I vaccini a mRNA forniscono un'elevata risposta anticorpale di picco contro il COVID-19, ma perdono la maggior parte della loro efficacia entro 6 mesi, mentre i vaccini con vettore adenovirale umano forniscono livelli di protezione stabili entro 8 mesi dopo la vaccinazione: questo è il punto chiave dello studio comparativo pubblicato il 15 ottobre sul New England Journal of Medicine.
La ricerca ha esplorato la dinamica delle risposte immunitarie al coronavirus indotta dagli inoculi Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson, con i primi due vaccini che rappresentano la tecnologia dell'mRNA e il terzo basato sulla piattaforma del vettore adenovirale umano.
Il vaccino vettore adenovirale umano a dosaggio singolo della Johnson & Johnson è risultato in cima alla ricerca, superando i suoi due concorrenti mRNA a doppia dose, con il suo titolo anticorpale neutralizzante il virus vivo che cresce da un iniziale 146 a 629 dopo 8 mesi.
Il numero di anticorpi protettivi neutralizzanti per il vaccino di Pfizer, che è arrivato secondo, è invece diminuito di 34 volte dopo 8 mesi. Il risultato è in linea con i dati
del documento informativo del 17 settembre, presentato da Pfizer alla Food and Drug Administration nel tentativo di garantire la somministrazione di dosi di richiamo ogni 6 mesi alle persone che hanno scelto questa marca di vaccino, al fine di mantenere il livello di protezione sufficientemente alto.
Il livello di anticorpi protettivi non è, tuttavia, l'unico fattore che viene preso in considerazione dagli immunologi. Lo studio statunitense ha anche misurato la risposta delle cellule T CD8. Le cellule T sono leucociti che giocano un ruolo importante nel sistema immunitario, dato che i particolari ricettori presenti sulla loro superficie sono in grado di intercettare le infezioni e combatterle.
Ed è proprio riguardo alla risposta di queste cellule che il vaccino a vettore adenovirale ha vinto a mani basse il confronto, con Pfizer che alla fine ha mostrato un livello di cellule T CD8 dello 0,016%, Moderna uno 0,017% e Janssen (Johnson & Johnson) che si è attestato a 0,12%.
La ricerca statunitense ha dimostrato che il livello iniziale della risposta immunitaria è abbastanza robusto per i vaccini a mRNA, ma scende a numeri comparabili con i sieri a vettore adenovirale dopo 8 mesi. La vera differenza si vede nel caso della risposta delle cellule T: è qui che il vaccino vettore adenovirale umano risulta il vero vincitore.
I risultati della
ricerca americana confermano quelli di un’altra recente ricerca svoltasi in Argentina. Qui gli scienziati hanno concluso che lo Sputnik V, che, proprio come il vaccino Johnson & Johnson, si basa su un vettore adenovirale umano, fornisce una maggiore "maturazione" degli anticorpi e una migliore protezione contro il coronavirus entro un periodo di 6 mesi. La ricerca argentina ha mostrato una crescita significativa dell'indice di potenza neutralizzante (NPI), che è stato osservato a 120 giorni (NPI=0.33), rispetto ai valori osservati a 42 giorni dopo la vaccinazione (NPI=0.15).
I vaccini Pfizer e Moderna si basano sulla tecnologia sperimentale dell'mRNA, che non è stata ampiamente utilizzata prima della pandemia di COVID-19. Utilizzano una copia di una molecola chiamata 'RNA messaggero' per produrre una risposta immunitaria. Janssen (Johnson & Johnson) e Sputnik V, da parte loro, si affidano alla ben
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