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La VOCE ANNO XXIII N°9

febbraio 2021

PAGINA E        - 37

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segue da pag.36: “dentro la zona rossa”: un libro sulla pandemia e le sue conseguenze. lo scoppio della pandemia, anche se non si possono escludere alcune correlazioni. non è nemmeno dimostrata un’influenza diretta del rapporto sempre più problematico e di dipendenza tra l’uomo e gli altri animali. gli autori addirittura prevedono che nel futuro si moltiplicheranno nuove pandemie legate ai due fattori descritti in precedenza. in realtà pandemie ed epidemie, ben più devastanti di quella attuale, hanno tormentato l’umanità: da quella descritta da tucidide che devastò atene nel v secolo a.c. , alla peste che causò la morte di un abitante su tre dell’europa a metà del 1300, alle pesti del 1630 a milano e del 1666 a londra che fecero morire un abitante su quattro o cinque, fino all’influenza “spagnola” che fece morire intorno al 1920 50 milioni di persone. molte di queste epidemie furono trasmesse e causate dal contatto con animali, come topi e pulci. ricordiamo anche la trasmissione della malaria attraverso le zanzare. oggi abbiamo molti più mezzi per circoscrivere queste emergenze sanitarie attraverso una maggiore igiene, medicinali come i vaccini, e provvedimenti di chiusura che, pur costituendo un pericolo per le libertà individuali, sono comunque necessari. i l fatto che spesso questi provvedimenti siano stati presi in modo confuso e contraddittorio non ne contraddicono l’utilità di fondo. assolutamente condivisibile è invece la critica a quei provvedimenti che tutti i governi occidentali, compresi ovviamente quelli italiani, hanno teso a tagliare i fondi per la sanità pubblica sotto l’azione di assurde ideologie neo-liberiste che tendono ad una de-regolamentazione totale dei servizi sociali necessari e dei diritti del lavoro. uno spunto interessante, che però non è stato sviluppato, forse per la delicatezza del tema anche per chi ha una mentalità ecologista, è quello secondo cui gli uomini e le donne sono troppi sulla terra (circa 8 miliardi con prospettive di ulteriore rapida crescita). se la crescita continuerà a questi ritmi nessun sistema sociale potrà salvarci da future catastrofi. questo problema è stato affrontato in modo razionale in epoca moderna solo dalla cina, con buoni risultati, ma che hanno attirato su questo paese le solite accuse di violazione dei “diritti umani”. si tratta di un argomento spinoso che però merita risposte precise. la parte forse più interessante del libro è quello in cui si parla delle prospettive che si aprono per il dopo-epidemia. e’evidente che i gruppi dominanti della terra cercheranno di farci uscire dall’emergenza cercando di imporci un nuovo ordine che rafforzi il potere dei piccoli gruppi privilegiati ed imponga condizioni più restrittive sul lavoro con aumento delle differenze sociali, della precarietà, e del ricatto del debito sui paesi più deboli. gli autori del libro sembrano invece piuttosto ottimisti, affermando che dalla crisi potrebbe uscire un “nuovo mondo possibile” (tanto per usare un’espressione alquanto abusata). qui però si pongono due problemi che mi limito a segnalare in attesa di una proficua e necessaria discussione. fantuzzi e motta suggeriscono di impostare questo nuovo mondo sulla prospettiva di una decrescita economica, o comunque di fine della crescita illimitata suggerita dal sistema capitalista che rischia di far naufragare l’ambiente e la stessa vita della nostra specie. si tratta di una giusta esigenza, ma che sarebbe più realisticamente attuabile puntando sulla scienza, di cui non bisogna aver timore, e su nuove tecnologie compatibili con l’ambiente e la nostra vita, che non siano una semplice riverniciatura di tecnologie invasive mascherate da “green economy”. l’altro grave problema – su cui nessuno di noi ha una risposta certa – è quali siano i soggetti politici e sociali, ed i nuovi gruppi dirigenti, che siano in grado di fare le scelte giuste ed adottare le nuove strategie. non basta lanciare giuste accuse contro il capitalismo e l’egemonismo planetario attuale.
le istanze morali sono essenziali ma non bastano i gruppi solidali, le cooperative di acquisto, o le mutue di autogestione. bisogna individuare i soggetti in grado di attuare un nuovo corso globale. roma 30 marzo 2021, vincenzo brandi. joe biden recluta gli alleati. comitato promotore della campagna #no guerra #no nato. italia. manlio dinucci - (il manifesto, 6 aprile 2021). joe biden lo aveva annunciato nel suo programma elettorale: «mentre il presidente trump ha abbandonato alleati e partner, e abdicato alla leadership americana, come presidente farò immediatamente passi per rinnovare le alleanze degli stati uniti, e far sì che l’america, ancora una volta, guidi il mondo» (il manifesto, 10 novembre 2020). promessa mantenuta. la portaerei dwight d. eisenhower e il suo gruppo di battaglia, composto da 5 unità lanciamissili, hanno «attaccato dal mediterraneo orientale postazioni dello stato islamico in siria e iraq» poiché questo «ha rivendicato un attacco a palma in mozambico». lo comunica ufficialmente la us navy il 31 marzo, senza spiegare come l’isis, sconfitto in siria e altrove soprattutto in seguito all’intervento russo, ricompaia ora minaccioso con sospetta puntualità. dopo aver lanciato l’attacco dal mediterraneo orientale – area delle forze navali del comando europeo degli stati uniti, con quartier generale a napoli-capodichino – la portaerei eisenhower ha attraversato il 2 aprile l’appena riaperto canale di suez, entrando nell’area del comando centrale usa che comprende il golfo persico. qui si è unita alla portaerei francese charles de gaulle che, su richiesta di washington, ha assunto il 31 marzo il comando della task force 50 del comando centrale usa, schierata non contro l’isis ma in realtà contro l’iran. il fatto che washington abbia chiesto a parigi di guidare con la sua nave ammiraglia una forza navale usa rientra nella politica della presidenza biden, che mantiene comunque il controllo della catena di comando poiché la task force 50 dipende dal comando centrale usa. lo conferma l’esercitazione warfighter che, pianificata dall’esercito usa, viene effettuata dal 6 al 15 aprile da divisioni statunitensi, francesi e britanniche a fort hood e fort bliss in texas, a fort bragg in north carolina, e a grafenwoehr in germania. in questa esercitazione, brigate francesi e britanniche operano all’interno di una divisione usa, mentre brigate usa operano all’interno di divisioni francesi e britanniche, sempre però secondo il piano usa. la warfighter integra la grande esercitazione in corso defender-europe 21, che l’esercito usa in europa e africa effettua fino a giugno insieme ad alleati e partner europei e africani, per dimostrare «la capacità degli stati uniti di essere partner strategico nei balcani e nel mar nero, nel caucaso, in ucraina e africa». partecipa alla defender-europe 21 il v corpo dell’esercito usa che, appena riattivato a fort knox nel kentuky, ha costituito il proprio quartier generale avanzato a poznan in polonia, da dove comanda le operazioni contro la russia. il 31 marzo, su richiesta statunitense, il generale polacco adam joks è stato nominato vice-comandante del v corpo dell’esercito usa. «è la prima volta – comunica l’ambasciata usa a varsavia – che un generale polacco entra nella struttura di comando militare degli stati uniti». in altre parole, il generale adam joks continua a far parte dell’esercito polacco ma, quale vice-comandante del v corpo usa, dipende ora direttamente dalla catena di comando che fa capo al presidente degli stati uniti. rientrano nella stessa politica le nuove brigate di assistenza delle forze di sicurezza, unità speciali dell’esercito usa che «organizzano, addestrano, equipaggiano e consigliano forze di sicurezza straniere». sono impegnate «a sostegno di una legittima autorità di governo» in medioriente, asia, africa, america latina ed europa, attualmente nel quadro della defender-europe. esse sono un efficace strumento per lanciare, con la copertura dell’«assistenza», operazioni militari di fatto sotto comando usa. ciò spiega perché, dopo una relativa tregua, il capo di stato maggiore ucraino, ruslan khomchak, ha dichiarato il 1° aprile che l’esercito di kiev «si sta preparando per l’offensiva nell’ucraina orientale», ossia contro la popolazione russa del donbass, usando anche «forze di difesa territoriale» (come il reggimento neonazista azov), e che in tale operazione «è prevista la partecipazione di alleati nato».
Segue da Pag.36: “DENTRO LA ZONA ROSSA”: UN LIBRO SULLA PANDEMIA E LE SUE CONSEGUENZE

lo scoppio della pandemia, anche se non si possono escludere alcune correlazioni. Non è nemmeno dimostrata un’influenza diretta del rapporto sempre più problematico e di dipendenza tra l’uomo e gli altri animali. Gli autori addirittura prevedono che nel futuro si moltiplicheranno nuove pandemie legate ai due fattori descritti in precedenza.

In realtà pandemie ed epidemie, ben più devastanti di quella attuale, hanno tormentato l’umanità: da quella descritta da Tucidide che devastò Atene nel V secolo a.C. , alla peste che causò la morte di un abitante su tre dell’Europa a metà del 1300, alle pesti del 1630 a Milano e del 1666 a Londra che fecero morire un abitante su quattro o cinque, fino all’influenza “spagnola” che fece morire intorno al 1920 50 milioni di persone. Molte di queste epidemie furono trasmesse e causate dal contatto con animali, come topi e pulci. Ricordiamo anche la trasmissione della malaria attraverso le zanzare. Oggi abbiamo molti più mezzi per circoscrivere queste emergenze sanitarie attraverso una maggiore igiene, medicinali come i vaccini, e provvedimenti di chiusura che, pur costituendo un pericolo per le libertà individuali, sono comunque necessari. I l fatto che spesso questi provvedimenti siano stati presi in modo confuso e contraddittorio non ne contraddicono l’utilità di fondo.

Assolutamente condivisibile è invece la critica a quei provvedimenti che tutti i governi occidentali, compresi ovviamente quelli italiani, hanno teso a tagliare i fondi per la sanità pubblica sotto l’azione di assurde ideologie neo-liberiste che tendono ad una de-regolamentazione totale dei servizi sociali necessari e dei diritti del lavoro.

Uno spunto interessante, che però non è stato sviluppato, forse per la delicatezza del tema anche per chi ha una mentalità ecologista, è quello secondo cui gli uomini e le donne sono troppi sulla Terra (circa 8 miliardi con prospettive di ulteriore rapida crescita). Se la crescita continuerà a questi ritmi nessun sistema sociale potrà salvarci da future catastrofi. Questo problema è stato affrontato in modo razionale in epoca moderna solo dalla Cina, con buoni risultati, ma che hanno attirato su questo paese le solite accuse di violazione dei “diritti umani”. Si tratta di un argomento spinoso che però merita risposte precise.

La parte forse più interessante del libro è quello in cui si parla delle prospettive che si aprono per il dopo-epidemia. E’evidente che i gruppi dominanti della Terra cercheranno di farci uscire dall’emergenza cercando di imporci un nuovo ordine che rafforzi il potere dei piccoli gruppi privilegiati ed imponga condizioni più restrittive sul lavoro con aumento delle differenze sociali, della precarietà, e del ricatto del debito sui paesi più deboli. Gli autori del libro sembrano invece piuttosto ottimisti, affermando che dalla crisi potrebbe uscire un “nuovo mondo possibile” (tanto per usare un’espressione alquanto abusata).

Qui però si pongono due problemi che mi limito a segnalare in attesa di una proficua e necessaria discussione. Fantuzzi e Motta suggeriscono di impostare questo nuovo mondo sulla prospettiva di una decrescita economica, o comunque di fine della crescita illimitata suggerita dal sistema capitalista che rischia di far naufragare l’ambiente e la stessa vita della nostra specie. Si tratta di una giusta esigenza, ma che sarebbe più realisticamente attuabile puntando sulla scienza, di cui non bisogna aver timore, e su nuove tecnologie compatibili con l’ambiente e la nostra vita, che non siano una semplice riverniciatura di tecnologie invasive mascherate da “green economy”. L’altro grave problema – su cui nessuno di noi ha una risposta certa – è quali siano i soggetti politici e sociali, ed i nuovi gruppi dirigenti, che siano in grado di fare le scelte giuste ed adottare le nuove strategie. Non basta lanciare giuste accuse contro il capitalismo e l’egemonismo planetario attuale.

Le istanze morali sono essenziali ma non bastano i gruppi solidali, le cooperative di acquisto, o le mutue di autogestione. Bisogna individuare i soggetti in grado di attuare un nuovo corso globale.

Roma 30 marzo 2021, Vincenzo Brandi


JOE BIDEN RECLUTA GLI ALLEATI

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
Italia
Manlio Dinucci - (il manifesto, 6 aprile 2021)
Joe Biden lo aveva annunciato nel suo programma elettorale: «Mentre il presidente Trump ha abbandonato alleati e partner, e abdicato alla leadership americana, come presidente farò immediatamente passi per rinnovare le alleanze degli Stati uniti, e far sì che l’America, ancora una volta, guidi il mondo» (il manifesto, 10 novembre 2020). Promessa mantenuta.

La portaerei Dwight D. Eisenhower e il suo gruppo di battaglia, composto da 5 unità lanciamissili, hanno «attaccato dal Mediterraneo Orientale postazioni dello Stato Islamico in Siria e Iraq» poiché questo «ha rivendicato un attacco a Palma in Mozambico». Lo comunica ufficialmente la US Navy il 31 marzo, senza spiegare come l’Isis, sconfitto in Siria e altrove soprattutto in seguito all’intervento russo, ricompaia ora minaccioso con sospetta puntualità.

Dopo aver lanciato l’attacco dal Mediterraneo Orientale – area delle Forze navali del Comando Europeo degli Stati uniti, con quartier generale a Napoli-Capodichino – la portaerei Eisenhower ha attraversato il 2 aprile l’appena riaperto Canale di Suez, entrando nell’area del Comando Centrale Usa che comprende il Golfo Persico.

Qui si è unita alla portaerei francese Charles de Gaulle che, su richiesta di Washington, ha assunto il 31 marzo il comando della Task Force 50 del Comando Centrale Usa, schierata non contro l’Isis ma in realtà contro l’Iran. Il fatto che Washington abbia chiesto a Parigi di guidare con la sua nave ammiraglia una forza navale Usa rientra nella politica della presidenza Biden, che mantiene comunque il controllo della catena di comando poiché la Task Force 50 dipende dal Comando Centrale Usa.

Lo conferma l’esercitazione Warfighter che, pianificata dall’Esercito Usa, viene effettuata dal 6 al 15 aprile da divisioni statunitensi, francesi e britanniche a Fort Hood e Fort Bliss in Texas, a Fort Bragg in North Carolina, e a Grafenwoehr in Germania. In questa esercitazione, brigate francesi e britanniche operano all’interno di una divisione Usa, mentre brigate Usa operano all’interno di divisioni francesi e britanniche, sempre però secondo il piano Usa.

La Warfighter integra la grande esercitazione in corso Defender-Europe 21, che l’Esercito Usa in Europa e Africa effettua fino a giugno insieme ad alleati e partner europei e africani, per dimostrare «la capacità degli Stati uniti di essere partner strategico nei Balcani e nel Mar Nero, nel Caucaso, in Ucraina e Africa».

Partecipa alla Defender-Europe 21 il V Corpo dell’Esercito Usa che, appena riattivato a Fort Knox nel Kentuky, ha costituito il proprio quartier generale avanzato a Poznan in Polonia, da dove comanda le operazioni contro la Russia. Il 31 marzo, su richiesta statunitense, il generale polacco Adam Joks è stato nominato vice-comandante del V Corpo dell’Esercito Usa. «È la prima volta – comunica l’Ambasciata Usa a Varsavia – che un generale polacco entra nella struttura di comando militare degli Stati uniti». In altre parole, il generale Adam Joks continua a far parte dell’esercito polacco ma, quale vice-comandante del V Corpo Usa, dipende ora direttamente dalla catena di comando che fa capo al Presidente degli Stati uniti.

Rientrano nella stessa politica le nuove Brigate di assistenza delle forze di sicurezza, unità speciali dell’Esercito Usa che «organizzano, addestrano, equipaggiano e consigliano forze di sicurezza straniere». Sono impegnate «a sostegno di una legittima autorità di governo» in Medioriente, Asia, Africa, America Latina ed Europa, attualmente nel quadro della Defender-Europe. Esse sono un efficace strumento per lanciare, con la copertura dell’«assistenza», operazioni militari di fatto sotto comando Usa.

Ciò spiega perché, dopo una relativa tregua, il capo di stato maggiore ucraino, Ruslan Khomchak, ha dichiarato il 1° aprile che l’esercito di Kiev «si sta preparando per l’offensiva nell’Ucraina orientale», ossia contro la popolazione russa del Donbass, usando anche «forze di difesa territoriale» (come il reggimento neonazista Azov), e che in tale operazione «è prevista la partecipazione di alleati Nato».

  P R E C E D E N T E   

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