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La VOCE 2103

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La VOCE ANNO XXIII N°7

marzo 2021

PAGINA 2         - 22

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segue da pag.21: l’equivoco della memoria condivisa. anche la scarcerazione di questi, consegnandoli alle ss, che provvederanno ad inviarli tutti ad auschwitz, dove trovarono la morte; mari fu anche il responsabile dell’internamento in germania di tafuro (e di altri agenti di custodia che fortunatamente rientrarono dalla prigionia e testimoniarono contro di lui), ma, essendo stato arrestato in seguito alle accuse mossegli dai suoi ex sottoposti, fu ucciso e gettato nell’abisso plutone da un gruppo di criminali comuni infiltratisi nella guardia del popolo: perciò viene considerato “infoibato” e quindi commemorato in sede ufficiale degno (gli è stato persino intitolato il carcere triestino). il 10 febbraio vengono inoltre commemorati i 67 agenti dell’ispettorato speciale di ps che furono arrestati dalle autorità jugoslave a trieste alla fine del conflitto, in quanto si erano resi responsabili di rastrellamenti, arresti arbitrari, esecuzioni sommarie, torture e violenze varie (come alessio mignacca e domenico sica, che picchiarono una donna facendola abortire); e citiamo anche l’agente mario suppani, responsabile dell’arresto (e della successiva esecuzione capitale) dell’anziano militante del partito d’azione mario maovaz, fucilato il 28 aprile 1945 e degli arresti di altri esponenti del cln giuliano, tra i quali il democristiano paolo reti, poi ucciso in risiera (commemorato il 27 gennaio, un paio di settimane prima di chi lo fece arrestare). il caso però più eclatante è quello dell’ultimo prefetto di zara italiana, vincenzo serrentino (fondatore del fascio in dalmazia, squadrista, ufficiale della milizia e nel direttorio del pfr) che aveva anche svolto il ruolo di giudice a latere (assieme a pietro caruso, che fu poi fucilato a roma alla fine della guerra) del tribunale straordinario per la dalmazia (presieduto dal generale gherardo magaldi), che si spostava in volo da roma per emanare condanne a morte ad antifascisti. denunciato come criminale di guerra alle nazioni unite, si era rifugiato a trieste, dove fu arrestato l’8/5/45; sottoposto a processo, fu condannato e fucilato a sebenico un paio di anni dopo. i familiari di serrentino hanno ricevuto l’onorificenza prevista dalla legge sul giorno del ricordo. come sarebbe considerata un’eventuale onorificenza attribuita oggi ai familiari di pietro caruso, che con le stesse accuse fu fucilato dalle autorità italiane? la storia è unica, si diceva, ma la memoria è diversa. e se pure è difficile creare una memoria condivisa tra i parenti di maovaz e quelli di suppani, il parlamento italiano ci è riuscito perfettamente istituendo due giornate diverse per ricordare in ciascuna di esse l’una e l’altra categoria di morti. non mettiamo in dubbio che anche i partigiani che lottarono per il comunismo e la libertà commisero degli errori, “ebbero dei difetti”, come scrisse pinko tomažič, fucilato dai fascisti nel 1941: ma se li confrontiamo con i fascisti va considerato che erano diversi gli ideali di partenza, ideali di amore e non di morte, ideali di giustizia e non di prevaricazione. a tutto coloro che oggi pretendono di assimilare il comunismo al fascismo, agli amministratori che accettano labari di formazioni fasciste e collaborazioniste alle manifestazioni ufficiali, ai magistrati che minimizzano i saluti romani in quanto non rappresenterebbero apologia di fascismo, agli eurodeputati che hanno votato l’immonda mozione di cui sopra, dedichiamo queste frasi di italo calvino (che di fascismo e antifascismo ne sapeva qualcosa). … dietro il milite delle brigate nere più onesto, più in buona fede, più idealista, c’erano i rastrellamenti le operazioni di sterminio le camere di tortura le deportazioni l’olocausto… … mentre dietro il partigiano più ladro, più spietato c’era la lotta per una società più pacifica più democratica e ragionevolmente più giusta. claudia cernigoi, gennaio 2021. --- 2)
http://www.diecifebbraio.info/. ha senso parlare di "fenomeno delle foibe"? iniziamo da come l’accezione degli storici raoul pupo e roberto spazzali (che sembra avere ormai fatto scuola) definisce il concetto di “foibe” e di “infoibati”: “quando si parla di foibe ci si riferisce alle violenze di massa a danno di militari e civili, in larga prevalenza italiani, scatenatesi nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945 in diverse aree della venezia giulia e che nel loro insieme procurarono alcune migliaia di vittime. è questo un uso del termine consolidatosi ormai, oltre che nel linguaggio comune, anche in quello storiografico, e che quindi va accolto, purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale” (in “foibe”, mondadori 2003). ma una volta fatta quella che viene definita (spesso con tono di condanna, quasi fosse semplicemente un’offesa nei confronti dei morti e non un’azione necessaria per la ricostruzione storica) la “contabilità dei morti”, si comprende come non possono essere sbrigativamente accomunate nel termine “violenze di massa” le “migliaia di vittime” cui fanno riferimento pupo e spazzali. non si possono accomunare tra loro le vittime della rivolta del settembre 1943 in istria, i militari (o i civili collaborazionisti) uccisi dai partigiani o dall’esercito jugoslavo nel corso del conflitto, i militari internati nei campi e morti di tifo (va aggiunto che militari italiani furono internati anche dagli angloamericani, ed anche in questi campi molti prigionieri persero la vita, però non si parla delle “violenze di massa” fatte dagli angloamericani nei confronti degli italiani), gli arrestati per crimini di guerra e condannati a morte dai tribunali jugoslavi, le vittime di vendette personali del dopoguerra. vendette personale che peraltro nelle zone controllate dagli jugoslavi rappresentarono un fenomeno minore che non nelle altre zone del nord italia controllate dagli angloamericani. inoltre ancora oggi si parla di arrestati e poi rilasciati che “vengono fatti figurare come scomparsi”, e nella categoria degli infoibati in senso letterale (e non simbolico) va anche distinta la vicenda dei 18 “infoibati” nell’abisso plutone, che furono uccisi non da partigiani ma da un gruppo di criminali comuni che si infiltrarono nella difesa popolare a trieste al momento dell’insurrezione di fine aprile ‘45 e si diedero a ruberie, violenze ed omicidi, non sappiamo se per criminalità pura e semplice o per provocazione. i responsabili di questi delitti furono scoperti ed arrestati dalle stesse autorità jugoslave, condotti a lubiana, processati e condannati; due di essi furono uccisi durante un tentativo di fuga ed infatti, tra gli elenchi di “vittime degli jugoslavi” troviamo spesso anche i nomi di alcuni di costoro. parlare quindi di “violenze di massa” in riferimento a tutto questo è quantomeno riduttivo: in fin dei conti stiamo parlando di un periodo di guerra, dove la violenza, di massa o no, rappresentava la regola e non l’eccezione. a mio parere, inoltre, il criterio unificante esposto da pupo e spazzali non solo non ha nulla di scientifico, ma consente anche a chi non ha intenzione di determinare quanto realmente accaduto ma ha come scopo la mera continuazione della montatura creata da decenni di propaganda nazionalista, irredentista e post-fascista, di procedere in questo suo fine di deformazione della realtà. sarebbe invece il caso di chiarire una volta per tutte che non ha senso parlare di un “fenomeno delle foibe” quando in realtà si tratta di una serie di fenomeni del tutto distinti tra loro e che hanno come elemento accomunante semplicemente il fatto che si sono svolti nel corso o in conseguenza della seconda guerra mondiale. claudia cernigoi. si veda anche la discussione alla pagina fb "la nuova alabarda elcdd", 4.2.2021. https://www.facebook.com/. --- 3). https://www.facebook.com/. ..segue ./.
Segue da Pag.21: L’EQUIVOCO DELLA MEMORIA CONDIVISA

anche la scarcerazione di questi, consegnandoli alle SS, che provvederanno ad inviarli tutti ad Auschwitz, dove trovarono la morte; Mari fu anche il responsabile dell’internamento in Germania di Tafuro (e di altri agenti di custodia che fortunatamente rientrarono dalla prigionia e testimoniarono contro di lui), ma, essendo stato arrestato in seguito alle accuse mossegli dai suoi ex sottoposti, fu ucciso e gettato nell’abisso Plutone da un gruppo di criminali comuni infiltratisi nella Guardia del popolo: perciò viene considerato “infoibato” e quindi commemorato in sede ufficiale degno (gli è stato persino intitolato il carcere triestino).

Il 10 febbraio vengono inoltre commemorati i 67 agenti dell’Ispettorato Speciale di PS che furono arrestati dalle autorità jugoslave a Trieste alla fine del conflitto, in quanto si erano resi responsabili di rastrellamenti, arresti arbitrari, esecuzioni sommarie, torture e violenze varie (come Alessio Mignacca e Domenico Sica, che picchiarono una donna facendola abortire); e citiamo anche l’agente

Mario Suppani, responsabile dell’arresto (e della successiva esecuzione capitale) dell’anziano militante del Partito d’Azione Mario Maovaz, fucilato il 28 aprile 1945 e degli arresti di altri esponenti del CLN giuliano, tra i quali il democristiano Paolo Reti, poi ucciso in Risiera (commemorato il 27 gennaio, un paio di settimane prima di chi lo fece arrestare).

Il caso però più eclatante è quello dell’ultimo prefetto di Zara italiana, Vincenzo Serrentino (fondatore del Fascio in Dalmazia, squadrista, ufficiale della Milizia e nel Direttorio del PFR) che aveva anche svolto il ruolo di giudice a latere (assieme a Pietro Caruso, che fu poi fucilato a Roma alla fine della guerra) del Tribunale Straordinario per la Dalmazia (presieduto dal generale Gherardo Magaldi), che si spostava in volo da Roma per emanare condanne a morte ad antifascisti. Denunciato come criminale di guerra alle Nazioni unite, si era rifugiato a Trieste, dove fu arrestato l’8/5/45; sottoposto a processo, fu condannato e fucilato a Sebenico un paio di anni dopo. I familiari di Serrentino hanno ricevuto l’onorificenza prevista dalla legge sul Giorno del ricordo. Come sarebbe considerata un’eventuale onorificenza attribuita oggi ai familiari di Pietro Caruso, che con le stesse accuse fu fucilato dalle autorità italiane?

La storia è unica, si diceva, ma la memoria è diversa. E se pure è difficile creare una memoria condivisa tra i parenti di Maovaz e quelli di Suppani, il parlamento italiano ci è riuscito perfettamente istituendo due giornate diverse per ricordare in ciascuna di esse l’una e l’altra categoria di morti.

Non mettiamo in dubbio che anche i partigiani che lottarono per il comunismo e la libertà commisero degli errori, “ebbero dei difetti”, come scrisse Pinko Tomažič, fucilato dai fascisti nel 1941: ma se li confrontiamo con i fascisti va considerato che erano diversi gli ideali di partenza, ideali di amore e non di morte, ideali di giustizia e non di prevaricazione.

A tutto coloro che oggi pretendono di assimilare il comunismo al fascismo, agli amministratori che accettano labari di formazioni fasciste e collaborazioniste alle manifestazioni ufficiali, ai magistrati che minimizzano i saluti romani in quanto non rappresenterebbero apologia di fascismo, agli eurodeputati che hanno votato l’immonda mozione di cui sopra, dedichiamo queste frasi di Italo Calvino (che di fascismo e antifascismo ne sapeva qualcosa).

dietro il milite delle brigate nere più onesto, più in buona fede, più idealista, c’erano i rastrellamenti le operazioni di sterminio le camere di tortura le deportazioni l’olocausto…

mentre dietro il partigiano più ladro, più spietato c’era la lotta per una società più pacifica più democratica e ragionevolmente più giusta.

Claudia Cernigoi, gennaio 2021.


--- 2)


http://www.diecifebbraio.info/


HA SENSO PARLARE DI "FENOMENO DELLE FOIBE"?


Iniziamo da come l’accezione degli storici Raoul Pupo e Roberto Spazzali (che sembra avere ormai fatto scuola) definisce il concetto di “foibe” e di “infoibati”: “quando si parla di foibe ci si riferisce alle violenze di massa a danno di militari e civili, in larga prevalenza italiani, scatenatesi nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945 in diverse aree della Venezia Giulia e che nel loro insieme procurarono alcune migliaia di vittime. È questo un uso del termine consolidatosi ormai, oltre che nel linguaggio comune, anche in quello storiografico, e che quindi va accolto, purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale” (in “Foibe”, Mondadori 2003).
Ma una volta fatta quella che viene definita (spesso con tono di condanna, quasi fosse semplicemente un’offesa nei confronti dei morti e non un’azione necessaria per la ricostruzione storica) la “contabilità dei morti”, si comprende come non possono essere sbrigativamente accomunate nel termine “violenze di massa” le “migliaia di vittime” cui fanno riferimento Pupo e Spazzali. Non si possono accomunare tra loro le vittime della rivolta del settembre 1943 in Istria, i militari (o i civili collaborazionisti) uccisi dai partigiani o dall’Esercito jugoslavo nel corso del conflitto, i militari internati nei campi e morti di tifo (va aggiunto che militari italiani furono internati anche dagli angloamericani, ed anche in questi campi molti prigionieri persero la vita, però non si parla delle “violenze di massa” fatte dagli angloamericani nei confronti degli italiani), gli arrestati per crimini di guerra e condannati a morte dai tribunali jugoslavi, le vittime di vendette personali del dopoguerra. Vendette personale che peraltro nelle zone controllate dagli Jugoslavi rappresentarono un fenomeno minore che non nelle altre zone del Nord Italia controllate dagli angloamericani.
Inoltre ancora oggi si parla di arrestati e poi rilasciati che “vengono fatti figurare come scomparsi”, e nella categoria degli infoibati in senso letterale (e non simbolico) va anche distinta la vicenda dei 18 “infoibati” nell’abisso Plutone, che furono uccisi non da partigiani ma da un gruppo di criminali comuni che si infiltrarono nella Difesa popolare a Trieste al momento dell’insurrezione di fine aprile ‘45 e si diedero a ruberie, violenze ed omicidi, non sappiamo se per criminalità pura e semplice o per provocazione.
I responsabili di questi delitti furono scoperti ed arrestati dalle stesse autorità jugoslave, condotti a Lubiana, processati e condannati; due di essi furono uccisi durante un tentativo di fuga ed infatti, tra gli elenchi di “vittime degli Jugoslavi” troviamo spesso anche i nomi di alcuni di costoro.

Parlare quindi di “violenze di massa” in riferimento a tutto questo è quantomeno riduttivo: in fin dei conti stiamo parlando di un periodo di guerra, dove la violenza, di massa o no, rappresentava la regola e non l’eccezione. A mio parere, inoltre, il criterio unificante esposto da Pupo e Spazzali non solo non ha nulla di scientifico, ma consente anche a chi non ha intenzione di determinare quanto realmente accaduto ma ha come scopo la mera continuazione della montatura creata da decenni di propaganda nazionalista, irredentista e post-fascista, di procedere in questo suo fine di deformazione della realtà. 
Sarebbe invece il caso di chiarire una volta per tutte che non ha senso parlare di un “fenomeno delle foibe” quando in realtà si tratta di una serie di fenomeni del tutto distinti tra loro e che hanno come elemento accomunante semplicemente il fatto che si sono svolti nel corso o in conseguenza della Seconda guerra mondiale.


Claudia Cernigoi


Si veda anche la discussione alla pagina FB "La Nuova Alabarda ELCDD", 4.2.2021

https://www.facebook.com/



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..segue ./.

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