diventa il campo in cui si lavora unicamente con la matematica, mentre la storia resta tutt’altra cosa. In questo senso è molto importante, ad esempio, il fatto che Les Annales propongano un concetto di “storia totale” nel quale niente di ciò che riguarda l’uomo è estraneo alla storia. Questa concezione è senz’altro comune alla storiografia delle “Annales” ed alla storiografia marxista, anche se rimangono delle differenze fondamentali fra le due metodologie storiografiche.

Purtroppo il concetto di storia in Marx, i suoi lavori storici, sono fra le cose che non vengono sufficientemente studiate ed analizzate. Il fatto, per esempio, che in Marx la storia sia anche storia-progetto, che Marx elabori un concetto di storia in cui c’è la visione del passato e la capacità progettuale verso il futuro, è uno degli elementi che mancano proprio nell’analisi del marxismo che astrae unicamente l’aspetto economico. Non solo, ma dal marxismo è stato espunto tutto il contributo di Engels, e quindi tutto ciò che riguarda la natura, la dialettica della natura, la base materialistica.

Attraverso le discipline dell’ecologia riappare ciò che il ‘900 ha fatto scomparire, e cioè riappare il reale, la materia. Utilizzando queste discipline è possibile ridefinire la realtà e ridefinire, quindi, nella modernità il materialismo. Questo è il punto teorico difficile, proprio nel ‘900 che ha dissolto tutto attraverso il linguaggio, ha dissolto tutto nella ragione e, a questo punto, ha dissolto anche la ragione e il soggetto. Occorre, in sintesi, porre queste discipline in rapporto con il marxismo, per far riapparire il reale, la materia, la natura.

II rapporto uomo-natura e i rapporti sociali

Nella storia ci sono due tipi di agricoltura, due tipi di allevamento. Da un lato le antiche civiltà dei tuberi, le quali intrattengono un rapporto che è personale con il tubero, l’uomo assume cioè il rapporto con la pianta nella sua
singolarità, attraverso una serie di rituali. Dall’altro lato c’è il mondo del grano, dove l’uomo usa un rapporto con le piante massificandole, come avviene appunto con un campo di grano, dove le piante diventano tutte uguali, non hanno più nome, non hanno più individualità, ideologie, senso del sacro. Ecco, c’è un legame stretto tra questo nodo diverso di trattare la pianta (o l’animale ovviamente) e il modo col quale si costruiranno, poi, tutte le altre sovrastrutture, il modo col quale l’uomo intraprende, poi, il rapporto con il mondo nella sua globalità e quindi il modo col quale gli uomini stanno fra di loro. Quando si sfrutta la pianta e quando si sfrutta l’animale, con essi si sfrutta l’uomo.

Engels, negli scritti giovanili, afferma che la vendita della terra è superata solo dalla vendita dell’uomo da parte dell’uomo, lo sfruttamento della terra è superato solo dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. E lo sfruttamento della terra è l’atto che sta a monte della società capitalistica. La privatizzazione della terra – che significa: “faccio di questa terra tutto ciò che voglio”, la spreco, non è più di tutti, non è più un bene, non è più valore d’uso” – è l’atto istitutivo del capitalismo. E quest’atto fa tutt’uno con la vendita della forza lavoro, con la riduzione dell’uomo a forza lavoro. La vendita della terra e la vendita di forza-lavoro sono stesso atto. Il rapporto che noi abbiano con la natura è il rapporto che abbiamo con l’uomo, è il modo col quale ci rappresentiamo la realtà e costruiamo il nostro immaginario, il nostro simbolico, il nostro modo dì produrre.

Sono molto interessanti, da un punto di vista epistemologico, i tipi di codici che le varie società istituiscono nel rapporto con le piante e nel rapporto con gli animali. È interessante vedere quanto questi codici rivelano dei rapporti tra l’uomo e la donna, degli uomini fra di loro, delle istituzioni, dell’economia, del rapporto con la politica. Quanto rivelano della civiltà, sia negli aspetti sociali complessivi che negli aspetti individuali, nella sensibilità, nel quotidiano. È importante perché queste sono le cose che durano, che proseguono nel tempo, che è più difficile mutare. Queste sono le cose sulle quali crollano le rivoluzioni, che si “mangiano” le rivoluzioni, perché se non si cambia il quotidiano, una rivoluzione viene “rimangiata”. Una rivoluzione non è sufficientemente ribaltante se non riesce a ribaltare le abitudini del quotidiano, le cose che durano secoli.

Catastrofe ambientale e memoria storica

Non possiamo non porci il problema del rapporto uomo\natura, non possiamo, non porcelo nell’attualità, sarebbe accettare la nostra morte. Forse siamo già a un punto di non ritorno, è una sfida contro la storia. Il problema è posto dal marxismo nei termini di “socialismo o barbarie”, nel senso che siamo al limite di rottura, e l’abbiamo in parte già superato, con la natura. È un mito, però, pensare ad un equilibrio con la natura immaginando una natura buona, una natura “mamma”, una armonia senza contraddizioni: la natura non è buona e l’uomo non è buono, la natura è cattiva anche. In realtà sono questi termini che non vengono accettati dal marxismo, è questo modo di antropologizzare la natura che non va bene.

Il problema della modernità, per dirla con Braudel, è che non ci sono più “contrazioni” ed “espansioni” nel senso vecchio del temine, perché capitalismo significa anche che la popolazione cresce, significa che non ci sono più diverse civiltà, ma c’è una sola civiltà. La modernità, a cominciare dalla scoperta dell’America, è rappresentata dai “cavalieri che non scendono da cavallo”, che non si fanno conquistare dalle altre civiltà, che abbattono le barriere tra le varie civiltà e impongono. Noi abbiano imposto la civiltà occidentale, abbiano distrutto le “civiltà del vegetale”.

Il capitalismo ha creato un sistema-mondo dove il sottosviluppo e le distruzioni sono tutt’uno con lo sviluppo, sono “l’altro corno”. I geografi stanno adesso studiando come l’uomo si abitui a convivere con la catastrofe, a tornare nei posti dove ci sono stati terremoti per viverci, con la prospettiva di un territorio che si squarta. Stanno studiando come noi ci abituiamo a vivere sapendo che fra poco non avremo più aria respirabile, quindi come ci abituiamo a convivere con la catastrofe.

..segue ./.

  P R E C E D E N T E   

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